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di Giovanni Traettino
“Voi siete la luce del mondo”, dichiarò Gesù in una delle affermazioni più sorprendenti di tutto il Nuovo Testamento (Matt. 5:14). Non disse infatti: “Voi dovreste essere …”; ma: “Voi siete la luce del mondo”!
Tuttavia, non sempre i credenti risplendono con la gloria di Gesù in modo tale da illuminare l’oscurità di questo mondo buio. Che cosa dunque ci impedisce di manifestare la luce?
Per poter rispondere a tale domanda, bisogna comprendere che la natura dell’uomo non è semplice ma complessa, composta di molte parti e molti aspetti. In 1° Tess. 5:23 è scritto: “Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (NRiv). Quindi spirito, anima e corpo sono interessati alla salvezza: l’azione di Dio tocca tutti e tre.
Ma non siamo tre mattoni sovrapposti l’uno all’altro: è solo per comodità che distinguiamo queste tre parti. Le diverse dimensioni della nostra vita si intersecano in vario modo e si influenzano reciprocamente. Il corpo è caratterizzato essenzialmente dai sensi: la vista, l’udito, il tatto, l’odorato. L’anima e la vita interiore – io voglio, desidero, penso – mentre lo spirito è la capacità di adorare, di avere rapporti con Dio. Questi tre livelli costituiscono la nostra personalità: quando dico “io”, mi riferisco alla somma e all’incrocio di essi.
Peccato ereditario
L’uomo però non è più quello che era all’inizio: la natura umana è stata alterata, ferita, turbata e sconvolta dalla ribellione e dal peccato, e le conseguenze di quella catastrofe si trasferiscono di padre in figlio. Questa “bomba atomica” del peccato nella nostra umanità ha prodotto, alla base di tutto, il distacco dell’uomo dal suo Creatore, la morte spirituale. Alcuni teologi ritengono che nell’uomo non rigenerato lo spirito è morto completamente, altri che è solo tramortito; ma è certo che, fino alla nuova nascita, non funziona in maniera completa.
A livello dell’anima, il risultato è che non sappiamo più vivere per Dio e per gli altri, ma solo per noi stessi. Ecco il problema fondamentale: non quello di essere ladri o adulteri, ma che l’uomo è diventato radicalmente egoista, ha una spinta tremenda a pensare solo a sé stesso. Sono all’opera “la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita” (l° Giov. 2:16), ciò che Paolo chiama “la carne”.
E le conseguenze della ribellione si sentono anche a livello fisico. È noto, per esempio, che certe malattie sono più frequenti in alcune famiglie che non in altre. Non tutti gli handicap sono quindi da attribuire al diavolo, come fanno alcune teologie semplicistiche: essi dipendono dal principio della corruzione e della morte che si è esteso a tutti gli uomini. “La morte opera in noi”, scrive Paolo (2° Cor. 4:12), e ancora: “chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Rom. 7:24). Prima o poi, ci tocca morire; mentre, secondo la teologia di alcuni, chi ha fede sufficiente non dovrebbe morire mai!
Anche l’ambiente ha sofferto in conseguenza della caduta di Eva e di Adamo, cominciando a produrre “spine e triboli”.
Culture in conflitto
Un altro elemento importantissimo è l’ambiente umano in cui viviamo: la cultura che respiriamo, le tradizioni che ereditiamo. Questo aspetto è stato molto esaltato dagli psicologi e dai sociologi; e, senza che condividiamo tutta la loro tesi, è indubbio che la nostra personalità è plasmata anche dalla società. Certe cose ci vengono così spontaneamente che diciamo che “sono nel sangue”; ma in realtà, sono nella cultura e nella mentalità della gente.
Nascere e crescere in Calabria, per esempio, è completamente diverso dal nascere in Svizzera: vivere in un’area controllata dalla mafia influenza profondamente i nostri comportamenti, il nostro modo di parlare e di agire. Nell’ospitalità, i paesi dei Nord Europa sono indietro anni luce rispetto al meridione d’Italia, mentre per quanto riguarda l’ordine, noi siamo indietro anni luce rispetto a loro!
E qui è importante comprendere che l’uomo tende ad adorare l’idolo fatto dalle proprie mani, e che anche noi che ci riteniamo più “progrediti”, produciamo e adoriamo degli idoli senza occhi e mani: idoli che si chiamano “famiglia”, “nazione”, “progresso tecnologico”. Ogni popolo esalta la propria cultura, e questo ci impedisce di manifestare la luce del Vangelo.
Dobbiamo impossessarci della cultura del Regno di Dio per vivere i suoi principi in mezzo alla nostra cultura naturale, dicendo con Paolo: “Il mondo è stato crocifisso a me e io al mondo” (Gal. 6:14). Se non moriamo alla cultura del mondo, l’espressione del Regno sarà limitata nella nostra vita.
Nel mondo delle missioni, è in corso un grosso dibattito sul rapporto tra Vangelo e cultura. Molte missioni, invece dell’Evangelo di Cristo, hanno esportato la loro cultura e le loro tradizioni. Ma questo non è solo un problema dei missionari: è anche nostro quando pensiamo che la Parola di Dio abbia a che fare con il modo di vestirsi o con altre manifestazioni esteriori.
In 1° Giovanni 2:15 è scritto: “Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo”. Non si tratta solo del fumo o del vino, a seconda della cultura. Nel sud degli Stati Uniti ci sono fratelli che pregano e parlano in lingue fumando un sigaro; in Germania lo fanno bevendo un bicchiere di birra, e in Italia bevendo del vino! È importante sapere quale atteggiamento usare nei riguardi di queste cose, perché la cultura ci può giocare brutti scherzi.
Il terzo combattimento è contro il diavolo. Abbiamo un nemico dentro (la carne); uno intorno (il mondo); e uno fuori (il diavolo). L’uomo deve vedersela con queste diverse pressioni.
Soluzioni semplicistiche
Stando così le cose, non bisogna appiattire il discorso per attribuire tutto al diavolo. Questo è semplice e comodo, ma la verità è più articolata perché l’uomo è più articolato. Ora, non voglio negare che alcune malattie dipendano da peccati personali o dall’azione diretta di Satana (vedi Giobbe); ma non tutto è colpa sua.
Io so che alcuni predicatori del “messaggio di fede” vanno a ricoverarsi di nascosto in ospedale, perché la loro teologia non consente loro di dire pubblicamente che hanno bisogno della medicina.
Questa è una posizione squilibrata ed estrema: si vuole spiegare tutto alla luce di una verità parziale. Una verità può diventare una grande menzogna quando viene strappata dal resto della Parola di Dio.
Ora, non sto dicendo che non bisogna avere fede, anzi …! Ma bisogna mettere le cose in prospettiva. I cristiani possono avere ancora malattie e handicap. lo, per esempio, sono nato con una gamba più corta e una malformazione all’anca, e non credo che questo sia dovuto né a un demone né a un peccato di mio padre, ma del peccato originale che ha devastato la creazione. Anche quando nasce un bambino con la sindrome di Down, non è sempre da addebitare a Satana: ci sono anche i “triboli” e le “spine” prodotti dal peccato originale, che saranno del tutto superati solo con la piena redenzione del creato. Abbiamo già l’anticipo, i segni del Regno qua e là (miracoli, guarigioni), ma in generale dobbiamo ancora sopportare i limiti della nostra mortalità.
Poi, ci sono anche ferite nell’anima, cioè nella nostra struttura psicologica, che non dipendono da noi ma da ciò che ci hanno fatto gli altri. Alcuni, per esempio, sono timidi, aggressivi o invadenti in conseguenza delle azioni dei genitori o di altri che hanno formato la loro personalità. Quando i genitori litigano spesso, o il padre è violento, ciò produce un certo effetto nella nostra anima. È un dato ormai acquisito che l’omosessualità, per esempio, è risultato di un disordine dei ruoli nella famiglia.
Ora, certamente, su questo agisce Satana – uno spirito può approfittare della nostra fragilità psicologica – ma per risolvere i problemi, è importante andare alle radici. Possiamo cioè scacciare da un omosessuale lo spirito che lo lega, ma se non diamo poi un’adeguata cura pastorale per togliere le radici della sua fragilità, sarà sempre esposto in quell’area.
Il modo più proficuo di affrontare la liberazione ha più a che fare con la cura pastorale che non con lo stile pentecostale tradizionale. In molti casi la cura deve continuare per mesi o per anni: per risolvere tutto nel giro di un’ora, dovremmo avere la stessa abilità di Gesù sia nel cacciare i demoni che nel guarire l’anima, ma non sempre siamo a questi livelli! A tutti piacciono le soluzioni magiche, ma chi fa il pastore sa come vanno queste cose: un evangelista può anche illudersi, ma noi viviamo anche “Il giorno dopo”!
Un Vangelo completo
Gesù è venuto perché siamo liberi, ma perché questo si realizzi, bisogna affrontare i problemi in modo articolato. Egli ha parlato non solo di liberare gli oppressi – per alcuni pentecostali sarebbe stato sufficiente, perché in quello mettono tutto! – ma anche di guarire i ciechi (quindi, malattie che non dipendono dai demoni) e di fasciare e consolare coloro che hanno il cuore rotto (Luca 4:18-19).
Parla anche di un aspetto trascuratissimo nel mondo evangelico: annunciare buone notizie ai poveri e bandire il giubileo. Avete mai sentito predicare questo messaggio? Ma fa parte del ministero di Gesù, e noi dobbiamo avere la stessa mentalità, perché tutte queste cose hanno a che fare con il Regno di Dio.
Siccome l’espressione della vita di Dio in noi è disturbata dal peccato, dai legami, dagli spiriti e dalle ferite, il pastore deve essere in grado di capire se la persona che ha davanti è ferita oppure indemoniata. Chi tratta tutti i casi come dipendessero da demoni, spaventa le persone: se dico a qualcuno “Tu hai un demone” quando non ce l’ha, gli creo un problema e rischio addirittura di mettergli addosso uno spirito di paura. Prima di fare affermazioni del genere, devo eliminare ogni altra possibile spiegazione.
Quando una persona manifesta paura, rabbia o rigetto, è importante discernere la radice del suo problema. Quasi tutti noi portiamo i segni di traumi subiti nel passato, particolarmente nel campo dei rapporti con la famiglia. Chi esprime rabbia e risentimento può avere un problema irrisolto con il padre; ma ci può essere anche uno spirito che, approfittando del suo peccato, si è “insediato” in esso. Bisogna dunque saper discernere tra lo spirito di rabbia e la rabbia stessa, tra lo spirito di rigetto e il trauma del rigetto. Non chiunque ha paura è posseduto da uno spirito di paura: la Scrittura parla anche di “opere della carne” (Gal. 5:19).
In molti casi, come le perversioni sessuali o i pensieri distruttivi, il problema è il livello di comportamento compulsivo o di schiavitù. Chi beve un bicchiere di vino non è per questo alcolizzato, e chi si arrabbia una volta non è necessariamente oppresso da uno spirito. Ma il diavolo approfitta dei nostri peccati, come anche del male che ci fanno gli altri, occupando gli spazi in cui abbiamo delle porte aperte. Se dunque io, da credente, continuo a lasciarmi andare alla rabbia, è possibile che prima o poi uno spirito venga a controllare quell’area.
Ma devo essere io a decidere di peccare, perché senza la mia volontà, non mi può invadere un demone. Noi siamo tentati, ma dobbiamo dire sì o no alla “concupiscenza della carne”. Per lo stesso motivo, nessuno può essere liberato se non lo vuole. Perfino l’indemoniato di Gerasa dovette desiderare la sua liberazione (Mc. 5:1-6). Tuttavia, la presenza di uno spirito implica l’incapacità a prendere il controllo di una determinata area della propria vita; prima di pensare alla presenza di spiriti, bisogna assicurarsi che ci sia questa incapacità totale. Solo quando vedo che una persona veramente non è in grado di prendersi le sue responsabilità, intervengo sullo spirito.
È dunque fondamentale il discernimento, altrimenti, invece di essere liberatori, diventiamo carcerieri delle persone. Bisogna imparare a distinguere tra malattie fisiche e quelle causate da demoni; tra i peccati personali, gli effetti delle azioni altrui, e l’azione di Satana; tra una risposta condizionata e uno spirito, perché, a seconda della diagnosi, occorre una terapia diversa: cura pastorale oppure liberazione. E c’è un discernimento naturale, una generale sensibilità spirituale, dove l’esperienza risulta molto importante – non occorre essere tanto spirituali per vedere che certi comportamenti derivano da demoni – e uno soprannaturale, quello che la Scrittura definisce come “dono del discernimento degli spiriti”, che risulta estremamente importante per i pastori.
Sicuri in Cristo
È molto importante ciò che crediamo e pensiamo: il diavolo può conturbarci anche attraverso una falsa convinzione. Ho conosciuto un ministro oppresso dalla paura che un demone fosse entrato in lui mentre liberava un’altra persona. Ma, quando Gesù ordinò agli spiriti di uscire dall’indemoniato di Gerasa, essi non poterono entrare nelle persone che assistevano, per cui chiesero di entrare nei porci. È significativo il fatto che Gesù liberava gli indemoniati in mezzo alle folle. Non dobbiamo dunque avere paura per i bambini o per le altre persone presenti.
In Giovanni 14:30, Gesù dice: “Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe di questo mondo e non ha nulla in me”. Chiediamoci: “Il diavolo ha qualcosa in noi?” Gesù parlava di se stesso; ma non è forse vero che siamo in rapporto con Lui e identificati con Lui? La Bibbia è piena dell’insegnamento della nostra unione con Cristo: “chi si unisce al Signore è uno stesso spirito con Lui” (1° Cor. 6:17); e “colui che in voi è più grande di colui che è nel mondo” (1° Gv. 4:4).
Cacciamo via dunque la paura, perché è un’arma che il diavolo usa per tenerci paralizzati. “Alle mie pecore io do la vita eterna … e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giov. 10:27-28). “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? … Siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati … Né morte né vita, né principati né potestà… né altezza né profondità, né alcuna altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in cristo Gesù, nostro Signore” (Rom. 8:31-38). Queste verità devono essere radicate nel nostro cuore.
Un altro fattore di sicurezza molto importante è la copertura del patto che abbiamo con Dio e con i fratelli. “La benignità dell’Eterno dura d’eternità in eternità per quelli che lo temono … per quelli che osservano il suo patto” (Sal. 103:17-18). Ciò che ci tiene uniti al Signore è il patto, che non viene rotto da una caduta, una mancanza o un’opera della carne. Con ciò, non vi sto certo incoraggiando a peccare! Ma se non comprendiamo questa nostra sicurezza, perderemo facilmente la gioia e la serenità.
Questo patto riguarda in primo luogo il nostro rapporto con il Signore, ma poi riguarda anche i rapporti tra noi; e ritengo fondamentale anche la copertura dell’amore e dell’impegno reciproco. Quando viviamo nell’alleanza, come membra del Corpo, leali con i fratelli e con i responsabili della comunità, questo ci difende dall’avversario e produce forza e sicurezza nei luoghi spirituali. Tutta quest’area è un obiettivo strategico degli attacchi di Satana: egli sa che, dove c’è fedeltà, lealtà e rispetto e l’alleanza è tenuta in onore, egli ha un gioco molto difficile, non riesce a penetrare. Perciò i responsabili delle chiese devono guardare bene i loro rapporti, perché è qui che il diavolo viene a sferrare gli attacchi più severi.
Al servizio di Dio
Un’altra domanda che voglio affrontare è: Dio può usare i demoni? La risposta è: Sì, può farlo, perché Egli è sovrano su tutto. In 1 ° Corinzi 5:5, Paolo dice: “Ho deciso che quel tale sia dato in mano di Satana a perdizione della carne, affinché lo spirito sia salvato nel giorno del Signore Gesù”. Paolo dunque decide di usare Satana per questo scopo.
Cosa possono fare dunque i demoni? Oltre ad esercitare dominio spirituale, possono portare afflizione fisica: “gli fu presentato un indemoniato, cieco e muto; ed egli lo guarì, sicché il cieco e muto parlava e vedeva” (Matt. 12:22); possono produrre inganno mentale: “Anania, perché ha Satana riempito il tuo cuore per farti mentire allo Spirito Santo?” (Atti 5:3). Possono produrre anche disturbi emotivi, perché “Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di disciplina” (2° Tim. 1:7): sembrerebbe che uno spirito possa creare un ambiente di paura nel quale le persone sono turbate. Poi, possono provocare inganni dottrinali: “Non credete ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio” (1° Gv. 4:1-2). Questa è un’area nella quale bisogna stare attenti, perché ci sono tanti “venti di dottrina” che vanno e vengono.
La prossima domanda è: “Dio usa i demoni per punire?”. Anche qui la risposta è sì: Dio usa Satana e i suoi agenti per punire, ma nello stesso tempo Satana è anche un Suo nemico: la Scrittura ci presenta ambedue le verità e bisogna tenerle in piedi insieme.
Problemi con i demoni
E poi una domanda grossa: “Un cristiano può essere demonizzato?” Io vengo da una formazione evangelico tradizionale, da pastore battista, nella quale questo discorso era escluso: credevo che, una volta salvati, non potevano più esistere problemi di questo genere. Ma poi, leggendo con più attenzione la Scrittura, mi sono convinto che invece è possibile.
Una breve parentesi: la Scrittura non ha diverse parole per la condizione di chi ha un demone; usa solo il termine demonizzomai (“demonizzare”), che sembra riferirsi all’influenza di uno o più demoni che vanno e vengono nella vita di una persona. La vittima può essere attaccata all’improvviso e passare da un comportamento normale a uno anormale. Tuttavia, dal modo in cui si comportano le persone demonizzate, pare che ci siano diversi gradi di controllo.
Un esempio nell’Antico Testamento è la storia di Saul. Egli era chiaramente un credente (l° Sam. 10:1); era stato unto da Dio, riempito di Spirito e profetizzava. Ma dopo che aveva peccato, lo Spirito dell’Eterno si ritirò da lui ed era turbato da un cattivo spirito suscitato dall’Eterno stesso (1° Sam. 16:14). Noi crediamo nell’ispirazione della Scrittura; se dunque dice “uno spirito da parte dell’Eterno” (1° Sam. 16:14), significa proprio questo.
Saul va di male in peggio e si evidenziano nella sua vita alcune manifestazioni caratteristiche della demonizzazione: rabbia e ira (1° Sam. 18:8); omicidio (vv. 10-11); paura (v. 12); stregoneria (28:25), fino ad arrivare al suicidio (31:4). Tuttavia la musica di Davide alleviava Saul e “il cattivo spirito si allontanava da lui”, dal che vediamo che l’azione dello spirito nella vita di Saul è intermittente.
Il peccato di Saul che apri la porta all’opera di demoni fu evidentemente la ribellione. È scritto infatti: “La ribellione è come il peccato di divinazione e l’ostinatezza è come il culto agli idoli e agli dèi domestici. Poiché hai rigettato la Parola dell’Eterno, anch’egli ti ha rigettato come re” (l° Sam. 15:23). Anche noi dobbiamo stare attenti a non dare spazio alla ribellione perché non ci succeda qualcosa di simile.
Nell’Antico Testamento ci sono altri esempi di credenti che hanno problemi con i demoni: Giobbe (capp. 1 e 2); i profeti che diventano falsi profeti (1° Re 22). Nel Nuovo Testamento invece abbiamo i discepoli: Satana cerca dei passaggi per entrare nella loro vita. Per esempio, nel caso di Pietro trova aperta la porta dell’orgoglio: egli, al quale è stata appena rivelata la vera natura di Gesù, è poi invaso da una sapienza demoniaca, per cui Gesù è costretto a riprenderlo: “Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo” (Matt. 16:23). E in Giuda Iscariota, che pure aveva predicato il Vangelo e operato miracoli, trova la porta spalancata: “Dopo quel boccone, Satana entrò in lui” (Giov. 13:27).
Poi abbiamo Anania e Saffira: “Anania, perché ha Satana riempito il tuo cuore per farti mentire allo Spirito Santo?” (Atti 5:3): è un caso di demonizzazione grave, perché la Scrittura parla addirittura di “riempimento”, la stessa parola che viene usata in positivo per l’essere riempiti di Spirito Santo.
Da questi episodi biblici, sembrerebbe che la demonizzazione possa andare da un minimo a un massimo, da zero alla possessione totale. Dobbiamo capire che è una realtà complessa.
Ma Satana può influenzare e demonizzare i credenti; perciò la Scrittura afferma che egli “va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” (l° Pt. 5:8). Se non avesse nessuna possibilità di divorarci, Satana non avrebbe nessuna ragione per starci intorno, andrebbe a fare un altro lavoro. Evidentemente ha dunque la possibilità di creare problemi anche per i credenti.
Ecco alcune delle conclusioni a cui sono arrivato. Chiaramente, questa è un’area in cui bisogna acquistare un discernimento sempre maggiore. L’impostazione teologica è molto importante perché ci consente di avvicinarci al problema con equilibrio, ma l’esperienza, la maturità e l’unzione del Signore sono decisivi per i risultati.
Nella misura in cui andiamo avanti verso il compimento del disegno di Dio, Egli ci darà più unzione e più comprensione e intelligenza per muoverci con sempre maggiore efficacia. Dobbiamo impossessarci di questo territorio spirituale, muovendoci con sicurezza e determinazione per passare all’attacco. E anche in quest’area il Signore, nella Sua bontà e nella Sua infinita sapienza, ci darà una forza maggiore di quanta ne abbiamo sperim