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a cura di Ernesto D. Bretscher
TdR: Tu ci hai invitati a partecipare alla XVII Convocazione del Rinnovamento nello Spirito. Cosa significa per te la presenza di evangelici in un convegno cattolico?
MC: Essendo questa una manifestazione di rilievo del nostro movimento, e dal momento che stiamo assistendo al nascere di rapporti fraterni con degli evangelici, era importante che essi potessero assistervi per avere una comprensione più o meno completa di quelli che sono la nostra vita, i nostri modi, i nostri modelli e così dare loro una visione d’insieme. Un altro aspetto è quello di portare all’interno dell’ambiente cattolico questa testimonianza di una presenza evangelica, per far cogliere al nostro mondo quest’atteggiamento di umiltà, come degli amici che vengono per stare con noi e che noi accogliamo come ospiti di riguardo.
Tu sei anche il promotore, insieme al pastore evangelico Giovanni Traettino, di un dialogo tra cattolici ed evangelici. Puoi condividere la visione che hai a questo riguardo?
La mia visione è la stessa che ha la Chiesa cattolica: poter rivedere un giorno tutti i figli di Dio essere una stessa Chiesa. Ho coltivato questa vocazione attraverso i contatti che ho avuto con la Chiesa in cui Giovanni è pastore, partecipando più volte agli incontri e ricevendo così una visone sulle possibilità di approcci tra le due tradizioni. Siccome le basi comuni sono molto più numerose di quelle che potessi sospettare, attraverso questi dialoghi e incontri ho visto questa visione iniziare a concretizzarsi. E ponendo fede in questa visione abbiamo visto il Signore benedirci. L’esperienza che come carismatici viviamo con altre denominazioni è una buona piattaforma su cui lavorare.
Qual è la prospettiva con cui il mondo carismatico cattolico guarda agli evangelici?
Mentre l’ecumenismo ufficiale batte la fiacca, l’ecumenismo tra carismatici cattolici ed evangelici sta vivendo in questo momento una fase di grande entusiasmo e attenzione, anche perché quest’esperienza è totalmente nuova, almeno per l’ambiente cattolico italiano. All’estero ci sono maggiori aperture e ci sono stati già diversi approcci. In Italia invece siamo agli inizi e al momento non sono sorte difficoltà.
Due anni fa avete celebrato a Bari i 25 anni del Rinnovamento nello Spirito in Italia e avete voluto tra di voi una forte presenza evangelica pentecostale. Perché?
Com’è ben noto, le radici del movimento carismatico sono evangeliche e noi sappiamo pure di avere nei confronti dei pentecostali evangelici un debito storico. Infatti i primi cattolici battezzati di Spirito Santo lo sono stati perché erano entrati in contatto con gruppi pentecostali, per cui era quanto meno giusto nel 25° anniversario ricordare i luoghi della nostra origine e i nostri progenitori in quest’esperienza di fede.
Puoi darci qualche tua impressione su quel primo incontro ufficiale in Italia tra la sensibilità pentecostale del mondo cattolico e quella evangelica?
Sicuramente fummo scioccati. L’idea era quella di avere la figura di un oratore evangelico che potesse intrattenerci sui valori della Pentecoste, ma evidentemente lo Spirito Santo aveva altri progetti perché dal pretesto di quella presenza, che poteva rimanere una fatto isolato, è scaturita invece una vera e propria insospettabile guarigione fra le chiese. Il tutto iniziò quando l’oratore, il pastore Giovanni Traettino, impostò il suo discorso sulla Pentecoste come necessità di ritrovarsi nel Cenacolo in unità e concordia e nel servizio amorevole e, a simbolo del servizio che i cristiani devono rendersi nell’amore gli uni agli altri, lavò i piedi a un frate.
È stato un gesto emblematico che poteva prestarsi a diverse interpretazioni. Quello che abbiamo colto è il significato spirituale: che attraverso l’umiliazione di Giovanni, è iniziato un processo di guarigione tra le due chiese. Da questo gesto infatti è iniziato il dialogo ufficiale. È accaduto in quel momento qualcosa che ha cambiato e cambierà il corso della storia. Vi sono delle grosse ferite tra evangelici e cattolici, provocate reciprocamente: basta ricordare quelle impartite ai pentecostali nel periodo del fascismo e postfascismo. Ho pure sentito testimonianze di persecuzioni da parte di preti nei confronti di evangelici tra gli anni ’60 e ’70 che sicuramente hanno provocato in loro profonde lacerazioni.
Ma lì, nello stadio di Bari, con quel gesto ci è sembrato cogliere come se il mondo evangelico perdonasse i propri persecutori. Il Papa ci ha richiamati al rispetto delle minoranze e per noi, l’incontro di Bari e quelli successivi hanno risposto a un’esigenza che noi stessi avevamo di perdonare i nostri stessi padri. Credo che in qualche modo, attraverso questi incontri, abbiamo chiesto perdono e ci siamo lasciati perdonare dal mondo evangelico per le nostre colpe, quelle dei nostri padri e del nostro clero.
Tempo fa un prete parlò delle ferite che noi evangelici abbiamo provocato alla Chiesa cattolica “rubando le loro pecore”. Non avevo mai considerato la cosa da questa prospettiva.
Quel gesto di Giovanni veniva a sintetizzare tutta la storia e a sommare tutti i peccati dei nostri padri, di questo corpo di Gesù Cristo spezzato, per il quale bisogna fare qualcosa. E a noi è sembrato chiaro che lì è penetrato un processo di guarigione.
Abbiamo assistito meravigliati all’orchestra sinfonica e al coro, composti da ben 150 persone che ha guidato splendidamente l’adorazione durante il convegno. Apprendiamo che l’iniziativa è partita da te. Com’è nata questa visione?
È nata attraverso il musicista e pastore evangelico americano Mike Herron in occasione di una conferenza sulla lode e l’adorazione a Caserta. Egli aveva parlato della restaurazione della tenda di Davide per il nostro tempo, sottolineando la necessità di restituire alla Chiesa quell’atmosfera di lode e di adorazione già presente ai tempi di Davide e di Salomone. Quindi una musica profetica, che avesse dei musicisti profeti che proclamassero la Parola di Dio per il proprio tempo.
Questa visione mi ha fortemente colpito. Da sempre sognavo di poter riempire la Casa di Dio con le sue lodi. Abbiamo iniziato con due chitarre e un tamburello. Ho pregato perché il Signore consolidasse in me questa visione perché potessi realizzarla nel Rinnovamento in cui ero impegnato. Così nell’87 cercai in tutte le comunità del Rinnovamento dei talenti musicali, sia professionisti che dilettanti, equipaggiati di consacrazione e unzione spirituale che, opportunamente filtrati, potessero essere coinvolti. Durante alcune settimane di formazione biblica e liturgica abbiamo comunicato loro questa visione di restaurazione ai nostri giorni della tenda di Davide.
Così la visione è cresciuta in altri e in pochi mesi avevamo già un’orchestra sinfonica di cento elementi. C’era tanta gente che voleva venire per suonare con noi, ma abbiamo dovuto mettere dei punti fermi: una consacrazione totale al Signore e l’accettazione di una disciplina molto rigida e dell’addestramento. Abbiamo tre settimane di formazione all’anno: una di prove corali e orchestrali, una settimana biblica e una liturgica sul ministero del canto, della lode, dell’adorazione, della danza, della mimo, ecc.
Oggi abbiamo un’orchestra sinfonica di 75 elementi e altrettanti come coro. Abbiamo legni, archi, percussioni sinfoniche, ottoni, una band ritmica, un coro polifonico a quattro voci (soprani, contralti, tenori e bassi). Prendiamo le produzioni del mondo carismatico o dal mondo evangelico, sia italiane che internazionali. Abbiamo pure una casa editrice musicale che produce canti di lode e adorazione, che grazie a Dio sono entrati anche nella Chiesa cattolica italiana non carismatica: molte parrocchie ormai cantano i canti del Rinnovamento. Oggi questo nostro ministero è molto apprezzato da tutti: dai vescovi, dai cardinali, perfino dal Papa. Ha ormai una valenza internazionale in quanto serve in conferenze e in cerimonie ufficiali del santo Padre in Vaticano. Quindi non è solo una benedizione all’interno, ma anche per il dialogo ecumenico, in quanto, quando siamo davanti al trono di Dio e insieme Lo adoriamo, le differenze tra di noi scompaiono.