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di David Mansell
Nei primi capitoli degli Atti degli Apostoli, la Bibbia ci offre il ritratto di una chiesa ripiena dello Spirito Santo. E di tutte le maniere in cui si esprimeva l’unzione divina, la prima e la più importante era la vita comunitaria tra i discepoli.
“Ed erano perseveranti… nella comunione fraterna… E tutti quelli che credevano erano insieme, ed avevano ogni cosa in comune; e vendevano le possessioni ed i beni, e li distribuivano ai poveri, secondo il bisogno di ciascuno. E tutti i giorni… rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore… E il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che erano sulla via della salvazione” (Atti 2:42-47).
Un solo corpo
Non leggiamo di campagne evangelistiche, soltanto della chiesa di Dio che vive insieme come un sol corpo. E la conseguenza è esattamente quella che il Signore aveva detto in Giovanni 17:21: “… che essi siano uno… affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”: La gente, infatti, riconosceva la realtà della nuova vita che univa i discepoli di Gesù come una sola cosa, non solo teoricamente ma in pratica, e molti vollero aggiungersi alla compagnia di quelli che credevano.
La testimonianza della chiesa non consiste in quello che dice, ma in quello che è. I fratelli che dimorano assieme nell’unità sono una manifestazione del Cristo risorto, secondo il piano di Dio. La maggior parte delle persone s’infischia delle riunioni speciali che facciamo per loro, non è tanto impressionata neanche dai miracoli di guarigione, ma lo sarebbe moltissimo nel vedere il miracolo di fratelli che vissero insieme nell’unità la loro vita quotidiana, con un amore che si esprimesse anche con buone opere e atti di servizio e di abnegazione verso gli altri.
Le persone che incontravano i primi cristiani – nelle strade, al mercato, nel tempio – incontravano Gesù in loro. La predicazione nasceva solitamente da un incontro per strada. Non avevano bisogno di fare campagne pubblicitarie, poiché le loro buone opere dimostravano che Dio era con loro, e questo fu presto risaputo in tutto il paese.
Il miracolo delle Pentecoste fu che da quell’unico Spirito, versato dal Cristo asceso, un miscuglio di individui fu battezzato per formare un solo corpo. Una volta, per ignoranza o per pregiudizio, molti di noi relegavano il dono dello Spirito Santo nel nostro “cestino teologico”, come cosa appartenente aduna dispensazione passata. Adesso, dallo stesso cestino, dobbiamo recuperare anche la manifestazione di quello Spirito nella vita comunitaria e restaurarla al posto che Dio le ha dato. Le argomentazioni basate sulle “mutate circostanze del mondo di oggi” non reggono più di uno stuzzicadenti.
Certo, secondo la mentalità dell’uomo è impossibile vivere in questo modo. Ma noi cerchiamo qualcosa che sia da Dio, qualcosa che la sapienza umana non può concepire, né la sua abilità contraffare, perché la gloria di Dio possa rivelarsi. La croce di Gesù è il fondamento della mia salvezza; ma la mia croce, che porto nella morte quotidiana al mio interesse, sottomettendo la mia volontà a Dio, è la base indispensabile della vita nel regno di Dio. I tentativi di sfuggire all’esigenza della vita comunitaria, quale la troviamo descritta nella chiesa del Nuovo Testamento, nascono fondamentalmente dal desiderio di salvare la nostra propria vita.
Vediamo ora in che modo si esprimeva la vita comunitaria.
1. Stare insieme
“Rompevano il pane nelle case…” Questo non deve ridursi ad un pezzetto di pane e un sorso di vino settimanale nel salotto di qualcuno: piuttosto indica un pasto comune consumato in diverse case della città ogni giorno della settimana, con Gesù al centro.
Notate che ciascuno conservava la propria casa, e con essa l’identità e la “privacy” familiare. Il corretto rapporto tra un uomo e sua moglie e i loro figli è l’unità di base sulla quale Dio costruisce la chiesa. E’ proprio per questo che molti tentativi di vita comune sono falliti nel passato: sono finiti o in una comunità di tipo monastico, oppure col reprimere l’identità personale, e sono stati distruttivi della famiglia.
Dio, invece, vuole congiungere le unità familiari attraverso una piena interazione di vita e di amore reciproco. Il servizio dell’uno verso l’altro e la comunione nel Signore ci liberano per viver una vita esuberante. Questo concetto lo troviamo espresso chiaramente nel Salmo 122:3: “Gerusalemme, che sei edificata come una città ben compatta…” Le case della città erano distinte e diverse, ma vicine l’una all’altra nella comunione. Vita comune non significa necessariamente vivere pressati uno sull’altro, nella stessa casa, ma piuttosto essere in uno stato di continua comunione, dovunque viviamo. Abitare vicino può servire solo a facilitare l’attuazione pratica di questo tipo di vita.
Lungi dal distruggere la vita familiare, la vera comunità la protegge:
– Ai figli dà una più ampia base di sicurezza e di amore, facendo loro conoscere per esperienza cosa significhi avere molti padri e madri, fratelli e sorelle (Matt. 19:29). Il bambino impara anche che è amato e protetto non solo dai genitori, ma da tutti quelli che amano Gesù, e così può crescere con uno spirito forte.
– Le persone anziane hanno bisogno di particolare amore e attenzione per evitare le gravi difficoltà derivanti dalla solitudine e dalla sensazione di non servire più a niente. Tuttavia, nonostante tutti nostri buoni propositi, essi possono rapidamente diventare una sorgente di notevoli tensioni per la propria famiglia e provocarne perfino la disgregazione. Non è mai stata questa l’intenzione di Dio; piuttosto, gli anziani dovevano essere cura di tutta la chiesa (Atti 6:1, 1° Tim. 5:3), anche se le rispettive famiglie sarebbero state in una posizione di maggiore responsabilità. In questo modo i fratelli anziani non sentono di essere un peso, né soli, né lasciati in balia di se stessi; rimangono piuttosto una componente essenziale della comunità.
– Le casalinghe: quanto spesso il marito torna a casa da una moglie stanca e annoiata che ha poco da dirgli a parte le banalità della giornata! Che differenza, se invece ha potuto godere della comunione con altre sorelle mentre lavava i piatti, lavorando per tutta la comunità e per il Maestro! Questo porta una freschezza e una vitalità al rapporto marito-moglie che lo preservano da ogni attacco.
Ma la vita comunitaria non è una semplice questione di comodo; è la vita stessa per la quale siamo stati salvati. Per mancanza di essa il mondo intero perisce, in quanto ogni uomo vive solo per sé, e pertanto nella paura, nella preoccupazione e nella frustrazione, con il conseguente sfacelo della vita di famiglia.
2. Domare il denaro
“Vendevano le possessioni ed i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno”. Che la vendita dei beni non fosse obbligatoria risultava chiaro da Atti, dove si vede che i credenti avevano le proprie case dove abitare. Ancora in Atti 5:4, quando Anania e Saffica vanno da Pietro con il loro denaro, egli dice: “Se questo restava invenduto, non restava tuo! E una volta venduto, non ne era il prezzo in tuo potere?” lo scopo del vendere era solo che nessuno dovesse trovarsi nel bisogno (Atti 4:34). Quelli che possedevano terreni e case (plurale) vendevano il superfluo per provvedere ai fratelli più poveri.
Viviamo oggi in un mondo in cui il “dio denaro” è servito e adorato da innumerevoli persone. L’Iddio vivente non vuole che il Suo popolo sia schiavo di pesanti ipoteche e prestiti bancari, che invano promettono per il futuro, ma di fatto ci depauperano oggi. Queste cose ci aiutano solo a costruire le nostre fortezze personali e garantirci quella sicurezza che possiamo procurarci da solo. Dobbiamo chiederci se crediamo davvero nella buona notizia del Regno: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte” (Matt. 6:33).
Se nelle questioni economiche cerco di realizzare la volontà di Dio, anziché lasciarmi dominare dall’amore del denaro o dalla paura di non averne; se cerco di vivere nella giustizia nelle mie necessità saranno soddisfatte in tale abbondanza che non dovrò mai più preoccuparmi. Questa è davvero una buona notizia! E’ un glorioso evangelo di liberazione dalla schiavitù della mondanità, il vero evangelo del Regno.
Gesù proclamava questo messaggio del Regno, e quelli che diventavano Suoi discepoli erano pronti a lasciare tutto per seguirLo. E se oggi lo stesso Gesù ci chiama ad uscire dalle nostre piccole fortezze, a vendere quello che abbiamo e, in unione con altri santi, acquistare proprietà che servano alla Chiesa di Dio? C’è bisogno di case dove il fratello povero possa abitare senza essere sfruttato dal proprietario o dalle società immobiliari. Se succederà questo, non ci sarà più bisogno che il popolo di Dio vada in giro per cercare prestiti e chiedere l’elemosina al mondo, perché nella nostra abbondanza potremo sopperire prima ai bisogni dei fratelli e poi anche a quelli di fuori, come faceva la “Famiglia di Gesù” (un movimento cristiano indigeno) in Cina.
Una delle più importanti questioni relative al Regno di Dio è il nostro atteggiamento pratico nei riguardi del denaro. Gesù disse: “Non potete servire a Dio e a Mammona” (Matt. 6:24), e ancora: “Quanto malagevolmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio! Poiché è più facile ad un cammello passare per la cruna di un ago, che ad un ricco entrare nel regno di Dio” (Luca 18:24-25). Nella parabola del seminatore, una delle erbacce che soffocano la parola del Regno è la ricchezza (Luca 8:14). Certo non si può dire che i soldi impediscano di “prendere una decisione per Cristo”, come si suol dire; ma quando si tratta di seguirLo realmente come discepolo, e di dare la propria vita per i fratelli, sono certamente uno degli ostacoli più grandi.
Ascoltate quello che ha detto il Signore, perché Egli vuole che il nostro atteggiamento verso il denaro sia reso noto attraverso l’amore espresso praticamente nella comunità. “Sono io forse il guardiano di mio fratello?” Sì lo sono!
Avanti i diaconi!
Nella chiesa primitiva , i diaconi avevano la responsabilità di assicurare questo servizio alla comunità. Oggi, nella maggior parte delle chiese, essi devono solo sistemare i fiori, spolverare i banchi e distribuire gli innari. Ma ai tempi del Nuovo Testamento non c’erano innari da distribuire, né banchi da spolverare, né fiori da cambiare ogni domenica. I diaconi erano uomini scelti, pieni di Spirito santo (Atti 6:3,5,8), perché erano la “vetrina” della vita della chiesa, il punto di contatto con la realtà eterna: distribuivano il cibo, ma con esso anche il sapore di Gesù. Dove sono questi diaconi?
Quando il denaro è sotto controllo, la chiesa può cominciare a muoversi in tali buone opere, così che siano ridotti al silenzio quelli che l’hanno accusata, e a ragione, di vivere fuori della realtà dei bisogni quotidiani della gente. Dio intende che la Sua chiesa abbia un maggiore impegno sociale dei Socialisti, una più intensa vita comune dei Comunisti, ecc., provvedendo alle necessità, prima delle proprie famiglia (1° Tim. 5:8), poi dell’intera famiglia dei credenti, e infine di quelli di fuori (Gal. 6:10). La Chiesa non deve essere una società chiusa ed introversa: deve rivolgersi al mondo con amore e buone opere.
E’ evidente il ruolo che questo discorso aveva nella chiesa primitiva:
– Tabita cuciva tuniche e vestiti per i bisognosi e faceva elemosine e buone opere (Atti 9:36-39);
– I diaconi si prendevano cura regolarmente delle vedove (Atti 6:1-3; 1° Tim. 5:9-10);
– Pietro, nel riconoscere l’apostolato di Paolo in una sfera diversa dalla propria, sottolinea la necessità per entrambi di ricordarsi dei poveri (Gal. 2:9-10).
Le epistole sono piene di esortazioni alle buone opere del tipo pratico di cui abbiamo parlato (per es. Tito 2:7,14; 3:1,8,14; Ebrei 13:15-16). In Tito 2:7, Paolo dà la stessa importanza alle buone opere nella vita del servitore di Dio come alla sana dottrina. Comprendiamo adesso perché la chiesa godeva del favore di tutti?Essi vedevano che l’amore professato con la bocca si manifestava praticamente in una vita pronta al sacrificio. Oggi, la chiesa è piena zeppa di mondanità; cioè, a parte la partecipazione delle riunioni di culto, i credenti vivono esattamente alla stessa maniera del mondo, con gli stessi valori, la stessa fonte di sicurezza e gli stessi obiettivi. Possiamo proclamare che abbiamo fiducia in Dio, ma finchè non si vede che essa è una realtà, siamo esattamente nella stessa posizione dell’ipocrita di Matteo 7:21,29 che si ritrova escluso dal Regno, anche se evangelicamente “salvato” e “di sana dottrina”.
3. Tutto in comune
“E la moltitudine dicoloro che avevano creduto era d’un sol cuore e d’un anima sola; né v’era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva, ma tutto era comune tra loro. E gli apostoli con grande potenza rendevano testimonianza della resurrezione del Signore Gesù; e gran grazie era sopra tutti loro” (Atti 4:32-33).
Ecco il Regno di Dio che viene con potenza, la volontà di Dio fatta in terra come è fatta in cielo!
Notiamo che la proprietà privata non veniva sostituita da un fondo comune , con fila d’attesa il sabato sera per i panni puliti e la speranza di trovare qualcosa della giusta misura! Piuttosto, ciascuno si comportava come un fedele amministratore dei beni del Padrone per il vantaggio dei suoi fratelli, esattamente allo stesso modo in cui i doni dello spirito sono messi a disposizione non per innalzare la persona che li esercita, ma per il bene comune (1° Cor. 12;7).
Non vuol dire solo che io posso disporre della tua macchina se ne ho bisogno, ma anche che devo condividere la responsabilità della sua manutenzione quando la usi tu! L’amore che si esprime in maniera pratica col dare è il primissimo segno della nuova nascita: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Ma se una ha dei beni di questo mondo, e vede il suo fratello nel bisogno, e gli chiude le proprie viscere, come dimora l’amore di Dio in lui? Figlioletti, non amiamo a parole e con la lingua, ma a fatti e in verità” (Giov. 3:14,18, cfr. 2:9-11; 4:7,20-21).
Dio sta dicendo oggi attraverso i profeti che la smettiamo di giocare al cristianesimo e cominciamo a vivere la Sua vita che è in noi. La parola del momento è il Regno. Il violento lo prende a forza (Matt. 11:12); altri, scoprendo che è la perla di gran prezzo, vendono tutto quello che hanno per entrarne in possesso (Matt. 13:45-46).
Quando il popolo di Dio comincerà a condividere quanto Egli gli ha dato, ci sarà una grande disponibilità di denaro nella chiesa: allora si vedrà che i santi prospereranno e potranno aiutare ancora di più i bisognosi. Questa è la sostanza stessa della vita di chiesa, non qualcosa di eccezionale per pochi eletti.
“N’è v’era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva”. Non solo siamo chiamati da Dio a vivere una vita comunitaria come “una città posta sopra un monte”, ma anche ad essere il sale sparso sulla terra per impedire che marcisca completamente.
La vita comunitaria faceva da piattaforma alla potente testimonianza apostolica della resurrezione di Gesù, con tutti i segni che l’accompagnavano; e nello stesso tempo, quest’atmosfera di amore creava le condizioni perché la grazia di Dio potesse manifestarsi abbondantemente su tutti loro. Quanto spesso, nei nostri giorni, la predicazione di Gesù è stata minata dalle divisioni e dalla mondanità nella Chiesa, che praticamente negano la realtà della Sua resurrezione! Se desideriamo ardentemente che il mondo sia evangelizzato, allora abbiamo bisogno del fondamento della vita comunitaria.
Il tuo cuore ti si riscalda dentro al pensiero di vivere una vita comunitaria autentica? Oppure devi riconoscere di essere animato da un altro spirito? Ti sentiresti a tuo agio con quest’apertura, questo dare, o saresti piuttosto notato per il tuo spirito egoista e settario? Non è una domanda solamente teorica; si tratta di una questione estremamente attuale, perché Dio sta oggi preparando e facendo emergere un popolo maturo, pronto per abbattere il regno di questo mondo.
La manifestazione dei figli di Dio sarà proprio questa, una manifestazione non una teorizzazione! Dovremo vedere i figli di Dio maturi, che vivranno e cammineranno nello Spirito e adempiranno la legge perfetta dell’amore, in modo tale che tutta la creazione lo riconoscerà.
4. Unità
“Quelli che credevano erano insieme” (Atti 2:44). L’espressione “insieme” è esattamente la stessa usata nel versetto 47 per quelli che venivano “aggiunti” alla chiesa: coloro che di giorno in giorno si salvavano, venivano “uniti”. Questo “stare insieme” era la prima esperienza dei nuovi convertiti: stavano insieme, lavoravano insieme, facevano insieme la spesa, cucinavano insieme, amavano Gesù insieme. Tutto questo perché si amavano gli uni gli altri. Essi non cercavano di produrre amore e unità; l’avevano già con il battesimo nello Spirito Santo. Esprimevano questa realtà e cercavano diligentemente di mantenerla col vincolo della pace.
Credo che, perché la Chiesa ritrovi questa condizione di amore reciproco, Dio dovrà versare su di noi uno spirito di grazia e di supplicazione, di confessione e di perdono. Vai subito a guadagnare tuo fratello, cercando il suo perdono o manifestandogli il tuo! Solo se il nostro amore si esprimerà in tali maniere pratiche, troveremo realmente la potenza di Dio in mezzo a noi. “Quanto è buono e quanto è piacevole che i fratelli dimorino assieme… Quivi l’Eterno ha ordinato che sia la benedizione” (Salmo 133).
La chiesa primitiva era una realtà ben identificabile per il tipo di vita completamente diversa da quella vissuta da tutti gli altri abitanti di Gerusalemme. I primi cristiani, mentre vivevano insieme la loro vita quotidiana, comunicavano il Vangelo con una guarigione, con una parola di incoraggiamento o con un atto di misericordia, come lo Spirito li guidava. Questo è il vero funzionamento del Corpo di Cristo, quando è attivo al servizio degli altri e manifesta il Signore vivente, sempre, e non solo di domenica.
Amo mia moglie e la mia famiglia e voglio condividere con loro tutta la mia vita. E voglio fare lo stesso con i miei fratelli e le mie sorelle in Gesù, perché li amo con tutto il mio cuore. “Erano perseveranti nella comunione fraterna” (Atti 2:42): la parola Koinonia deriva da koina, usato in “ogni cosa in comune” (v.44). E’ questa vita comune, vissuta quotidianamente, quella che ci deve unire.
Dio desidera grandemente “donare al solitario una famiglia” (Salmo 68:6), non metterlo in un istituto o mandarlo dallo psichiatra! Ma ì, se è una sola famiglia a farsi carico dell’individuo bisognoso, spesso non riuscirà a renderlo capace di sviluppare buoni rapporti con gli altri quando invece la chiesa è veramente una comunità, allora la persona non sposata o sola sarà rafforzata in maniera naturale e resa capace di assumersi delle responsabilità.
Pare che ci fossero dei posti in Gerusalemme, quali il Portico di Salomone (Atti 5:12), dove i santi si incontravano quando avevano sbrigato le loro faccende. Qui, godevano della comunione, parlavano o stavano semplicemente assieme. Gli altri abitanti di Gerusalemme vedevano la chiesa vivere in pubblico, amare in pubblico, esercitare i doni e i ministeri in pubblico, e mentre alcuni non osavano unirsi a loro per la potenza di Dio che si manifestava, altri si avvicinavano per vedere come potessero entrare a far parte di questa gioiosa compagnia. Ecco l’occasione di presentar l’evangelo: Gesù è la porta, Egli è la via! Anche oggi abbiamo bisogno di qualcosa del genere.
Riassumendo,, abbiamo visto che la vita comunitaria costituisce una valida protezione per la famiglia dal cancro della mondanità; il trampolino di lancio per l’evangelizzazione; e un autentico assaggio della potenza e della vita del mondo a venire.
“Voi siete una colonia del cielo”, dice Paolo (Fil. 3:20, greco), servendosi di un’immagine presa dall’impero romano. Infatti, quando Roma conquistava una nuova provincia, fondava una propria colonia nel bel mezzo del territorio straniero. Questo piccolo insediamento era governato da Roma, viveva come Roma e si presentava come una piccola Roma in mezzo agli stranieri. Era la caparra del pieno possesso e dell’occupazione da parte dell’impero romano.
Anche Gesù ha vinto! Satana è stato sconfitto e Gesù è stato incoronato. A Lui appartengono il regno, la potenza e la gloria, e anch’Egli ha stabilito la Sua colonia, la Sua chiesa, nel territorio conquistato. Essa vive come in cielo, governata dal cielo, ed è un’autentica dimostrazione e un anticipo del regno dei cieli sulla terra. E’ suo il compito di sconfiggere il nemico e di entrare in possesso di quanto il suo Maestro e Signore si è comprato.
Con certezza, osiamo affermare che la vita comunitaria non è una novità, non è l’ultima trovata: è il Corpo di Cristo funzionante secondo la Parola di Dio.
David Mansell, inglese, ha visitato l’Italia numerose volte per dare il suo contributo all’opera dello Spirito nelle nostre chiese. Già ingegnere aeronautico, è attualmente responsabile di una comunità cristiana a Londra. Nello stesso tempo svolge un esteso ministero in Inghilterra e in diverse nazioni dove è riconosciuto come in profeta del Signore.