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di Giovanni Traettino
Dio è un Dio di novità. “Non ricordate più le cose passate, e non considerate più le cose anti¬che – Egli dice – Ecco, io sto per fare una cosa nuova” (Isaia 43:18); e ancora: “Ecco, io fac¬cio ogni cosa nuova” (Apoc. 21:5).
Il problema è che il “nuovo”, col passare del tempo, inevitabilmente diventa “vecchio”. Perciò, nello svolgersi del piano di Dio attraver¬so i secoli, vediamo ripetuti movimenti o “fer¬menti” di rinnovamento: il “vino nuovo” dello Spirito, sempre fresco e vitale.
Questo “vino nuovo” (Luca 5:37-39) ha quasi sempre una fase iniziale di fermentazione all’interno della vecchia struttura e del vecchio messaggio, nei quali nasce e comincia a svilup¬parsi. Il cristianesimo è nato all’interno del giu¬daismo; le chiese primitive all’interno del tempio e della sinagoga; la Riforma all’interno del catto¬licesimo.
Poi il “vino nuovo” acquista sempre più coscienza della sua identità, della sua forza e no¬vità, e comincia a proporsi come alternativa al vecchio; questo adotta solitamente un atteggia¬mento di chiusura, di rifiuto, addirittura di sco¬munica. Il vecchio otre è diventato ormai rigido, inflessibile, incapace di comprendere e di conte¬nere il vino nuovo.
Quindi diventa necessario per il “vino nuo¬vo” – è questa la terza fase – trovare un otre nuovo che gli consenta di fermentare, crescere e maturarsi.
Se noi siamo partecipi del vino nuovo, diven¬ta essenziale a questo punto rispondere adegua¬tamente alla domanda “Come dev’essere l’o¬tre?”, o in altre parole, “Che cos’è la Chiesa?”
C’è un progetto?
Quando Mosè doveva fare un tabernacolo come santuario per Dio, gli fu mostrato un mo¬dello preciso da seguire in ogni dettaglio (Esodo 25:9). Esiste un “progetto” divino per il “tem¬pio di pietre viventi”, cioè la Chiesa, dove Egli intende fare oggi la Sua dimora fra gli uomini (Ef. 2:22)? Oppure siamo liberi di fare come meglio crediamo, in base alle circostanze del tempo e della società in cui viviamo? Possiamo, cioè, mettere il vino in un otre qualsiasi, purché sia nuovo, oppure Dio ci ha dato dei principi fondamentali e immutabili per la sua forma?
Ancora, è l’intenzione di Dio che le strutture della Chiesa siano tali che possano sopravvivere e funzionare anche senza l’azione dello Spirito Santo? E quale dev’essere il rapporto tra uomini e strutture? Queste possono rimanere le stesse quando cambiano gli uomini che le compongo¬no?
Sono domande molto importanti, alle quali devono rispondere tutte le chiese, i movimenti, le denominazioni, le missioni, ecc., perché possano cadere tante barriere denominazionali e pregiudi¬zi di origine culturale che impediscono la realiz¬zazione del piano di Dio per la Sua chiesa.
Negli ultimi secoli, lo Spirito di Dio ha susci¬tato vari movimenti per rinnovare e restaurare la Chiesa, e ciascuno di essi ha concentrato l’atten¬zione su alcuni aspetti della verità che il Signore rivelava in maniera nuova e fresca. Nessuno, pe¬rò, è arrivato alla “pienezza” che è nel progetto di Dio, e a volte, per pregiudizio o per paura, hanno trascurato altri aspetti non meno indi¬spensabili. Allora il tema forte del movimento ne diventava la bandiera. Poteva trattarsi di una dottrina o di un’esperienza (il battesimo dei cre¬denti per i battisti, il battesimo nello Spirito San¬to col segno di parlare in lingue per i pentecosta¬li); di una liturgia o di una tradizione (lo stesso ti¬po di svolgimento del culto, un modo di vestirsi o di parlare, una scuola teologica, ecc.); di una forma di governo della chiesa (l’autonomia della chiesa locale che elegge il proprio pastore per i congregazionalisti; gli anziani, per i “fratelli”, ecc.). Anzi, quest’ultimo elemento ha addirittura dato vita a più denominazioni nell’ambito di uno stesso movimento: ci sono, ad esempio, pente¬costali episcopali, presbiteriani, congregaziona¬listi e perfino “indipendenti”.
L’otre biblico
Come mai tutto questo? Per il semplice moti¬vo che si è data scarsa attenzione al tema dell’ o¬tre biblico, oppure se n’è avuta una comprensio¬ne incompleta.
Credo che questo sia dovuto alla reazione della Riforma alle posizioni del cattolicesimo medioevale. La Chiesa, sempre più identificata col “mondo” e col potere politico, aveva prete¬so di assorbire quasi tutto in un sistema di potere e di giurisdizione ecclesiastica, codificato e irrigi¬dito. Il protestantesimo, riscoprendo e giusta¬mente privilegiando il “vino” dell’evangelo, ha strappato e buttato via il vecchio otre cattolico, ma ha commesso l’errore di mettere il vino in contenitori di fortuna, senza badare molto all’in¬segnamento biblico sull’argomento.
Eppure, anche sul tema della Chiesa – la sua natura, scopo e forma il Nuovo Testamento non ci lascia nell’ignoranza.
Dio ha un Suo progetto ben definito, che in¬tende realizzare pienamente, senza scendere a compromessi. La Chiesa, infatti, non è un tema secondario rispetto alla salvezza; al contrario, la Chiesa fa parte integrante del progetto divino per la salvezza del mondo. A lei Cristo è unito come il marito alla moglie (Ef. 5:25-32). “Questo mistero è grande”, dice l’apostolo Paolo. Ma è su questo terreno “sacro” che camminiamo quando parliamo della Chiesa come “Corpo di Cristo”, come “Sposa”, come “tempio di Dio” oggi. .
Unita a Cristo
C’è una profonda, intima unione per cui i due sono uno, “una stessa carne” (Ef. 5:31). Unita a Cristo, la Chiesa è lo strumento e l’agen¬te di Dio nel mondo e nella storia, “… affinché nel tempo presente, ai principati e alle potestà, nei luoghi celesti, sia data a conoscere, per mezzo della Chiesa, 1’infinitamente varia sapienza di Dio” (Ef. 3:10).
Nel Nuovo Testamento, dunque, la Chiesa non è vista come una “associazione libera di cre¬denti”, ma come il risultato dell’incontro nel .tempo e nello spazio dello Spirito Santo con gli uomini, l’insieme della gente chiamata a vivere nel mondo sotto la guida e il governo di Gesù Cristo. È la comunità storica e carismatica del popolo di Dio.
Essa è storica in quanto prende vita e forma negli avvenimenti e nelle relazioni umane, diven¬tando “sale” e “luce” nel mondo La sua pre¬senza è dunque vista e gustata. Non è “invisibi¬le” e insapore!
È carismatica perché è lo Spirito Santo che la crea e le dà vita. Non è dunque un’istituzione bu-rocratica o un’organizzazione particolare. Non può esistere senza il soffio, l’ispirazione e l’un¬zione dello Spirito.
È comunità: è un organismo tenuto insieme da rapporti tra persone. I temi della riconcilia¬zione, dell’amore, del perdono e del patto sono la fibra fondamentale di questo tessuto. Non esiste nel pensiero del Nuovo Testamento il cri¬stiano, o la chiesa locale, che viva la sua fede in maniera solitaria e indipendente dal resto del Corpo. La comunione tra i credenti, sia individui che comunità, è l’anima stessa della vita e del messaggio della Chiesa.
Possiamo esaminare la natura della Chiesa prendendo spunto da un’antica formula che la definisce: “una, santa, cattolica ed apostolica”.
La Chiesa è una
Ne fanno parte tutti i nati di nuovo, coloro che accettano Gesù come Signore della loro vita. “V’è un corpo unico ed un unico Spirito” (Ef. 4:4); “abbiamo ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo” (1 Cor. 12:13). Dunque, è la volontà del Capo che siamo uno. E tuttavia ci sono nati di nuovo che accetta¬no come normalissimo il fatto di trovarsi divisi in innumerevoli denominazioni e raggruppamen¬ti, nessuno dei quali rappresenta la “pienezza del corpo unico; molti, anzi, rappresentano degli otri vecchi e ormai completamente laceri o indu¬riti. Eppure questi fratelli rimangono ancora lì con la speranza di salvare e “rinnovare” quegli otri.
Dio, invece, sta scuotendo tutto quello che non è regno, ed in futuro lo farà in modo ancora più energico, tanto da farlo crollare (Ebrei 12:26-¬29). Egli sta. preparando un unico otre nel quale contenere tutto il Suo vino, tutta la Chiesa dei figliuoli di Dio. Sarà una cosa, una sola, comple-tamente nuova. Non sarà il Cattolicesimo roma¬no, né sarà il Protestantesimo, né l’Ortodossia o qualsiasi altra varietà storica del cristianesimo. Essi non sono altro che dei monumenti alla me¬moria di quello che è stato e che non è più.
Già vediamo alcune vecchie denominazioni afflosciate e ormai completamente prive di vino, altre tese sotto la pressione del vino nuovo che sta fermentando al loro interno. Ma è vicino il tempo in cui si spaccheranno, incapaci come so¬no di contenere questa fiumana dello Spirito.
La Chiesa è destinata da Dio ad emergere in tutto lo splendore della sua unità. Ed è in questa direzione che sono chiamati ad impegnarsi tutti i figli di Dio, perché in questa direzione lo Spirito Santo sta soffiando e guidando.
L’ecumenismo, però, anche se ha avuto il merito di sensibilizzare larghe masse all’idea del¬l’unità, non è la strada attraverso la quale que¬st’unità sarà costruita. Perché è burocratico, di vertice, il più delle volte fatto da persone che esse stesse non sono nate di nuovo, su un fondamento che si è andato indebolendo sempre di più, tanto che non è più necessario nemmeno credere alla Trinità o addirittura alla divinità di Gesù. Inve¬ce, la sola unità che si potrà costruire sarà fonda¬ta sul Cristo risorto e glorioso, Signore e pietra angolare della Chiesa.
La Chiesa sarà una, perché questo è il dise¬gno di Dio. Alleluia! Lo Spirito in noi brama e intensamente prega perché avvenga. -Ma in che modo potrà avvenire?
La chiesa di città
L’unità a cui è interessato il Signore essere vi¬sibile, “affinché il mondo creda …” (Giov. 17:21); quindi, nello spazio e nel tempo. Deve cominciare ad esprimersi a livello locale.
Nel Nuovo Testamento, quelli che si erano ‘ravveduti, erano stati battezzati e avevano rice¬vuto il dono dello Spirito Santo, si incontravano nel tempio e nelle case (Atti 2:38,46) per:
a) essere istruiti e discepolati dagli apostoli;
b) avere comunione fraterna;
c) rompere il pane (cioè, mangiare insieme e ricordare la morte di Gesù e il Suo patto che li univa);
d) pregare.
Questa era “la chiesa” di Gerusalemme. Non quella di Via Emmaus o di Porta Bella! Era la comunità, il popolo cristiano di quella città che si incontrava dove era possibile: nel tempio, in pubblico, nelle case.
Infatti, nel Nuovo Testamento troviamo la chiesa di Corinto, di Efeso, di Roma, di Filadelfia, e così via. Mai più di una chiesa in una città. Questa chiesa locale è guidata e governata, non da un solo “pastore”, ma dal collegio degli an¬ziani stabiliti dall’autorità apostolica.
Dunque, il primo luogo nel quale dobbiamo costruire l’unità della Chiesa di Dio è la nostra città. Qui il popolo di Dio si riconosce, si unisce e insieme celebra Dio periodicamente in incontri generali tenuti in luoghi capaci di contenerlo. Questa dimensione è fondamentale per il concet¬to di unità del Corpo. La fedeltà e la lealtà alla denominazione deve cedere il posto alla lealtà a Cristo e al progetto di casa cui Egli sta lavoran¬do. Perché quando le nostre differenze ci impe¬discono di essere uno con i nostri fratelli in Cri¬sto, la Scrittura dice chiaro che siamo carnali e cristiani infantili (1 Cor. 3:1,3).
La comunione dei santi è il cemento di questa costruzione.
Dobbiamo ricercare la comunione con tutti i figlioli di Dio della nostra città per costruire l’u¬nica chiesa di Dio, affinché il mondo creda.
La vita dello Spirito Santo fermenta e si span¬de in tutti gli spazi occupabili: le strade, i luoghi pubblici, le fabbriche, le scuole, le case.
La casa-chiesa
L’altro luogo privilegiato, dell’unità e della crescita della chiesa è la casa. E qui che nel modo più pratico e naturale, nel corso della vita nor¬male, un piccolo gruppo di credenti ha modo di vivere l’esigenza di comunione, di servizio e di testimonianza che lo Spirito Santo suscita in lo¬ro.
Le case e i piccoli gruppi, o “cellule di ba¬se”, con la loro atmosfera familiare, sono fondamentali per la vita della chiesa. Qui l’unità si esprime nella vita e nella realtà. Non è più possi¬bile rifugiarsi nell’impersonalità, nella liturgia e nelle fomalità del “locale di culto”, del tempio e della cattedrale: se non c’è vita, amore e impe¬gno si nota subito!
E’ nelle case che si realizza la comunione e la testimonianza dei credenti del palazzo o del quartiere; qui si riuniscono per adorare, rompere il pane, pregare, avere comunione, evangelizza¬re. Nella nostra comunità, come in molte altre, il gruppo in casa è anche l’unità di base per la cura pastorale, affidata ad un fratello o fratelli più maturi che possono così seguire i credenti nelle vicende della vita quotidiana.
La Chiesa è santa
La chiesa di Dio non è un miscuglio. Molti, troppi cristiani hanno creduto il contrario; e purtroppo, quello che crediamo è quello che pra¬tichiamo. A furia di abbassare il livello d’ingres¬so e le condizioni di appartenenza alla Chiesa, non c’è quasi più confine tra la Chiesa e il mon¬do.
Ma nella parabola delle zizzanie (Mat. 13:24-43), “il campo è il mondo”, non la Chiesa (v. 38)! “Le zizzanie sono i figliuoli del maligno”, non i cristiani (v. 38)! Se questi sono carnali e de¬boli, devono essere curati, esortati, ripresi, di¬sciplinati per essere guariti e santificati. Quale spazio si può concedere al malvagio nella chiesa dei santi? “Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi” è l’esortazione apostolica (1 Cor. 5:12).
“Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stes¬so per lei, affin di santificarla … affin di far com¬parire dinanzi a sé questa Chiesa gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa e irreprensibile” (Ef. 5:25-27).
Cosa ci fa santi? Non sono i sacramenti, le cerimonie o le pratiche religiose che ci fanno cri¬stiani e tantomeno santi. Il battesimo, l’eucare¬stia o la santa cena, preghiere, predicazioni e letture della Bibbia non servono a niente se non c’è ravvedimento profondo e reale e fede in Dio. Il battesimo senza fede è un bagno. La “santa ce¬na” è santa solo se le persone sono sante.
Due soli possono essere i motivi per i quali un cristiano non è santo, o non riesce ad esserlo: o non si è seriamente ravveduto, o non ha fede in Dio, o (ovviamente) tutt’e due.
Allora il Padre può ricorrere alla disciplina nella vita dei Suoi figlioli, e lo fa “… per l’utile nostro, affinché siamo partecipi della Sua santi¬tà”. Dobbiamo pertanto accogliere la parola che ci ricorda: “Voi non avete ancora resistito fino al sangue, lottando contro il peccato”, e ci esor¬ta: “Figliuol mio, non far poca stima della di-sciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da Lui ripreso; perché il Signore cor¬regge colui che ama, e flagella ogni figliuolo che Egli gradisce” (Ebrei 12: 10,14,5).
In questo contesto e su questa base va inteso il comando: “Ubbidite ai vostri conduttori e sot¬tomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime, come chi ha da renderne conto; af¬finché facciano questo con allegrezza e non so¬spirando; perché ciò non vi sarebbe d’alcun uti¬le” (Ebrei 13:17). È lo stesso “utile” di prima, cioè la nostra santificazione.
La Chiesa è cattolica
I cristiani sono “i santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signor Gesù Cristo” (1 Cor. 1:2). I rapporti, i legami che uniscono la Chiesa superano e abbattono ogni li¬mite locale, nazionale, culturale, razziale, denominazionale. È un solo popolo con “un solo Si¬gnore, una solo fede, un solo battesimo, un Dio unico e Padre di tutti, che è sopra tutti, fra tutti e in tutti” (Ef. 4:5).
Come l’Israele dell’Antico Testamento, la Chiesa è a più riprese finita in cattività, e ancora oggi ha bisogno di essere liberata da schiavitù di varia natura: teologiche, morali, spirituali. Co¬me Israele si divise in due regni, così la Chiesa è divisa in più denominazioni.
Ma da questa confusione sta emergendo la vera chiesa dei figlioli di Dio, che cominciano ad avvistarsi e a riconoscersi per l’azione dello Spi¬rito Santo su loro e in loro. Tutta la terra è inte¬ressata a questo movimento dello Spirito. Il Buon Pastore sta raccogliendo le Sue pecore, ed esse ascoltano la Sua voce. “E vi sarà un solo gregge, un solo pastore” (Giov. 10:16).
L’unica vera “cattolicità”, cioè universalità della Chiesa, si costruisce però sulle basi stabilite da Cristo e dai Suoi apostoli: ravvedimento dalle opere morte, fede in Dio, battesimi, imposizione delle mani, resurrezione dei morti e giudizio eter¬no (Ebrei 6:1-2), e sul fondamento degli apostoli e dei profeti (Ef. 2:20), come ora vedremo.
La Chiesa è apostolica
Essa riconosce volontariamente l’autorità spirituale che Dio suscita, e vi si sottomette per timore di Cristo e in vista della propria crescita. Il ministero apostolico è indispensabile perché costituisce l’autorità necessaria per la costruzio¬ne della casa di Dio, la crescita armonica dei mi¬nisteri e della Chiesa (Ebrei 3:1-6, 2 Cor. 13:10, Ef. 4:11-16).
L’apostolo, infatti, avrà la saggezza operati¬va dell’architetto che pone il fondamento (1 Cor. 3:10), l’abilità e la decisione del leader in grado di suscitare e coordinare gli altri ministeri, il cuore di padre (1 Cor. 4:15) che dà se stesso per i propri figli. Inoltre, avrà la visione del mandato che Dio gli ha affidato e sarà totalmente preso dal desiderio di vederlo compiuto.
Certo, ogni apostolo avrà una personalità di¬versa, e in ognuno sarà più evidente questo o quell’altro dono spirituale, anche in rapporto al campo particolare assegnatogli da Dio. Pietro, ad esempio, era più evangelista e pastore, Paolo più dottore e profeta. Ciononostante, egli potrà esercitare ogni altro ministero necessario, anche se non vi eccellerà. Ma per questo, con saggezza ed umiltà, si circonderà di altri ministeri che in¬tegrino e complementino il suo. Non è dunque un individualista, anzi condurrà un lavoro di squadra per dare alle chiese tutti i ministeri necessari per il loro sviluppo.
La sua vita personale sarà caratterizzata da umiltà (2 Cor. 11:7), santità (Ef. 3:5), fedeltà a tutta prova al Signore (Ebrei 3:1-2), pazienza (2 Cor. 12:12). La sua autorità non sarà dura e dit¬tatoriale, ma l’espressione di un cuore paterno ad immagine di Dio (Fil. 1:7-8, 1 Tess. capp. 1 e 2). I ministri che lo circondano e le chiese che egli cura sentiranno il suo amore, unito alla sua forza e sicurezza interiore.
Ci sono ancora apostoli e profeti?
Molti credenti non hanno difficoltà a credere che la pietra-Gesù è ancora vivente, che le pietre-credenti lo sono altrettanto, e che vivono e fun¬zionano i ministeri di pastore, evangelista e dot¬tore (insegnante). Le uniche pietre “morte” sa¬rebbero quelle degli apostoli e dei profeti.
Si tratta di una grave e ingiustificata violenza fatta alla Parola di Dio. Infatti troviamo nel Nuovo Testamento altri apostoli e profeti succes¬sivi ai Dodici (Atti 11:27, 13:1, 14:14, 15:32, Rom. 16:7, ecc.). Inoltre, bisogna concludere da Efesini 4:11-16 che tutti i ministeri, compresi l’a¬postolo e il profeta, sono necessari “finché tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figliuol di Dio, allo stato di uo¬mini fatti …”, e che senza di loro non ci arrivere¬mo mai!
Si pone a questo punto un grosso dilemma. Come riconoscere questi uomini? Chi li sceglie?
Non c’è niente nella Bibbia che autorizzi il concetto della “successione apostolica”, intesa come ufficio, né, d’altra parte, la pratica dell’e¬lezione umana. Diventa indispensabile compren¬dere la fonte e la natura dell’autorità spirituale.
Watchman Nee, che ha dato sul tema un contributo fondamentale col libro Autorità spiri¬tuale, ha ben detto: “Ci vuole ben altro che il mero dono o l’abilità perché degli uomini siano costituiti come apostoli; ci vuole Dio stesso, la Sua volontà e la Sua chiamata. Nessun uomo può arrivare all’apostolato attraverso qualità na¬turali o di altro genere; è Dio che lo deve fare apostolo, se mai dovrà esserlo”.
Dio, dunque, è la fonte e il garante di que¬st’autorità. “È lui che ha dato gli uni come apostoli, gli altri come profeti …” (Ef. 4:11).
Il pericolo, già realtà in molte strutture denominazionali, è che questo principio spirituale venga lentamente e inconsapevolmente sostituito con quello di autorità ecclesiastica. I ministeri cominciano ad essere riconosciuti sulla base di abilità naturali e del superamento di esami, e la decisione burocratica o l’elezione umana prendo¬no il posto dello Spirito Santo.
Carattere e carisma
Invece, i ministeri dati da Dio si qualificano innanzitutto con l’esempio della loro vita, e poi con i loro doni spirituali. Carattere più dono fan¬no un ministero; ma uno o più doni senza una vita coerente rovineranno il ministro, i credenti e il buon nome di Gesù. La vita di Gesù era la base dei Suo ministero, e così dev’essere per noi.
I ministeri sono uomini, prima che uffici: Dio dona alla Chiesa uomini, e non uffici uomi¬ni equipaggiati per edificare la Chiesa. 1l neces¬sario quindi liberarsi dalla mentalità amministra¬tiva che ha dilagato nella chiesa. I ministeri noni sono dei “posti” da occupare; non si diventa pastori per esigenze di “organico”. Paolo scri¬veva a Tito (1:6) di costituire anziani solo “quando si trovasse” chi ne aveva le caratteri¬stiche.
Gli apostoli, dunque, derivano da Dio stesso la loro autorità. Ma sono riconosciuti e confer¬mati dagli altri apostoli, ai quali sono legati in un rapporto di sottomissione reciproca. Costituisco¬no poi la suprema autorità delegata da Dio sugli altri ministri e sulle chiese affidate alla loro cura, perché Dio li ha messi al primo posto tra i mini¬steri (1 Cor. 12: 28).
Senza apostoli, gli altri ministeri mancano della saggezza, della visione, della sicurezza e della paternità necessarie per fondare e comple¬tare la costruzione del Corpo di Cristo. Sono gli apostoli che garantiscono, insieme ai profeti, l’u¬nità e l’ordine tra le. chiese locali, e il loro reci¬proco riconoscimento è quello che porta all’unità di tutte le chiese di un paese, e poi di tutto il mondo. Nessun apostolo, infatti, ha autorità su tutta la chiesa, ma ognuno si muoverà prevalen¬temente nel campo affidatogli da Dio, pronto a sottomettersi ad altri che operano in altre chiese, zone o paesi del mondo.
L’otre biblico, dunque, consiste di alcune strutture indispensabili: i ministeri locali (pasto¬ri, anziani, diaconi), la “chiesa in casa”, la chiesa di città, e i ministeri trans-locali dell’apo¬stolo e del profeta che tengono queste in rappor¬to tra loro.