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di Geoffrey Allen
Un giorno Gesù, passeggiando sulla riva del lago di Galilea, “vide due fratelli, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete in mare: perché erano pescatori. E disse loro: ‘Venite dietro a me, e vi farò pescatori di uomini’. Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono” (1).
Lo scopo per cui Gesù chiamò i suoi discepoli era dunque quello di farne “pescatori di uomini”. Egli disse infatti che “ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro” (2); ed egli stesso dedicava buona parte delle sue energie all’annuncio del messaggio della salvezza, invitando le persone a lasciare tutto e a seguirlo.
Anzi, possiamo dire che una caratteristica fondamentale del Regno che egli annunciava fu la sua natura “espansionistica”: vedi le parabole del granello di senape (3), del seminatore (4), della rete (5). Ma, mentre molti suoi contemporanei pensavano che tale espansione, la conquista di tutte le nazioni di cui aveva parlato il profeta Daniele (6), sarebbe dovuta avvenire con l’uso del potere e della forza, Gesù insegnò che doveva invece passare per il cuore, attraverso la libera scelta degli uomini (7).
Ancora oggi, dunque, è necessario che impariamo ad essere anche noi dei “pescatori di uomini”. Certo, è vero che non tutti siamo evangelisti (cfr. 1 Cor. 12:29. Ef. 4:11), ci sono necessarie differenze di ruoli e di competenze nella Chiesa; ma tutti possiamo imparare dal Maestro ad essere “pescatori d’uomini”.
Imparare
Ora, Gesù ha promesso di farci pescatori. E chiaro, allora, che pescatori non si nasce, ma si diventa! D’altronde, è così anche quando di tratta di pescare letteralmente pesci, o di qualunque altro mestiere. Conquistare le persone a Cristo non è un lavoro che possiamo fare d’istinto, ma un’arte che dobbiamo imparare dal Maestro Pescatore. Egli usa diversi strumenti per formarci: l’azione diretta dello Spirito Santo che ci istruisce, lo studio della Parola che ci illustra il Suo modo di procedere, e il discepolato svolto dai ministri – in questo caso, particolarmente dagli evangelisti – che Egli ha posto nella Chiesa “per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero” (8).
Possiamo distinguere almeno tre tipi diversi di pesca, tutti validi nelle rispettive sfere d’azione:
- Con la canna
La pesca con la canna o per lo meno, con la lenza – è stata praticata fin dai tempi più antichi (cfr. Giobbe 40:25, Amos 4:2), e lo fu anche da Simon Pietro (9).Essa illustra molto bene un tipo di “pesca all’uomo” in cui Gesù era un maestro: l’evangelizzazione personale.
Questo sistema di pesca – pure quando si fa in compagnia! – è essenzialmente individuale. Un pescatore cerca il modo di prendere un pesce alla volta. Ora, ogni pescatore sa che bisogna studiare le diverse specie di pesci e conoscerne gusti e abitudini per poterli catturare. Si deve usare l’amo e l’esca adatti e andare nel posto giusto al tempo giusto per pescare un tipo particolare di pesce. Gettando nel corso d’acqua più vicino un amo qualsiasi con un’esca qualsiasi, non ci saranno molte speranze di prendere qualcosa!
Così è pure della pesca all’uomo. Quei cristiani che hanno un solo messaggio, presentato sempre allo stesso modo e con le stesse parole ad ogni qualità di persona, raramente “catturano” qualcuno per il Signore! Invece il Maestro, Gesù, ci fa vedere un’arte stupenda nei suoi contatti con la gente. Con Nicodemo, per esempio, egli parla della nuova nascita; con la Samaritana, dell’acqua che disseta veramente; con Zaccheo, si invita sfacciatamente a cena e non ha bisogno di dire altro! Ad uno che si offriva con grande entusiasmo di seguirlo Egli disse, in effetti, di ripensarci meglio; mentre ad un altro che non si era offerto, Egli diede non già un invito, ma un ordine perentorio: “Seguimi!” (10).
Possiamo dire che l’esca, nell’evangelizzazione individuale, è costituita dal particolare bisogno della persona, o, talvolta, semplicemente dall’offerta della nostra amicizia. C’è chi sente forte il bisogno del perdono dei peccati; chi della consolazione nella solitudine; chi di dare un significato ad una vita vuota; chi di sfuggire al terrore della morte. Altri ancora non sentono un bisogno particolare, ma posti davanti ad una vita più piena, veramente “sovrabbondante”, come ha promesso Gesù (11), cominciano ad avvertire una sete spirituale (forse per questo Gesù ha detto che siamo il “sale della terra”?)
L’amo, invece, rappresenta la sfida radicale del Vangelo. “Quando Gesù chiama un uomo, lo invita a venire e a morire”, ha detto giustamente qualcuno. L’amo serve per uccidere il pesce; e il Vangelo dice che solo chi muore avrà la vita (12).
Certamente, l’amo e l’esca sono necessari entrambi. Non si getta in acqua un amo “nudo”; così, non dà risultati presentare alle persone solo il costo del Vangelo, senza parlare anche dei suoi benefici! Ma neanche giova a molto dare soltanto la “esca” senza “ amo “, cioè parlare solo dei benefici del Vangelo senza menzionare il prezzo da pagare. Così facendo, i pesci “ingrassano” soltanto ma non vengono mai “catturati” Veramente per servire Cristo!
È necessaria infine anche la lenza: una volta che il nostro pesce ha “abboccato”, resta ancora qualcosa da fare: ci vuole ancora tempo, pazienza, fede e preghiera per “portarlo a riva”, cioè, per porre su una base stabile il nuovo credente, discepolarlo, inserirlo nel Corpo locale. Dobbiamo mirare cioè non solo ad ottenere una “decisione”, ma a produrre un “discepolo” che, a sua volta, possa diventare “pescatore” di altri uomini.
- Con la rete
Con la canna si possono prendere un po’ di pesci per una cenetta; ma la pesca commerciale si fa con la rete, che è molto più efficiente. Così anche della pesca all’uomo. Ora, la pesca con la rete non è, come quella con la canna, un lavoro individuale, bensì di squadra; e la nostra “rete” è costituita dall’intreccio di rapporti ‘di amicizia e di amore fraterno che esistono nella comunità locale. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”, ha detto Gesù (13); e nella chiesa primitiva, fu quando “stavano insieme e avevano ogni cosa in comune” e “prendevano il loro cibo insieme cori gioia e semplicità di cuore”, che “godevano il favore di tutto il popolo, e il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità …” (14).
Chi sa se non è significativo il fatto che su quella spiaggia di Galilea, Gesù trovò anche altri pescatori “i quali rassettavano le reti” (15). Interroghiamoci se non abbiamo forse bisogno anche noi di rassettare le nostre “reti”! Se cerchiamo di usarle nelle condizioni attuali, in molti casi i “pesci” che dovessimo riuscire a prendere scapperanno quasi subito, scandalizzati, attraverso le grandi lacerazioni che ci sono nei nostri rapporti fraterni. E per il futuro saranno ben più cauti e più difficili da riprendere.
Una volta rammendata, però, la rete va gettata in acqua: non è qualcosa da appendere al muro come puro ornamento! Dobbiamo, cioè, gettare in mezzo agli altri la nostra “rete” di amore e di amicizia, invitare la gente in mezzo a noi: non solo ai nostri culti di chiesa (anche se un’adorazione “gloriosa” nello Spirito Santo, con la manifestazione dei doni profetici e la presenza di Dio che si siede sulle lodi del Suo popolo, è una testimonianza tra le più forti): ma anche alle nostre scampagnate; ad una cenetta tra fratelli, farli entrare nelle cose che facciamo insieme. Così, con l’aiuto del Signore, prenderemo anche noi una tale quantità di pesci che le nostre reti rischieranno di rompersi per il sovraccarico (16)!
- Con la dinamite
Esiste anche una terza tecnica di pesca: con la dinamite. E drastica (e illegale!) ma certamente molto efficace! E anche noi abbiamo a disposizione una “dinamite” la potenza (greco: dynamis) dello Spirito Santo. La “pesca con la dinamite” ci viene descritta sia nei Vangeli che negli Atti: la potenza dello Spirito, che si manifestava con segni e miracoli, attirava grandi folle all’ascolto della Parola e alla convinzione della veridicità dei suo messaggio, e parecchi si convertivano.
In Atti capitolo 3, vediamo la “dinamite” in azione. Un mendicante, zoppo dalla nascita, viene guarito istantaneamente dalla potenza di Dio. E “tutto il popolo, stupito, accorse a loro al portico detto di Salomone”. Pietro, partendo dal miracolo appena compiuto, annuncia la Parola; e “molti di coloro che avevano udito la Parola credettero” (4:4). Gli apostoli, però, vennero arrestati, gettati in prigione, minacciati e maltrattati. E un sistema pericoloso questo: bisogna essere pronti a pagarne le conseguenze! E, aggiungiamo, è forse un lavoro da “specialisti”: non tutti sono operatori di miracoli (17), perché non a tutti Dio può affidare la Sua potenza “esplosiva”.
Tuttavia, in vista della sua efficacia, non dovremmo forse pregare anche noi, come quei primi credenti perseguitati: “Adesso, Signore … concedi ai tuoi servi di annunciare la tua parola in tutta franchezza, stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù”? (18)
Signore, facci essere tutti quanti pescatori di uomini!
(1) Mat. 4:18-20
(2) Lc. 6:40
(3) Mat. 13:31-32
(4) Mat. 13:23
(5) Mat. 13:47
(6) Dan. 2:44-45
(7) Mc. 16:15-16
(8) Ef. 4:11-12
(9) Mat. 17:27
(10) Lc. 9:57-60
(11) Gio. 10:10
(12) Mc. 8:34-36
(13) Gio. 13:35
(14) At. 2:44-47
(15) Mat. 4:21
(16) Cfr. Lc. 5:6-10
(17) 1 Cor. 12:29
(18) At. 4:29-30