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Ci sono ancora dei credenti che hanno difficoltà con l’idea che la preghiera di fede e la scienza medica possano convivere facilmente insieme. Questa testimonianza, tratta per gentile concessione dalla rivista mensile Ruah – Rivista di formazione e informazione carismatica, ne dà una prova convincente.
Il professor Cesare Ghinelli, primario di Chirurgia Pediatrica all’Ospedale di Parma, autore di circa duecento pubblicazioni su riviste specializzate internazionali, ha seguito personalmente ciò che è avvenuto con Mirko, un caso giudicato “inoperabile”, ma che ha trovato un esito felice ed insperato.
Mirko, 7 anni, aveva un tumore inoperabile; inoperabile sia per la sua natura, sia per la posizione ed estensione. Si trattava di un neuroblastoma, secerneva grandi quantità di acido omovanillico e captava la iodometilguanidina, che è una caratteristica di quel tumore. Era esteso dal polo renale inferiore di destra, attraverso strutture delicatissime come la vena e l’arteria renale, la vena porta, l’arteria epatica, le vie biliari, il pancreas, il duodeno, poi sconfinava nel torace per sette centimetri. Questo è un tumore inoperabile, un tumore che va trattato con terapia antitumorale, antiblastica. Operarlo, asportandolo parzialmente o rompendolo, significava addirittura peggiorare la prognosi che è già estremamente infausta in una situazione del genere. lo non so perché ho avuto la sensazione che dovessi operarlo e ho detto all’oncologo pediatrico: “Mah, perché non proviamo a operarlo?!” e lui mi ha risposto: “Mah sì! Al massimo fai una biopsia così saremo ancora più sicuri della diagnosi”, che tuttavia non aveva bisogno di grandi accertamenti proprio perché c’era quella grande secrezione di acido omovanillico e quella captazione di materiale radioattivo. Dopo aver detto questo ho avuto un attimo di apprensione: “Cosa ho fatto? Ho chiesto di operare un tumore inoperabile …” e allora ho pensato di pregare per questo bambino e di digiunare durante le ventiquattro ore precedenti l’intervento. Ero certo che senza l’aiuto del Signore non avrei potuto operarlo.
Era il 13 novembre e l’intervento si è rivelato faticosissimo; in sette ore ero riuscito a isolare piano piano quasi gli otto decimi del tumore, ma posteriormente era come saldato alla colonna vertebrale. Visto che avevo aperto l’addome e il torace, visto che era in un punto che non poteva essere visibile e quindi non ci potevo lavorare con forbici, bisturi o altro, ho pensato: “Beh, provo a staccarlo di forza dalla colonna vertebrale”.
Ho infilato una mano nel torace e una nell’addome, al di sotto della parte già staccata e ho cominciato a spingere con tutta la forza; dopo tre o quattro minuti di tentativi in cui mi sembrava di spingere contro un muro, contro un corpo solido, ho dovuto togliere le mani perché mi facevano male le dita. Ho dovuto massaggiarmi perché mi facevano molto male tutte le articolazioni. A quel punto non so, mi ha attraversato la testa un pensiero non mio: quello di invocare lo Spirito Santo; e allora ho chiuso gli occhi e ho cantato un’invocazione allo Spirito. E man mano che cantavo questa invocazione sentivo il tumore che si sollevava letteralmente, staccandosi dalla colonna vertebrale fino a che non mi ha interrotto uno dei miei collaboratori, chiedendomi: “Professore, che cosa sta facendo?” e io mi sono fermato, ho aperto gli occhi e ho risposto: “Mah, sto seguendo le linee di minore resistenza!”. Questo ha avuto un effetto immediato: il tumore è ridiventato solido come prima, ho provato a spingere di nuovo con tutta la forza, niente si spostava. E allora, questa volta volontariamente, ho richiuso gli occhi e ho ripreso a cantare quell’invocazione allo Spirito, e il resto del tumore si è completamente staccato! La massa è quindi stata asportata tutta intera e questo è stato già un risultato notevolissimo.
Ma è accaduta ancora una cosa molto importante: come ho già spiegato, il tumore era inoperabile per due ragioni, la sua qualità e la sua posizione; il fatto che fosse un neuroblastoma ce lo dimostravano un po’ tutt’e due le cose e l’esistenza di questa produzione di acido omovanillico e della captazione radioattiva non dava adito a dubbi. Dopo ben quindici giorni di studio gli Istituti di Anatomia Patologica di Parma e di Bologna, cui l’abbiamo inviato contemporaneamente, ci hanno dato una risposta e hanno qualificato il tumore non neuroblastoma ma ganglioneuroma, un tumore simile al neuroblastoma ma benigno, e che non secerne acido omovanillico, non capta quel tracciante. Quindi il Signore ha voluto fare una grazia grande a questo bambino e a questa famiglia: non solo ha permesso l’intervento, ma ha anche trasformato il tumore. Questo è molto importante perché ha significato che dopo non è stato necessario somministrare una terapia antiblastica, e si sa quanto la chemioterapia sia pesante e pericolosa in un bambino, soprattutto. Quindi Mirko con quell’intervento è completamente guarito e non ha più avuto bisogno di cure.