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di Ernesto D. Bretscher
Ci sono ancora ai nostri giorni troppe chiese che vanno avanti senza alcuna visione di “moltiplicazione”, vivendo solo di un culto dopo l’altro. Ma il mandato di Gesù – “… fino alle estremità della terra” – non è certo ancora adempiuto, né tantomeno scaduto di validità. Dobbiamo dunque mirare alla crescita, alla moltiplicazione. Le parole rivolte originariamente da Dio ad Adamo: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra e rendetevela soggetta” (Genesi 1:28), sono quanto mai attuali per i figli dell’ultimo Adamo, Gesù.
A questo Egli pensava quando disse: “Andate dunque e fate diventare miei discepoli uomini di tutte le nazioni” (Matteo 28:19). Non possiamo dunque affidarci semplicemente al caso, con la scusa di lasciarci guidare dallo Spirito Santo: “se le cose succedono, bene; se no, vuole dire che non è ancora il tempo …” Gesù diede precisi ordini – “andate … fate … insegnate …” – e una precisa strategia: “in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8).
E gli apostoli fecero proprio così. Prima a Gerusalemme, poi per tutta la Giudea i discepoli si moltiplicarono. La Samaria fu visitata da Dio in maniera gloriosa per mezzo di Filippo. In breve tempo l’Evangelo fu predicato e accolto ad Antiochia, a Cipro, nella Galazia, poi in Grecia, Italia e per tutto l’impero romano.
Lo Spirito Santo ha dunque una strategia chiara e precisa. Sta a noi renderci disponibili per seguirla e metterla in atto.
Strategie
Ecco alcuni dei modi in cui una chiesa locale può “riprodursi”, dando origine a nuove chiese e conquistando nuovi territori per il Regno di Dio.
- Moltiplicazione naturale. Come succede per le piante, che spesso nascono lontano dalla pianta madre da semi portati dal vento o dagli uccelli, così avviene anche per la Chiesa. Una famiglia residente in un paese o una città più o meno lontano da dove ha sede una comunità di credenti, entra in contatto con essa si converte al Signore. Comincia a frequentare gli incontri, affrontando il disagio di spostamenti più o meno lungi, e a testimoniare a parenti, amici e vicini e portarli in comunità. Qualcuno di essi si converte a Cristo, e così si avvia anche in quel luogo una testimonianza.
Un’esperienza ormai collaudata insegna che la strategia migliore, a questo punto, è quella di chiedere ai nuovi credenti di frequentare ancora la chiesa “madre”, attingendo alle maggiori risorse di una chiesa già affermata, avviando contemporaneamente degli incontri in casa di qualcuno di essi, sotto la guida di un responsabile. Tali incontri devono essere flessibili, adattandosi di volta in volta alle esigenze del gruppo: a volte saranno informali, dando spazio al colloquio e alla cura pastorale, altre volte si annuncerà il Vangelo alle persone nuove che si presentano, altre volte ancora si pregherà o si studierà la Bibbia …
Bisogna incoraggiare i nuovi convertiti a frequentare almeno gli incontri principali della chiesa-madre. Quando il gruppo raggiunge la consistenza di 30-40 persone, si può cominciare a pensare ad un locale di culto, dove però si terranno essenzialmente incontri di preghiera e di evangelizzazione; per i culti di adorazione, invece, il gruppo parteciperà ancora alla chiesa di origine. Ora la comunità “figlia” potrà essere organizzata con vari gruppi in casa e i più maturi tra i nuovi credenti saranno coinvolti nelle visite pastorali per fare “apprendistato”, fino a quando non siano in grado di curare le persone e di guidare i gruppi in casa da soli.
Si insegnerà il principio delle decime e delle offerte (principi che la chiesa madre dovrebbe già praticare!); se ci sono dei talenti musicali, vanno incoraggiati; e si comincerà ad uscire per le strade per evangelizzare in pubblico. Bisogna assicurare che ogni membro sviluppi una vita personale di preghiera e di studio della Parola, base indispensabile per una chiesa solida. Quando i membri arrivano a 80-100 e ci sono dei fratelli idonei ad essere ordinati anziani, la nuova comunità potrà “staccarsi” dalla madre e pensare a diventare a sua volta “madre” di altre chiese. Rimarrà ovviamente un legame spirituale tra “madre” e “figlia”, e la nuova comunità rimarrà sotto la guida e l’autorità dell’apostolo che già si cura della chiesa-madre.
Perché aspettare tanto tempo prima di staccare la “figlia” dalla “madre”? Non bastano dieci credenti per dare vita a una nuova chiesa? No! Non è questione solo di numero, ma soprattutto di crescita. Una chiesa, per vivere e agire autonomamente, deve essere “cresciuta”, proprio come avviene per i figli. L’esperienza dimostra che “bruciare le tappe”, staccando prematuramente la “chiesa-figlia” dalla comunità “madre”, è controproducente. Come dice il proverbio: “Chi va piano, va sano e va lontano”!
- Moltiplicazione per divisione. Molte chiese in rapida crescita, soprattutto nelle grandi città del mondo, hanno sperimentato che la loro crescita accelera se, invece di formare una “mega-chiesa”, si dividono per andare a piantarsi in più zone della città. In genere, si procede così: arrivati alla saturazione dei posti disponibili nel locale di culto (grande o piccolo che sia), si decide di piantare in un altro quartiere, dove già vive un certo numero dei membri, una nuova comunità. Il decentramento libera dei posti nella chiesa madre, che può continuare a crescere senza dover affrontare il problema di locali più ampi. Nello stesso tempo crea spazio per nuovi ministeri e nuove forze per lo sviluppo della chiesa “figlia”. In seguito si può procedere ad un’ulteriore divisione per piantare una seconda nuova chiesa in un altro quartiere, e così via.
In tal modo è possibile far nascere comunità in ogni quartiere di una grande metropoli, seguendo a ruota la sua crescita demografica: chiese che, inseriti come sono nel vivo del tessuto sociale, possono dare una testimonianza estremamente efficace.
- Trasferire un nucleo di famiglie. La biografia di Watchman Nee racconta come in Cina, durante l’invasione giapponese della seconda guerra mondiale, molti abitanti delle regioni marittime fuggirono verso le zone interne del paese. Fra questi profughi, c’erano anche parecchi credenti provenienti dalle fiorenti chiese delle città costiere, che erano state evangelizzate per prime. Come risultato, nacquero decine di nuove comunità in località mai prima di allora toccate dal Vangelo. La stessa cosa, d’altronde, era accaduta già ai tempi del Nuovo Testamento (Atti 8:1,4-8, 11:19-21).
Finita la guerra, Nee e i suoi collaboratori, considerando questo fatto, decisero di adottare la stessa strategia anche in tempo di pace: inviarono cioè nuclei di volontari – giovani e intere famiglie – a stabilirsi in nuove località e formarvi delle chiese. Le comunità di origine garantivano le spese di trasloco e il vitto per i primi mesi, e parecchi dei volontari si dedicarono a mestieri, come quello del barbiere o del venditore ambulante, che davano luogo a frequenti contatti con la gente e conseguenti occasioni di testimonianza. Così nacquero altre decine di nuove chiese. Anche dall’Inghilterra, giunge notizia che le chiese legate al ministero di Bryn Jones hanno adottato un principio originale: quello di “dare la decima” dei loro membri per piantare nuove comunità! Appena i membri di una chiesa superano il numero di 100, si chiede a dieci di loro la disponibilità a trasferirsi in una località dove non esistono chiese “viventi” e là iniziare una nuova opera. L’anno scorso sono nate così ben ventuno nuove chiese!
- La squadra pionieristica. Sono ancora tanti i comuni italiani privi di un’autentica testimonianza cristiana. Se vogliamo prendere sul serio il mandato di Gesù, dobbiamo preparare delle squadre pionieristiche che si specializzino nel piantare nuove chiese. Ogni comunità locale che si rispetti dovrebbe essere un centro di addestramento per evangelisti e pionieri. Contemporaneamente, uomini con un cuore di pastore devono essere formati “in sede” per prendere cura poi di un gruppo o di una nuova chiesa.
Deve continuare il ministero di Gesù nel formare discepoli, che diventino poi apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori. Così si potranno avviare delle squadre pionieristiche composte da uno o più evangelisti, un gruppo musicale, un pastore ed eventualmente vari aiutanti. Le basi indispensabili di una tale squadra sono una reale vita di preghiera e dei solidi rapporti di patto che assicurino l’unità nello Spirito Santo. La squadra potrà muoversi in vari modi: campagne evangelistiche sotto la tenda o in locali pubblici, incontri in piazza, ecc. Dopo trent’anni di esperienza nel campo, abbiamo potuto constatare che i “metodi” hanno un’importanza assai relativa: quella che conta è l’azione dello Spirito Santo e la benedizione di Dio (1 Corinzi 3:6).
La squadra si sposterà, visitando i paesi e le città sulle quali avverte l’azione di Dio e restandoci fino a quando non si sarà formato un nucleo di persone sufficiente per costituire una chiesa. Prima di andare oltre, un pastore e possibilmente alcune famiglie di sostegno provenienti dalla “chiesa- madre” si trasferiranno nella nuova comunità per curarla e farla crescere.
In conclusione
Bisogna avere visione! E chi ha una visione, lavora per realizzarla. Una delle esigenze primarie è quella degli operai, che spesso mancano (vedi Matt. 9:38), e quando ci sono, spesso non sono qualificati. E qui – perdonatemi l’affermazione forte – non basta lo Spirito Santo. Se così non fosse, Gesù non avrebbe avuto bisogno di formare i suoi discepoli! Bisogna mettersi al lavoro – come Gesù, come Paolo – per formare gli operai per il compito che dovranno svolgere, secondo la strategia descritta da Paolo: “… le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri” (2 Timoteo 2:2).
* Against the Tide di Angus Kinnear, Kingsway Publications, Eastbourne, I