SCARICA PDF di questo articolo
Tony Morton
Quali segni devono caratterizzare il popolo che Dio si sta restaurando in questi tempi? Credere nell’esistenza di apostoli e profeti? Vivere una vita comunitaria senza segreti? Sperimentare la dimensione carismatica? Sì, tutti questi e altri ancora; ma non ultimo, l’uso giusto del denaro.
È un incoraggiamento, e nello stesso tempo una sfida, leggere la profezia di Aggeo: “… farò tremare tutte le nazioni, le cose più preziose di tutte le nazioni affluiranno, ed io riempirò di gloria questa casa, dice l’Eterno degli eserciti. Mio è l’argento e mio è l’oro … La gloria di quest’ultima casa sarà più grande di quella della prima, dice l’Eterno degli eserciti” (Ag. 2:7-9).
Qui, nel mezzo di una tremenda profezia di restaurazione, c’è la dichiarazione che Dio è il proprietario dell’argento e dell’oro. Avere le “tasche bucate” è un’espressione popolare per chi non riesce a far quadrare il bilancio; ed è proprio così che Aggeo descrive le condizioni del popolo di Dio di allora (Ag. 1:6). Egli profetizza a gente che viveva in tempi di restaurazione, ma che aveva visto realizzarsi solo in parte la visione ricevuta.
Vendita di bestiame
Spesso siamo poveri, non perché manchiamo di visione, ma perché non abbiamo ben compreso le implicazioni e l’applicazione della visione che abbiamo. “All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa” (Salmo 24:1) è senz’altro una gloriosa verità generale. Ma, più specificamente, implica che quando ci serve qualcosa per l’opera di Dio secondo la Sua volontà, sarà a nostra disposizione.
Ad Abramo fu promesso che sarebbe stato erede del mondo intero (Rom. 4:13); e noi siamo gli eredi della medesima promessa. A Dio appartiene “il bestiame che è per i monti a migliaia” (Salmo 50:10), ma spesso ci risulta difficile immaginare che siano venduti anche pochi capi per le nostre necessità! Le verità generali possono essere grandiose, ma troppo spesso non permettiamo che le loro implicazioni trasformino la nostra vita e le nostre circostanze.
Pensateci bene!
Vi è mai sembrato di correre dietro al vento? Tale era la condizione del popolo ai tempi di Aggeo. “Voi avete seminato molto, e avete raccolto poco; voi mangiate, ma non fino ad essere sazi” (Ag. 1:6). “Ponete ben mente alle vostre vie!” egli ripete. Non si trattava di teorie, ma di una dura realtà. E per voi, che cosa viene al primo posto: la vostra casa, oppure quella del Signore, cioè la Sua opera e il popolo Suo? Date al Signore solo dopo aver saldato tutti gli altri conti, oppure prima?
Quando veniamo a conoscenza di un bisogno particolare, oppure quando si annuncia un’offerta in chiesa, in quale modo contribuiamo?
– Secondo la somma chi ci capita di avere in tasca?
– Quanto ci possiamo permettere in quel preciso momento?
– Quanto ci potremo permettere, dopo aver pagato tutte le spese per il mese in corso?
- A seconda dei bisogni dell’opera di Dio? – Oppure andiamo oltre il bisogno,secondo quanto Dio ci suggerisce?
Ai tempi di Aggeo, non davano più di quanto avevano in tasca. Per questo Dio dice: “Chi guadagna un salario mette il suo salario in una borsa forata” (Ag. 1:6).
Un investimento sicuro
Anche noi viviamo in tempi di restaurazione, e anche per noi la sicurezza non si trova nelle ricchezze. Se il nostro desiderio è solo quello di avere un bel “gruzzolo” da parte o di fare buoni investimenti, dobbiamo chiederci se non c’è in noi quell’amore del denaro che è “radice di ogni sorta di mali” (1 Tim. 6:10). Un’abbondante scorta di quattrini ci mette in condizioni di fare ciò che ci piace, quando vogliamo, quindi di vivere nell’indipendenza. Gesù disse che il nostro cuore sarebbe stato lì dove è il nostro tesoro. Lasceresti forse il tuo cuore nella camera blindata di una banca? !
Se abbiamo da parte un bel gruzzolo per i tempi di difficoltà, è probabile che i tempi non si faranno mai abbastanza difficili perché ci convinciamo a spenderlo. Così ci priviamo di qualsiasi possibilità di scoprire le risorse soprannaturali di Dio; ci saremo condannati a vivere sempre nella sfera naturale. Non sto dicendo che dobbiamo essere innaturali, cioè, trasgredire le leggi naturali dell’economia; piuttosto, di essere soprannaturali, vivendo al di là di quelle leggi.
C’è poca sicurezza, comunque, nell’ordinare le nostre finanze secondo il comune buon senso, perché Dio ha giurato di far tremare ogni cosa che può essere scossa (Ebr. 12:27). I famosi “B.O.T.” rappresentano un investimento poco sicuro nei confronti della sicurezza offerta da “Iehovah-jireh”, il nostro Dio che provvede (Gen 22:14).
La povertà non è virtù
Il denaro è una questione delicata, come testimoniano le banconote piegate e sgualcite che mettiamo nella colletta domenicale! Per alcuni, è semplicemente sporco, “vile lucro”. Ma la povertà non è di per sé segno di purezza e giustizia; né il denaro e la ricchezza sono di per sé una cosa cattiva. I –nostri cuori devono comunque essere sensibili alle questioni morali insite nel nostro atteggiamento e nell’uso che ne facciamo.
La chiave è che dobbiamo essere capaci di dimorare in Cristo, tanto nella ricchezza quanto nella mancanza. Un cristiano maturo è contento in qualunque situazione economica. Paolo disse: “Ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo… sono stato ammaestrato ad essere saziato e ad aver fame, ad essere nell’abbondanza e ad essere nella penuria” (Fil. 4:12). In un certo periodo Gesù aveva una casa propria (Matt. 4:13); in un altro, il Figliuol dell’uomo “non aveva dove posare il capo” (8:20).
Ci sono tempi e stagioni diverse. Come Paolo, potremo naufragare e Dio ci salverà; ma non per questo dobbiamo buttarci in mare in mezzo alla tempesta! Rassegnarci alla povertà può essere a volte un pretesto per non cercare il Signore chiedendoGli di risolvere le nostre difficoltà.
Gesù, è vero, visse una sorta di povertà. Nacque in una stalla; ma non perché ai Suoi genitori mancassero i soldi per l’albergo. Durante il Suo ministero, Egli disponeva di poche risorse visibili; ma quante volte Gli è mancato il necessario nel momento del bisogno?
Egli ci offre un esempio di quel genere di sufficienza soprannaturale che supera le leggi naturali della finanza. La Sua non fu una vita di povertà, ma piuttosto fu vissuta nella sfera della “ricchezza della fede”.
Come succede anche per altri aspetti della nostra salvezza, a volte non godiamo appieno dell’eredità che ci appartiene. Ma ciò non toglie che dobbiamo credere alle promesse di Dio, piuttosto che alla nostra esperienza naturale. In tal modo, possiamo mancare di soldi ma essere comunque così attaccati a Cristo nella fede da essere perfettamente contenti, aspettando semplicemente il momento in cui Dio ci benedirà.
Gesù venne per salvare il mondo dalla povertà; da quella povertà amara, demoralizzante, disumana che Egli stesso illustrò quando, appeso nudo alla croce, fu fatto essere peccato e povertà, perché noi potessimo ricevere giustizia e ricchezza. “Perché voi conoscere la carità del Signor nostro Gesù Cristo il quale, essendo ricco, s’è fatto povero per amor vostro, onde, mediante la sua povertà, voi potreste diventar ricchi”.
(2 Cor. 8:9). Certamente qui si parla anche di ricchezza spirituale, ma il contesto in cui Paolo fa questo discorso è inequivocabile: sta parlando di soldi.
Vuoi diventare ricco?
In un recente incontro, domandai chi volesse essere ricco. Tra diverse centinaia di persone, solo due dissero di sì! Era una risposta ardita, ma avevano pienamente ragione.
Il male delle ricchezze sta nel loro abuso. Se invece siamo “ricchi in buone opere, pronti a dare e a far parte dei nostri averi”, ci faremo “un tesoro ben fondato per l’avvenire” (1 Tim. 6:18-19). Ai tempi di Aggeo, le case abbellite con rivestimenti di legno divennero un tranello per tenere povera la gente, impedendo che fosse ricca davanti a Dio.
Quale eredità ci siamo scelti? La povertà, la ricchezza egoista o la “ricchezza della fede”? Dovunque rivolgiamo il nostro cuore, lì sarà la nostra eredità.
Il tranello della ricchezza
La prosperità è stata promessa a chi è fedele al patto divino (Deut. 8:18, 2 Cor. 9:8-11). Molti cristiani sono troppo condizionati dal pensiero di dover essere contenti anche quando sono sfruttati; dopotutto, non è questo che la Bibbia sembra consigliare: “… contentatevi della vostra paga” (Luca 3:14); “la pietà con animo contento del proprio stato è un gran guadagno” (1 Tim. 6:6). Però, dobbiamo sapere anche che non è una vergogna approfittare dell’occasione per migliorare le proprie condizioni di vita (1 Cor. 7:21). Perché essere schiavi, maltrattati da un duro padrone, quando al popolo del patto è stata promessa la terra di Canaan?
Il fatto è, s’intende, che spesso la prosperità è più difficile da affrontare che la povertà. Non si può abusare di quello che non si ha. Due tribù e mezza d’Israele furono così abbagliate dalle ricchezze appena conquistate che perdettero la visione di combattere per il possesso del resto dell’eredità nazionale (Deut. 3:18-20).
Tuttavia, una simile discesa non è inevitabile. Sia Abramo che Giuseppe impararono come prosperare e nello stesso tempo camminare con Dio. Non c’è motivo di aver paura delle ricchezze, e specialmente della “ricchezza della fede”, quella che Dio provvede in maniera soprannaturale in risposta alla nostra fede.
Lunedì mattina
La maggior parte del nostro denaro lo guadagniamo; è il compenso di ore e ore di fatica. Troppa gente vive tutta la settimana in uno stato di tristezza, aspettando che la “vera persona” sia liberata il venerdì sera! Poi, di un colpo, spendono tutti i soldi guadagnati nella tristezza, in uno stile di vita “brillante” che dura due giorni la settimana.
Ma il lavoro non dovrebbe essere solo una fonte di guadagno per finanziare i sogni di gloria del fine settimana e per fare baldoria, e neanche per abbellire i locali di culto. Dio è capace di darci grandi soddisfazioni mentre ci troviamo sul posto di lavoro (Eccl. 2:24).
In un certo qual modo il nostro denaro, il nostro premio, rappresenta le ore della nostra vita. Se, quando diamo il dieci per cento della nostra busta paga (la decima), considerassimo che, in realtà stiamo dando a Dio una parte di noi stessi, della nostra vita, saremmo molto più benedetti. Come sarebbe differente il lunedì mattina per alcuni di noi, se considerassimo di lavorare quelle ore quale nostra “decima” per il Signore!
Le prime cose al primo posto
I pagani corrono di qua e di là per ottenere cibo e vestiti, ma Gesù ci dà questo stupendo consiglio: “Il Padre vostro che è in cielo sa che avete bisogno di tutte queste cose. Voi, invece, cercate il regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto vi sarà dato in più” (Matt. 6:32-33, versione TILC).
Quand’ero studente universitario, c’era un mio compagno di studi che aveva scritto questo testo sotto il poster di una splendida ragazza! Molti altri si sentono indotti da queste stesse parole ad una sorta di letargo e ad un’irresponsabilità “super-spirituale”. Ma la promessa di Gesù è che il Padre avrà cura di noi solo a condizione che ci dedichiamo praticamente agli obiettivi del Suo Regno.
Pannelli di legno
Conosco un fratello che da anni si prodiga per il bene degli altri. Con tutta la sua famiglia, si è dedicato senza riserve per il Regno. Letteralmente centinaia di persone sono state battezzate nello Spirito nel loro soggiorno, e tante altre salvate e trasformate. Ma mentre questo avveniva, qualcosa ne ha sofferto: quanto più la casa spirituale cresceva, tanto più quella materiale veniva ridotta in uno stato pietoso.
Mia moglie ed io dicevamo loro ripetutamente: “Dio vuole che abbiate una casa più bella, mobili più nuovi, un arredamento più elegante”. Ma ciò non sembrava interessare loro minimamente, tanto che la questione finì per diventare un argomento su cui prenderci in giro e ridere insieme. Una volta, però, ci confidarono che sarebbe loro piaciuto rivestire una parete di pannelli di pino.
Finalmente, dopo tante esortazioni, si decisero a cambiare casa. Poiché il mercato immobiliare era in crisi, poterono acquistare quella che piaceva loro ad un prezzo ridotto. Il venditore, inoltre, obbligato a trasferirsi per motivi di lavoro, da anni era un patito del “fai da te” e aveva abbellito tutto ciò su cui posava lo sguardo; tra l’altro aveva rivestito alcune pareti con pannelli di pino! Così, questo nostro fratello ebbe ciò che gli piaceva, in una casa come nuova, e avanzavano anche i soldi per comprare i mobili nuovi che gli occorrevano. “Iddio dà all’uomo che egli gradisce, sapienza, intelligenza e gioia; ma al peccatore dà la cura di raccogliere, d’accumulare, per lasciare poi tutto a colui che è gradito agli occhi di Dio” (Eccl. 2:26).
Una forte emozione
Ai tempi di Gesù, poteva succedere che il prezzo degli animali da offrire in sacrificio aumentasse persino di sette volte, nei periodi delle festività annuali. Il Signore disapprovava fortemente questo tipo di “inflazione religiosa”, e fu per questo che rovesciò i tavoli dei cambiamonete e scacciò via gli animali.
Il Signore prova emozione riguardo all’uso e all’abuso del denaro; non si accontenta solo di enunciare freddi “principi” che noi possiamo prendere o lasciare.
Trombe e ciliegie
C’è un premio per chi dà; perciò Gesù ci avverte di non farlo in maniera vistosa. Se metti in mostra la tua liberalità, non avrai un premio dal Padre tuo nei cieli (Matt. 6:1).
Nel tempio, ai giorni di Gesù, i recipienti per le offerte avevano la forma di trombe capovolte; può darsi dunque che ci fosse un gioco di parole nel consiglio: “Quando tu fai elemosina, non far suonar la tromba dinanzi a te …” (Matt. 6:3). Il messaggio è chiaro: è il modo in cui diamo che deciderà il nostro premio. L’ostentazione e il chiasso comportano già il loro premio in sé.
Si racconta di un fruttivendolo ambulante, il cui carretto si era rovesciato. Un ragazzino lo aiutò a rimettere tutto a posto, e dopo l’uomo lo invitò a prendersi una manata di ciliegie: Egli si rifiutò, ma quando il padrone stesso ne prese una quantità e gliele versò in grembo, fu contento di accettare. L’uomo, colpito, gli domandò perché non avesse voluto prenderle da solo. “Ma, signore, lei ha le mani molto più grandi delle mie”, replicò! Il premio che volessimo prenderci da soli sarà sempre insignificante nei confronti di quello che ci assegnerà il Signore.
Quanto ne rimane?
Una volta Gesù, col suo caratteristico modo di fare libero e disinvolto, stava a guardare la gente che depositava le proprie offerte nelle casse del Tempio (potete immaginare che ciò succedesse nella vostra chiesa??). Una povera vedova offrì una cifra irrisoria; il che ci ricorda che quello che noi diamo, per quanto poco, è sempre accettevole agli occhi di Dio. Non fu, comunque, quanto diede a suscitare la lode del Signore, ma quanto aveva e quanto le rimase: “Quelli hanno ‘offerto un po’ del loro superfluo; mentre questa donna, povera com’è, ha dato tutto ciò che le rimaneva per vivere” (Luca 21:4). È ovvio che questo deve avere compreso le spese della settimana entrante.
Quella vedova dava con sacrificio, ma anche con l’attesa di ricevere quanto le necessitava dalla “ricchezza della fede”. Altrimenti, l’unica spiegazione sarebbe che dava nell’attesa di ricevere da Dio vergogna, fame e miseria!
Finanze soprannaturali
Siamo stati chiamati a vivere per fede. Le finanze soprannaturali non sono innaturali; ma trascendono le finanze naturali e vengono ricevute per mezzo della fede. Alcuni parlano della “ricchezza della fede”. Potete chiamarla come volete, basta che siate nell’attesa continua di ricevere da Dio tutto ciò che è necessario per poter fare la Sua volontà e compiere la Sua opera. Tale è la nostra eredità secondo il Suo patto.
Cerchiamo dunque il Signore perché:
– scacci le ragnatele spirituali dal nostro modo di pensare alla povertà e alla ricchezza;
– ci liberi dalle nostre paure rispetto al denaro, e da ogni atteggiamento sbagliato nei confronti di esso;
– ci dia grazia di vivere nella “ricchezza della fede”, ricevendo quanto ci necessita da Lui;
– ci guidi perché abbondiamo in liberalità, aspettandoci di ricevere il Suo premio quando piacerà a Lui.
Se manchiamo di questo elemento, offuscheremo la nostra visione della vita, forse addirittura la perderemo completamente. Per raggiungere le estremità della terra sarà necessario investire denaro. E ricordiamoci che la visione soltanto, senza afferrarne le implicazioni e l’applicazione concreta nella nostra vita, farà venire di nuovo dei profeti della “seconda generazione” per spiegare perché noi avremo le “tasche bucate”, e mostrare il proposito di Dio che avrà dovuto aspettare un popolo capace di maneggiare bene il denaro.
(Da Restoration, gen.-feb. 1983. Tradotto per gentile concessione).
Tony Morton è l’anziano responsabile di una numerosa comunità cristiana a Southampton in Inghilterra, ed è anche il capo di una “squadra apostolica” che lavora in Inghilterra, Francia, India e altri paesi.