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di Giovanni Traettino
“Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà in terra come è fatta in cielo” (Matteo 6:10).
“Sulle sue spalle riposerà l’impero” (Isaia 9:5).
L’Iddio del nostro Signore Gesù Cristo è profondamente interessato al governo dell’universo visibile e invisibile.
È tanto interessato da impegnare al raggiungimento di questo obiettivo sia il Suo unigenito figlio che la di Lui amatissima sposa, la Chiesa.
Li impegna con il dono della loro vita, del loro lavoro e della loro intercessione.
Il principe di questo mondo, Satana, pur avendo subìto una sconfitta strategica alla croce, è fermamente determinato a resistere e a non lasciarsi espellere in modo definitivo dai suoi domini.
Si svela così la radice dei profondi conflitti sia teorici che pratici che agitano e tormentano la storia delle relazioni degli uomini, delle famiglie, delle nazioni e della Chiesa, che hanno per oggetto il governo e il potere.
La posta in gioco ultima di questo scontro è il governo finale degli uomini e dell’universo intero.
Necessità del governo
In questa luce non desta sorpresa che il cammino del popolo di Dio sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento ed oltre, fino ad oggi sia stato e sia così drammaticamente travagliato dalla differente comprensione della natura e delle forme di governo della Chiesa.
Il conflitto è spirituale.
Ed è anche con l’occhio alla natura di questo scontro – credo – che l’apostolo Paolo scrive: “siamo pronti a punire ogni disubbidienza, quando la vostra ubbidienza sarà completa” (2° Corinzi 10:6). L’ubbidienza della chiesa premessa e condizione per la sottomissione delle potenze spirituali ribelli.
Il traguardo è “raccogliere … sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose” (Efesini 1:10).
Dio ha dato “doni di governo” (1° Corinzi 12:28) alla chiesa e, per il bene della nostra anima, faremo bene a desiderarli e a riceverli non solo, ma a pregare perché siano formati e manifestati.
Capo, direzione, guida, sorvegliante, padre, sono termini e concetti scritturali così come servo, servizio, ministri, assistenze.
Nella chiesa è necessario il servizio del comando e dell’autorità tanto quanto il servizio dell’ubbidienza e della sottomissione.
Diverse forme di governo
Dal 2°, 3° secolo dell’era cristiana e fino alla Riforma il governo della Chiesa è stato episcopale. È – credo – degno di attenzione teologica il fatto che dal punto di vista storico la chiesa apostolica e subapostolica ci lasci in eredità il vescovo.
Nel XVI secolo prendono corpo anche la forma presbiteriana e quella congregazionalista.
È il concetto tradizionale di autorità che viene sfidato e rivisitato.
Ora, indipendentemente dalla “scritturalità” di queste “forme”, Dio le ha certamente, in misura maggiore o minore, usate tutte perché la chiave fondamentale di Dio rimangono “uomini unti”.
Egli è l’Iddio di Mosè e di Samuele, di Davide e di Gedeone, non perché sempre e necessariamente approvi “l’otre” di cui sono l’espressione, ma perché “l’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuore rotto e salva quelli che hanno lo spirito affranto” (Salmo 34:18).
Epperò, a fronte di una chiesa che tende – come l’antico Israele – ad imitare il mondo per i propri sistemi di governo, esiste l’esigenza di individuare e recuperare il modello biblico.
Principi e metodologia di studio
In questa come in altre aree di ricerca credo che sia gravemente fuorviante e contro l’insegnamento del Nuovo Testamento restringere l’indagine al solo Nuovo Testamento.
- È necessario un approccio ermeneutico corretto
Occorre leggere il Nuovo Testamento insieme con l’Antico Testamento.
L’Antico e il Nuovo Testamento fanno sostanzialmente lo stesso discorso (omologia) anche sul tema del governo e dell’autorità.
C’è coerenza e corrispondenza tra principi, valori, pratiche e strutture che regolano la vita della “chiesa nel deserto” (Atti 7:38) e la chiesa neotestamentaria. Gesù, gli apostoli e la Chiesa primitiva erano profondamente immersi in quella cultura e pensavano e costruivano con quel “calco” di partenza.
Gli stessi ministeri neotestamentari di Efesini 4:11 sono chiaramente indivisibili e funzionanti nell’Antico Testamento.
- È necessario costruire con i ministeri che Dio ha “mandato”
Gesù è venuto come l’Apostolo di Dio (Ebrei 3:1) per eccellenza.
“Che dobbiamo fare – gli chiesero – per compiere le opere di Dio? Gesù rispose loro: Questa è l’opera di Dio; che crediate in colui che egli ha mandato [gr. apesteilen; stessa radice e significato di apostolo]” (Giovanni 6:28-29). L’iniziativa divina ha direttamente provveduto apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori (Efesini 4:11). Per l’ordine di autorità si veda anche 1° Corinzi 12:28: “Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori …”.
Non possiamo fare correttamente l’opera di Dio se non riconoscendo e ricevendo “coloro che Egli ha mandato”, con i ruoli, le funzioni e l’autorità in cui Lui li ha costituiti.
Il fondamento degli apostoli e dei profeti
Una funzione ed una autorità “fondamentale” nel lavoro di costruzione della Chiesa è attribuito dalla Sacra Scrittura nell’ordine agli apostoli ed ai profeti (Efesini 2:20). Mosè come Gesù. I figli di Giacobbe-Israele come i Dodici. Gli apostoli e i ministeri del dopo Ascensione come i tanti ministeri di tipo apostolico, profetico, di insegnamento, pastorale, ecc. presenti nella storia dell’antico Israele.
- Un popolo in cammino nella storia
Alcune strutture di governo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento rispondono ad esigenze di carattere pratico (organizzativo, amministrativo o di servizio).
Un primo esempio, gli anziani in Israele erano il riflesso della struttura patriarcale, familiare e tribale alle origini di quel popolo. C’erano anziani anche in Egitto ed in altri popoli della regione.
Ma tra di loro Mosè sceglie, su direzione di Dio, i settanta che associa al governo del popolo (Numeri 11:16-17).
Un secondo esempio è la struttura di Jethro (Esodo 18). Si tratta di una “parola di sapienza” che Mosè riconosce come valida per risolvere i problemi a cui deve far fronte.
Un terzo esempio è quello dei diaconi nella Chiesa di Gerusalemme (Atti 6).
Anche qui gli apostoli si muovono in risposta ad una esigenza concreta anche se probabilmente hanno presente il “calco” dei leviti nell’Antico Testamento.
C’è novità e continuità.
- Fasi diverse
È necessario comprendere che la costruzione della chiesa nel Nuovo Testamento e nella storia passa concretamente attraverso fasi diverse.
Non bisogna credere che ogni chiesa locale del Nuovo Testamento avesse una struttura di governo completa e matura.
Nella fase missionario-apostolica prevale in genere l’intervento di apostoli, profeti ed evangelisti.
Nella fase di consolidamento acquistano un ruolo chiave i dottori ed i pastori, oppure i pastori-dottori.
Nella prima fase il governo della chiesa locale è esercitato direttamente dagli apostoli, o tramite delegati (Timoteo, Tito, …), collaboratori o continuatori, e/ovvero tramite uno o più anziani in collegio (presbiterio) Tito 1:5.
Nella seconda fase, sempre sotto la sorveglianza (vedi Atti 1:20, l’episcopèn riferito all’apostolato, di solito tradotto “ufficio”) degli apostoli, c’è il processo di individuazione, prova e costituzione di uno o più (in rapporto alla situazione locale) anziani. L’obiettivo è quello di dar vita ad un collegio di anziani (presbiterio).
Prima, durante o dopo la formazione del presbiterio, Dio suscita un leader che ha le caratteristiche per essere un anziano che “esercita bene la presidenza” (1° Timoteo 5:17; Romani 12:8).
Egli ha cura, insieme al collegio degli anziani, di proteggere il gregge dai falsi apostoli, ma di non diventare come Diotrefe che, poiché “ama avere il primato” non riceve l’apostolo Giovanni (3° Giovanni 9).
Il presidente (o pastore, o vescovo, ecc.) ed il collegio degli anziani, nel rispetto garantito dalla maturità loro e della chiesa rimangono pur sempre sottomessi all’apostolo.
- La definizione della struttura di governo della Chiesa deve essere fatta all’interno dell’orizzonte e dei dati biblici.
Il “sola scriptura” rimane la pietra di paragone delle varie forme di governo della chiesa anche se lo studio dei Padri e della storia dei primi secoli dell’era cristiana rimane uno strumento importante per una maggiore illuminazione ed una migliore comprensione delle Scritture.
- Sarà pertanto utile leggere il Nuovo Testamento tenendo d’occhio le testimonianze sul governo della chiesa nel periodo subapostolico e successivo.
Si comprenderà allora meglio in che modo la figura del pastore-dottore di Efesini 4:11 ha avuto la tendenza a diventare pastore-vescovo, dal momento che la funzione principale del pastore è quella di sorvegliare (si consideri anche la suggestione di 1° Pietro 2:25 dove si parla di Gesù “pastore e vescovo delle anime nostre”! – vers. Riv.)
E si comprenderà forse meglio come in una chiesa numerosa, in cui prevalevano le esigenze di consolidamento e di gestione, gli apostoli abbiano avuto la tendenza a diventare residenti (vedi Giacomo a Gerusalemme) e quindi più pastorali, e alla fine vescovi. Mentre gli altri ministeri, in specie il pastore-dottore con forte personalità abbia avuto la tendenza a diventare un Diotrefe, magari integro ed ortodosso, che ha progressivamente fatte proprie le prerogative apostoliche.
È questo processo di consolidamento che sembra decretare il successo del vescovo con caratteristiche prevalentemente di pastore-dottore.
In questo modo, gradualmente, scompaiono le squadre, di cui è testimonianza nel periodo subapostolico, fatte di apostoli, profeti ed insegnanti.
Anche oggi, la fase di movimento è caratterizzata dalle figure dell’apostolo e del profeta. La fase di istituzionalizzazione è caratterizzata dalla figura del pastore o del vescovo e del dottore.
Il rischio per l’apostolo è di rimanere assorbito ed imbrigliato dal ruolo pastorale. Il rischio per il pastore-dottore è quello di sostituirsi all’apostolo.
Modello biblico
C’è dunque un modello biblico?
Se dovessimo concludere dalla storia e dall’esperienza saremmo tentati di essere negativi.
Ci sono almeno tre sistemi (episcopale, presbiteriano e congregazionale) in concorrenza, per non parlare delle varie altre espressioni estremistiche, in senso anarchico (si vedano certi “liberi” di varia collocazione anche in Italia, del genere “io-rispondo-solo-al-Signore”), da una parte, in senso autoritario dall’altra (sul modello dell’infallibilismo papale e dell’autoritarismo senza controllo ed equilibrio di certi capi di sette e perfino di alcuni pastori “indipendenti” o capi di movimenti o denominazioni).
Ma noi crediamo che una analisi della Scrittura senza pregiudizi possa e debba restituirci il fondamento lì depositato dallo Spirito Santo e dagli apostoli, e che sia compito della chiesa nella nostra generazione recuperarlo in tutta la sua interezza.
Governo trans-locale
Dalle cose dette risulta chiaro che nella chiesa primitiva erano gli apostoli i ministeri che esercitavano il governo e la guida a livello trans-locale.
Erano essi quelli che direttamente “designavano” il collegio degli anziani “in ciascuna chiesa” (Atti 14:23) oppure lo facevano per delega, come è il caso per Creta di Paolo con Tito (1:5).
“Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine nelle cose che rimangono da fare, e costituisca degli anziani in ogni città, secondo le mie istruzioni”.
Questi apostoli (Paolo non faceva parte dei 12!) si muovevano in squadra con gruppi di altri ministeri per aprire chiese, mettere ordine nelle loro cose, ordinare anziani, confermare le chiese, stabilire la dottrina, dare direzione ed esercitare la disciplina nelle stesse anche dopo che erano state costituite.
È vitale per la Chiesa in ogni nazione e su tutta la terra recuperare il governo apostolico. Essi diverranno anche un servizio strategico per l’unità.
Un aspetto vitale del recupero del governo apostolico è la costruzione tra apostoli, a livello nazionale e internazionale, ma anche trans-denominazionale di rapporti profondi e reali, fatti di apertura e sottomissione reciproca, sull’esempio di quelli che Paolo cercò con Pietro e con Giacomo. Questo darà equilibrio all’esercizio della loro autorità e favorirà l’arricchimento di tutte le chiese coinvolte.
Il governo delle chiese locali
Il governo della chiesa locale, sotto l’autorità apostolica, si gioca nella dinamica delle relazioni tra:
- “chi presiede” (o pastore, vescovo…)
- il collegio degli anziani (o presbiterio)
- i diaconi-servi
- la comunità, i credenti
- Colui che presiede – Il principio della leadership
A noi pare che ci siano elementi sufficienti nella Scrittura, sia Antico che Nuovo Testamento, per sostenere che il piano di Dio per il suo popolo è che in ogni struttura, ivi compresa la chiesa locale, ci debba essere un leader.
Principio generale
Ad esempio Dio costituisce Mosè sul popolo d’Israele. E Mosè chiede a Dio di costituire un uomo, Giosuè, che gli succeda (Numeri 27:16). Ma poi ancora Samuele, Saul, Davide, Salomone, il sommo sacerdote, tutta la storia di Israele è la dimostrazione che il principio della leadership è quello col quale Dio opera.
Lo stesso vale per il Nuovo Testamento. Basta fare i nomi di Gesù, Pietro, Giacomo, Paolo, Timoteo.
Utile in questo senso è lo studio del termine egoumenos = capo nel Nuovo Testamento (Atti 15:22, 14:12).
Si noti anche che nell’Antico Testamento ci sono capi dei sacerdoti (Luca 9:22; 20:1), capi dei farisei (Luca 14:1), capi della sinagoga (Atti 18:8,17), capi dei musicisti (1° Cronache 15:22; Salmi 4,5,6 titoli). Gli angeli sembrano avere “capi” (Daniele 10:13). Nella stessa Trinità, pur essendoci uguaglianza quanto alla natura e alla dignità, il Padre è “il capo”.
Elementi di prova
Ma per quel che attiene alla chiesa locale il Nuovo Testamento conosce, come abbiamo già visto la figura di “colui che presiede” (Romani 12:8).
Ed il “vescovo” delle lettere pastorali (come forse “l’angelo” di ogni chiesa di Apocalisse) sembra individuare il profilo del leader degli anziani, pure lui anziano con loro, parte del presbiterio, ma considerato sembrerebbe in modo distinto dagli anziani (1° Timoteo 3:1-7, Tito 1:5-9).
- Il collegio degli anziani – Il principio della pluralità
Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, a fianco del leader c’è sempre il corpo degli anziani.
E Pietro si autodefinisce “co-anziano” (1° Pietro 5:1 synpresbyteros) pur essendo apostolo.
Per aiutare, sostenere, completare, controllare e bilanciare il leader nel governo della chiesa locale Dio ha previsto che ordinariamente, quando si trovino quelli che ne hanno le qualifiche (1° Timoteo 3), vi siano più anziani alla guida della chiesa locale.
È il principio di pluralità che tempera ed equilibra il principio della leadership.
Gli anziani sono uguali in dignità, ma non in statura, unzione e funzione.
- I servi-diaconi – Il principio del servizio
L’intera opera di Dio è una diaconia, un servizio.
C’è la diaconia – spirito di servizio – che deve animare tutta la chiesa ed ogni membro di essa: credenti e ministri.
Ma c’è poi il diaconato come ministero. In esso il principio del servizio si fa persona e si esplica per le cose pratiche (amministrazione, gestione, assistenze) nei riguardi in primo luogo degli apostoli e degli anziani, e poi di tutta intera la chiesa.
- L’assemblea dei credenti – Il principio della partecipazione
La chiesa è chiamata a pregare per i suoi leaders, a sostenerli e a dare il proprio contributo di doni, talenti ed operazioni per gli obiettivi ed i progetti comuni.
Sotto la guida della leadership (apostolica e/o degli anziani a seconda dei casi), può essere chiamata a dare il proprio contributo di preghiera, digiuno, riflessioni, proposta ed indicazione sia per la scelta dei diaconi (Atti 6) che per altre materie di carattere pratico (proprietà, acquisti, vendite, ecc.).
È chiaro dalle Scritture che il ruolo della comunità è propositivo e consultivo mentre la decisione finale, come nelle famiglia per i genitori, è responsabilità degli apostoli e/o degli anziani.
Nel caso dei diaconi ad esempio, tra quanti hanno le qualifiche definite dalla Scrittura, e dietro richiesta degli apostoli quando essi ne ravvisano la necessità, la comunità può proporre i candidati al discernimento degli apostoli e alla prova che ne segue (1° Timoteo 3:10: “Anche questi siano prima provati; poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili”).
Dopo di che è responsabilità degli apostoli in consultazione con gli anziani fare le determinazioni del caso ed eventualmente “imporre le mani” per l’ordinazione al servizio.
La Chiesa, ha detto qualcuno, vive nella tensione “alcuni-tutti”. Per i doni, le funzioni ed i ministeri che Dio ci ha affidato facciamo parte degli “alcuni”. Per tutto il resto facciamo parte dei “tutti”. La Chiesa è un collettivo nel quale “quello di cui faccio parte è più importante della parte che io svolgo”.
Ci conceda Dio di non tirarci indietro per la nostra parte. Ma di vivere con umiltà nell’ascolto e nel servizio di tutto intero il Suo Corpo.