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di Geoffrey Allen
Durante il mio primo anno di università, alla fine degli anni Sessanta, mi capitò di conoscere alcuni credenti evangelici che mi parlarono del Vangelo.
Devo confessare che la mia impressione non fu molto positiva. E questo in un momento in cui stavo cercando Dio, prendevo molto sul serio il “problema religioso” e avevo già iniziato a fare il giro di tutte le varie chiese della città, alla ricerca di qualcosa di più autentico del “cristianesimo” che avevo conosciuto fino a quel tempo.
Quei fratelli (perché tali dovetti riconoscerli poi) mi annunciavano il messaggio della giustificazione dei peccatori per mezzo della fede. E non avevo certo grossi problemi con questa dottrina: mi riconoscevo peccatore, egoista, un fallimento sul piano morale. Sapevo bene di non meritare il perdono di Dio, che già in qualche modo avevo sperimentato. Ma quei fratelli mi proponevano una dottrina, mentre io cercavo la vita e la potenza che mi potessero liberare dalla mia condizione di sconfitta e di fallimento morale!
Solo alcuni mesi più tardi, in un piccolo gruppo di credenti in una casa privata, ebbi quell’incontro personale con il Dio vivente che fu determinante per la mia vita. E, leggendo con occhi nuovi la Bibbia che già in parte conoscevo, fu confermata e rafforzata in me la convinzione che l’autentico messaggio cristiano è veramente un vangelo radicale.
Il tema principale dell’insegnamento di Gesù non fu il perdono dei peccati e la felicità eterna (anche se parlava di queste cose, che sono ovviamente di suprema importanza), bensì “IL REGNO DI DIO”. “Il tempo è compiuto – egli predicava – e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo!” (Marco 1:15). Il regno di Dio è stato così definito: “la sfera in cui effettivamente Dio regna, dove la Sua parola è legge e la sua volontà viene fatta”. È così che Gesù ci ha insegnato a pregare: “Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo” (Matteo 6:10).
Di questo regno, dapprima annunciato in maniera enigmatica, Gesù infine si dichiara apertamente come il Re promesso dai profeti (ad es. Isaia 32:1, Geremia 23:5-6). Egli risponde a Pilato: “Tu lo dici; sono re”, aggiungendo però: “Il mio regno non è di questo mondo” (Giovanni 18:36-37).
Un Cristo diviso
Gesù dunque non è solo Salvatore; egli è prima e soprattutto Re, Sovrano e Signore. Il Nuovo Testamento infatti lo nomina “Salvatore” solo quindici volte, mentre più di 350 volte lo chiama “Signore”!
Dobbiamo stare in guardia contro ciò che lo scrittore A. W. Tozer definiva “l’eresia moderna del Cristo diviso”: l’idea, cioè, che sia possibile “accettare Gesù come il proprio Salvatore personale”, senza nello stesso tempo accoglierlo come Signore. L’unico Salvatore è anche il Signore, ed Egli può salvare coloro che Lo accettano … per quello che è! Altrimenti lo trattiamo come fa lo sposo ipotizzato da J. C. Ortiz, il quale, alla domanda se vuole prendere Laura Rossi come sua legittima sposa, risponde: “Io la prendo come mia cuoca e lavapiatti personale”! (Discepolo, pag. 13).
Per poter entrare nel Regno di Dio, bisogna nascere di nuovo (Giovanni 3:5). Ma, attenzione a quello che Gesù non ha detto in questo brano così caro a noi evangelici. Egli non ha mai detto: “Chi nasce di nuovo, entra nel regno di Dio”. Ha detto soltanto: “Se uno non è nato di nuovo, non può entrare nel Regno”. Non è affatto la stessa cosa!
Per spiegare meglio il concetto, ecco un piccolo esempio. Posso affermare, senza paura di contraddizione: “Se uno non possiede la cittadinanza italiana, non può entrare nella nazionale di calcio”. Ma questo non significa: “Chiunque possiede la cittadinanza italiana gioca nella nazionale di calcio”! Gesù ha detto con grande chiarezza che, per entrare nel Regno, è necessario nascere di nuovo. Ma … non ha mai detto che sia sufficiente!
Per entrare nel Regno di Dio, bisogna sottomettersi anima e corpo al Re, Gesù, impegnandosi a fare la Sua volontà “a scatola chiusa”, qualunque sia e a qualsiasi costo. “Non chiunque mi dice `Signore, Signore!’ entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7:21).
Potenza di Dio
Ma chi accetta questo impegno radicale, chi è pronto a rinunciare a se stesso, cioè alla proprietà della propria vita e ai propri “diritti”, e a morire al proprio egoismo per appartenere a un Altro, diventa partecipe di un Regno che “non consiste in parole, ma in potenza” (1° Corinzi 4:20).
La potenza di Dio si manifesta nel miracolo della nuova nascita. Egli “ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno [la sfera del dominio e del governo] del suo amato Figlio” (Colossesi 1:13). Ma si manifesta anche nella guarigione, nella liberazione e nel risanamento dell’intero nostro essere. Gesù è venuto perché abbiamo la vita, una vita sovrabbondante! (Giovanni 10:10).
Il vangelo del Regno comprende dunque la guarigione fisica, la liberazione dalla potenza demoniaca, e il risanamento dei traumi e delle ferite interiori che tanta gente si trascina dietro. Queste cose sono talvolta manifestate come doni di pura grazia, usati da Dio per convincere di peccato e trarre a ravvedimento sia beneficiari che gli altri presenti (cfr. Romani 2:4). In questo caso sono segni della venuta del Regno: “Se è con l’aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demoni, è dunque giunto fino a voi il Regno di Dio” (Matteo 12:28).
Ma per noi, i “figli del Regno”, queste cose fanno parte della nostra eredità, il “pane” che il nostro Padre celeste ci dà (Matteo 15:26). Fanno parte della salvezza del nostro Dio! “Egli perdona tutte le tue colpe, risana tutte le infermità; salva la tua vita dalla fossa, ti corona di bontà e compassioni; egli sazia di beni la tua esistenza e ti fa ringiovanire come l’aquila” (Salmo 103:3-5). Non solo, ma Gesù ci ha promesso che saremo anche noi gli strumenti di queste benedizioni a favore degli altri: “Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno i demoni; parleranno in lingue nuove …; imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno” (Marco 16:17-18).
Entrare nel Regno di Dio significa ricevere non solo il perdono dei propri peccati, ma anche la potenza di Dio per vincere il peccato e vivere in modo da “piacerGli in ogni cosa” (Colossesi 1:10). Il Regno di Dio, infatti, consiste in “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14:17), e chi vi entra, vive in queste cose, che qui sono elencate in un ordine non casuale: infatti la pace e la gioia del Regno possono sussistere soltanto là dove si vive nella giustizia di Dio.
La giustizia, è stato ben detto, non è altro che vivere nei rapporti giusti: il giusto rapporto con Dio, prima di tutto (“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”), e poi il giusto rapporto con gli altri (“Ama il tuo prossimo come te stesso”).
Entrare nel Regno
Ma non è possibile vivere nel giusto rapporto con Dio, senza essere nel giusto rapporto con il popolo di Dio. Non possiamo vivere un cristianesimo isolato e piacere a Dio, perché il supremo pensiero nella mente di Dio è la Chiesa, la Sposa dell’Agnello.
Il Regno di Dio si manifesta concretamente nella Chiesa, che ne è la primizia e il precursore. Entrare nel Regno significa entrare a far parte di un popolo che vive sotto il governo del Re. Noi entriamo a far parte della Chiesa visibile, ci identifichiamo cioè con il popolo di Dio sulla terra, quando siamo battezzati in acqua nel nome di Gesù, in segno della remissione dei peccati (Atti 2:38). Forse per questo, Gesù ha parlato di “nascere di acqua e di Spirito” per entrare nel Regno (Giovanni 3:5).
Il battesimo è come una cerimonia nuziale: un rito pubblico, davanti a testimoni, con il quale celebriamo pubblicamente l’unione con il nostro Sposo, Gesù. Ma dobbiamo comprendere che non è possibile essere uniti al Capo (Gesù), senza nello stesso tempo unirci al suo Corpo (la Chiesa visibile). Per questo è scritto in Atti 2:41: “Quelli dunque che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone”. Nell’essere uniti a Gesù, furono anche aggiunti alla chiesa!
Entrare nel Regno di Dio significa sottomettersi al Suo governo. Ogni governo comprende un potere legislativo, un potere esecutivo e un potere giudiziario. Il potere legislativo, Dio l’ha esercitato dandoci la Sua Parola. Nell’Antico Testamento, la Sua legge consisteva nei Dieci Comandamenti e nel resto della legge di Mosè. Ora, nel Nuovo Testamento, consiste nella “legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù” (Romani 8:2), che scrive nei nostri cuori la legge di Dio e ci fa camminare nelle Sue vie.
Il potere esecutivo e, in parte, quello giudiziario, invece, Dio l’ha delegato per il presente agli uomini che Egli stabilisce in autorità (cfr. Atti 15:28; 1° Corinzi 5:5, 6:2-4). Nella Chiesa visibile, questi sono gli anziani e i pastori delle singole congregazioni locali, e sopra di essi, gli apostoli e gli altri ministeri che collaborano con loro, per quel che riguarda la Chiesa trans-locale. Questi uomini hanno ricevuto autorità dal Signore per edificare la Chiesa (2° Corinzi 10:8), e dovranno rendere conto a Lui delle anime di quanti sono affidati alla loro cura (Ebrei 13:17).
Impegno a vita
Entrare nel Regno di Dio significa quindi entrare a far parte di una comunità locale nel luogo dove si abita, sottomettendosi alla guida e al governo dei suoi responsabili. E far parte della chiesa locale significa assumersi una parte di responsabilità per il benessere dei fratelli e per il progresso e la prosperità della testimonianza del Vangelo. Significa assumersi una responsabilità economica, contribuendo almeno le decima delle proprie entrate all’opera di Dio (infatti, se la decima era il minimo stabilito da Dio per gli Ebrei nel Vecchio Testamento, quanto più non dovremmo dare noi, che abbiamo ricevuto da Dio tanto più di loro?).
Ma significa anche assumersi una responsabilità morale e spirituale per il benessere dei nostri fratelli e dare il nostro contributo fattivo nella vita della Chiesa. La Chiesa di Dio non è una nave da crociera, ma una nave da guerra! Non ci sono posti per i passeggeri! Per cambiare metafora, siamo stati arruolati nell’esercito del Re celeste (2° Timoteo 2:3-4), e non in tempo di pace ma di guerra!
Restaurare la Chiesa significa restaurare tutta la sua pienezza al Vangelo del Regno. Anche coloro che parlano di un “pieno vangelo”, spesso non ne hanno recuperato tutte le dimensioni. Hanno sì riscoperto alcuni aspetti importanti: la guarigione fisica, il battesimo di potenza, l’attesa del ritorno di Cristo. Ma restavano (forse ne restano ancora) altri aspetti non meno importanti da recuperare.
Credo che dal tempo della Riforma fino al 1900 circa, lo Spirito Santo stava operando per far recuperare alla Chiesa la verità sui vari aspetti dell’opera di Cristo. Dall’inizio di questo secolo fino a tempi recentissimi, l’opera dello Spirito Santo era al centro della Sua attenzione. Ma è mia convinzione che oggi, la dottrina della Chiesa sia al centro di ciò che lo Spirito sta dicendo alle chiese. E tutti questi aspetti si uniscono e confluiscono per costituire il grande tema del Regno di Dio. Che il Signore ci dia grazia di avere gli orecchi aperti a tutto ciò che Egli ha da dirci per il tempo in cui Egli ci ha chiamati a vivere e a servire i Suoi scopi!
“E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine” (Matteo 24:14).