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di Martyn Dunsford
L’autorità nel Regno di Dio ha a che fare con servire gli altri e dare la propria vita per loro, considerandoli più importanti di se stessi. Gli anziani devono essere zelanti nel servizio (1° Pietro 5:2), dando al gregge un esempio da imitare e che gli sia d’ispirazione.
Ci sarà utile considerare quattro tipi diversi di autorità:
- L’autorità della competenza, quella che deriva dall’abilità, dalla conoscenza e dall’esperienza. Chi possiede questo tipo di autorità comanda rispetto perché sa il fatto suo; ha solitamente ragione, per cui è saggio tenere conto della sua opinione. Tuttavia, dato che nessuno è esperto di tutto, questo genere di autorità può essere esercitata soltanto nell’area della propria competenza specifica. Bisogna cioè imparare a funzionare nell’area del proprio dono, abilità e unzione e ad armonizzare con altri che hanno doni diversi. Questo atteggiamento è alla base del lavoro di squadra, della reciproca sottomissione e di rapporti in cui non ci si sente minacciati l’uno dall’altro.
- L’autorità del carattere, derivata dal credito di cui una persona gode presso gli altri. Più uno si dimostra integro, affidabile, onesto, sincero, leale e degno di fiducia, più sarà rispettato e più gli altri saranno pronti a seguirlo. Tutti noi siamo giudicati in base al nostro passato in termini di promesse non mantenute, incoerenze, tradimenti della fiducia altrui, ecc., tutte cose che svalutano la nostra credibilità. È vero però anche il contrario: quando il carattere di un leader comanda rispetto, gli altri tendono a voler emulare il suo esempio.
- L’autorità della personalità. Più una persona trova facile parlare con un leader, ascoltarlo, collaborare con lui, ecc., più è probabile che riuscirà a seguire le sue direttive. Se è un piacere stare con lui, se ispira fiducia ed è amichevole e avvicinabile, gli altri non troveranno facile dirgli di no. Se c’è sicurezza nel rapporto tale da consentire un dialogo veramente aperto, la gente si sentirà compresa e stimata e di conseguenza sarà più disposta a collaborare. Viceversa, se un leader è visto come una persona con cui è difficile stare, una minaccia, soggetto a frequenti malintesi, che la pensa diversamente, ecc., sarà difficile una collaborazione tranquilla.
- L’autorità della posizione: generalmente non conviene far valere questo tipo di autorità, lasciando intendere che il capo otterrà quello che vuole perché è il capo. Un leader deve comandare rispetto, non per la sua posizione, ma per quello che è e per come agisce. Deve tuttavia comprendere che a motivo della sua posizione, è sua la responsabilità finale: autorità vuol dire responsabilità. Talvolta questo vorrà dire assumersi il compito ingrato e doloroso del confronto/scontro con atteggiamenti e situazioni negative che ostacolano l’opera di Dio. La posizione del leader gli impone di assumersi questa responsabilità.
Confronto e scontro
In una tale situazione di confronto/scontro, bisogna tener presenti i seguenti punti:
- Occorre un atteggiamento di amore, incoraggiamento e pazienza, e conviene lasciare che molte situazioni si raddrizzino da sole. Paolo raccomandava la dolcezza di…
- un maestro che istruisce degli alunni indisciplinati (2° Timoteo 2:24);
- una nutrice che cura dei piccoli bambini (1° Tessalonicesi 2:7);
- un padre che educa i propri figli, incoraggiando, consolando ed esortando (1° Tessalonicesi 2:11).
Questo crea un’atmosfera di pace e di serenità nella quale i credenti possono essere guidati e aiutati a maturare, anziché sentirsi obbligati a conformarsi a una serie di regole. È meglio la motivazione che la legislazione, perché questa uccide l’iniziativa e ritarda la crescita personale.
- Prima di correggere, bisogna accertarsi che la situazione lo richiede. È dannoso rimproverare aspramente quando servono invece amore e cura. Occorre imparare ad essere flessibili quando sono possibili diverse scelte, ma inflessibili riguardo alle cose fondamentali, non tirandosi indietro per evitare lo scontro.
- Verifica le tue motivazioni. Sei mosso da pressioni, dalla frustrazione, dall’ira, dall’orgoglio ferito, oppure da un autentico zelo per la casa di Dio? Mosè colpì la roccia sotto l’influenza dell’ira (Numeri 20:8-12), e Dio lo giudicò per il suo modo di affrontare quella situazione: avvenne un miracolo, ma il metodo e l’atteggiamento di Mosè erano sbagliati. Il servo del Signore non deve contendere (2° Timoteo 2:24). Quando è necessario scontrarsi, bisogna farlo da una posizione di forza e di pace. Chi agisce e parla per conto di Dio deve farlo con autorità e decisione, cosciente della propria responsabilità e del fatto che dovrà rendere conto a Dio.
- Il punto di partenza è la grazia di Dio nell’altro. La prima lettera di Paolo ai Corinzi, che è dedicata in gran parte alla correzione, inizia con i suoi ringraziamenti a Dio per loro per il fatto che non mancavano di alcun dono, eccetera, e termina: “Il mio amore è con tutti voi” (16:24). Nessun’altra sua lettera finisce così. In mezzo, però, tratta con fermezza questioni quali la fornicazione, il divorzio, l’ubriachezza alla mensa del Signore e l’abuso dei doni spirituali, arrivando al punto di consegnare un credente in mano a Satana per la distruzione della carne e la salvezza dello spirito (5:5). Occorre essere positivi dovunque è possibile.
- Nel confronto, usa la Parola di Dio in maniera chiara e coerente; non procedere per tentativi o sospetti. Il confronto richiede saggezza e comprensione, non una serie di tentativi: se una linea d’azione non funziona, il rimedio non è quello di tentarne un’altra. Occorre conoscere già in partenza i fatti del caso e sapere esattamente in che modo si sta offendendo Dio o la chiesa, nonché quale sia la soluzione proposta dalla Parola di Dio.
- La parola per “riprendere” nel Nuovo Testamento significa non solo fare un’accusa, ma confrontare con un’accusa chiaramente fondata, innegabilmente vera, così che l’accusato sarà costretto a riconoscere la verità oppure ne sarà vinto. La Scrittura dice a proposito di alcuni insegnanti falsi e ingordi: “Riprendili severamente, perché siano sani nella fede” (Tito 1:13). L’espressione tradotta “severamente” significa “con una lama tagliente” per smantellare l’ingiustizia.
- Ciò richiede coraggio per vincere il timore dell’uomo (Proverbi 29:25), e talvolta anche severità e asprezza (Tito 1:13) e una forza che non può essere ignorata (Tito 2:15). Non annacquare il tuo consiglio davanti alle lacrime e alle confessioni di debolezza, e neanche davanti all’ira, alla violenza e alle minacce di abbandonare la chiesa, di suicidarsi, ecc.
- Non ritirare il tuo consiglio se viene rifiutato. Alcuni reagiranno negativamente, e si potrà soltanto avvertirli delle conseguenze sul loro cammino con Dio del corso d’azione che hanno intrapreso. “L’uomo che irrigidisce il collo quando è ripreso sarà improvvisamente spezzato senza alcun rimedio” (Proverbi 29:1). La stessa sorte aspetta coloro che disprezzano l’autorità (2° Pietro_2:10-12).
In casi rari potrà rendersi necessaria alla fine qualche forma di disciplina ecclesiastica; non bisogna tirarsi indietro se ciò diventa necessario. Si potrebbe trattare di una riprensione pubblica (1° Pietro 5:20) o dell’espulsione dalla chiesa. Ma occorre notare che ciò è estremamente raro. - Bisogna tener presenti gli aspetti redentivi del confronto:
- “Qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma dolore; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia” (Ebrei 12:11).
- “Chi riprende qualcuno troverà poi maggior favore di chi lo adula con la lingua” (Proverbi 28:23).
- “Riprendi il saggio, ed egli ti amerà” (Proverbi 9:8).