SCARICA PDF di questo articolo
di Juan Carlos Ortiz
Una volta sono andato col mio gruppo di discepoli a fare un ritiro in una località a due ore da Buenos Aires. Era una casa molto bella, immersa in un parco con pini, fiori e uccelli. Cominciammo a pregare sotto un albero di mele. Era settembre, che nel mio Paese è primavera.
Il primo pregò: “Signore, oggi veniamo a te …” e si espresse proprio come aveva sempre fatto nel seminterrato della chiesa in città. Il secondo fece lo stesso. Quando venne il mio turno di pregare, dissi: “Signore, abbiamo fatto parecchia strada per venire qui. Se avessimo voluto lo stesso tipo di riunione di preghiera che abbiamo sempre nel seminterrato della nostra chiesa, avremmo potuto restare a Buenos Aires”.
Aprii gli occhi. L’albero di mele era pieno di fiori e un uccellino si era poggiato lì, proprio nel mezzo. Continuai: “Signore, che sciocchi siamo a venire in questo parco così lontano e rimanere con gli occhi chiusi! Signore, com’è stupendo quest’albero di mele: i fiori sono davvero fantastici! Guarda l’uccello che tu hai creato, Signore, non è magnifico?”
Gli altri cominciarono ad aprire gli occhi per vedere cosa stesse succedendo al loro pastore. Io proseguivo: “Signore, guarda queste rose; guarda i pini … Ora capisco perché ci mancavano parole nuove per lodarti. Ora capisco perché Davide poteva lodarti tanto. Signore, dov’è scritto nella Bibbia che dobbiamo pregare con gli occhi chiusi?”
Feci un rapido scorso, nella mia mente, dalla Genesi all’Apocalisse: non trovai alcuna regola del genere. Infatti, non esiste. Anzi, la Bibbia mostra esattamente il contrario. Il Salmo 121 dice: “Alzo gli occhi verso i monti” e Gesù cominciò la sua preghiera “alzando gli occhi al cielo” (Giov. 17:1). La nostra tradizione ci ha portato ad una posizione contraria alla Bibbia.
Ora che anche gli altri avevano aperto gli occhi, cominciarono a pregare una seconda volta. Uno disse: “Guardate il sole! Non è meraviglioso? Non è un miracolo divino? Padre, sei grande! Tu fai le cose perfette!”
Cominciammo a passeggiare per il parco: odoravamo le rose e parlavamo della meravigliosa potenza di Dio. Un giovane si arrampicò su un albero ed esclamò: “Quante cose meravigliose vedo da quassù!” e cominciò a nominarle tutte. Dopo un po’, anche noi salimmo sugli alberi (era un incontro di preghiera piuttosto insolito), gridando come un branco di scimmie: “Guardate la mucca …! E il grano, come cresce per la potenza di Dio! Guardate quell’uomo laggiù! Osservate quella coppia d’innamorati! Lodiamo Dio anche per l’amore!”
Quindi scendemmo e qualcuno disse: “Guardate quest’erba!” “Che cos’ha? – chiesi – non l’hai mai vista prima?” “Si – rispose – ma ora capisco che questo è il tappeto che Dio ha fatto per coprire tutta la terra. Lode a Dio per il suo tappeto!”
Continuammo così per quattro ore: fu il più utile incontro di preghiera che avessimo mai avuto.
Da quel giorno, abbiamo pregato con gli occhi aperti e siamo entrati in una dimensione di lode completamente nuova. La nostra maniera pentecostale di adorare è cambiata totalmente. Prima, avevamo nelle nostre riunioni gente che tremava, che gridava e compiva ogni genere di stranezza: i nostri occhi erano chiusi, così ci dimenticavamo che erano presenti anche gli altri. Ora tutto questo è finito. Non abbiamo più le espressioni agonizzanti che eravamo abituati ad assumere quando pregavamo: sappiamo che ci sono altri che ci guardano e perciò usiamo una “faccia piacevole”.
Abbiamo smesso pure di cambiar voce e frasario per la preghiera. Moltissimi cristiani hanno una maniera di parlare completamente diversa quando pregano: molto teatrale e fiorita. Perché? Perché chiudono gli occhi e pensano di essere entrati in un altro mondo. Con gli occhi aperti, invece, comprendiamo di dover vivere un solo tipo di vita ventiquattr’ore al giorno. Tutto dev’essere fatto alla presenza di Dio. Egli c’è sempre. Non abbiamo bisogno di adottare un frasario speciale per Lui.
Abbiamo dovuto persino dare una nuova disposizione ai banchi della chiesa. Quand’erano in file, guardavamo sempre l’uno la nuca dell’altro. Ma ora vogliamo guardarci bene in faccia; perciò, abbiamo disposto i banchi in cerchio, e ci sembra anche di avere più comunione. Osserviamo le persone lodare il Signore e diciamo: “Dio, grazie per quel fratello …!”
Il vino nuovo ha bisogno di otri nuovi. E ciò non per motivi estetici, nel senso che uno possa essere più bello o moderno di un altro. Gli otri vecchi non si scartano solo perché sono vecchi, ma perché sono duri. Per adattarsi al vino nuovo, l’otre deve essere flessibile ed elastico. Gli otri vecchi di cui Gesù parla in Matteo 9:17 rappresentano le vecchie strutture tradizionali, che spesso sono più dure di qualsiasi altra cosa. Per molti di noi è più facile fare a meno di qualche versetto della Bibbia, piuttosto che di una tradizione. Spesso veniamo addirittura in contrasto con la Bibbia, pur di salvaguardare le nostre strutture.
Una volta chiesi ad un cattolico: “Dimmi un po’, dov’è che la Bibbia parla del culto di Maria?” Bruciavo dal desiderio di correggere le dottrine in cui credeva. Con molta umiltà mi rispose: “Beh, e probabile che la Chiesa Cattolica metta Maria troppo in risalto; ma, almeno, nella Bibbia se ne parla, vero?” “Si”, ammisi. “Ma dov’è che si parla di tutte le vostre denominazioni che difendete tanto?” egli domandò.
Vedete, le nostre denominazioni non sono altro che delle tradizioni che non tengono conto di quel che la Bibbia dice. La Sposa di Gesù è una sola: la Chiesa. Gesù non è poligamo. Eppure, quando parliamo con le persone, arriviamo a sostenere che, in qualche modo misterioso, le denominazioni rientrano nella volontà di Dio! Diamo a Dio la colpa delle nostre divisioni, della nostra mancanza d’amore, e poi critichiamo i cattolici per le loro tradizioni, che se non altro sono più vecchie delle nostre. Non dovremmo nemmeno tentare di togliere la pagliuzza dai loro occhi fintanto che non avremo tolto i tronchi dai nostri!
Ho già fatto cenno alla nostra tradizione di chiudere gli occhi quando preghiamo. La Bibbia, più di una volta, descrive esattamente l’opposto.
La Bibbia dice anche: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato” (Mc. 16:16). Ma la nostra tradizione ha stabilito che chi ha creduto ed è stato salvato sarà, dopo qualche mese di prova, battezzato. Ancora, Gesù ci ha detto: “Andate dunque e fate miei discepoli tutte le genti, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate” (Mt. 28:19-20). La nostra tradizione, invece, dice di andare a far discepoli, insegnando loro prima a osservare tutto ciò che Gesù ha comandato, e poi di battezzarli. In alcuni casi, succede addirittura che si ricorre ai voti della comunità per decidere se una persona possa essere battezzata o no. Dov’è scritto questo? Non ne ho idea! È una delle sacre tradizioni protestanti. Siamo persino capaci di scomunicare i fratelli che non si allineano con le nostre tradizioni.
Le tradizioni e le strutture sono incredibilmente dure a cadere. Non mi meraviglierei se ci fosse dietro uno spirito diabolico! E straordinario constatare la potenza della tradizione perfino in un apostolo come Pietro, quando fu mandato da Cornelio. Eppure Pietro era lì presente quando Gesù ordinò: “Andate dunque e fate miei discepoli tutte le genti” (Mt. 28:19); lo aveva sentito personalmente dare precise disposizioni in merito: “… Mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Ma quando andò da Cornelio – un centurione gentile – proprio per esserGli testimone, la sua tradizione non voleva cedere. Il Signore dovette ammonirlo con la visione degli animali nel lenzuolo, dicendo: “Le cose che Dio ha purificate, non farle tu impure”, e Pietro continuava a replicare: “No assolutamente, Signore …” (Atti 10:14-15). Le tradizioni hanno un potere tale che a volte riescono a sopraffare perfino le parole di Dio stesso. È la tradizione che ci fa dire: “Signore, no!”
Nella Bibbia leggiamo dell’unità del Corpo di Cristo e diciamo: “No, Dio vuole che le denominazioni esistano!” Affermiamo che la Bibbia è la nostra regola di fede e di vita; ma è così solo fino a quando non viene in conflitto con la nostra tradizione. È incredibile!
Alla fine, il Signore dice a Pietro: “Ecco tre uomini che ti cercano. Alzati dunque, scendi, e va’ con loro, senza fartene scrupolo, perché li ho mandati io” (vv. 12-20). Dio non dice che i tre uomini sono Gentili, o quale sia la loro missione; e Pietro, finalmente, decide che almeno a questo può obbedire. Quegli uomini gli raccontano la storia straordinaria della preghiera di Cornelio e della visita dell’angelo che lo aveva indirizzato a Ioppe, in quella precisa strada, a quel preciso numero, per trovare un uomo che si chiamava Simone. Cosa può dire l’apostolo? Non può far altro che seguirli. Ma lungo la strada, non fa che resistere ad ogni passo, e quando entra in casa di Cornelio, una delle prime cose che dice è: “Voi lo sapete, vero, che per la nostra gente è un’abominazione aver contatti con voi?”
Voi come fareste se qualcuno, appena entrato in casa vostra, parlasse così? Gli direste: “Signore, ecco la porta, si accomodi fuori!!” Non è difficile immaginare come si sia sentito Cornelio. Aveva invitato tutti gli amici e parenti: “State per conoscere un vero uomo di Dio! – aveva detto – È stato proprio un angelo che mi ha ordinato di farlo venire qui. È un vero santo, uno che ci spiegherà tutto il messaggio di Dio”. E quando Pietro entra in casa sua lo insulta, spiega come mai si sia degnato di andare lì, e conclude dicendo: “Ora vi chiedo: qual è il motivo per cui mi avete mandato a chiamare?” (v.29).
Un apostolo di Gesù Cristo che non sa cosa fare?! Persino un bambino lo avrebbe saputo! Certamente Pietro si rende conto che ha fatto una domanda stupida, ma non ha ancora deciso di dare il messaggio. Perché? A motivo della tradizione. Perciò, Cornelio racconta daccapo tutta la sua storia, ripetendo ciò che i suoi uomini avevano riferito a Pietro due giorni prima. Alla fine questi si decide: parla di Gesù, dei Suoi miracoli, della Sua morte e della resurrezione.
Pietro aveva intenzione di parlare anche del ravvedimento ai Gentili? Ne dubito! Credo che si stesse perdendo in giri di parole quando Dio, a suo dispetto, l’interruppe e tutti cominciarono a lodare il Signore parlando in lingue, piangendo e – chissà – forse danzando. Pietro si apparta per un rapido consulto con i suoi amici giudei: “Cos’è successo? – qualcuno chiede. – Pietro, che hai fatto?” “Nulla! – risponde lui. – Non li ho certo battezzati io nello Spirito, ma Dio! Non è dipeso da me …! Allora, che facciamo adesso, li battezziamo in acqua?”
Per i Gentili non esiste alcun problema: stanno godendo dell’effusione dello Spirito. Ma i Giudei tradizionalisti ne hanno uno piuttosto grosso da risolvere. La loro struttura ha subìto una scossa. Discutono animatamente, e alla fine Pietro conclude: “Beh, credo che possiamo anche battezzarli. Dopotutto, se Dio …”
“Pietro, ma come ti giustificherai quando torneremo a Gerusalemme?” “Non lo so; ma non mi riesce di trovare un motivo sufficientemente valido per non farlo”. E quando rientrano a Gerusalemme, tutti sono già a conoscenza della novità. Pietro dice a qualcuno: “Ciao, fratello, come stai?” “Alle sei si riunirà una commissione …!”
“Che …?”
“Mi hai sentito, alle sei si riunirà una commissione …!”
“Per cosa?”
“Lo saprai quando verrai!”
La riunione incomincia: “Allora, Pietro – dice qualcuno – abbiamo sentito che sei entrato in casa di Gentili ed hai persino mangiato con loro …! Non toccarci, eh! Che storia è questa?” Pietro racconta l’accaduto: “… Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro …”
“No, no!”
“… esattamente come su di noi al principio!”
“No!”
“… Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?”
Ed ecco ciò che la Bibbia riferisce: “Allora, udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio, dicendo: “Dio dunque …” (Atti 11:15-18).
La potenza della tradizione è tremenda; ci rende schiavi, impedendo a Dio di compiere molte delle cose che vorrebbe. Ogni volta che ci chiede di cambiare un po’, ci scandalizziamo. Le nostre menti assomigliano a quei tavolini che non possono reggere più di una lampada o pochi libri: se ci si mettesse su un frigorifero, si romperebbero. Così è della nostra mente tradizionalista: quando ricevono qualcosa che va al di là di ciò che sono abituate a ricevere, c’è un crollo.
Quando per la prima volta, in una chiesa delle Assemblee di Dio, vidi battere le mani, pensai: “Ohhh, come sono mondane queste persone!” E glielo feci notare. La mia mentalità non poteva assolutamente accettare una cosa simile. Allora, mi fecero notare tutti i versetti dei Salmi in cui si parla di battere le mani davanti al Signore.
La stessa cosa avvenne quando, per la prima volta, vidi qualcuno danzare: “Ohhh, che scandalo …!” La mia tradizione non poteva permetterlo. Ancora una volta, il Signore dovette farmi capire che non dovevo ritenere impuro ciò che Egli aveva reso puro. Vi ricordate della donna che versò la boccetta di profumo su Gesù? I discepoli erano sbigottiti: “Perché questo spreco?” domandarono (Matt. 26:8). Gesù rispose: “Ella ha fatto un’azione buona verso di me” (v.10). Incredibile, la loro mentalità non era ancora cambiata! Dobbiamo pregare che il Signore rafforzi i nostri “tavolini”, così da poter reggere qualunque peso Egli voglia porre su di noi. Vorrebbe compiere opere ancora più grandi, ma se ne astiene per non schiacciarci.
Che dobbiamo fare perché si adempia pienamente il Suo volere? Due cose, è scritto in Romani 12:1-2: primo, dobbiamo presentare i nostri corpi in sacrificio vivente e santo. Un sacrificio vivente è migliore di uno morto, perché ha un futuro e Dio può farne qualsiasi cosa desideri. Secondo, dobbiamo essere trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente. Dobbiamo, perciò, essere pronti a cambiare. Essere nella volontà di Dio significa essere continuamente aperti al cambiamento.
A volte diciamo: “Signore, mostrami la tua volontà …!”; ma quando ce la mostra, le cose continuano ad andare nello stesso modo. Siamo come un treno che dice: “Guidami dove vuoi tu …”, e poi continua a camminare sui suoi binari. I binari sono le nostre tradizioni. Così noi preghiamo: “Signore, aiutaci a fare la tua volontà …”, ma i binari sono già fissati. Siamo come bambini che vanno su una giostra: giriamo il volante della nostra automobilina da una parte e dall’altra, ma il percorso non cambia mai.
È proprio quel che succede nelle chiese e nei convegni denominazionali: ci muoviamo in tutti i modi possibili e immaginabili, ma le cose continuano a non cambiare.
Juan Carlos Ortiz è stato pastore de “El Tabernaculo de la Fe” a Buenos Aires (Argentina), dove ha partecipato, insieme ad altri ministri, a una stagione emozionante di rinnovamento. Attualmente vive e lavora negli Stati Uniti.
Questo articolo è tratto dal suo libro Discepolo (Ed. Koinonia, Caserta, 1981, fuori stampa).