SCARICA PDF di questo articolo
di Massimo Loda
“E ogni giorno veniva gente a Davide per soccorrerlo; tanto che se ne formò un esercito grande, come un esercito di Dio … Questo è il numero degli uomini armati per la guerra che si recarono da Davide a Hebron per trasferire a lui la potestà regale di Saul, secondo l’ordine dell’Eterno:… Dei figli di Issacar, che intendevano i tempi, in modo da sapere quel che Israele doveva fare, duecento capi, e tutti i loro fratelli sotto i loro ordini …” (1° Cron. 12:22-26,32).
Tutta la cristianità è sicuramente d’accordo sul fatto che il Signore Gesù ritornerà dal cielo in forma visibile, così come vi era salito; e che in qualche modo noi siamo coinvolti nella preparazione del “giorno del Signore”, aspettandone ed affrettandone la venuta (l° Pt. 3:12).
Ma, così come la sua prima venuta è stata preceduta da diversi segnali lanciati dai profeti, anche la seconda è preceduta da fatti che preannunciano l’imminenza di questo evento storico. “Preparate la via del Signore!”, gridava Giovanni Battista.
La Scrittura afferma che la sua era “la voce di uno che grida nel deserto”. Il deserto evoca l’immagine di una sconfinata area senza vegetazione, senza vita, arida, dove la voce di uno che grida si perde nell’immensità dello spazio, senza che nessuno la raccolga. Da quella posizione Giovanni Battista predicava, profetizzando la venuta del Messia. Era un uomo che vedeva le cose prima degli altri e senza timore le proclamava. Non era un uomo del suo tempo, era in anticipo sulla massa.
Una chiesa all’avanguardia
Ci troviamo oggi nella stessa situazione di deserto, dal quale gridare di nuovo al mondo: “Preparate la via del Signore!”. Abbiamo però un grosso problema: la chiesa, invece di precedere i tempi, sta faticosamente annaspando per cercare di rimanerne al passo, costretta a seguire la società invece di farsi seguire. Una proclamazione profetica del Vangelo invece precorre gli avvenimenti, così che al loro accadere la gente possa riconoscere che erano già stati annunciati. La chiesa deve essere tanto all’avanguardia rispetto ai filosofi di questo secolo che il mondo, non appena scopre i suoi problemi, possa guardare ad essa per avere la risposta! Se stiamo all’ascolto di Dio, impariamo a battere il nemico sul tempo.
“Ora il re di Siria faceva guerra al re d’Israele, e in un consiglio che tenne con i suoi servi disse: «Io porrò il mio campo nel tale e tal luogo». E l’uomo di Dio mandò a dire al re d’Israele: «Guardati dal trascurare quel tal luogo, perché vi stanno calando i Siri». Il re d’Israele mandò gente verso il luogo che l’uomo di Dio aveva detto, e circa il quale l’aveva premunito, e là si mise in guardia. Il fatto avvenne non una, né due, ma più volte” (2° Re 6:8-10).
Il profeta Eliseo, l’uomo di Dio, seppe ascoltare il Signore per i tempi e la situazione che stava vivendo, anticipando tutte le mosse del re di Siria e permettendo così al re d’Israele di apprestare le opportune difese perché la nazione non fosse invasa. Anch’egli, come i figli di Issacar, era un uomo “che intendeva i tempi in modo da sapere quel che Israele doveva fare”.
Tempi nuovi
In che tempi viviamo noi? La Chiesa cosa deve fare?
Viviamo nel periodo che precede la “pienezza dei tempi” durante la quale tutte le cose, tanto in cielo che sulla terra, saranno raccolte sotto un solo capo, il Signore Gesù (Ef. 1:10); tempi nei quali la chiesa deve tornare ad essere visibile come “il completamento di Colui che porta a compimento ogni cosa in tutti” (Ef. 1:23). E l’ora in cui la chiesa sulla terra e nel mondo spirituale diventi, nel tempo presente, il mezzo attraverso il quale viene fatta conoscere l’infinitamente varia sapienza di Dio (Ef. 3:10). Tempi dei quali Dio parlò per bocca dei suoi santi profeti che sono stati fin dal principio (Atti 3:21).
È tempo di guerra per la riconquista! C’è una realtà spirituale che Dio ci ha dato come parte integrante della sua eredità della quale dobbiamo tuttora riappropriarci.
“Esultino i fedeli nella gloria, cantino di gioia sui loro letti, abbiano in bocca le lodi di Dio, e una spada a due tagli in mano per far vendetta delle nazioni e infliggere castighi ai popoli; per legare i loro re con catene e i loro nobili con ceppi di ferro … Questo è l’onore riservato ai suoi fedeli” (Sal. 149:5-9). Ci è dato dunque il diritto di legare i capi delle nazioni!
Il primo livello di guerra è sicuramente nei luoghi celesti; infatti Gesù disse che, per entrare nella casa dell’uomo forte e rubargli le masserizie, bisogna prima legarlo (Mt. 12:29). Dietro ad ogni situazione, c’è una realtà spirituale. Daniele dovette intercedere per tre settimane prima di avere la sua visione in riva al fiume Hiddekel, perché il capo del mondo invisibile del regno di Persia aveva opposto una strenua resistenza (Daniele 10). E ancora, quando Ezechiele profetizza contro il re visibile di Tiro, ne descrive la natura spirituale: “Eri in Eden, il giardino di Dio… eri un cherubino dalle ali distese, un protettore … e tu hai peccato; perciò io ti caccio come un profano dal monte di Dio, e ti farò sparire, o cherubino protettore” (Ezech. 28:13-16).
Conquistare il mondo
Ma alla guerra spirituale vittoriosa fanno seguito conquiste che hanno delle implicazioni molto pratiche. I canali materiali attraverso i quali Satana esercita il suo controllo su questo mondo sono, per esempio, l’economia e la politica di una nazione che ne determinano il benessere o la distruzione; la cultura che produce l’arte, la letteratura, la musica e il modo di pensare sui valori della vita e di applicare le nuove scoperte della ricerca scientifica. Uomini come Hitler o Stalin ne sono un classico esempio.
Ora, è bene spiegare che tutte queste cose non sono “il demonio”, ma solo gli strumenti che egli usa: le sue masserizie. Dopo averlo legato, è nostro compito riportarle a Colui al quale appartiene la terra e tutto ciò che è in essa.
Per troppo tempo ci siamo mantenuti estranei a quello che abbiamo sempre reputato solo spazzatura da lasciar gestire al “mondo”. Ne abbiamo sempre avuto paura. Credo però di poter affermare che storicamente questo periodo è giunto alla fine dei suoi giorni. Stiamo infatti entrando nella realizzazione del fatto che Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di saggezza (2° Tim. 1:7).
È attuale l’esortazione: “Fino a quando vi mostrerete lenti ad andare a prendere possesso del paese che l’Eterno, l’Iddio dei vostri padri, vi ha dato?” (Gios. 18:3). Siamo l’esercito di Dio, ma, come tutti gli eserciti, abbiamo bisogno anche noi di avere una strategia di intervento, sapere quali sono gli obiettivi da distruggere, penetrare fra le linee nemiche seminando sconcerto e panico, individuare i punti forti e quelli deboli della loro difesa e dove sferrare l’attacco. Abbiamo l’urgenza di stimolare al nostro interno una mentalità di guerra! I profeti hanno da sempre parlato in questi termini. In essi leggiamo del destino di Sion, Gerusalemme e Israele; destino glorioso di imperio sulle nazioni.
Essi profetizzavano della chiesa che doveva venire (1° Pt. 1:10-12).
La lettura di questi passi della Scrittura ci parla di quello che la chiesa sarà. Purtroppo però nei nostri ambienti troviamo spesso una mentalità assolutamente perdente, che vede nel rapimento della chiesa l’unica scappatoia alla disperazione ed alla miseria in cui versano la chiesa e i credenti. La conseguenza è che lo squallore e la mediocrità regnano sovrani quasi fossero una virtù!
Eccellenza
Se siamo l’immagine di Dio e il riflesso della sua gloria, dovremmo avere come caratteristica l’eccellenza in tutte le cose. Ma spesso, invece di eccellere, fuggiamo ritirandoci dalla vita sociale: demonizziamo la politica, ci disinteressiamo delle cose del mondo (spettacolo, letteratura, affari e carriera, opere sociali…) perché è più comodo rifugiarci nella sicurezza del nostro arcipelago “incontaminato”. Anche se fisicamente liberi, viviamo come chiusi in un convento di clausura, impermeabili all’esterno. Sarebbe invece auspicabile che i credenti entrassero nella mentalità che è possibile essere presenti in queste aree, esercitando là il proprio ministero come ambasciatori di Dio.
Alcuni potrebbero obiettare che i cristiani non sono cittadini di questo mondo, ma stranieri su questa terra. La Bibbia però mostra personaggi fondamentali nella storia di Israele che hanno vissuto completamente immersi nella cultura del paese che li teneva prigionieri, pur continuando a mantenere la loro identità di figli di Israele. E proprio perché inseriti all’interno di quella cultura, in posizioni dominanti, sono stati fondamentali nel destino del loro popolo.
Uomini chiave
“… e Faraone disse a Giuseppe: «Giacché Iddio ti ha fatto conoscere tutto questo, non v’è alcuno che sia intelligente e savio al pari di te. Tu sarai sopra la mia casa e tutto il mio popolo obbedirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te». E Faraone disse a Giuseppe: «Vedi, io ti stabilisco su tutto il paese d’Egitto» … Lo fece montare nel suo carro e davanti a lui si gridava: «Inginocchio!» Così Faraone lo costituì su tutto il paese d’Egitto” (Gen. 41:39-43).
Il Signore, che aveva preparato già il futuro del suo popolo, non aveva permesso che morisse di carestia, così Giuseppe poté dire: “Dio mi ha mandato dinanzi a voi per conservarvi in vita … perché sia conservato di voi un resto sulla terra” (Gen. 45:5-7). E quando dopo quattrocento anni Israele tornò nella sua patria, non solo portò via tutto ciò che gli apparteneva, ma spogliò di oro e d’argento gli Egiziani.
Questo è il destino del popolo di Dio!
E che dire di Ester e Mardocheo alla corte del re Assuero, un re pagano che li teneva in esilio! E ancora Daniele e i suoi compagni alla scuola dei Caldei (Dan. 1:4) con un rendimento scolastico superiore a tutti gli altri allievi (Dan. 1:18-20).
Daniele diventerà uno dei satrapi (governatori) del regno e si distinguerà per abilità da tutti gli altri, tanto che il re lo vorrà stabilire su tutto il paese. C’è in lui uno spirito straordinario (Dan. 6:1-3). Dall’alto di questa posizione passerà attraverso l’esperienza della fossa dei leoni che produce però lo strabiliante editto del re Dario: “Io decreto che in tutto il dominio del mio regno, si tema e si tremi nel cospetto dell’Iddio di Daniele, perché Egli è l’Iddio vivente che sussiste in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto, e il suo dominio durerà fino alla fine” (Dan. 6:26).
Più tardi Daniele riceverà per rivelazione: “Il regno e il dominio e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo. Il Suo regno è un regno eterno, e tutti gli imperi lo serviranno e gli ubbidiranno” (Dan. 7:27, versione CEI). Non occorre attendere il millennio per questo. C’è un livello di dominio che può essere esercitato anche ora partendo dalla nostra posizione in Cristo!
Strumenti di Dio
E vero che non apparteniamo a questo mondo, ma è importante che viviamo in esso esportando la mentalità di Dio ed essendone il sale e la luce. Spetta a noi dare gusto e sapore alle cose che ci circondano. Il Padre ha in mente di dominare su tutte la cose, e noi sulla terra siamo i suoi ambasciatori, rappresentanti cioè del Suo governo.
Non lasciamoci impaurire da ciò che abbiamo sempre definito come mondanità. Oggi per la chiesa non è più tempo di difendersi, ma di attaccare. La chiesa sarà presente in tutti gli aspetti della società. Essere presenti nella cultura è mondano solo se lo facciamo per noi stessi, avendo come meta la nostra affermazione personale; se però vogliamo portare il regno di Dio e la sua giustizia, allora diventiamo gli strumenti di Dio.
Dove le diverse correnti di pensiero si confrontano, dove le filosofie di questo mondo impongono modelli di vita, anche se effimeri, e formano la mentalità della nazione, è importante essere presenti con valori alternativi, con la cultura del Regno di Dio. La storia recente ce lo dimostra.
Per esempio, la chiesa non è stata capace di opporsi alle tendenze dei pedagogisti dell’ultimo trentennio che hanno inculcato la rinuncia a ogni forma di autorità, a ogni intervento disciplinare sui bambini. Hanno sostenuto la libertà totale per lo sviluppo della creatività, la necessità di non reprimere i desideri di qualsiasi tipo fossero. Oggi in certi paesi si corre il rischio di essere denunciati per un ceffone dato ai propri figli.
Questi insegnamenti vengono oggi ridimensionati proprio da coloro che li avevano diffusi (per esempio dal famoso dott. Spock), visto il loro clamoroso fallimento. Intanto però questo stile di pensiero ha prodotto una generazione di giovani scontenti, egocentrici, incapaci di lottare per la conquista delle cose. Giovani senza motivazioni di vita se non la moda, l’apparenza e il loro proprio star bene.
Alle armi!
Questa era una guerra da combattere! “Ricordatevi del Signore, grande e tremendo; e combattete per i vostri fratelli, per i vostri figlioli e figliole, per le vostre mogli e per le vostre case!” (Neh. 4:14). Ma la chiesa è stata assente.
Ancora, siamo tutti turbati dall’effetto devastante che certa musica ha nella mente dei nostri giovani. Ma la chiesa di oggi è in grado di offrire in cambio un’alternativa che non sia solamente una patetica imitazione di ciò che fa il mondo? Siamo in grado di andare là dove sono le persone offrendo loro una cultura e uno stile di vita più appetibile di quella che già possiedono?
Ma arriverà il tempo in cui la chiesa sarà capace di creare movimenti di opinione tali da condizionare le scelte di vita, dalle cose minime a quelle più alte. Verrà il tempo in cui la giustizia sarà reclamata come espressione del cuore del Padre; e non parlo solo della giustizia che Gesù ci ha imputata. Sto parlando anche della giustizia sociale, quella delle sperequazioni sociali, quella dell’apartheid, ecc. Della chiesa primitiva si legge che non vi era alcun bisognoso fra di loro perché le persone davano in misura della loro possibilità e ricevevano in misura dei loro bisogni. Troppo facilmente spiritualizziamo ciò che ha a che fare con il materiale. Isaia diceva di dividere il pane con chi ha fame, dare un tetto ai senza casa, vestire chi è ignudo, non nascondersi a chi ha bisogno (Is. 58:7).
Mi sono spesso chiesto perché un personaggio come Francesco d’Assisi esercita tanta attrazione sulla gente e sui giovani in particolare. Credo che la ragione stia nel fatto che ha proposto, ma ha anche vissuto una vita veramente alternativa. Recentemente ho sentito affermare da un docente di storia del cristianesimo che i corsi più frequentati sono quelli sulla chiesa dell’era apostolica e quelli sui movimenti spirituali dell’epoca francescana. Non è forse un segnale? Bisogna correre il rischio di essere considerati pazzi, di andare contro corrente. Bisogna anche saperne pagare il prezzo.
Preparare la strada alla venuta del Signore Gesù significa incominciare a preparare le condizioni perché al suo ritorno possa trovare una chiesa santa e irreprensibile, ma anche splendente di gloria e capace di condizionare la storia anziché esserne diretta.