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di Ernest Bretscher sr.
Questo numero di Tempi di Restaurazione affronta un tema scottante: risolvere i conflitti.
“Risolvere i conflitti? – dirà qualcuno – È una parola! Ma sarà mai realmente possibile?” Non è forse una presunzione pensare che possano esserci soluzioni ai conflitti che, da che mondo è mondo, esistono in ogni sfera della vita: tribali, nazionali, regionali, linguistici, religiosi, politici, sociali, familiari, matrimoniali e perfino dentro l’individuo? Non ci si è mai impegnati, allora, a trovare soluzioni alle numerosissime situazioni conflittuali? Come no?! I tentativi non sono mai mancati, né mancheranno mai. Si fanno a tutti i livelli: conferenze di pace, risoluzioni ONU, mediazioni, trattati di non belligeranza, udienze di riconciliazione … Si susseguono a ritmo incalzante … ma, pare, senza notevoli risultati e soprattutto senza effetti duraturi.
Non c’è forse una spiegazione di tanti insuccessi? Certamente, perché ogni effetto ha la sua causa. Ogni frutto cattivo lo è perché l’albero è cattivo, insegna Gesù nel suo discorso sulla montagna (Matteo 7:17). E per mezzo di Mosè, Dio avverte il suo popolo a non lasciar crescere nel proprio mezzo nessuna radice che produca veleno o assenzio, cioè amarezza (Deuteronomio 29:18, cfr. Ebrei 12:15).
Mi pare dunque che il palese e continuo insuccesso dei tentativi di risolvere i conflitti e le sempre più numerose situazioni conflittuali di ogni tipo siano conseguenza di un rifiuto di andare alla radice del problema, illudendosi che basti tagliare un ramo dell’albero cattivo per far scomparire il frutto velenoso. Poi ci si meraviglia che rispunti lo stesso problema in forma ancora più virulenta.
Dunque, risolvere i conflitti ha a che fare con un discorso sulle radici; e, come sempre, la Parola di Dio ci indica sia la causa che la soluzione. Infatti, senza un’accurata diagnosi, qualsiasi cura rischia di essere perfettamente inutile.
La causa, la “madre” di ogni conflitto, ci viene rivelata nel libro della Genesi (che significa Inizio), e precisamente nel capitolo 2:16-17. Dio aveva vietato di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte. Ma Satana riuscì con astuzia a suggerire ad Adamo ed Eva di disubbidire per poter diventare come Dio, per avere da sé stessi l’intelligenza per decidere, in modo indipendente da Dio, cosa sia bene, giusto, ragionevole e cosa sia male e ingiusto.
La mirabolante possibilità di rendersi indipendenti da Dio, di poter agire in modo totalmente autonomo, di poter decidere in base a un’intelligenza propria, di ottenere delle capacità personali per valutare e per risolvere i problemi senza dover consultare Dio, di sfoggiare una sapienza e una saggezza frutto della mente e dell’intelligenza propria, fu talmente affascinante che quei primi esseri umani, senza alcuna esitazione, mangiarono quel frutto, rompendo ogni relazione, ogni contatto, ogni legame, ogni sottomissione con Dio per … nascondersi nell’ombra, schiacciati dallo spavento e dalla paura.
Accorgendosi di essere nudi – non soltanto fisicamente, ma soprattutto senza più alcuna copertura da parte del loro Creatore, senza la difesa della Sua mano protettiva sulla loro vita – l’unica soluzione che riuscirono ad escogitare era quella di cucire delle foglie di fico per coprirsi! E chissà quante discussioni tra loro due per arrivare a quella trovata! Per poi trovarsi, poco dopo, nel primo conflitto matrimoniale della storia per determinare a chi dare la colpa della catastrofe.
L’eliminazione di Dio dalla vita dell’uomo è dunque la causa di ogni conflitto, piccolo o grande che sia. Quando si vuole estromettere Dio dalle situazioni conflittuali per mettere al Suo posto l’uomo, con la presunzione di trovare le soluzioni con la sua intelligenza umana, i conflitti si fanno sempre più ingarbugliati e disastrosi. Ma l’apostolo Giacomo mette le cose in chiaro quando afferma che ogni sapienza che non ha la sua origine in Dio è “terrena, animale e diabolica” (3:15). Da essa sorgono i conflitti, le contese, le gelosie, le invidie; mentre là dove operano la sapienza e l’intelligenza di Dio, i conflitti trovano la loro soluzione, i turbamenti e le confusioni si risolvono (vedi Giacomo 3:13-18).
Se desideriamo realmente risolvere i conflitti, e in primo luogo quelli più vicini a noi o che si trovano addirittura dentro noi stessi, esiste una sola via: quella di ritornare alla vera, unica sorgente d’intelligenza e saggezza che si trova solamente in Dio. Ciò è possibile perché Gesù fu mandato dal Padre per risolvere il conflitto iniziale – quello tra l’uomo e Dio – aprendo la strada al perdono e alla riconciliazione per mezzo del sangue della croce (Colossesi 1:20). Questa fondamentale riconciliazione rimane la chiave, l’unica chiave per un’efficace e duratura risoluzione di qualsiasi conflitto. Perdono e riconciliazione non sono frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, né il risultato dell’intelligenza o della capacità umana, ma derivano dall’albero della vita che è Gesù, il quale è stato fatto da Dio per noi intelligenza e sapienza (1° Corinzi 1:30).
Possa dunque il presente numero di Tempi di Restaurazione aiutare i nostri lettori a risolvere tutte le situazioni conflittuali nelle quali sono incappati e, facendo uso delle chiavi offerte da Dio, a vivere nella pace, nel riposo e in atteggiamenti di riconciliazione con Dio, con sé stessi e con il prossimo.