DOMANDE E RISPOSTE

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“Abbiamo visto che il rapporto personale è basato sull’aprirsi l’uno all’altro, a chi posso aprirmi e lasciar vedere anche i miei panni sporchi? Posso aprirmi a chiunque?”

Non possiamo aprirci con chiunque incontriamo. E’ come in una famiglia: i genitori non parlano di tutti i loro problemi personali con i figli. Perciò è importante che i responsabili (anziani, pastori, conduttori) trovino altre persone a cui aprire i loro cuori. Poi dobbiamo essere convinti che la persona a cui ci apriamo veramente desideri un simili rapporto, e lo consideri sotto l’autorità del Signore Gesù. L’apertura che dobbiamo avere tra di noi deve scaturire dal senso di sottomissione all’autorità del Signore e dal desiderio di vedere venire il Regno di Dio. Mentre questo rapporto si sviluppa possiamo (comunque) anche cominciare ad aprirci ed essere noi stessi con quelli che sono sotto la nostra responsabilità. Molti dei problemi che oggi dobbiamo risolvere con il fratello che è responsabile di noi potranno anche essere comunicati più tardi agli altri, che avranno così modo di vedere che anche noi incontriamo problemi e che abbiamo dovuto lottare contro di essi per alla fine risolverli. Ma se parliamo subito di questi problemi con le nostre pecorelle, comunichiamo loro insicurezza. Tutti i rapporti hanno bisogno di tempo per crescere, per cui è molto importante che manifestiamo a tutti vita e amicizia e che come pastori non ci teniamo distanti dal popolo. Dobbiamo trattare allo stesso livello i fratelli che si sono sottoposti per far in modo che si aprano e per poter così risolvere i loro problemi fino in fondo. Abbiamo bisogno di autorità e non solo di amicizia. Perciò cerchiamo coloro ai quali Dio vuole unirci.

“Abbiamo provato nel passato ad instaurare dei rapporti ad ogni livello, ma quando abbiamo cominciato ad aprirci con un’altra persona, le nostre confidenze sono diventate pubbliche”

Credo che a questo punto vanno sottolineate la fedeltà, la lealtà e l’amore! Ritornando al discorso di prima, Gionathan si spogliò del suo mantello e lo diede a Davide, e gli diede anche la sua spada. Il che in effetti vuol dire: “Ti ho dato tutto quello che ho, tu mi puoi anche uccidere se vuoi!” Dobbiamo poter avere un rapporto di alleanza e di fiducia per aver la certezza che il nostro fratello non si servirà della spada  della sua lingua per ucciderci. Questo, perché i nostri cuori sono uniti nell’amore.

E’ solo in questo tipo di rapporto che mi sento sicuro e posso dire al fratello: “Ho bisogno di te”. Gionathan non ha cominciato spogliandosi. Sappiamo, così dice la Bibbia, che le loro anime si erano già unite e si amavano. Questo è il primo passo da fare! Poi Davide e Gionathan fecero alleanza, cioè si promisero arie cose. Ad esempio: “Ti rimarrò fedele fratello, non ripeterò le tue cose in giro”. Non cominciamo con grandi riunioni di confessioni, ma iniziamo ad avere amore e a stringere alleanza. La conseguenza pratica è che cominciamo a trovare dei fratelli con i quali ci possiamo aprire quando siamo nel bisogno. Non c’è mai stato nella nostra esperienza qualcuno che ha ripetuto le nostre cose dietro le nostre spalle!

 “Questo insegnamento sulla necessità di stabilire rapporti molto stretti, non può celare il pericolo che si formino gruppetti dai quali gli altri si sentano estranei ed esclusi?”

Se la nostra relazione è basata solamente sull’amicizia si verificherà proprio questo nella chiesa. Pensate alla chiesa di Gerusalemme (3000 membri), ed immaginate di invitare tutti a pranzo. Chiaramente non è possibile avere lo stesso rapporto personale con tutti i membri della chiesa. Perciò ci saranno rapporti più stretti all’interno di tanti piccoli gruppi, che insieme formano la chiesa. Bisogna solo vigilare che non diventino esclusivi.  Se consideriamo un uomo che abbia un particolare dono spirituale in seno alla chiesa, per esempio un grande maestro della Parola: tutti accorrono ad ascoltarlo e tanti piccoli uomini cercano di imitarlo. Il giorno che questi muore o va in pensione, ci si accorge che la chiesa non è mai esistita  perché il rapporto dei membri si basava sul dono (ministero). Ora quel che unisce tutti nella chiesa è l’autorità e di nuovo bisogna sottolineare che l’autorità e la paternità non è soltanto la facoltà di emettere decreti! Nella chiesa abbiamo gli apostoli, i profeti e gli insegnanti, i quali la dirigono; ci sono poi persone responsabili di gruppi più piccoli, ai quali vien detto: “Vogliamo che diate espressione alle cose che insegniamo”. In questi gruppetti c’è il senso di servire lo scopo principale della chiesa. “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli”. Così l’amicizia e i rapporti personali servono allo scopo principale di manifestare il Regno di Dio nella Sua completezza.  Se questi non si considerano separati ma si vedono insieme a tutti gli altri quale espressione di un rapporto, i vari doni nella chiesa si esprimeranno in mezzo ad essi onde ciascuno sia edificato l’uno dall’altro. Quando qualcuno entra a far parte della chiesa, entra pure a far parte di un gruppetto, dove può aver questo tipo di stretto rapporto con  i fratelli. Noi per esempio, ogni mese o due, riuniamo tutta quanta la chiesa per un pic-nic o un pranzo, in modo che i membri dei vari gruppetti si possano incontrare e quindi evitare di diventare esclusivi.

“In che modo questi gruppi influiscono sulla vita della chiesa?”

In primo luogo consentono ai vari membri di avere comunione gli uni con gli altri. Spesso vengono formati in base a criteri geografici, molto spesso i fratelli abitano nella stessa strada o almeno nello stesso quartiere. Così si incontrano, magari una volta alla settimana, per pregare e discutere sull’insegnamento ricevuto nell’incontro globale della chiesa. Nel resto della settimana godranno della loro reciproca compagnia, mangeranno insieme, si aiuteranno andranno insieme a visitare i malati. Così, per esempio, se ci saranno venti persone in un gruppo, queste si incontreranno tutte una volta alla settimana, ma nel rimanente tempo si incontreranno a piccoli gruppi per fare altre cose. Si sviluppa così una vita di “famiglia”, il che stimola la partecipazione attiva di ogni membro.

“Il gruppo formato da venti membri non è già troppo grande?”

Se è troppo piccolo può diventare troppo introverso. Dipende però dall’abilità dei responsabili: i gruppi possono anche essere più piccoli,ma bisogna stare attenti.

“Da dove dobbiamo cominciare?”

Dobbiamo cominciare col farci con molta chiarezza questa domanda: “Sono veramente aperto al governo di dio nella mia vita personale?” (Il che vuol dire che tutto quello che faccio deve essere sottoposto alla Sua Parola) oppure: “Ci sono settori nella mia vita in cui sono sconfitto, e nei quali fin da questo momento devo cominciare a mettere ordine, magari cercando aiuto?” Può darsi che dobbiamo andare a chiedere scusa a persone verso le quali abbiamo commesso un torto, o restituire dal danaro a qualcuno, o andare a mettere in ordine un rapporto che si è interrotto, o chiedere perdono alla propria moglie o al proprio marito o addirittura ai propri figli. Se vogliamo vivere il Regno di Dio dobbiamo cominciare dalla nostra propria vita.

La seconda cosa è esaminare quel che facciamo da cristiani e vedere se le nostre opere sono vive oppure morte. In pratica: “Sto vivendo una vita cristiana legalistica oppure essa è l’espressione del rapporto che ho con Dio?”

Perché se la nostra vita trova il suo centro nei riti, in obblighi e nelle riunioni, ci sarà molto difficile esprimere la vita in Dio.

La terza cosa da chiederci è: “Sono stato riempito di Spirito Santo per essere liberato nella lode e nell’adorazione, oppure sono ancora rinchiuso in me stesso, sottoposto alle mie emozioni e chiuso ancora nel mio piccolo mondo?” Noi abbiamo bisogno di una liberazione personale prima di poter essere uniti ad altri.

Il quarto punto: “Sono stato battezzato in acqua? Ho confessato in questo modo la mia fede in Gesù?” Questo fa parte delle fondamenta della nostra vita cristiana.

La quinta cosa: “La famiglia”. “Come moglie sono disposta a sottomettermi a mio marito? Oppure, come marito sono disposto ad accettare la responsabilità per mia moglie, per amarla, servirla e proteggerla dalle pressioni? E ho io accettato la responsabilità di educare i miei figli nel timore di Dio? Sono aperto veramente a cercare una cura pastorale per la mia vita personale?” E se sono pastore o un responsabile: “Sono disposto ad accettare la cura da parte di qualcuno che provenga anche al di fuori della mia chiesa?”

Tutte queste cose non sono altro che attitudini di ubbidienza a Dio. L’altra cosa, ed è l’ultima, che uno deve essere disposto a fare, è di accettare la sorveglianza e la cura pastorale su tutta la vita personale essendo pronto ad aprirla, e così pure per la chiesa di cui eventualmente è il responsabile. Poi credo che dobbiamo porci delle domande riguardo alla nostra chiamata. Qual è la mia chiamata? E qual è  la prova in termini di frutto e di doni spirituali che siano riconosciuti? Deve essere chiaro che se il Signore vuole mi può promuovere, abbassare o spostare o che io sono servo di Dio. Devo essere aperto verso Dio per sapere se sono veramente nella posizione in cui mi trovo, nel contesto giusto. Non troverete subito le risposte a queste domande, ma l’inizio è di avere un cuore aperto, affinché il Signore possa parlare, per mettere ordine nella nostra vita. Ecco qui alcune azioni positive che potrete intraprendere:

Cominciare ad investigare le Scritture “per vedere se le cose stanno così” e cominciare ad invocare Dio per vedere una pratica manifestazione del Suo Corpo in Italia.

Trovare altri uomini in posizione di responsabilità, che siano impegnati senza riserve nel vedere manifestato il Regno di Dio nelle loro vite. Con essi considerare la possibilità di stabilire quel legame che teneva uniti Gionathan e Davide. Cominciare ad aprirvi per sviluppare nell’amicizia, l’amore e la fiducia. Questo vi condurrà a capire da parte di Dio, la funzione che dovrete avere l’uno per l’altro. Questo non vuole dire che dovrete andare ed aprirvi l primo pastore o al primo ministro che troverete. Deve trattarsi di qualcuno che sia sottomesso pienamente all’autorità di Gesù. Altrimenti ne sarete feriti. Ci deve essere poi la certezza che sia Dio ad unirci! Cominciate semplicemente come fratelli e sorelle, partendo da questo, Dio vi indicherà quale è la Sua unzione. Credo che se alcuni di noi vivono nella stessa località, sia buono che vi incontriate e vi diciate: “Fratelli siamo impegnati per vedere realizzato il Regno di Dio. Se lo siete pure voi ditecelo! Io mi impegno a diventare impegnato, non lasciatemi scappare, se mi allontano rincorretemi”. Poi aspettate e rivolgetevi a Dio in preghiera affinché sorvegli questo impegno. Può darsi che dopo troviate legami su base d’azione più estesa. Potrete pure dire a chi sta più lontano: “Fratello, noi stiamo ontani molti chilometri l’uno dall’altro, ma ti amo!”

In questo caso potremo usare il telefono per dirci qualche volta: “Il Signore ti benedica; io sono con te!” ed incominciare ad incoraggiarci a questo modo. Stiamo ancora all’inizio, ma avremo cominciato. Vedete, possiamo usare il telefono in due modi. Telefonando a qualcuno tempo fa, dissi: “Sono David Mansell” e la risposta dall’altra parte fu: “Oh, ciao qual è il problema?” Gli risposi: “Non c’è alcun problema”. E lui: “Oh, allora che vuoi?” E’ qui che mi resi conto che telefonavo agli altri solo quando v’era un problema. Allora rispondendo dissi: “Ti ho chiamato solamente per dirti che ti amo nell’amore del Signore” E quello: “E’ tutto qui?” “Sì!” E l’altro: “Oh, questo sì che è bello da parte tua!” Pensai: “Signore, che stai cercando di dirmi?” Avevo un rapporto basato solamente sulla condivisione dei miei problemi. Chiamai allora un altro: “Qui Mansell”. E l’altro: “Oh, che cosa non va?” Il Signore mi diceva: “hai capito?” Già a volte abbiamo dei problemi ma usate anche il telefono semplicemente per benedirvi l’un l’altro!

“E a livello di chiesa, da dove dobbiamo iniziare?”

Incominciate a parlare di Regno di Dio e di cosa comporti in termini di impegno nelle nostre vite. Chiaro che le nostre vite di responsabili o pastori dovranno essere d’esempio agli altri, dovranno riflettere il governo di Cristo. E’ solo in seguito che si potranno iniziare dei rapporti personali. Ma importante è che si capisca che alla base di quello che stiamo facendo c’è il governo di Dio nella nostra vita. Tenete gli occhi aperti per veder chi accoglie questo messaggio nella chiesa. Può darsi che all’inizio siano solo 2 o 3, in questo caso avvicinatevi a quei 2 o 3 e cominciate su basi personali, a dare un po’ di  più. Il principio delle Scritture è infatti questo: Dai a quello che già ha; chi non ha perde anche quello che ha. Spesso abbiamo fatto il contrario: abbiamo dato tutte le nostre energie alla persona più bisognosa e meno responsiva della chiesa, lavorando magari per settimane intere per niente. Vi dirò come benedire la persona più bisognosa. Date le vostre energie a coloro che rispondono maggiormente alle vostre sollecitazioni, ai vostri sforzi, in modo che altre persone possano vedere la benedizione che c’è nel rispondere. Perché molte persone ricevono oggi attenzione facendo il muso lungo. Ma quando vedranno che chi accoglie il messaggio riceve di più, o si sentiranno provocati ad avvicinarsi oppure andranno via. Dobbiamo cominciare nelle nostre chiese a portare il fondamento della giustizia personale in ogni individuo e assicurarci che siamo ripieni di Spirito, e battezzati in acqua e che camminino di conseguenza. Non forzate degli scontri nella chiesa se Dio non lo sta facendo. Ad esempio non diciamo: “Abbiamo imparato intorno ai rapporti personali nella conferenza; tutti quelli che non sono d’accordo vadano via!”

Man mano che insegneremo positivamente, Dio porterà la chiesa al punto dove la “giustizia” diventa una questione vitale. Questo è il momento in cui stare fermi. Se invece abbiamo un pastore che sta sopra di noi, dobbiamo andare incontro e dirgli: “Io ho bisogno di un pastore che abbia veramente cura della mia vita, ed io mi presento a te perché tu possa farlo”. Questo o lo provocherà ad agire oppure lo allontanerà. In questo caso, tienti disponibile per un periodo di tempo, e se nulla cambia, vai in cerca del tuo vero pastore. E a questo punto voglio solo aggiungere che questo tipo di incontro è molto importante. Quando riceviamo un ministero che ci dà nuova visione e che rafforza le nostre fondamenta sarà buono che ci incontriamo per questi motivi: l’incoraggiamento, la comunione, perché Dio parli e chiarisca la nostra visione, e per poter risolvere in modo pratico le nostre situazioni esistenti.

So che stiamo parlando ancora in termini molto generici, ma mano che le cose cominceranno a funzionare, troverete il modo di poter agire concretamente nelle situazioni particolari, ed in questo tipo di contesto credo che vedremo Dio suscitare dei profeti italiani, che possano essere dei pionieri per l’edificazione della Chiesa.