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di Emilio Ursomando
“Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?» Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni Battista; altri Elia; altri, Geremia o uno dei profeti»” (Matt. 16:13-14). “Alcuni dicono … altri … altri …”. Ognuno aveva una sua opinione su chi fosse Gesù; e tutti sbagliavano.
“Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli»” (Matt. 16:14-17). Non la carne e il sangue, ma il Padre! Riflettiamo su questa profonda verità spirituale; considerando il colloquio che ebbe con un “sapiente” del suo tempo.
Due sapienze a confronto
“Rabbi, com’è possibile? Come può un uomo vecchio come me tornare nel seno di sua madre e rinascere?” (Giov. 3:4). Con queste parole Nicodemo, “colui che era dalla terra”, rispose a Gesù, “colui che era venuto dal cielo” (Giov. 3:31). Quale abisso tra loro! Senza alcun dubbio, Nicodemo era uno che amava Dio (andò da Gesù!), come non è da dubitare che conoscesse a menadito la Scrittura; era anche uno dei capi tra gli Ebrei, ma, nonostante tutto ciò, non riusciva a “ricevere” le parole di Gesù. È scritto: “L’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito” (1 Cor. 2:14).
Il Signore gli disse: “Devi nascere di nuovo! Se uno non nasce di nuovo non può vedere il regno di Dio!” (Giov. 3:3). C’è qui un insegnamento per noi: possiamo amare Dio, conoscere tutta la Bibbia, essere uno dei capi in mezzo al popolo di Dio e tuttavia non vedere il regno, non ricevere le cose che lo Spirito sta dicendo e compiendo intorno a noi. Come Nicodemo, davanti al “nuovo” che viene, esclamiamo spaventati e confusi: “Com’è possibile?” (Giov. 3:9).
Nicodemo era cieco! Egli, con tutta la sua sapienza, era (e certamente se ne accorse quel giorno) “uno della terra”. La sua conoscenza era ineccepibile, ma quando venne Gesù essa risultò arretrata e perfino pericolosa, rendendolo incapace di seguire Dio nella “nuova via” che Egli stava tracciando nel mondo. Anche l’apostolo Paolo riconobbe “… ogni cosa un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto: io considero queste cose come tanta spazzatura alfine di guadagnare Cristo” (Fil. 3:8).
Dipendenza continua
Possiamo aver realizzato, un giorno, una autentica nascita “spirituale”, possiamo aver fatto, un tempo, delle esperienze straordinarie con Dio e, nonostante questo, vivere oggi nel “naturale”. Dio ci chiama a ricevere ogni giorno la rivelazione “dall’alto”. La vita stessa di Gesù e l’intero suo ministero terreno erano impostati su questo medesimo principio di dipendenza continua dal Padre: egli cercava e conosceva continuamente la volontà del Padre per l’oggi (Gv. 5:19,30). Egli era venuto per compiere “le opere del Padre”: non quello che gli “capitava” lungo la via, ma le opere preparate per lui dal Padre.
Anche per noi Dio ha già preparato delle opere da compiere (Ef. 2:10). Ma come possiamo compierle se non consentiamo a Dio di mostrarcele? Non dobbiamo vivere di cose “vecchie”, per quanto “sante” esse possano sembrare! La vita è nel nuovo, in quello che Dio sta facendo e dicendo oggi.
Gesù era un uomo dello Spirito, che camminava per lo Spirito. È scritto: “Quelli che sono condotti dallo Spirito sono figli di Dio” (Rom. 8:14). Qual è la nostra guida? Stiamo realizzando il “nuovo”, o i nostri giorni con Dio sono tutti noiosamente uguali? Se è così dobbiamo rinnovarci! Gesù affermò: “Non si mette vino nuovo in otri vecchi” (Matt. 9:17). Il “vecchio” non può contenere il “nuovo”. Dobbiamo allora badare a non invecchiare, a restare otri “giovani”, morbidi ed elastici, attraverso il contatto continuo con “l’olio” dello Spirito Santo.
Ci saranno delle difficoltà, delle resistenze da vincere in noi. Del resto, tutti, credo, conosciamo l’angoscioso dilemma che l’apostolo Pietro fu chiamato ad affrontare e a vincere per “rinnovarsi”. Mangiare animali impuri, entrare nella casa di un pagano?! Pietro dovette chiedersi: “Ma è veramente il Signore a parlarmi in questo modo? Come fa allora a chiedermi cose che Egli stesso ha proibite?” Quel giorno Dio gli stava comunicando un nuovo principio di vita. E Pietro dovette “rinunciare a se stesso”, a tutta la sua precedente conoscenza delle cose di Dio. Dovette ritenere sorpassata e addirittura pericolosa tutta la sua precedente “cultura” giudaica. Solo seppellendo il “vecchio” trovò la libertà di entrare nella casa del pagano Cornelio e diventare così collaboratore di Dio nella “nuova” opera che Egli stava iniziando nel mondo.
A costo di tutto
È scritto “Acquista sapienza … a costo di quanto possiedi” (Prov. 4:7). Appena smetti di cercare la sapienza che è “dall’alto”, rimani indietro rispetto alla vita di Dio ed invecchi. Ma qui ci viene detto anche che c’è un prezzo da pagare per entrare nel “nuovo”: lasciare il vecchio, che certamente reagirà (Atti 11:2-3). Dobbiamo essere continuamente disposti a mettere in discussione la nostra “conoscenza” di oggi, se vogliamo crescere nella vera sapienza di Dio, l’unica che può edificare la Sua chiesa (Prov. 24:3).
Possiamo illuderci di sapere tutto, di essere i detentori della verità assoluta, ma Paolo dice: “Chi pensa di conoscere non sa ancora come bisogna conoscere” e dichiara inoltre: “Noi conosciamo in parte” (1 Cor. 8:2; 13:9,12). Cosa significa questo? che dobbiamo buttare via tutta la conoscenza che possediamo e camminare “a caso”? Niente di tutto questo: semplicemente riconoscere che, finché saremo su questa terra, la nostra conoscenza non è e non sarà mai definitiva né assoluta.
È scritto “Lo Spirito vi guiderà nella verità” (Giov. 16:13). La verità è una strada, e la guida dello Spirito è un processo che continua nel tempo. Saremo discepoli (allievi) per tutta la vita! Gesù disse: “Ma voi non vi fate chiamare “Maestro”: perché uno solo è il vostro Maestro” (Matt. 23:8). Nessuno in mezzo a noi potrà mai dire: “Io SO!”. “Chi dice di conoscere, non sa …” (1 Cor. 8:2).
Ogni giorno dobbiamo disporci a conoscere cose nuove, come gli Israeliti dovevano “ogni giorno” raccogliere la manna che scendeva dal cielo (Es. 16:19-20). Conservare il “vecchio” riempirà di vermi e fetore la nostra “dispensa” spirituale. Quando cercheremo di nutrircene non stupiamoci se ne resteremo intossicati.
Chi potrebbe concludere questo argomento in maniera piú autorevole dell’apostolo Paolo? Egli ha basato il suo ministero sullo stesso principio. Ascoltiamolo! “… dimenticando le cose che stanno dietro (il “vecchio”) e protendendomi verso quelle che stanno davanti (il “nuovo”) proseguo il corso … Sia, questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi: se in qualche cosa voi pensate altrimenti (è previsto!), Dio vi rivelerà anche quella. Soltanto, dal punto in cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via” (Fil. 3:13-16).
Attraverso il cuore
La rivelazione può essere ricevuta solo da chi è santo. “Santo” significa “separato”. Non possiamo seguire Dio se non abbiamo deciso di separarci dall’iniquità. Quando Dio parlò al popolo di Israele e gli propose il Suo patto lo chiamò ad essere un popolo appartato, separato dai modi di vivere delle altee nazioni, consacrato a Lui.
Ma la santità di cui Dio parlava era la santità del cuore, mentre il più delle volte la consacrazione di Israele era solo esteriore. Più volte Dio dovette suscitare profeti a cui rivelò la effettiva condizione del popolo: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me”. (Is. 29:13). Il problema era ed è ancora lì: nel cuore!
Dopo averli liberati dalla tirannia di Faraone, Dio chiuse alle loro spalle il Mar Rosso e Israele dovette pensare che tutto era risolto: ora avrebbero potuto vivere liberamente; ma la presenza di Dio era nella nuvola e Israele fu chiamato a seguirla. Il popolo si mise così in cammino ma … il cuore desiderava l’Egitto e questo rendeva molto duro il cammino in avanti. La promessa di Dio di una terra fertile, la nuvola che mostrava loro la via, la manna, le quaglie, la sorgente di acqua fresca che li seguiva, non erano sufficienti.
Ascolta ciò che voglio dirti: se nel cuore sei legato all’Egitto, la “nuvola” non dirà nulla al tuo cuore, non riuscirai mai ad avere la visione, di Canaan e, senza visione, non vedrai che sabbia, pietre e scorpioni intorno a te, e non potrai che mormorare, non potrai che ribellarti contro Dio. E cadrai nel deserto! (1 Cor. 10:11). Rifletti, Mosè era con loro nello stesso deserto, affrontò con loro gli stessi disagi, ma non mormorò contro Dio, non pensò mai. di tornare in Egitto. C’era una differenza tea lui e il popolo: Mosè aveva una visione! ed aveva una visione perché il suo cuore era per Dio.
La Scrittura dice: “Badate che non si trovi in qualcuno di voi un malvagio cuore incredulo che vi porti a ritirarvi dall’Iddio vivente” (Ebr. 3:12). Cosi, un cuore che non riesce a credere non è un cuore debole ma è un cuore malvagio, non ha bisogno di comprensione ma di ravvedimento. Un cuore malvagio non può vedere il regno di Dio che viene sulla terra, è chiuso ad ogni rivelazione.
Conoscere i tempi
“I farisei e i sadducei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova e gli chiesero di mostrar loro un segno dal cielo. Ma egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: ‘Bel tempo, perché il cielo rosseggia!’ e la mattina dite: ‘Oggi tempesta, perché il cielo rosseggia cupo!’ L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli?»” (Matt. 16:1-3).
Dio lascia dei “segni”. La venuta di Gesù era individuabile da segni, ma segni “ piccoli “, riconoscibili solo dagli umili. “L’Evangelo è annunciato ai poveri”, affermò Gesù (Matt. 11:5). La sua stessa entrata nel mondo è avvenuta in modo quasi anonimo: in una stalla. Gesù sarebbe potuto discendere dal cielo tra squilli di tromba e cori osannanti di moltitudini angeliche. Non lo ha fatto. Gli angeli che annunciarono il suo ingresso nel mondo non apparvero a Gerusalemme, ai sapienti del tempo, ma a dei pastori che passavano la notte di guardia alle loro greggi, ai quali dissero: “E questo vi servirà di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia” (Luca 2:12).
Che segno! Ci saremmo aspettati un trono splendente o, almeno, dei cieli aperti, invece… un bambino coricato in una mangiatoia! Chiunque avrebbe potuto passarvi accanto senza accorgersi di nulla. “Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate” (1 Cor. 1:28).
È scritto: “I puri di cuore vedranno Dio” (Matt. 5:8). Sotto qualsiasi forma Egli si presenti, essi lo vedranno! Spesso le cose più grandi cominciano in un’anonima “stalla”: è nello stile di Dio presentarsi tra noi senza nulla che possa “attirare i nostri sguardi” (Is. 53:2). Egli è umile e cerca gli umili. Egli conosce il Suo popolo, Egli sa confondere la sapienza dei saggi (Is. 29:14). Ancora oggi saranno gli umili a riconoscerlo. Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi (Luca 17:20)! Giovanni Battista lo riconobbe; Israele lo aspetta ancora!
Ecco, io sto per fare una cosa nuova …
“I discepoli gli domandarono: «Perché dicono gli scribi che prima deve venire Elia?» Egli rispose: «Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto: anzi gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto …»” (Matt. 17:10-12).
“Elia” (Giovanni Battista) era il segno della “cosa nuova” che Dio stava facendo in quel tempo.
Anche di Gesù stesso fu detto: “In mezzo a voi è presente uno che voi non conoscete”. Gesù era li, si muoveva tra loro, ma non lo conoscevano. Ancora oggi è così. C’è un tempo nuovo, è già tra noi, c’è una parola che lo Spirito Santo sta rivolgendo alle chiese. Un nuovo Elia, un nuovo messaggio sta passando in mezzo al popolo del Signore, in punta di piedi. Voglio chiederti: cosa farai dell’Elia di oggi?
Ovunque in mezzo al popolo di Dio si stanno alzando delle voci, sempre più forti e sempre più sicure, per portare la Sua parola. È scritto: “Dio non fa nulla senza rivelarlo ai suoi servi, i profeti” (Amos 3:7). Chi afferma che oggi non c’è più bisogno di profeti sta affermando che Dio si è ritirato in pensione, datò che Egli stesso– ha detto che “non fa nulla” senza rivelarlo ai suoi profeti. Apri dunque gli occhi e tendi le orecchie: la parola di Dio ti sta passando vicino. Apri soprattutto il tuo cuore e rifletti su questa parola: “Io ho questo contro di te, che hai lasciato il primo amore!” Ora, fra te e te, domandati: E’ forse per me questa parola?
Molti, in Israele, dicevano di aspettare il Messia, esaminavano le scritture minuziosamente per essere pronti a riconoscerlo quando sarebbe apparso; ma quando egli apparve, non lo riconobbero. Anzi, quando egli cominciò ad annunciare la “vera” parola di Dio che scese a giudicare i loro cuori, essi “decisero di farlo morire” (Marco 11:18). Quale fu la causa della loro cecità? “Il loro cuore è lontano da me” (Marco 7:6).
… essa sta per germogliare …
I capi di Israele, a causa del peccato che era in loro, non videro il regno di Dio venire. Ma ci fu un uomo, che “vide” il giorno del Signore, fin dalla sua alba. Simeone, il vecchio stanco Simeone, riconobbe il Figlio di Dio “in fasce”, mentre “stava per germogliare” (Luca 2:25-32). Come fece a riconoscere il Signore a pochi giorni? Sappiamo che nessun segno esterno. lo rendeva diverso dagli altri bambini. Ma Simeone lo riconobbe perché “era giusto e timorato di Dio e aspettava la consolazione di Israele” e per questo motivo “lo Spirito Santo era sopra di lui e gli era stato rivelato …” (Luca 2:25-26).
Lo riconobbe perché, aveva una rivelazione, ed aveva una rivelazione perché amava e temeva Dio. Il suo cuore desiderava il giorno del Signore, era la sua unica ragione di vita. Nota infatti le sue meravigliose parole: “Ora, Signore, chiama pure a Te il tuo servo, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (v. 29-30). Ora la sua vita poteva concludersi, senza rimpianti. Aveva visto ciò che aspettava. Niente altro lo legava alla terra. Chi ama aspetta, desidera il giorno del Signore, e sa riconoscere le cose di Dio fin dal loro inizio, quando sono ancora “in fasce”.
… non la riconoscerete voi?
Anche oggi possiamo non discernere i tempi, non riconoscere quello che Dio sta facendo in mezzo alla chiesa, se non abbiamo, come Simeone, il desiderio di vedere il giorno del Signore. Gesù disse: “Dove è il tuo tesoro, lí sarà anche il tuo cuore” (Matt. 6:21). Dov’è il tuo cuore? Se vuoi saperlo, domandati in cosa investi la maggior parte del tuo tempo, cosa assorbe la maggior parte dei tuoi pensieri, in cosa spendi la maggior parte dei tuoi soldi… e saprai dov’è il tuo cuore.
L’apostolo Paolo scrive ai Romani di non conformarsi al secolo, per conoscere la volontà di Dio (Rom. 12:1-2). Una traduzione più vivace dell’espressione “non vi conformate al presente secolo” è: “non permettete al mondo di comprimervi dentro il suo stampo”! Così Israele, compresso nello stampo del mondo, perse la sua identità particolare. Assorbi i costumi ed i principi degli altri popoli e smise di essere “la gente santa” che doveva mostrare Dio al mondo. E Paolo mette in guardia anche la chiesa di Cristo contro lo spirito del secolo, uno spirito che troviamo già infiltrato nella chiesa di Laodicea e riscontrabile anche nella chiesa di oggi. Questo spirito si esprime in questi termini: “Sono ricco! Non ho bisogno di nulla! Perché pregare se possiedo già tutto quello che mi serve?” Ma Dio dice a quella chiesa: “Tu sei povero, tu sei nudo, tu sei cieco. Tu credi di essere ricco, perché hai perso la sapienza e ti sei dato a vivere per ottenere cose che non giovano nulla. Io ti consiglio di prendere da me del collirio, perché tu torni a vedere, e ti ravvedi della tua condizione” (cfr. Apoc. 3:14-22).
“Tu sei povero, tu sei cieco!” Il benessere facilmente ci acceca, ci rende egoisti e quindi insensibili alla voce di Dio. Già secoli fa Dio aveva mandato la stessa parola al suo popolo, attraverso il profeta Aggeo: “Vi sembra questo il tempo di rifinire le vostre case con gli arredi più pregiati, quando la casa dell’Eterno giace in rovina? Ora il Signore vi manda a dire: Ravvedetevi! Lasciate le vostre case e salite a ricostruire la mia casa, perché questo è il tempo in cui la casa del Signore deve essere ricostruita!” Ma cosa rispose il popolo? “Non è questo il tempo in cui la casa del Signore deve essere ricostruita (cfr. Ag. 1:2-6). Il loro cuore era chiuso, perché posseduto dal pensiero delle loro case. Così oggi: “Perché la decima? Perché tanto impegno? Perché sacrificarsi? …”
Cosa ci fa parlare così? Non è forse l’amore per le “nostre” case? Come facciamo a dare la decima per l’opera di Dio se dobbiamo comperare la televisione a colori? Ce l’hanno tutti! E poi è appena uscito un ultimo modello di auto e c’è una offerta promozionale di cui sarebbe sciocco non approfittare… e poi ci sono tante cose che danno “tono”. Un cristiano non deve anche badare a non sfigurare? “… le vostre case! … la mia casa va in rovina … !”
Le giuste priorità
Ma poi, il popolo capi e sali a lavorare nella casa del Signore, dopo che ebbe ascoltate le parole del profeta che ognuno di noi può leggere in Aggeo 1:9-11. Che anche il nostro cuore possa rinsavire, che anche i nostri occhi possano riaprirsi, che Dio possa distogliere con la Sua parola i nostri occhi dalle vanità e renderci ricchi delle vere ricchezze!
Gesù dovette dire un giorno ai suoi discepoli: “Voi dite: «Mancano ancora quattro mesi alla mietitura». Ma io vi dico: «Alzate gli occhi e guardate: le campagne sono già bianche da mietere»”. I discepoli dicevano: “Non è ancora il tempo!”. Ma era il tempo! Il tempo di Dio era lì, davanti a loro, ma non lo vedevano. “Mancano ancora quattro mesi …!” Non avevano voglia di lavorare, non avevano a cuore l’opera del Signore!
Dio ci dice: Presentatevi in sacrificio! Affinché possiate conoscere la Mia volontà (Rom. 12:1-2). Presentiamoci, allora, affinché possiamo essere liberati dallo spirito del mondo mediante “il rinnovamento della nostra mente”; altrimenti saremo sempre di più storditi e portati lontano dalle cose di Dio. Storditi, come lo era Israele quando Malachia lo richiamò a tornare al Signore. Essi risposero: “In che dobbiamo tornare?” (Mal. 3:7). Erano diventati ciechi, incapaci di vedere il loro stato reale davanti a Dio. Dio era diventato per loro un estraneo, uno a cui dare un paio d’ore la domenica e qualche offerta, ma non molto né troppo spesso, perché … bisogna pur vivere, no? Dio grida: “TORNATE A ME!” ad un popolo prigioniero.
Ogni movimento di risveglio è preceduto da un ritorno alla preghiera. Come già nel periodo precedente la Pentecoste, Dio sta chiamando il suo popolo alla preghiera: “Io spanderò sulla casa di Davide … lo spirito di grazia e di supplicazione” (Zacc. 12:10). “O voi che destate il ricordo dell’Eterno, non abbiate requie, e non date requie a lui, finché Egli non abbia ristabilita Gerusalemme, e n’abbia fatto la lode di tutta la terra” (Is. 62:6-7).
Ed in risposta a questa preghiera suscitata dallo Spirito Santo, Dio manderà il suo Spirito, il suo risveglio. Anzi, già si sente un rumore! Le “ossa secche”, percorse da un nuovo fremito di speranza e di fede, si stanno muovendo, si stanno avvicinando le une alle altre.. Non è ancora niente di grande, ma alleluia, è l’inizio! La scrittura ci dice di “non disprezzare il giorno delle piccole cose” (Zacc. 4:10). E mentre le ossa, audacemente ma anche timorosamente, cercano di unirsi per ricostruire il corpo originario, Dio sta gridando dal cielo, con le stesse parole dei profeti: “Risvegliati, risvegliati, rivestiti dalla tua forza, o Sion!… Sciogliti le catene dal collo! Vieni dai quattro venti, o spirito, soffia su questi uccisi, e fà che rivivano!” (Is. 52:1-2, Ezech. 37:9),
Lo Spirito sta soffiando sulle ossa, lo Spirito sta dicendo alla Chiesa: “Unitevi!”, e alcune ossa stanno ascoltando e si stanno cercando. Quelli che saranno trovati insieme, come alla Pentecoste, riceveranno la nuova vita che Dio sta mandando sulla Sua chiesa e saranno “un esercito grande, grandissimo” (Ezech. 37:10). La seconda pioggia sarà più grande della prima, la gloria del secondo tempio sarà più grande di quella del primo (Ag. 2:9).
Una chiesa trionfante
Allora la Chiesa muoverà guerra, come già negli Atti, al regno delle tenebre, e quando Gesù ritornerà non sarà per raccogliere un’accozzaglia di mendicanti feriti e derisi, ma guerrieri prodi e vittoriosi, fieri nella loro dignità di figli del Signore di tutta la terra. Li raccoglierà, ma non per sottrarli ad una sorte ignominiosa, ma perché, come Re, sarà suo privilegio e diritto assestare il colpo definitivo ai suoi avversari.
Tutta la creazione sta col fiato sospeso mentre vede la Chiesa riprendere vita. I figli di Dio stanno per essere manifestati! (Rom. 8:19). Allora le stelle torneranno a cantare, come all’inizio, ci sarà una musica nel cielo (Giob. 38:7) e, sulla terra, gli alberi dei campi batteranno le mani per salutare il popolo santo del Signore che passa, ebbro di vittoria, con le insegne spiegate al vento, per festeggiare il ritorno del Re di tutto il creato.
La Chiesa è lo strumento di Dio, la Chiesa è il guerriero che preparerà con la sua spada la via al Signore. E tu, cosa sarai? Ossa secche o parte dell’esercito di Dio? Hai l’opportunità di vivere qualcosa di grande! “E tempo di cercare l’Eterno!” (Osea 10:12).