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Ernesto D. Bretscher
Tra gli anni Sessanta e Settanta, per molte chiese in ogni parte del mondo ebbe inizio una nuova era. Sul modello della “Chiesa del Pieno Vangelo” di Seul (di cui è pastore il dott. Yonggi Cho) e di alcune chiese argentine, cominciarono a ristrutturarsi con il sistema delle cellule” o “gruppi in casa”.
Fu una vera rivoluzione. Tanti credenti che da anni frequentavano i culti e le altre riunioni della propria comunità scoprirono per la prima volta la gioia della comunione informale, le benedizioni dell’espressione concreta dell’amore fraterno e un nuovo senso di sicurezza determinato da una cura pastorale finalmente capillare ed efficace. Le chiese che hanno adottato questo sistema si sono ritrovate con un sempre più forte senso di unità e di identità e, come conseguenza naturale, una sempre più evidente crescita sia numerica che qualitativa.
Ma che cosa ha di tanto speciale il sistema delle “cellule”?
Notiamo anzitutto che esso veniva praticato già dalla chiesa primitiva, con risultati più che positivi: “E tutti i giorni, essendo di pari consentimento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore … e il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità …” “Pietro dunque si rese conto della situazione e andò a casa di Maria … dove molti fratelli erano riuniti per pregare”; “… non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunziate e insegnate in pubblico e nelle vostre case …” (Atti 2:46, 12:12, 20:20). “Salutate Prisca e Aquila … Salutate anche la chiesa che si riunisce in casa loro” (Rom. 16:3,5).
Amici
Dopo secoli in cui la vita della chiesa – con rare eccezioni – si è esaurita nei culti più o meno formali, al di fuori dei quali ogni membro continuava a vivere per conto suo, lo Spirito Santo oggi sta richiamando l’attenzione sulle parole di Gesù: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri”. “Io non vi chiamo più servi; perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici” (Gv. 13:34, 15:15). Il sistema dei gruppi in casa risponde proprio a questa esigenza di rapporti fraterni, di amicizia e di cura pastorale.
Oltre ai culti domenicali e agli incontri di studio, di evangelizzazione e di preghiera, le chiese con un numero superiore ai cinquanta membri stanno scoprendo i benefici di organizzarsi in gruppi che contano di solito dalle dodici alle venti persone. Gli incontri avvengono settimanalmente, in maniera piuttosto informale, nelle case dei membri del gruppo, spesso “a rotazione”, cioè visitando a turno le case di tutte le famiglie che ne fanno parte.
Obiettivi del gruppo
- La comunione fraterna. Il fatto di stare insieme in maniera informale (il gruppo non deve mai diventare un “mini-culto”!) favorisce la conoscenza reciproca, il dialogo, lo scambio di esperienze, l’ascolto e la condivisione di gioie, successi e benedizioni e anche di sconfitte, confusioni e delusioni, consentendo così ai fratelli presenti di conoscere e prendere a cuore le situazioni degli altri fratelli del gruppo.
- L’amicizia. Frequentarsi regolarmente, ascoltarsi a vicenda, pregare l’uno per l’altro, favorisce il crearsi di una vera amicizia, fatta di stima, di sostegno, di protezione, di servizio. Così la chiesa può diventare veramente come una famiglia: “d’un sol cuore e di un’anima sola” (Atti 4:32), in cui si ha cura gli uni degli altri e ci si sostiene reciprocamente.
- La preghiera. È più facile imparare a pregare in un piccolo gruppo che in un’assemblea numerosa; lo stesso vale per la lode, il ringraziamento, l’adorazione e l’uso dei doni spirituali. Il gruppo è spesso il trampolino di lancio per una vita attiva di preghiera, di servizio e di ministero.
- La Parola di Dio. Non tutti riescono a cogliere con la stessa facilità l’insegnamento della Parola di Dio. Gli incontri dei gruppi in casa si prestano egregiamente alla verifica, alla sottolineatura e all’applicazione concreta dei messaggi e degli insegnamenti impartiti alla comunità. Le domande, i dubbi, i punti interrogativi possono essere chiariti. Ma soprattutto, è la sede adatta per considerare e valutare insieme la “messa in pratica” della parola udita.
- L’evangelizzazione. Gli incontri in casa sono uno strumento molto efficace per attirare le anime a Cristo. I membri del gruppo invitano parenti, colleghi e amici a partecipare ad un incontro, invito che spesso trova più accoglienza che quello a recarsi in un luogo di culto evangelico. Non solo, ma molti rimangono colpiti dalla fratellanza, dall’atmosfera di gioia e di adorazione e dalla fede reale dei partecipanti. Quando sono presenti persone nuove, l’occasione viene sfruttata per testimoniare loro delle esperienze vissute con il Signore. È infatti in gran parte grazie a questo modo di comunicare il Vangelo che la Chiesa del Pieno Vangelo di Seul è cresciuta alle dimensioni attuali (oltre 600.000 membri!).
- La formazione. Ogni chiesa che desidera crescere, o soltanto sopravvivere nel tempo, ha bisogno di formare nuovi leaders. I gruppi in casa forniscono l’occasione a tanti fratelli di esercitare e di sviluppare le loro capacità di servizio spirituale: nella cura pastorale, nell’insegnamento della Parola, nei doni profetici, nell’evangelizzazione. Così gli anziani della comunità hanno modo di individuare, incoraggiare e sviluppare i talenti e i doni presenti nella loro chiesa.
Struttura
È impossibile per i pastori o anziani di una grande chiesa conoscere, curare e seguire personalmente ogni singolo membro. Ma il sistema dei gruppi in casa, se ben organizzata, permette loro di seguire a dovere tutta la comunità. Un fratello o una sorella, che oltre ad avere una vita cristiana autentica, dimostra un atteggiamento di fedeltà e di sottomissione e una certa capacità di guida, viene incaricato di rappresentare il pastore nel gruppo, garantendone la cura, l’animazione e la guida. Visiterà regolarmente tutte le persone del gruppo, si occuperà dei nuovi credenti, incoraggerà, servirà e unirà le persone affidate alla sua sovrintendenza. Gli si può chiedere un rendiconto regolare, orale o scritto, di ogni membro del suo gruppo.
Nelle chiese che hanno più pastori, ognuno di essi ha responsabilità di un certo numero di gruppi e i capigruppo fanno riferimento al pastore competente della loro “zona”, il quale interviene per dare consiglio o ammonizione e per decidere i casi più difficili. Solitamente i gruppi in casa vengono organizzati per zone geografiche (quartieri, frazioni, paesi) per facilitare i contatti quotidiani fra i vari membri. Ma ci possono essere anche gruppi, per esempio, di sole donne o di soli adolescenti, a seconda delle esigenze della chiesa locale.
In pratica
Solitamente, i gruppi si incontrano di sera (ma i gruppi di donne potranno preferire il mattino, quelli di adolescenti il pomeriggio) e l’incontro inizierà con lo scambio di saluti e magari un caffè, in attesa che arrivino tutti. Poi il capogruppo suggerirà alcuni canti (è utile avere un chitarrista per l’accompagnamento), dando così l’avvio a un tempo di lode, adorazione e ringraziamento. Tutti, specialmente i più timidi, sono incoraggiati ad offrire brevi(!) ringraziamenti al Signore.
In seguito il capogruppo stimolerà una discussione “aperta” su un tema prescelto – magari quello della predicazione della domenica precedente – avendo cura di frenare, ove necessario, i troppo invadenti e di incoraggiare i timidi e i meno colti con domande rivolte direttamente a loro. Il capogruppo deve fare da moderatore, correggendo eventuali fraintesi, errori e confusioni e mantenendo l’ordine e l’armonia. Se emergono problemi che richiedono preghiera, guiderà l’intero gruppo nel pregare per chi ne ha bisogno, magari imponendogli le mani e ascoltando insieme lo Spirito Santo per eventuali parole di sapienza, profezie, eccetera.
A fine incontro, ci si trattiene ancora un po’ assieme, magari con un caffè, un dolce o una bibita, per favorire ancora la comunione e gli scambi informali. Ogni tanto è buono organizzare una “mini-agape” (pizze e dolci, preparati dalle sorelle del gruppo).
Gli assenti agli incontri vengono rapidamente contattati dal capogruppo nel caso avessero qualche problema (malattia, difficoltà in famiglia, crisi spirituale …). In questo modo i credenti, attivamente coinvolti nella vita comunitaria, possono sentirsi veramente “comunità”, o, meglio ancora, membri di una famiglia: la famiglia di Dio (Ef. 2:19).