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di Don Double
Per evangelizzare con efficacia, ci sono alcuni ingredienti indispensabili.
Il primo e il più importante è l’amore. L’Evangelo è nato dall’amore. Il versetto più noto dell’intera Bibbia, Giovanni 3:16, dice: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio …”. La parola “tanto” vuol dire “in maniera immisurabile”. Dio non è rimasto seduto in cielo a dire “Ah, quanto vi amo”: ci ha amati al punto di mandare il suo Figlio, Gesù, da noi. Anche noi dobbiamo dimostrare lo stesso amore verso gli altri.
Potreste frequentare tutti i convegni sull’evangelizzazione e conoscere tutti i migliori metodi per evangelizzare, ma se non avete amore, sarete inefficaci. Io sono convinto che l’amore di Dio ci deve spingere a coinvolgerci nella vita della gente.
Gesù ha detto: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Notate che ha detto: “se avete amore”; non “se lo predicate” o “se ne cantate” o “se è la dottrina della vostra chiesa”. Nelle nostre chiese ci deve essere amore tra i membri; e da lì si riverserà anche fuori per toccare la vita degli altri. Più volte, nelle campagne di evangelizzazione svolte dalla mia squadra, mi hanno detto che non è stata la predica a portare una persona a Cristo, ma l’amore che si vedeva tra i membri della squadra. Questo fatto è stato per me un incoraggiamento, ma anche una sfida, perché dimostra che la gente guarda a quello che facciamo oltre ad ascoltare ciò che diciamo.
Dunque, dobbiamo avere compassione di un mondo bisognoso. Ma la strada delle buoni intenzioni non porta da nessuna parte. L’amore non è amore finché non lo diamo via. Ed è proprio questo che ha fatto Dio. Dobbiamo allora essere pronti ad impegnarci nella società e a sporcarci le mani.
Quando ho cominciato ad evangelizzare, da semplice membro di chiesa, è stato a volte costoso, sia in termini di tempo che di sporcarmi le mani durante la settimana. Talvolta è stato necessario andare a servire le persone in maniera pratica per dimostrare loro l’amore di Dio. C’era una signora benestante in crisi depressiva, a tal punto da non curare più la casa: il marito e i figli tiravano avanti in mezzo alla sporcizia e vivevano di scatolame. Un giorno abbiamo portato tutto il necessario e abbiamo pulito quella casa da cima in fondo. Quella sera la donna, che fino allora aveva sempre rifiutato ogni invito, è venuta all’incontro e si è convertita. Dobbiamo essere coinvolti nella società e dimostrare l’amore di Dio in termini pratici.
Fede
La seconda cosa di cui abbiamo bisogno è fede: quel genere di fede che fa accadere le cose. Sono sicuro che tutti noi vogliamo piacere a Dio. Ma il solo modo per farlo è quello stabilito da Dio stesso: “Senza fede è impossibile piacerGli” (Ebrei 11:6). Tutte le buone cose che leggiamo e ascoltiamo, se non vengono tradotte in pratica per mezzo della fede, non funzionano e non piacciono a Dio. Perciò la chiesa ha bisogno di crescere, non solo nella grazia, nella conoscenza e nel numero, ma anche nella fede.
Questo genere di fede si ha unicamente cercando assiduamente la faccia del Signore: “Chi si accosta a Dio deve credere che Egli è, e che dà la ricompensa a tutti quelli che lo cercano”. Non vedrai mai l’adempimento della tua visione se non hai la fede per realizzarla.
In 2° Tessalonicesi 1:3 Paolo ringrazia Dio “… perché la vostra fede cresce sommamente”. Ma perché la fede possa crescere, deve essere attiva: è come i muscoli, si sviluppa con l’esercizio! E uno dei modi migliori per esercitare la propria fede è quello di buttarsi nell’evangelizzazione.
Infatti la Bibbia dichiara che “la fede, se non ha opere, è morta … Mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Giacomo 2:17-19). Dopo che lo zoppo alla Porta Bella del Tempio era stato salvato e guarito, Pietro disse alla folla: “Perché fissate gli occhi su di noi, come se per la nostra propria potenza o santità avessimo fatto camminare quest’uomo? … Per la fede nel nome di Gesù, quest’uomo che voi vedete e conoscete è stato completamente guarito in presenza di tutti voi” (Atti 3:12,16).
Io credo che la cosa più importante che i discepoli ricevettero il giorno della Pentecoste non fu la capacità di parlare in lingue, ma piuttosto la rivelazione che il nome del Signore Gesù Cristo era potente quanto la Sua presenza fisica. Quando predicarono nel Suo nome si convertirono 3000 persone, e poco dopo quell’uomo fu guarito e altri 5000 credettero.
Ecco dunque la mia definizione della fede: è una certezza interiore del fatto che Dio ha parlato a te. Quando io so che Dio mi ha parlato, non c’è nessun demone nell’inferno, nessun angelo in cielo, nessun uomo, nessun governo sulla terra che mi fermerà; perché so che Dio ha parlato, e nessuno ha maggiore autorità o abilità di Lui! Abbiamo bisogno del consiglio e della guida dello Spirito Santo. Quando ti muovi guidato dal piano di Dio, puoi sapere che Romani 8:28 sarà sempre vero per te: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno”. E sappiamo che il Suo disegno è che evangelizziamo i perduti.
Dio mi ha parlato un giorno dicendomi di andare in una certa località a tenere una campagna d’evangelizzazione. Siamo andati a fare un sopralluogo e abbiamo constatato che c’era un solo locale adatto allo scopo, perciò siamo andati dai proprietari a chiedere di poterlo fittare per la campagna. Ci hanno risposto che non erano disposti a concedercelo. Ho chiesto l’indirizzo del segretario del comitato responsabile e gli ho scritto, chiedendo ancora di poter fittare il locale. La risposta è stata di nuovo negativa. Ho scritto una seconda volta, chiedendo al comitato di rivedere tale decisione; mi hanno risposto che, dopo avere rivisto la decisione, la risposta era ancora “No”. Ho scritto di nuovo, dicendo: “Dio vuole che io possa usare quel locale per una campagna di evangelizzazione”; e questa volta hanno risposto: “Va bene, lo potete avere”!
Quando tu sai che Dio ti ha parlato, hai il tipo di fede che non accetta la risposta “no”. Abbiamo bisogno di udire la voce di Dio e di non escogitare semplicemente piani umani o imitare le idee degli altri; e poiché Dio ha parlato, faremo ciò che Egli ha detto. Abbiamo bisogno di questo genere di fede, prima nei leaders, e poi in tutti i credenti; e allora sfonderemo ogni ostacolo e conquisteremo le nostre città per Dio. Ma dovremo essere diligenti e perseveranti.
Acque sconosciute
Una buona evangelizzazione ha uno spirito pionieristico. Dobbiamo essere pronti ad essere anticonvenzionali. Credo che una delle voci profetiche che sta parlando alla chiesa – l’ho sentito più volte – è che Dio vuole portare noi, la chiesa, in acque sconosciute. La domanda è: siamo pronti ad andarci? Nei secoli passati, andare in acque sconosciute era una delle cose più pericolose che un marinaio potrebbe fare. C’è sicurezza nel fare le cose che abbiamo fatto in passato, ma ci sentiamo sempre molto insicuri quando dobbiamo avventurarci là dove non siamo mai stati prima. La sfida per i pastori e per le chiese è di spezzare quella barriera della paura e cominciare a fare delle cose che non abbiamo mai fatto prima per raggiungere le anime per Cristo.
Leggiamo dunque un brano della Scrittura in Matteo 14:22-32: “Gesù obbligò i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva … Alla quarta vigilia della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare. E i discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono e dissero: «È un fantasma!» E dalla paura gridarono. Ma subito Gesù parlò loro e disse: «Coraggio, sono io; non abbiate paura!» Pietro gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire da te sull’acqua». Egli disse: «Vieni!» E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull’acqua e andò verso Gesù. Ma, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!» Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» E, quando furono saliti sulla barca, il vento si calmò”.
Pietro era un pescatore che aveva passato una vita sulle barche. Egli sapeva molto bene che non si può camminare sull’acqua. Ma, oltre tutto, non lo si può fare stando seduti nella barca! Come per noi nell’evangelizzazione, la prima cosa che i discepoli dovettero affrontare era la paura. Tutti quanti noi, me compreso, dobbiamo fare i conti con la paura quando andiamo a portare il vangelo agli altri.
L’unico modo che conosco per liberarci di questa paura è di guardarla Diritto negli occhi, sgridarla e andare avanti col lavoro. Molte volte, quando vado nei paesi del Terzo Mondo, succede che il giorno prima della partenza cade qualche aereo, c’è una sparatoria nella città dove devo andare, c’è un attentato terroristico, i musulmani insorgono contro i cristiani … la lista non ha fine! Se mi lasciassi intimorire da queste cose, resterei a casa dove è più tranquillo … almeno, così mi sembra! Devo guardare i pericoli in faccia, resistere alla paura e partire. Ed è la stessa cosa per voi. C’è qualcuno che cerca di metterci paura per impedire che andiamo ad evangelizzare!
Quando i discepoli videro Gesù, pensarono che fosse un fantasma. Dovete sapere che Gesù arriva nei luoghi più impensati, a fare le cose più impensate, nel modo più impensato! Lo troverete là fuori, dovunque andrete. Fratelli e sorelle, Gesù non ci abbandona mai, e soprattutto quando andiamo ad evangelizzare. Nella versione di Marco di questo episodio, leggiamo che i discepoli avevano dimenticato la moltiplicazione dei pani e dei pesci, accaduto meno di dodici ore prima; inoltre, non riconobbero Gesù ma pensarono che fosse un fantasma. È facile dimenticare quello che Dio ha fatto quando ci avventuriamo in acque sconosciute.
Uscire dalla barca
Comunque, Pietro era pronto ad uscire dalla barca; e anche voi dovete essere disposti ad uscire dalla barca e camminare sull’acqua. Non appena Pietro chiese a Gesù di invitarlo a camminare sull’acqua, Gesù disse di sì. Dovete sapere che Gesù è un incoraggiatore: vi incoraggerà sempre ad uscire e evangelizzare. E voi pastori dovete incoraggiare i membri delle vostre chiese ad andare là fuori e a fare cose che non hanno mai fatto prima.
Nel mio primo viaggio in Africa, dopo tre giorni di viaggio dovetti affrontare il primo incontro appena un’ora dopo l’arrivo. Finita la predica, pregammo per i malati e subito si presentarono due ciechi. Dovetti uscire dalla barca! Non avevo molta fede, anzi era più speranza che fede, ma dopo la preghiera i due ciechi potevano vedere. Piangevano di gioia, ma io ero sotto shock! Se siamo pronti ad uscire dalla barca, Dio ci onorerà.
Non sopporto di sentire dire: “Non ho abbastanza fede”. Quanta fede basta? Ci vuole quasi una lente d’ingrandimento per vedere un granello di senape, ma una fede così è più che sufficiente! Immagino che avrete sentito parlare del ministero della guarigione della schiena con l’allungamento della gamba. Una volta ero negli Stati Uniti con un membro della mia squadra e alla fine dell’incontro egli si trovava davanti un caso del genere. Disse alla donna di aspettare che io – che avevo già fatto esperienze in questo campo – finissi di pregare con un’altra persona. Quando mi accorsi della situazione, feci finta di niente e continuai per la mia strada! Il mio collaboratore non aveva mai pregato per un caso così, anche se era stato presente più volte quando l’avevo fatto io. Alla fine si fece coraggio, si avvicinò alla donna e pregò e vidi dalla coda dell’occhio che la gamba si allungò. Da allora quel fratello ha pregato per molti casi del genere.
Se chiedete ai membri della mia squadra, vi diranno che sono famoso per il cosiddetto “ministero dell’acqua profonda”: come in piscina, butto nell’acqua profonda le persone che non sanno nuotare, così imparano! Così dovete fare voi pastori con i membri della chiesa. Se i pastori fanno sempre tutto, gli altri non imparano mai. Il mio obiettivo nella vita è di rendermi superfluo, così come nella mia chiesa locale mi sono già reso superfluo: va avanti benissimo senza di me!
È importante avere questo atteggiamento di fede, anche nei confronti dei credenti più deboli delle nostre comunità: proprio quelli potrebbero diventare i migliori evangelisti! E non bisogna perdersi d’animo se qualche volta vengono meno. Non capisco perché si sottolinea sempre il fatto che la fede di Pietro venne meno: a me piace predicare che Pietro riuscì a camminare sull’acqua! Un essere umano come me e te camminò sull’acqua, e quando iniziò ad affondare gridò: “Signore, aiutami!” e il Signore non lo prese in braccio per riportarlo in barca ma lo prese per la mano ed egli riuscì di nuovo a camminare sull’acqua fino alla barca. Nelle nostre chiese abbiamo bisogno di quel tipo di incoraggiamento, così le persone che cadono saranno incoraggiati a rialzarsi e a continuare a camminare.
Cambiare i cuori
In terzo luogo, vogliamo considerare il messaggio. È molto importante quale messaggio annunciamo. L’apostolo Paolo disse: “Mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso” (1° Corinzi 2:2). E francamente, la gente non è molto interessata ad un altro genere di messaggio.
Ricordiamo però che miriamo a produrre un cambiamento di cuore, e non solo un maggior numero di persone. Particolarmente nella cultura italiana – forse la più religiosa di tutta l’Europa – è necessario tenere sempre presente questo fatto. La scure deve essere posta alla radice del peccato. Quando Zaccheo incontrò Gesù, il suo cuore fu talmente cambiato che decise spontaneamente di restituire alle sue vittime quattro volte quanto aveva imbrogliato loro. Ecco il genere di convertito che mi piace!
Un altro aspetto essenziale del ravvedimento è il perdono. Gesù ha detto con grande chiarezza: “Se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Matteo 6:14-15). Una volta mi avvicinò un pastore di una chiesa “liberale” in una località dove stavo tenendo una campagna di evangelizzazione, il quale mi disse: “Signor Double, sono d’accordo con tutte le cose che ha predicato in queste serate, ad eccezione di una”. “Ah – pensai tra me – ora verrà fuori con qualche eresia!” Ma egli proseguì: “Non l’ho sentito parlare della necessità di perdonare a tutti i nostri nemici e a chiunque ci abbia fatto un torto, se vogliamo essere perdonati da Dio”. “Lei ha proprio ragione!” gli risposi; e da allora in poi, ho cercato sempre di includere nella mia predicazione questo aspetto vitale del messaggio di Cristo.
Ho visto molte situazioni tristi in campo di missione là dove il messaggio della croce è stato annacquato. Se il cuore non è cambiato – se viene impartita solo una cultura religiosa, un cristianesimo senza Cristo – ci sono buone probabilità di produrre una rivoluzione, anziché una chiesa.
Non lasciate mai, dunque, che qualcuno si avvicini a Cristo senza passare attraverso il ravvedimento e la croce, confessando i peccati per nome e ripudiandoli. E occorre spiegare bene cosa intendiamo per “peccato”, perché è una parola di cui la gente non conosce più nemmeno il significato.
Voglio dire anche che non mi illudo che tutti coloro che vengono avanti in una riunione evangelistica sono nati di nuovo. Credo tuttavia che qualcosa avvenga in tutti quanti: forse sono “concepiti”, anche se non ancora “nati”! Un’indagine ha constatato che coloro che oggi sono credenti hanno ascoltato l’annuncio del Vangelo per una media di sette volte prima di accettarlo.
Realtà
Ma dobbiamo essere sicuri che il messaggio funzioni prima per noi; dobbiamo essere reali e onesti. Altrimenti il messaggio ne sarà viziato.
Sia quando predico a migliaia di persone, sia quando parlo con qualcuno a tu per tu, mi preme sempre che si possa conoscere il vero Don Double, con tutti i miei difetti. I non credenti discernono subito la mancanza di onestà e di sincerità, perciò non nascondo niente. Giorni fa, mentre predicavo a una folla, ho detto: “Voglio che sappiate che oggi mi sono irritato con mia moglie”. Questo è stato decisivo per conquistare alcune di quelle persone alla fede! Non dobbiamo nasconderci, neanche dietro il Vangelo: la gente vuole conoscere persone autentiche.
Talvolta la gente mi chiede: “Com’è la vostra chiesa?” Io rispondo: “Vieni a stare a casa mia e vedrai!” Infatti non siamo diversi in casa da quello che siamo in chiesa: se venite a casa mia mi potrai conoscere come sono realmente. E spero che potreste concludere di aver conosciuto lo stesso uomo in casa che avete visto sul pulpito; altrimenti, dovrei ravvedermi.
Azioni e parole
Si racconta che S. Francesco d’Assisi abbia detto una volta: “Predicate il Vangelo in ogni tempo; se necessario, con le parole”. Gesù era la Parola fatta carne, venuto per farci conoscere com’è il Padre. Il nostro obiettivo deve essere quello di far vedere al mondo com’è Gesù. Ecco il messaggio!
La nostra chiesa ha preso di mira in questo periodo il quartiere più degradato della nostra città, dove abitano i delinquenti, i drogati, gli ubriaconi, le famiglie divise … Abbiamo cominciato portando a ciascuna famiglia un pacco-dono di alimentari, e come risultato le barriere stanno cadendo e la gente comincia a venire a Cristo. È importante che dimostriamo il Vangelo in maniere pratiche, e non solo a parole. Gesù ha detto: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:16). Non bastano le belle parole.
Ogni volta che salgo sul pulpito, prego: “Signore, ti prego di rendermi profetico perché possa rivelare i segreti dei cuori delle persone”. Credo che la peggior cosa che mi capita è quando sto alla porta alla fine del culto e qualcuno mi dice: “Un bel messaggio, signor Double”. Non voglio predicare dei bei messaggi! Voglio invece che dicano: “Dio mi ha parlato in maniera veramente forte”, oppure: “Devo andare a casa a mettere in pratica ciò che lei ha detto”. Allora è un’altra storia …!
Non solo parole, ma potenza
In quarto luogo, non dimentichiamo i doni dello Spirito Santo. I Vangeli e gli Atti sono pieni dei doni dello Spirito. Ma – domandiamoci – dove? Dobbiamo constatare che si manifestavano sempre nel contesto dell’evangelizzazione. Non è mai stata l’intenzione di Dio che i doni dello Spirito fossero usati solo dentro le quattro mura di una chiesa, ma piuttosto fuori nel mercato e per le strade. Credo che, come nel ministero di Gesù, i segni e i miracoli debbano avvenire sulla pubblica piazza; oggi sarebbe dentro il supermercato!
In Giovanni 1:48, Gesù ha una parola di conoscenza riguardo a Natanaele. Spesso la parola di conoscenza può ridurre drasticamente il tempo che dobbiamo dedicare alla consulenza pastorale. È la mia convinzione che dobbiamo chiedere a Dio di darci parole di conoscenza mentre comunichiamo il vangelo, perché per ogni persona c’è una chiave che la può aprire al vangelo. Certe volte mi ritrovo a dire delle cose che mi spaventano dopo che le ho dette. Tempo fa mi sono trovato davanti una ragazza che era stata violentata. Il Signore mi ha rivelato questo fatto e piano piano ho guidato il nostro colloquio su quest’argomento, dopo di che ho potuto ministrare guarigione e portarla ad avere fiducia in Cristo. Senza affrontare quel problema, non sarebbe mai riuscita a fidarsi del Signore.
Non solo l’evangelizzazione, ma anche i segni e i miracoli sono affare di tutti i credenti. Dio ha dato a ciascuno di noi due mani perché le imponiamo ai malati per guarirli. Immagina cosa succederebbe se tu dovessi imporre le mani a un cieco nel supermercato e quello cominciasse a correre tra gli scaffali di scatolame e di detersivi gridando: “Ci vedo! ci vedo!” Ma questo non avverrà mai se ci limitiamo ad imporre le mani dentro gli edifici ecclesiastici.
Certo, qualcuno obietterà: “E quelli che non guariscono?” La mia risposta è semplice: “E quelli che guariscono?!” Se prego per cento malati e dieci ne guariscono, alleluia! È giusto avere compassione e preoccuparsi di coloro che non guariscono, ma non al punto da non pregare più per nessuno!
Io vi sfido: andate per le strade e nelle piazze a imporre le mani ai malati e comunicare un Gesù che è reale. Dobbiamo capire che avere fede vuol dire rischiare; dobbiamo affrontare il rischio che alcuni per i quali pregheremo non guariranno. Ma vi posso garantire che, se andrete là fuori e comincerete a pregare per i malati, ce ne saranno alcuni che guariranno!
Pazienza
Una parola sulla quale si predica troppo poco negli ambienti evangelici è: “pazienza”. Di solito, gli evangelisti zelanti non ne hanno tanta; ma nell’evangelizzazione è fondamentale. Dobbiamo avere tanta pazienza con le persone. Non è necessario portare una persona a Cristo la prima volta che le parli. Raramente questo può capitare, ma non è certamente la norma! L’importante è che, presto o tardi, vengano realmente a Cristo, siano autenticamente salvate e diventino parte della chiesa.
Nella chiesa locale, l’evangelizzazione tramite l’amicizia è estremamente efficace; ma per costruire un’amicizia – il tipo di amicizia nella quale si sta volentieri insieme per fare le cose insieme – ci vuole tempo. In Giacomo 5:7-8, ci è detto per ben tre volte di avere pazienza: “Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l’agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate pazienti anche voi; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”.
Non spingere mai qualcuno a una decisione, fino a quando non avvertite che abbia fame e sete del Signore. I bambini nati prematuri sono molto delicati e difficili da curare, e così è dei “bambini spirituali” nati prematuri: impiegano molte energie e risorse pastorali. È meglio aspettare che venga il momento giusto in cui il tuo “bambino” deve nascere. Assicurati che si ravveda veramente. Se è necessaria la liberazione da spiriti maligni, assicurati che sia liberato. Fai in modo che sia battezzato in acqua quanto prima possibile, e anche che sia battezzato nello Spirito Santo.
Non avere timore di invitare le persone a un impegno radicale, né di invitarle a calcolare bene il costo del passo che dovranno fare. Solo così diverranno membra vitali della chiesa. Non dire mai: “Vieni a Gesù e non avrai più problemi”: è vero piuttosto che quando si viene a Gesù, cominciano i problemi! “Nel mondo avrete tribolazione”, Egli ha detto (Giovanni 16:33).
D’altra parte, mentre è giusto avere pazienza, non lasciare che sia troppo tardi! È ancora più pericoloso arrivare troppo tardi che troppo presto. Dio è capace di farti comprendere quale sia il momento giusto. Non accontentarti che il tuo pesce abbocchi, ma portalo a terra. Dio farà cose grandi e ti darà tanta gioia nel portare le anime nel Suo regno!
Infine, in tutto ciò che ho detto, occorre sapienza. È scritto in Proverbi 11:30: “Chi fa conquista di anime è saggio”. Le persone più sagge sulla faccia della terra sono coloro che conquistano le anime a Cristo. Ma dobbiamo chiedere sapienza a Dio: la sapienza naturale serve a ben poco. Occorre piuttosto “la saggezza che viene dall’alto”, della quale la Bibbia dice: “Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti liberalmente e senza rinfacciare, e gli sarà data” (Giacomo 3:17, 1:5). Se chiederai a Dio la sapienza che serve per conquistare le anime, Egli ha tanto a cuore questo tema che te ne darà una porzione abbondante.
Che Dio dunque ci benedica e ci renda fruttuosi nel conquistare le anime a Lui!