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di Geoffrey Allen
Tre momenti decisivi hanno segnato tutto il corso della mia vita.
Il primo, e il più importante, fu quella sera del 1967 quando, nel soggiorno di una villetta della periferia di Oxford, il Cristo vivente fece prepotentemente irruzione nella mia vita mentre per la prima volta partecipavo a una riunione di preghiera carismatica. Il secondo, un anno e mezzo più tardi, avvenne quando, durante un giro turistico in Italia, Egli mi chiamò a servirlo in questa nazione.
Il terzo credo si possa identificare nella “settimana biblica dei Dales” nel 1978.
Già in quei primi anni di vita cristiana avevo avuto una formazione nei doni dello Spirito, nell’intercessione profetica, in una vita di chiesa come Corpo, con il sacerdozio effettivo di tutti i membri e la diversità di doni e ministeri. Dai libri di Watchman Nee mi ero convinto dell’attualità dei ministeri dell’apostolo e del profeta. Dio, poi, con una serie di conferme soprannaturali, mi aveva condotto, insieme con mia moglie, a unirci a una piccola missione carismatica nascente che sottolineava il lavoro di squadra (infatti siamo arrivati in Italia, nel ‘71, come squadra di tre persone).
Non essendo a conoscenza di chiese o opere in Italia che avessero questo tipo di visione (probabilmente in quel tempo non esistevano!), ci sembrava corretto, anziché fare concorrenza agli altri, andare in un luogo dove non c’era nessuna presenza evangelica, nell’Alto Lazio. Ma in quella situazione ci sarebbe voluto un evangelista, mentre io ero già cosciente di avere la vocazione di insegnante della Parola. Qualche frutto c’è stato (e rimane ancora) da quegli anni di “gavetta”, e ci furono contatti e collaborazione con alcune chiese, soprattutto in Sardegna. Ma – anche se è stata una scuola di fede e di ministero necessaria e preziosa – sono stati anche anni di difficoltà e di isolamento.
Fermenti
Dall’estero giungevano notizie di fermenti nel mondo cristiano e carismatico. Nel ’74 una missionaria australiana ci fece conoscere la rivista New Wine, organo dei “Cinque di Fort Lauderdale”. La “divorai” perché aggiungeva al mosaico un pezzo fino allora mancante: l’enfasi sull’importanza fondamentale per la chiesa di rapporti di lealtà e di amicizia fraterna. Una “missione di sostegno ai missionari” fondata da Arthur Wallis, Supplyline, ci mandava dall’Inghilterra insegnamenti su cassetta, la rivista delle “house churches” Fulness, e, sin dal primo numero, Restoration, che focalizzarono ancora meglio alcuni aspetti della “visione”.
Ma eravamo ancora soli! Erano bellissime teorie, ma in quelle circostanze potevamo viverle solo in piccola parte. Crebbero la frustrazione e lo scoraggiamento. In quegli anni seguivo il nascente rinnovamento carismatico nella Chiesa Cattolica (indimenticabile il Congresso Internazionale a Roma nel ’75) con grandi speranze – forse dovute all’ingenuità giovanile? – che lo Spirito Santo non poteva che aprire i cuori alla comunione con tutti i credenti e illuminare la Parola di Dio, dando anche a loro la stessa rivelazione sulla necessità di “otri nuovi” che avevo ricevuto io … Ma alla fine, quei contatti non sembravano sfociare in niente.
Un viaggio della speranza
Nel ’77, aprendo la rivista Restoration, lessi un servizio sulla settimana biblica di quell’anno in Inghilterra. Cose strabilianti: tra l’altro diversi partecipanti (sopratutto bambini) avevano visto volare degli angeli dentro il gigantesco capannone delle riunioni serali. Anche i residenti del quartiere erano venuti a lamentarsi di essere stati disturbati dalla musica (per quanto bellissima!) del coro che cantava nel capannone alle tre di notte … quando era deserto e chiuso a chiave!
Leggendo quelle cose, percepii chiaramente la voce dello Spirito Santo dentro di me (confermata anche da mia moglie): “L’anno prossimo, quando andrete in Inghilterra, andate a quel convegno!” Così mandai subito a iscriverci. Qualche mese dopo ci fu comunicato che sarebbe venuto anche un gruppo di italiani, per i quali mi si chiese di aiutare con la traduzione simultanea.
Quel convegno fu un’esperienza stupenda. (A parte, cioè, che c’era pioggia e freddo per tutta la settimana ed eravamo accampati, con i nostri cinque bambini, sotto una tenda presa in prestito in mezzo a un terreno inzuppato di acqua …!) 8000 partecipanti, una lode esuberante e un’adorazione profonda, potenti parole profetiche, e predicazioni di una rara forza e profondità, soprattutto dall’ospite americano Bob Mumford.
Incontri fatali
Durante il convegno feci la conoscenza di un missionario svizzero, Ernesto Bretscher, che accompagnava il gruppo di italiani, e del suo amico, un simpatico pastore inglese, Chris Chilvers. Devo confessare però che Ernesto mi fu subito antipatico. Ebbi l’impressione che volesse farmi da maestro, spiegandomi tante cose che per lui, senz’altro, erano bellissime nuove scoperte, ma che per me erano già convinzioni consolidate (cosa che sicuramente feriva il mio orgoglio …!) Inoltre mi urtava il suo stile di vita apparentemente “da riccone”: lui viaggiava con una bella macchina fiammeggiante, mentre io, “missionario per fede”, ero dovuto arrivare fino nel Nord d’Inghilterra, con moglie e cinque bambini, su un vecchio e sgangherato pulmino Fiat 850… Resta solo da aggiungere che – come seppi più tardi – l’antipatia era perfettamente reciproca: lui mi vedeva freddo, critico e spigoloso …!
Un giorno si presentò nell’accampamento italiano un pastore battista di Birmingham, John Bedford. Ci parlò di un suo collega battista italiano il quale, durante un soggiorno di studio in Inghilterra, era stato battezzato nello Spirito Santo nella sua chiesa. Ora, rientrato in Italia, era stato emarginato dalla sua denominazione e si trovava solo. Potevamo metterci in contatto? Il suo nome: Giovanni Traettino.
Concordammo che Ernesto, trovandosi più vicino, si sarebbe assunto l’incarico. Così non ci pensai più, fino a quando, qualche mese dopo, arrivò una telefonata: Ernesto aveva finalmente contattato quel pastore, si erano incontrati diverse volte, potevo venirci anch’io? Così incominciammo a trovarci regolarmente, una volta al mese. Avevamo tutti la sensazione che Dio ci stesse chiamando insieme – al di là delle grosse differenze di origini, cultura, teologia e nazionalità, e in barba alle nostre diffidenze e antipatie naturali! – in vista del Suo Regno, e che stesse preparando qualcosa di nuovo per l’Italia.
Un convegno “storico”
Dopo alcuni mesi convocammo una conferenza – oratori i due pastori inglesi sopra nominati, più David Mansell, profeta – cui invitammo tutti i nostri amici e conoscenti nella fede. Fu un’occasione memorabile (e non solo perché ci andai, convinto che era volontà di Dio, lasciando mia moglie da sola con i sei figli, l’ultima dei quali nata appena nove giorni prima!) I messaggi furono incentrati sull’unità della chiesa tramite i rapporti personali di impegno e di patto, e a un certo punto ci fu suggerito di chiedere allo Spirito Santo se per caso non ci stesse chiamando a esprimere a qualcun altro il nostro impegno personale a camminare insieme per il Regno di Dio.
Sentii che era ora di fare quel passo con Ernesto. Egli confessò dopo che quando mi vide avvicinare, dovette deglutire forte ma … anch’egli fu convinto che era Dio a metterci insieme. Dopo, accadde il “miracolo”: imparammo ad apprezzarci, a stimarci, ad essere veramente “amici per la pelle”.
Più tardi emerse che Giovanni era chiamato ad essere il “capo” della nostra squadra – orientamento che il tempo e i fatti hanno ampiamente confermato – e, pur con qualche difficoltà, accettai di sottomettermi a lui e a lavorare sotto la sua leadership. Ci fu proposto di trasferirci a Caserta per sviluppare il nostro rapporto lavorando insieme a stretto contatto e costruire una prima chiesa che diventasse modello concreto delle “teorie”, e ricevemmo da Dio la conferma che questa era la cosa giusta da fare. Il resto, come si dice, appartiene alla storia …
Sono passati vent’anni e le benedizioni di Dio sono state tante. È vero che qualcuno che all’inizio si era impegnato a camminare insieme ci ha lasciato, ma altri si sono aggiunti e le quattro chiese iniziali (Caserta, Salerno, Pavia e Venezia-Mestre) sono diventate più di venti. Abbiamo provato che veramente “l’unione fa la forza”: insieme abbiamo potuto fare cose che a nessuno di noi da solo sarebbero riuscite. Anzi, forse non avremmo nemmeno resistito alle pressioni e agli scoraggiamenti lungo la strada. “Due valgono più di uno solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un altro che lo rialzi!” (Eccl. 4:9-10).
Recentemente, in un’altra conferenza, siamo stati invitati a rinnovare il nostro impegno di amore e di fedeltà gli uni verso gli altri. Mi sono avvicinato a Ernesto e gli ho proposto: “Altri vent’anni, va bene?” E lui, con un grande sorriso e un forte abbraccio: “Benissimo!”