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di Jorge Himitian
All’inizio del 1984 sono entrato in un negozio di Buenos Aires a fare un acquisto. Mentre aspettavo il commesso, mi sono messo a chiacchierare con un altro cliente e, come spesso accade, ho colto l’occasione per parlargli del Vangelo. Presto sono venuto a sapere che egli era ebreo. “Ah, che bello – ho esclamato – io sono nato in Israele!”, e ho tirato fuori la carta d’identità e gliel’ho mostrata nel tentativo di conquistare maggiormente la sua confidenza. Poi gli ho detto: “C’è una cosa che non comprendo in voi Ebrei. Noi Gentili leggiamo Mosè e i vostri profeti, e crediamo nel vostro Messia. Com’è che voi Ebrei non credete ai vostri stessi profeti?”
Mi sembrava una trovata stupenda per evangelizzarlo …! Ma egli rispose: “Io ho letto sia l’Antico che il Nuovo Testamento, e tutto mi porta a pensare che Gesù potrebbe essere effettivamente il Messia. Ma ho un problema”. Ero tutto pronto a risolvergli il problema! Ma egli proseguì: “Quando verrà il Messia, egli riunirà il suo popolo. Ma voi cristiani siete così divisi che faccio molta fatica a credere che Gesù sia questo Messia”.
Non ricordo che cosa gli ho farfugliato, ma certamente non convinse neppure me! Sono uscito dal negozio, sono salito in macchina e ho pianto a dirotto, chiedendo perdono a Dio per le nostre divisioni. Perfino gli Ebrei sono pronti e in attesa di credere in Gesù, ma il maggior ostacolo sono le nostre divisioni. Ho promesso quel giorno a Dio che per il resto della mia vita avrei pregato, digiunato e operato per l’unità della Chiesa.
Poche settimane dopo, sono stato accattivato dal capitolo 17 del Vangelo di Giovanni. È una preghiera, e – a parte qualche frase isolata qua e là – è la sola preghiera di Gesù di cui le parole sono riportate nella Bibbia. Gesù ha riunito i suoi discepoli prima di andare al Golgota. Ha lavato loro i piedi; ha spezzato con loro il pane dell’Ultima Cena; rivolge loro il discorso riportato in Giovanni capitoli 14-16; e ora, in loro presenza, rivolge al Padre per loro questa preghiera, la “preghiera sacerdotale”. Gesù qui spande la sua anima davanti al Padre, rivelando i desideri più profondi del suo cuore. “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi … Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi …” (vv. 9-11).
Fin dalle prime parole di questa preghiera, vediamo l’obiettivo di tutta l’intercessione di Gesù: la gloria del Padre. “Padre, l’ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te … Glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse”. Dio ha un solo Figlio, e la Sua gloria dipende dalla glorificazione del Figlio. Il fine di ogni cosa è la gloria del Padre; ed è questa verità che segna l’orizzonte di tutta questa preghiera. Il Figlio è morto in croce, il Padre l’ha risuscitato e l’ha glorificato, così come Gesù sapeva che doveva avvenire. Ma ora Egli se ne va nel cielo, e la glorificazione del Padre ora dipenderà dai discepoli che resteranno in terra. Ecco perché Gesù prega per loro in questi termini. E ciò che ripete per cinque volte in questo capitolo è: “che siano uno … che siano uno …”, e poi estende la preghiera a tutti noi che abbiamo creduto in Gesù: “che siano tutti uno”.
Gesù prega perché siamo uno e perché siamo santi. L’unità senza la santità non serve a nulla: conduce solo al sincretismo. E, mentre Gesù prega per l’unità e per la santità della Chiesa, prega anche per la sua missione nel mondo: “Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo” (v.18). All’inizio sembrava che non avesse interesse per il mondo – “non prego per il mondo” – ma invece il peso che c’è nel Suo cuore è per il mondo.
La cosa che mi colpisce maggiormente in questa preghiera di Gesù è la qualità dell’unità che Gesù chiede al Padre per noi. Egli dice: “affinché siano uno, come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità” (vv. 22-23). Il modello di unità che Gesù ci presenta con queste parole è quella della Trinità stessa: tre Persone, ma un Dio solo, una stessa essenza, una sola natura, un medesimo essere. L’unità fra Padre, Figlio e Spirito Santo è l’unità più perfetta di tutto l’universo. E Gesù prega perché noi siamo uno allo stesso modo come loro! Non sarà forse che Gesù stia esagerando e chiedendo un po’ troppo?
L’ostacolo maggiore
Gesù infatti non chiede un’associazione, ma qualcosa di molto più forte: l’unità, che è molto di più che l’unione. Un’unità soprannaturale, umanamente impossibile, possibile solo per mezzo di Dio in noi, l’azione dello Spirito Santo.
E perché Gesù chiede questa unità? “Affinché il mondo creda” (v.21). Gli ‘ostacoli più grandi che troviamo nel mondo oggi all’evangelizzazione sono le divisioni tra i figli di Dio, e la mancanza di santità in noi che ci chiamiamo cristiani. Dio ha un solo Figlio, ed Egli lo ha glorificato sulla terra. Ora il Figlio ha un solo Corpo, la Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù; e la gloria di Cristo sulla terra dipende da noi. Dalla nostra santità e dalla nostra unità dipende la credibilità del Vangelo oggi nel mondo. Oggi, per il mondo occidentale, è molto difficile credere nel Vangelo. “Padre, che siano tutti uno … affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
Alcuni anni fa ho predicato su questo brano in un convegno di pastori in Colombia. Alla fine, il presidente del Consiglio Nazionale Evangelico prese il microfono e raccontò un’esperienza. Aveva partecipato a una consultazione secolare di leaders di vari settori e da molti paesi del mondo, e là aveva fatto amicizia con uno dei maggiori leaders dello Stato d’Israele. Ha domandato a quell’uomo: “Che cosa, secondo lei, avrebbe maggiore efficacia per portare i capi del suo paese a prendere seriamente in esame la possibilità che Gesù sia il Messia?” La risposta Lo meravigliò: “C’è molta apertura verso la figura di Cristo; ma non verso i cristiani”. “Ma perché?” “Perché il cristianesimo oggi non è quello insegnato da Gesù”. Il pastore chiese qualche esempio. “Be’ – rispose l’altro – ci sono tante chiese che hanno immagini e statue, che pregano Maria …” Il pastore rimase contento, e ribatté: “Ma non siamo cattolici!” “Lo so, lo so – fece l’altro – ma voi evangelici avete qualcosa di peggiore: le vostre divisioni. Se noi ci aprissimo agli evangelici, ci dividereste la nazione. A chi dovremmo aprirci? Ai presbiteriani? agli anglicani? ai metodisti? ai pentecostali? ai battisti?”
“Padre, che siano tutti uno … affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”. C’è nel cuore di Gesù un peso molto grande per il mondo. Egli ha pregato davanti ai suoi discepoli, producendo in loro una forte impressione. Com’è il mondo oggi? È diviso: tutti contro tutti. L’uomo è diviso da Dio; l’uomo dall’uomo; razza contro razza, classe contro classe, nazione contro nazione, la donna contro l’uomo, il povero contro il ricco … Viviamo in una società divisa caratterizzata da egoismo, individualismo, avarizia, corruzione e ingiustizia.
Nel piano di Dio la Chiesa è la società dei riconciliati con Dio e l’uno con l’altro. La divisione nella Chiesa è una contro-testimonianza, una negazione della natura stessa della Chiesa. Noi predichiamo il perdono e conserviamo rancori; predichiamo l’amore e disprezziamo gli altri cristiani; predichiamo la riconciliazione e viviamo l’inimicizia; predichiamo l’unità e siamo divisi; predichiamo la pace e stiamo litigati; cantiamo che siamo uno e viviamo separati. Abbiamo bisogno di pentirci perché c’è incoerenza tra il messaggio e la realtà, e così il mondo non riesce a credere nel Vangelo.
Per poter progredire verso l’unità, dobbiamo distruggere le menzogne che Satana ha seminato nelle nostre menti. All’interno del mondo evangelico abbiamo sviluppato delle strane teologie (che forse non sono neanche degno di tale nome): quelle che io chiamo “teologie della rassegnazione”. Come la volpe nella fiaba di Esopo che, non riuscendo a raggiungere l’uva, disse: “Be’, tanto è acerba”, abbiamo creato delle teorie per giustificare le divisioni.
Scuse da abbattere
La prima scusa da abbattere è di coloro che dicono: “Certo, questa unità perfetta ci sarà quando saremo in cielo”. Ma Gesù non ha pregato perché siamo uno nel cielo, ma in terra: “Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi” (v.11). Qualcuno dice: “Nel cielo non ci saranno né battisti, né presbiteriani, né pentecostali, né fratelli …” Ed è vero: ci saranno solo figli di Dio. Ma Gesù ha chiesto perché siamo uno sulla terra, perché il mondo creda; e nel cielo non c’è un mondo che debba credere! E non è una speranza vana quella di raggiungere l’unità visibile qui sulla terra: se Gesù ha chiesto questo al Padre, possiamo forse immaginare che la sua preghiera non venga esaudita?
La seconda scusa da abbattere è che “l’unità è spirituale e invisibile”. Ma la preghiera di Gesù è per un’unità visibile. Se lo scopo è “affinché il mondo creda”, è evidente che il mondo la dovrà vedere! Le nostre divisioni confondono il mondo. Nella chiesa di Gerusalemme, “la moltitudine di quelli che avevano creduto era d’un sol cuore e di un’anima sola” (Atti 4:32), con il risultato che il Vangelo divenne credibile. La Bibbia ci parla non solo di “un solo Spirito”, ma anche di “un corpo solo” (Ef. 4:4). Un corpo è qualcosa di visibile: è l’insieme di tutti i cristiani manifestato visibilmente davanti al mondo!
Un’altra scusa usata da molti è quella della “unità nella diversità”. C’è in questa una parte di verità: infatti la Bibbia parla non di uniformità, ma di diversità. Ma diversità di che cosa? La Bibbia parla di diversità di doni, diversità di ministeri, ma mai di diversità di chiese. Tutte le volte che essa parla di diversità di doni e di ministeri, sottolinea nello stesso tempo l’unità del Corpo. Dove parla la Bibbia di chiese battiste, pentecostali o metodiste? Parla solo della Chiesa.
Altri ancora sostengono che le diverse denominazioni sono risultato dello sviluppo della chiesa, e adducono un esempio dall’Antico Testamento, facendo notare che c’erano “dodici tribù ma una sola nazione”. Il problema è che gli evangelici nel mondo siamo divisi in più di 20.000 tribù …! Certo, è interessante questa figura delle tribù: ma non possiamo fare una dottrina da un elemento dell’Antico Testamento che non trovi un corrispondente insegnamento nel Nuovo Testamento. È una falsa dottrina! Paolo non accetta che si formino le tribù di Paolo, di Pietro, di Apollo … Al contrario, scrive nei termini più forti per riprendere coloro che facevano una cosa simile. La Chiesa è una, e appartiene a Gesù Cristo, che ne è l’unico fondamento.
Un’utopia?
Un’ultima scusa. Alcuni si arrendono ai fatti compiuti e dicono: “Sì, sarebbe bello se la Chiesa non si fosse mai divisa; ma la storia è andata avanti e oggi non possiamo tornare indietro. L’unità della Chiesa è un’utopia”. Questo è un argomento molto forte. Sarà possibile, allora, realizzare l’unità della Chiesa?
Nella sua preghiera, Gesù dice: “Io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno” (Giov. 17:22). Che cos’è la gloria del Padre? È la manifestazione visibile degli attributi di Dio. Tutto ciò che è Dio è anche nel Figlio: “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Col. 2:9). Il Padre è santo: il Figlio è santo. Il Padre è amore: il Figlio è amore. Il Padre è giusto: il Figlio è giusto. Il Padre è misericordioso: il Figlio è misericordioso. E questo Figlio, che è la pienezza del Padre, abita in noi per mezzo dello Spirito Santo: “Cristo in noi, speranza della gloria” (Col. 1:27). È in noi per metterci in condizioni di poter realizzare l’unità per la quale Gesù ha pregato, affinché il mondo creda.
Qual è l’ostacolo più grande all’unità? Non sono le denominazioni: sono le divisioni all’interno della stessa comunità e della stessa denominazione. L’ostacolo sono io, la mia carnalità: il mio desiderio di essere il primo, di essere servito dagli altri, la mia ambizione di potere e di grandezza. L’invidia, la gelosia, l’orgoglio, la maldicenza, il disprezzo, sono espressioni della nostra carnalità; ed è questo l’ostacolo più grande all’unità.
Ma Gesù ha preso queste cose nel suo corpo sulla croce: “il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato” (Rom. 6:6). La nostra carne è stata crocifissa perché non fossimo più noi a vivere, ma Cristo in noi. Questa è la gloria: Cristo che vive in noi, che ama in noi, che perdona in noi, che in noi lava i piedi ai fratelli, che è il primo a servire, il primo ad amare, il primo a dare la propria vita per i fratelli. È di questo che abbiamo bisogno perché la Chiesa sia una.
Carnalità
La divisione della chiesa rivela la nostra mediocrità. Come dice Paolo ai Corinzi, “voi siete carnali, siete dei bambini in Cristo”. Vogliamo continuare per sempre a essere bambini? oppure crescere verso “l’altezza della statura perfetta di Cristo” (Ef. 4:13)? È questo il piano di Dio. La Chiesa recupererà l’unità un po’ alla volta, nella misura in cui Cristo sarà formato in noi. Non attacchiamo le denominazioni: sarebbe un’ulteriore manifestazione di carnalità. Amiamo i fratelli! Non importa come si chiamino né dove si riuniscano: se amano Cristo e credono in Lui, se sono nati di nuovo, se ricercano la santità, se hanno lo Spirito di Dio, sono figli di Dio e nostri fratelli.
L’unità, allora, è un’utopia impossibile? Non so com’è il tuo Dio, ma il mio è onnipotente: con Lui, nulla è impossibile! Non guardiamo indietro a tutti gli errori e i peccati del passato, ma in avanti alle promesse e alla potenza di Dio. Egli è fedele e capace di adempiere tutte le sue promesse e far tornare la Chiesa a essere sale della terra e luce del mondo. Egli spanderà il suo Spirito sopra ogni carne.
Quando morì Giosuè, rimaneva ancora tanto della terra promessa da Dio di cui il popolo d’Israele non aveva ancora preso possesso. Solo a distanza di secoli sorge un uomo capace di credere che Dio è capace di fare quanto ha promesso; e sotto la sua guida, Israele finalmente riesce a prendere possesso di tutto quel territorio. Quell’uomo si chiamava Davide. Nessuna meraviglia se Dio lo chiama “un uomo secondo il mio cuore”.
Dio desidera ripristinare l’unità e la santità della Chiesa nel mondo. Egli è abbastanza potente da realizzare questo obiettivo. Allora, Egli lo farà! Ma rimane ancora una domanda: Lo farà nella nostra generazione?
La risposta dipende non da Dio, ma da noi. Egli troverà una generazione che insorga contro la storia e contro tutti i precedenti per credere nella Sua Parola? Vogliamo essere noi quella generazione? L’unità sarà un miracolo molto grande, e qualsiasi tentativo di realizzarla con mezzi umani è destinato al fallimento, perché le divisioni nella Chiesa sono una realtà molto profonda e intrattabile. Il solo che potrà realizzarla è Dio stesso; ed Egli lo farà unicamente per mezzo della fede dei suoi figli. La fede può spostare le montagne: per mezzo di essa le cose impossibili all’uomo diventano possibili!
Passi pratici
Ci sono alcune cose pratiche che possiamo fare per promuovere questo miracolo dell’unità.
Prima, dobbiamo pentirci davanti a Dio, piangendo e chiedendo perdono per il peccato delle nostre divisioni. Lasciamo che Dio ci faccia sentire il Suo dolore per la divisione della Sua Chiesa.
In secondo luogo, dedichiamoci alla preghiera per l’unità e la santità della Chiesa. Faremo più progressi pregando per l’unità che non predicando l’unità. Gesù, nel cielo, continua a intercedere per noi, “perché siano perfetti nell’unità”. E c’è un altro che intercede: lo Spirito Santo, che interceda in noi “con sospiri ineffabili … intercedendo per i santi secondo il volere di Dio” (Rom. 8:26-27). Lasciamo che Egli interceda in noi, e la Sua preghiera potente avrà una grande efficacia.
La terza necessità è quella di leggere la Parola, meditare la Parola, pregare la Parola e credere alla Parola. La Bibbia ci darà una chiara visione della Chiesa e del piano di Dio e creerà in noi la fede, che viene dall’udire la parola di Dio. Allora potremo dire alle montagne di difficoltà: “Lèvati di là e gettati nel mare!”, e così avverrà!
E la quarta cosa che dobbiamo fare è di cambiare atteggiamento. Abbiamo provocato ferite ai nostri fratelli in Cristo, e dobbiamo essere pronti a umiliarci davanti a Dio, e poi ad andare a chiedere perdono, se abbiamo ferito o disprezzato qualcuno, rattristando lo Spirito Santo con il nostro peccato contro l’unità e l’armonia nel Corpo di Cristo. Siamo pronti a servire, pronti ad ascoltare e lenti a parlare; prendiamo l’ultimo posto e cerchiamo di innalzare i nostri fratelli.
Promuoviamo la comunione; soprattutto i pastori cerchino i loro fratelli pastori cerchino i loro fratelli, iniziando magari solo in due, per diventare amici e sostenerci l’un l’altro. Amare vuol dire non aspettare che l’altro mi ami per primo, ma piuttosto prendere l’iniziativa di amare i miei fratelli. Preghiamo insieme; diventiamo amici; rispettiamo l’altro. Arriverà poi il tempo per il dialogo e perfino per il dibattito sulle nostre differenze.
In ogni città, in ogni quartiere, Dio vuole un popolo che viva insieme nell’amore e nella santità, pieno di buone opere, aiutando i bisognosi, la luce del mondo e il sale della società, chiamandosi soltanto “cristiani” e appartenenti a “la chiesa”. Che Dio ci dia la fede per credere nelle Sue promesse e realizzare così nella nostra generazione il Suo disegno!