SCARICA PDF di questo articolo
di Geoffrey Allen
La Bibbia contiene molte altre “Beatitudini” oltre quelle famose del “Sermone sul monte”. Una di esse si trova nel Salmo 144:15, dove è scritto: “Beato il popolo il cui Dio è l’Eterno!” Ma qual è, oggi, questo popolo beato? E come si manifesta la sua posizione privilegiata?
Certamente Davide, quando scrisse queste parole, pensava al “suo” popolo, la nazione ebraica di cui egli era re, la quale era l’erede di tutte le promesse di benedizione che Dio aveva fatto al tempo di Mosè. E la “beatitudine” di cui parla Davide si doveva esprimere molto chiaramente come benessere materiale e sociale, come si vede dal resto del Salmo. Infatti, leggendo i versetti precedenti, troviamo questo elenco di benedizioni:
“l nostri figli, nella- loro, gioventù, siano come piante novelle che crescono, e le nostre figlie come colonne scolpite per adornare un palazzo. I nostri granai siano pieni e forniscano ogni specie di beni. Le nostre greggi moltiplichino a migliaia e a decine di migliaia nelle nostre campagne. Le nostre giovenche siano feconde: e non vi sia né breccia, né fuga, né grido nelle nostre piazze. Beato, il popolo che è in tale stato, beato il popolo il cui Dio è l’Eterno”.
Ora, però, sappiamo che questo “popolo il cui Dio è l’Eterno” lo siamo noi, la Chiesa, e non più gli Ebrei che vivono nel Medio Oriente o altrove. In che modo, allora, dobbiamo aspettarci che si manifesti la nostra beatitudine, la nostra condizione privilegiata? Dobbiamo pensare ad una beatitudine soltanto “spirituale”, invisibile e interiore, o possiamo aspettarci anche dei segni concreti del favore del nostro Dio?
Promesse
In Deuteronomio capitolo 28, troviamo Mosè mentre pronuncia il suo discorso d’addio agli Israeliti. Egli sa che fra poco deve morire, e che loro stanno per attraversare il Giordano e prendere possesso – finalmente! – della Terra promessa. Mosè dunque ricorda loro tutta la storia dei 40 anni sprecati nel deserto e ribadisce tutte le leggi date da Dio per la loro vita. Ed ecco la conclusione del discorso:
“Ora, se tu ubbidisci diligentemente alla voce dell’Eterno, del tuo Dio, avendo cura di mettere in pratica tutti i suoi comandamenti che oggi ti do, avverrà che l’Eterno, il tuo Dio, ti renderà eccelso sopra tutte le nazioni della terra; e tutte queste benedizioni verranno su te e si compiranno per te, se dai ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio tuo: Sarai benedetto nelle città e sarai benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto delle tue viscere, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame … Sarai benedetto al tuo entrare e al tuo uscire … I tuoi nemici saranno sconfitti davanti a te … L’Eterno ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano … L’Eterno ti stabilirà perché tu sia un popolo santo, come ti ha giurato, se osserverai i comandamenti dell’Eterno, che è il tuo Dio, e se camminerai nelle sue vie; e tutti i popoli della terra vedranno che tu porti il nome dell’Eterno, e ti temeranno. L’Eterno, il tuo Dio, ti colmerà di beni … L’Eterno ti metterà alla testa e non alla coda, e sarai sempre in alto e mai in basso, se ubbidirai ai comandamenti dell’Eterno, del tuo Dio, i quali oggi ti do perché tu li osservi e li metta in pratica, e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi comando” (Deut. 28:1-14).
È veramente difficile, leggendo queste affermazioni, continuare a dubitare che Dio desidera con tutto il cuore benedire il Suo popolo e farlo prosperare! … anche se, non dimentichiamolo, il resto dei capitolo parla di tutte le maledizioni che Egli gli manderà addosso se, al contrario, non Gli sarà fedele e ubbidiente. Ora, sappiamo che Dio è sempre lo stesso e non cambia mai; e allora non dobbiamo forse considerare che anche oggi Egli desidera benedirci e fare di noi un popolo invidiato da tutti gli altri che ci circondano? Ma – bisogna anche domandarci – viviamo veramente questa condizione?
Certo, nel passaggio dall’Antico al Nuovo Patto sono cambiate alcune cose. Oggi, la condizione stabilita da Dio per ricevere le Sue benedizioni non è più quella di osservare la legge in tutti i suoi dettagli, ma di credere in Gesù, il Signore, e vivere nella nuova vita che Egli ci dà. Tuttavia, anche sotto il Nuovo Patto, “la fede, se non ha opere, è morta” (Giac. 2:17); siamo figli di Abramo se viviamo come Abramo, la cui fede si manifestò con l’ubbidienza quando, per esempio, fu pronto a sacrificare Isacco (Giac. 2:21-24).
È vero anche che il “nuovo Israele” non è una nazione come le altre, con i propri confini geografici, tribunali, esercito, ecc., per cui non possiamo prendere alla lettera per noi promesse quali quella della vittoria militare sui nemici (Deut. 28:7), che, piuttosto, diventa per noi una promessa di vittoria e di trionfo nella guerra in cui è impegnata ogni credente “contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità” (Ef. 6:12).
Tuttavia, il Nuovo Testamento conferma che il desiderio di Dio è di benedirci e di farci prosperare: sicuramente l’apostolo Giovanni non era in disarmonia con la volontà di Dio quando scrisse: “Carissimo, io mi auguro che in ogni cosa tu prosperi e goda buona salute, come prospera l’anima tua” (3 Giov. 2). Il principio tuttora in vigore è che l’ubbidienza comporta la benedizione di Dio, la disubbidienza il Suo castigo.
In quali aree, dunque, dovrebbe manifestarsi oggi la benedizione di Dio nella nostra vita se Gli siamo fedeli e ubbidienti?
- VITA PERSONALE
“Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo” disse Gesù ai discepoli (Gv. 16:33). “E che razza di benedizione sarebbe questa?” vi domanderete. Troppe volte, però, si è annunciato un “vangelo” che suona più o meno così: “Vieni a Gesù: avrai una vita di pace e di gioia e tutti i tuoi problemi si risolveranno”. Non è questo il Vangelo di Cristo! Certamente Egli ci ha promesso la pace (Gv. 14:27), la gioia (Gv. 15:11), ma ha detto che avremo anche persecuzioni (Mc. 10:30) e afflizioni. La beatitudine del cristiano non consiste nell’assenza di problemi, ma nel poter vivere nella serenità e ricevere forza pure in mezzo ai problemi, avendo la certezza che “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Rom. 8:28). “Molte sono le afflizioni del giusto”, scrisse Davide (e parlava dall’esperienza vissuta!), “ma l’Eterno lo libera da tutte” (Salmo 34:19).
Certo, riceviamo già tante benedizioni che, il più delle volte, diamo per scontate e per le quali troppo spesso dimentichiamo di ringraziare Dio: la vita stessa, la salute, il pane, l’acqua, l’aria che respiriamo, le bellezze della natura, l’amore di una famiglia e dei fratelli in Cristo. Ma, se lo potessimo capire, anche le nostre sofferenze fanno parte delle benedizioni di Dio. “Ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza, la pazienza esperienza, e l’esperienza speranza” (Rom. 5:3-4). A ragione, dunque, gli apostoli Barnaba e Paolo incoraggiavano i discepoli e li esortavano a perseverare nella fede “dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio” (quel regno che “è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”) “attraverso molte tribolazioni” (Atti 14:22, Rom. 14:17).
Molti cristiani, quando hanno delle afflizioni, ne danno tutta la colpa al Diavolo. Ma la Parola di Dio ci insegna che Dio “ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio” (Col. 1:13), e che quindi “chiunque è nato da Dio … (Gesù) lo protegge, e il maligno non lo tocca” (1 Gv. 5:18). Satana non ci può toccare, cioè, senza avere prima chiesto e ottenuto il permesso dei nostro Padrone, Dio, come dovette fare nei casi di Giobbe (Gb. 1:2, 2:6) e di Pietro (Lc. 22:31).
Indispensabile
Dio ha quindi il controllo di ogni cosa, ed è Lui a permettere che incontriamo proprio quella “dose” di problemi e di sofferenze che è indispensabile per la formazione del nostro carattere, e non un grammo di più! “Voi esultate, sebbene ora, per un po’ di tempo, se così bisogna, siate afflitti da svariate prove, affinché la prova della vostra fede, molto più, preziosa dell’oro … risulti a vostra lode, gloria ed onore” (1 Pt. 1:6-7).
Infatti, l’assenza dei problemi non potrà mai fare sì che i tuoi colleghi e i vicini di casa “vedranno che tu porti il nome dell’Eterno, e ti temeranno” (Deut. 28:10); tutt’al più, direbbero: “Che gente fortunata! “ Ma quando possono vedere uno che nella sofferenza non si lamenta, anzi è pieno di gioia; uno che, maltrattato, ricambia il male con il bene; uno che riesce a considerare un guadagno anche l’afflizione, perché sa che produce un carattere stabile e un prezioso frutto di santificazione (Ebr. 12:11); allora verranno a dirci: “Come posso avere anch’io una fede come la tua?”
- VITA FAMILIARE
Dio ha promesso di benedire la nostra vita familiare. Ma può darsi che il Suo modo di benedirci sia in contrasto con la nostra idea di come dovrebbe farlo. Noi potremmo pensare: una buona sistemazione per me, un lavoro per mia moglie, la casa di nostra proprietà, due macchine, e due figli (non di più, perché sai, al giorno d’oggi…!) Ecco le cose per farmi veramente felice!
Dio invece ha spiegato il Suo modo di benedirci e di farci prosperare nel Salmo 128: “Beato chiunque teme l’Eterno e cammina nelle sue vie! Tu allora mangerai della fatica delle tue mani; sarai felice e prospererai. Tua moglie sarà come una vigna fruttifera nell’interno della tua casa; i tuoi figli, come piante d’ulivo intorno alla tua tavola. Ecco, così sarà benedetto l’uomo che teme l’Eterno”.
Notiamo: “…l a fatica delle tue mani”. Ora, non dico che in tutti i casi sia da rifiutare che anche la moglie lavori fuori casa: certe volte può essere, purtroppo, indispensabile; in altri casi, quando i figli hanno ormai acquistato una certa indipendenza, può essere un fatto positivo per tutti. Ma in genere, il piano di Dio è che sia l’uomo a provvedere per le necessità della sua famiglia (non è detto, per ogni lusso e ogni capriccio). Ed è il Suo forte desiderio benedire il tuo lavoro –in modo che ciò sia possibile: basta che tu glielo consenti, cioè che “temi l’Eterno e cammini nelle sue vie”.
Dio ha promesso che allora, tua moglie sarà “come una vigna fruttifera nell’interno della tua casa”. Questa parola “fruttifera” suggerisce, tra l’altro, l’idea di “feconda”. Infatti, proprio nel Salmo precedente leggiamo: “Ecco, i figli sono un dono che viene dall’Eterno; il frutto del grembo materno è un premio … Beati coloro che ne hanno piena la faretra!” (Salmo 127:3-5). “Ah – dicono certi credenti – quella è una mentalità degli Ebrei che andava bene allora; oggi invece è diverso!” Che cosa è diverso? Vorrei sapere. Dio è forse diverso? La Sua parola non ha più valore? Ma insomma, è o non è la Parola di Dio? E se lo è, dobbiamo forse buttarla dalla finestra perché non va d’accordo con la mentalità del mondo moderno in cui viviamo?
Certo, non intendo dire che tutti dovrebbero fare tanti figli: chi non ha la capacità di farli crescere bene, sarebbe un incosciente. Beati sono “coloro che ne hanno la faretra piena”, non “strapiena”! E indubbiamente c’è chi ha la “faretra” grande e chi piccola! Cioè, ci possono essere coppie che farebbero meglio a non fare proprio figli; altre che hanno ragione a non farne più di uno o due. Ma questo ha a che fare con la nostra capacità di accogliere e di amministrare la benedizione di Dio; rimane il fatto che è una benedizione. Io, personalmente, ho la “faretra” abbastanza piena con sei figli! Ma considero ognuno di essi una benedizione, un dono speciale fattomi dal mio Padre celeste, e mi danno tante gioie e soddisfazioni (insieme con qualche arrabbiatura: non sono angeli ma figli miei …!)
Certo, perché i figli siano una benedizione, bisogna “camminare nelle Sue vie” e “mettere in pratica i Suoi comandamenti”. La Bibbia ci insegna il modo giusto di educare i nostri figli e di tenere in ordine la nostra famiglia, e se lo trascuriamo, sarà a danno loro e nostro. Ma se siamo fedeli e ubbidienti, possiamo contare sulla fedeltà di Dio anche per supplire ai nostri inevitabili limiti ed errori nel ruolo di genitori. La Sua grazia ci basta!
Però, non è tutto qui il senso di “fruttifera”. Il nostro brano intende parlare anche di frutto spirituale. “Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto”, ha detto Gesù (Gv. 15:5). La moglie che sta “all’interno della tua casa” ha tante possibilità di servire il Regno di Dio, come viene suggerito in 1 Timoteo 6:10: prima, nell’ “allevare i figli” – non soltanto cucinare, lavare e stirare per loro, ma, insieme col marito, formarli nelle vie di Dio per essere la prossima generazione della Chiesa, destinati ad essere di benedizione a tutte le famiglie della terra (Gen. 12:3); e poi nell’“esercitare l’ospitalità, lavare i piedi ai santi, soccorrere gli afflitti, concorrere ad ogni opera buona”, cose nelle quali la moglie che lavora si trova molto più limitata.
Bisogna dunque domandarsi, anche nel caso di una moglie che potrebbe andare fuori a lavorare senza con questo recare danno all’equilibrio familiare, se è in questo modo che si porterà il maggiore frutto per il Regno di Dio. Ricordiamoci, la benedizione di Dio nella famiglia è condizionata dalla nostra fedeltà e ubbidienza: “temere l’Eterno e camminare nelle Sue vie”, e cioè, “cercare prima il regno e la giustizia di Dio” (Matt. 6:33).
- VITA SOCIALE
“Ecco, quanto è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino assieme! … poiché là l’Eterno ha ordinato che sia la benedizione” (Salmo 133).
Nella società odierna, e specialmente nelle città, c’è la crisi delle relazioni sociali. È ben noto che, spesso, i vicini di casa, famiglie che magari abitano allo stesso piano dello stesso palazzo, non si conoscono affatto: ognuno vive in un piccolo mondo a sé.
Nella santa nazione di Dio, invece, la legge è l’amore. Egli ci ha ordinato di amarci gli uni gli altri, e “non a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità” (1 Giov. 3:18).
La comunione -cioè, la vita comune – tra fratelli è nello stesso tempo una benedizione di per sé (“buono e piacevole”), e una condizione per ricevere in maggior misura tutte le altre benedizioni di Dio, perché è un adempimento della volontà di Dio: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Giov: 13:35).
Dio vuole che ci sia nella Chiesa una vita sociale ricca, varia e piena di soddisfazioni, che attiri gli estranei a Cristo per la qualità di amore e di comunione che vedranno in essa. Come ha detto un fratello, dei quattro “pilastri” della vita della Chiesa in Atti 2:42, quella della “comunione fraterna” è la “più vicina alla porta”: è la prima che vedono gli estranei quando entrano tra noi, e deve essere la prima dimostrazione della presenza di Dio nel nostro mezzo. In un mondo di conflitti, di egoismo, di sfiducia e di alienazione, è compito della Chiesa mostrare la riconciliazione che Dio ha operato per noi e tra noi in Cristo (Ef. 2:14-16).
E nello stesso tempo noi avremo una vita ricca di gioie e di benedizioni, quella vita di amore e di comunione per la quale siamo stati da Lui creati. Nella chiesa delle origini, “tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune… e ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e: semplicità di cuore … godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità …“ (Atti 2:44-47).
- VITA MATERIALE
Dio è un Dio buono. Egli desidera benedirci e arricchirci con ogni forma di benedizione: la pace, la salute, il benessere materiale. Il problema è che, tante volte, noi non siamo in grado di gestire tali benedizioni senza esserne viziati e corrotti. “L’amore del denaro – ci avverte la Scrittura – è una radice di ogni specie di mali”; “la cupidigia (greco pleonexia, cioè “desiderio di avere di più”) è idolatria” (1 Tim. 6:10, Col. 3:5). Anche nell’Antico Testamento, le promesse di benedizioni materiali sono accompagnate da severi moniti contro le tentazioni della prosperità:
“Il tuo Dio, l’Eterno, sta per farti entrare in un buon paese… paese di frumento, d’orzo, di vigne, di fichi e di melagrani; paese d’ulivi da olio e di miele; paese dove mangerai del pane a volontà, dove non- ti mancherà nulla … Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo Dio, a motivo del buon paese che t’avrà dato. Guardati bene dal dimenticare il tuo Dio, l’Eterno, al punto da non osservare i suoi comandamenti, le sue prescrizioni e le sue leggi che oggi ti do; onde non avvenga, dopo che avrai mangiato a sazietà ed avrai edificato e abitato delle belle case, dopo che avrai veduto il tuo grosso e il tuo minuto bestiame moltiplicare, accrescersi il tuo argento e il tuo oro, ed abbondare– ogni cosa tua, che il tuo cuore s’innalzi, e tu dimentichi il tua Dio, l’Eterno …” (Deut. 8:7:14).
Similmente il Nuovo Testamento: “A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere d’animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci, fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere generosi ;nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro bene fondato per l’avvenire …” (1 Ti m. 6:17-18).
Perché la prosperità materiale sia per noi un bene e non un male, dunque, è necessario che il nostro cuore sia prima liberato dall’amore del denaro e delle cose. Allora Dio potrà darcene in abbondanza, sapendo che ne saremo buoni amministratori, capaci di gestirli nel modo giusto per noi stessi e per gli altri. Quando impariamo a dare liberamente, senza rimpiangere, Dio, può ridare a noi: “Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi” (Luca 6:38).
Qualcuno l’ha parafrasato così: “Se dai con un cucchiaino, Dio darà a te col cucchiaino. Se dai a palate, anche Dio ti darà a palate; solo che Egli ha una pala molto più grande della tua! “
Anche nel Nuovo Testamento, allora, troviamo le stesse promesse di, abbondanza economica e materiale, che però mira a benedire, attraverso noi, anche gli altri: “Chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; echi semina generosamente mieterà altresì abbondantemente. Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un donatore gioioso. Dio è potente da fare abbondare su di voi ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario, abbondiate per ogni opera buona … Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per nostro mezzo” (2 Cor. 9:6-11).
Anche in questi tempi di crisi economica, Dio vuole che il Suo popolo sia visto come un popolo benedetto, privilegiato, “la testa e non la coda”. Basta che “ubbidiamo diligentemente alla Sua voce” e mettiamo in pratica la Sua parola; ed Egli potrà fare di noi un popolo invidiato da tutte le nazioni fra le quali ci troviamo a vivere. “Beato il popolo il cui Dio è l’Eterno!”.