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di Giovanni Traettino
Le sorprese dello Spirito
Ho già ricordato l’esistenza all’interno della Chiesa Cattolica di una rete internazionale di cattolici evangelici. Ma anche all’Alleanza Evangelica inglese – ne ho avuto conferma recentemente – aderiscono cattolici che si considerano evangelical. E mentre l’Alleanza Evangelica inglese evidentemente non trova questo incompatibile con la sua base dottrinale, quei cattolici evangelici lo trovano evidentemente fecondo e non in contraddizione con il loro cattolicesimo. La lezione che se ne ricava è che siamo probabilmente chiamati a ragionare e respirare in modo più aperto e transdenominazionale, realizzando che il movimento evangelico è molto più largo e più grande della nostra realtà particolare, e che è presente in tutte le maggiori tradizioni cristiane. Anche in chiese e confessioni cristiane per cultura e teologia molto lontane da noi.
Ortodossi evangelici
Solo poche settimane fa ho avuto ad esempio conferma dell’esistenza di un forte movimento “evangelico” all’interno della chiesa ortodossa armena. Uomini come Michael Harper, egli stesso evangelico, e già pioniere e padre del movimento carismatico nella Chiesa Anglicana, lavorano oggi per una prospettiva evangelica e carismatica nelle Chiese Ortodosse. E negli Stati Uniti c’è stato negli anni ’80 un consistente esodo di studenti, pastori e teologi evangelici (tra di essi il figlio del grande teologo evangelical Francis Schaeffer) verso la Chiesa Ortodossa di Antiochia.
Cattolici evangelici
Personalmente posso con fiducia sperare e pregare perché anche nella Chiesa Cattolica, sia a livello di base che di vertice (“in capite et in membris”!) si sviluppi un robusto movimento evangelico. E in questi anni ho conosciuto sia laici che preti che mi fanno ottimamente sperare in questa direzione. Sarebbe – lo voglia il Signore! – un grande incoraggiamento alle correnti di rinnovamento biblico, liturgico e di riforma evangelica(l) che già vi lavorano con grande pazienza e perseveranza.
Ci sono, forse, oggi condizioni storiche e spirituali assenti nei secoli scorsi, che potrebbero favorire processi di riforma e di rinnovamento della Chiesa Cattolica impensabili in passato. Sono in corso sommovimenti epocali. La stessa secolarizzazione, a mio avviso, lavora paradossalmente per l’avvicinamento dei veri credenti. Si pensi al recente documento Evangelicals and Catholics together, col dibattito e il movimento che ne è seguito, e alla comune necessità, avvertita in modo crescente, di vivere e testimoniare la radicalità dei valori e dell’etica cristiani di fronte alle tentazioni (per la chiesa intera!) del materialismo, e alla sfida della cosiddetta “nuova moralità” neo-pagana.
“Venga il tuo Regno”
Non dobbiamo d’altra parte dimenticare che mentre per un verso è vero che, come dice il vecchio adagio, “la storia ha le gambe corte”, e che Dio esercita una pazienza lunga e a tutta prova, non è nemmeno la prima volta che in modo sovrano e prima impensabile il Signore della chiesa e della storia interviene con improvvise irruzioni (“a colpi di Spirito Santo”!) a mettere termine a lunghe schiavitù e cattività (De captivitate babilonica ecclesiae!) del suo popolo.
Con Israele ha dovuto farlo più volte (si pensi solo ai ben quattrocento anni di Egitto!). E anche con la chiesa. Ma non si è mai lasciato senza testimoni. Anche nei tempi più bui della infedeltà sia del vecchio che del nuovo Israele. Lo Spirito Santo è vivo e attivo!
Quando dal punto di vista umano è naturale concludere “Non è più possibile”, Dio ha in serbo per noi “sorprese” inaudite e novità radicali. Il Regno non ha ancora dispiegato tutta intera la sua ricchezza ed efficacia, sia nella storia che nella chiesa. Il futuro e la speranza rimangono ancora per noi, come per Gesù e per la chiesa del Nuovo Testamento, categorie vitali e decisive. C’è ancora spazio per pregare: “Venga il tuo Regno!”.
Le diverse anime del Cattolicesimo
Chi avrebbe mai pensato, per quello che riguarda la Chiesa Cattolica, alle novità assolute costituite da papi come Giovanni XXIII e Paolo VI? Chi avrebbe, dopo il Concilio di Trento e il Vaticano I, ragionevolmente pensato a un Concilio cattolico con “aggiornamenti” e novità radicali come quelle del Vaticano II? Chi avrebbe mai pensato che un papa cattolico potesse chiedere perdono per la notte di S. Bartolomeo, o per il martirio di Huss e di Wycliff? Chi avrebbe mai pensato alla possibilità di una Dichiarazione congiunta cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione come quello firmato dalle due Chiese ad Augusta il 31 ottobre 1999?
Certo, continuano a non mancare nella Chiesa Cattolica vere e proprie eresie, pratiche anti-evangeliche e contraddizioni teologiche, anche gravi. Si pensi alla riesumazione, anche se in chiave annacquata, delle indulgenze; per noi evangelici, a dir poco, assolutamente incomprensibile. Si pensi a tanto devozionalismo fuorviante e non cristocentrico, a tanta “religiosità popolare” chiaramente non evangelica (sono sotto i nostri occhi, ad esempio, i gravi sviluppi e il “marketing” religioso del culto a Padre Pio!), pure fortemente promossi e incoraggiati da questo papa. Si pensi anche all’incoraggiamento colpevole e alla ripresa formidabile e squilibrata di culto mariano.
Ma la fiducia è che il Signore che ha già fatto alcune cose, potrà farne altre ancora …
Dunque, con gli occhi aperti sugli errori e sulle evidenti contraddizioni presenti in questi processi, noi sosteniamo la possibilità di essere fino in fondo evangelici e liberi dalla mentalità difensiva, introversa e separatista del ghetto. È la nostra esperienza che sia possibile aderire pienamente all’ortodossia biblica ed evangelica e affermare con chiarezza e franchezza la nostra identità, senza bisogno di aggredire o ferire gli altri. Dovrebbe esser sufficiente proporre con serena convinzione la propria spiritualità (vita e teologia) e renderla disponibile come un contributo alla riflessione generale della chiesa, con la speranza di riuscire a fecondarla e trasformarla tutta nella direzione voluta dallo Spirito Santo.
C’è un ministero di riconciliazione da svolgere all’interno della chiesa!
Fondamentalismo rifondazionista
Ho già osservato che “fondamentalisti” ed “evangelici” non sono la stessa cosa. Ma, nonostante il lavoro già fatto da alcuni, molti in Italia, anche tra gli evangelici, continuano ad usare i due termini indifferentemente. La realtà è invece che spesso corrispondono a concezioni della storia, approcci alle Scritture, stati d’animo e realtà spirituali anche notevolmente differenti tra di loro. Negli Stati Uniti hanno finito col darsi diverse organizzazioni di riferimento.
Il fondamentalismo è, per così dire, l’ala “ultrà”, conservatrice, dogmatica e passatista del mondo evangelico che ha fatto dell’opposizione intransigente e aggressiva, separatista a volte fino allo spasimo del “settarismo”, nei riguardi del cristianesimo tradizionale e del mondo moderno la sua ragione d’essere.
Nei riguardi della Chiesa Cattolica e di quella Ortodossa, certo, ma anche delle Chiese della Riforma (alcuni continuano a rifiutare un serio dialogo con le chiese della Federazione!), e perfino nei riguardi delle chiese di fede e pratica evangelica ortodossa (evangelical), ma considerate eretiche e messe di fatto fuori comunione vuoi per la diversità di cultura (spesso confusa con il “mondo”), vuoi per le frequentazioni (Consiglio Mondiale delle Chiese e Chiesa Cattolica): tipico in Italia è “il caso” delle ADI, che da questo punto di vista hanno spesso fatto scuola.
Dimenticano questi fratelli che perfino padri della Riforma come Lutero e Calvino, che consideravano la Chiesa di Roma profondamente corrotta e seriamente eretica, non ne negavano la natura e la qualità ecclesiale. Ne chiedevano la riforma, sì, “in capite et in membris”, ma la riforma dunque, non la distruzione o la rifondazione: “Ecclesia reformanda!”. Ancor oggi le chiese luterane, calviniste e anglicane riconoscono il battesimo dei bambini amministrato dalla Chiesa Cattolica, e viceversa.
Sono poi nati nella scia della riforma radicale e anabattista i movimenti “rifondazionisti” Dicono grosso modo: “Dopo Costantino non c’è stata più chiesa; poi veniamo noi”. Ma questa non è l’eredità della Riforma, o del cristianesimo evangelico “main line”. Si consideri che anche i battisti moderni amano far risalire le loro origini prevalentemente al Puritanesimo inglese e solo in parte all’anabattismo, tra l’altro, quello moderato e pacifista del mennonismo olandese e tedesco.
Anche il grosso del movimento pentecostale e carismatico non è figlio di questa mentalità, ma delle chiese storiche. Le sue radici infatti sono soprattutto nel risveglio wesleyano, movimento che nasce all’interno della Chiesa Anglicana. Il pentecostalismo nasce all’interno delle chiese esistenti come istanza di risveglio e di restaurazione, non di rifondazione.
Dietro certi ragionamenti di alcuni fratelli, anche nel nostro paese, c’è presente, magari inconsapevole, questa mentalità. Manca il senso di come il Signore ha operato nella storia. Anche se dunque si tratta per il momento di una battaglia minoritaria nel nostro paese, vale la pena di farla. Il futuro dovrebbe chiarire i termini della questione.
In tutto il corso della storia, Dio non si è mai lasciato senza testimoni. Il che non significa che fossero sempre perfetti o in tutto ortodossi, ma avevano ben saldo il fondamento della fede, un rapporto vivente con la Parola, la conversione a Gesù Cristo come il Signore e Salvatore della loro vita.
La discriminante dell’anticattolicesimo
Uno degli “svantaggi” maggiori per la formazione di una parte cospicua dell’Italia “evangelica” è stato l’arrivo da noi, comprensibilmente, di alcuni dei missionari tra i più anticattolici! Intendiamoci, questa è stata anche una grazia …! Io, per esempio, mi sono convertito attraverso la testimonianza di missionari chiaramente anticattolici. Dio ha certamente usato quei fratelli, alcuni dei quali continuo a considerare per tanti aspetti come miei maestri e punto di riferimento. Però in genere, questo fatto – determinato dalla presenza fino a qualche anno addietro di un Vaticano con logiche costantiniane e dalla prevalenza di un cattolicesimo curiale, superstizioso e anti-protestante – ha reso un cattivo servizio al mondo evangelico italiano.
Se c’è una cosa su cui gli evangelici italiani sono d’accordo, è l’anticattolicesimo! È una sorta di tabù, una sorta di silenziosa conventio ad excludendum. E funziona in modo trasversale, rafforzata come è dalle correnti di anticlericalismo e laicismo che scorrono nella cultura protestante italiana. Di tutto il resto si può discutere … Sentite l’assurdo e il paradosso del mondo evangelico italiano! Si possono avere riserve sulla Trinità e sul peccato originale, mettere in discussione l’autorevolezza e l’attendibilità della Scrittura in alcune o in tutte le sue parti e il concetto di Dio nell’Antico Testamento, professare dottrine completamente estranee al cristianesimo storico e main line, e comunque essere tranquillamente accolti al tavolo della comunione. Se invece dialoghi, pur nella sicurezza ed ortodossia della tua identità evangelica, col mondo cattolico, sei vicino ad essere messo fuori!
Dobbiamo renderci conto di queste dinamiche. Questo ci aiuterà a comprendere meglio le ragioni dei fratelli. E reggeremo meglio alle pressioni della famiglia spirituale alla quale, tuttavia, apparteniamo. Allora credo che, pur riconoscendo di far parte di questa famiglia, dobbiamo stare all’interno di essa con uno spirito redentivo, portando il contributo della nostra spiritualità e sapendo che ci sono ragioni valide per essere quello che siamo.
Una spiritualità pentecostale
La nostra spiritualità, poi, oltre ad essere cristiana ed evangelica, è pentecostale. Abbiamo fatto l’esperienza del battesimo dello Spirito Santo, che è diventato per noi un momento molto importante del nostro essere cristiani ed evangelici. Tuttavia, non vogliamo usare questo come una clava per dividere la chiesa di Cristo, come fanno alcuni. Crediamo che sia un dono per tutta la chiesa, per ridare vita e unità al Corpo di Cristo.
Come ha dimostrato la storia di questo secolo, non è necessario essere “chiesa pentecostale” per ricevere il battesimo nello Spirito Santo: c’è chi ha fatto questa potente esperienza nelle chiese della Riforma e nella chiesa anglicana, e da ultimo (1967) anche nella Chiesa Cattolica. Non bisogna essere in un “contenitore evangelico” per nascere di nuovo ed essere battezzati nello Spirito Santo.
Si può essere poi guidati a uscire dai contenitori storici. E quando le persone in ricerca si rivolgono a noi, possiamo incoraggiarle in tutta correttezza e onestà a lasciare i vecchi contenitori, come d’altronde abbiamo fatto anche noi. Ma pensiamo che non solo sia possibile, ma sia ormai un fatto, che le Chiese storiche siano state e siano visitate e che al loro interno ci siano persone che hanno veramente conosciuto il Signore. Poi alcuni le lasciano, mentre altri vi rimangono.
Verso la pienezza
Altro elemento importante della nostra spiritualità è quello che abbiamo definito della “restaurazione”; il “peso” cioè di recuperare quanto è andato smarrito, tornando alle radici del cristianesimo per scoprire e ristabilire ciò che è stato dimenticato e andando verso la pienezza per contribuire alla preparazione di quella sposa gloriosa che deve accogliere lo Sposo al culmine della storia. Questo processo ci ha imposto un riesame della Scrittura e della storia, con la Scrittura che illumina la storia, e viceversa la rilettura della storia che ci aiuta a capire meglio la Scrittura.
Riconciliazione
Abbiamo poi sottolineato il tema della riconciliazione come scopo ultimo dell’opera di Dio, che in Cristo va verso tutto l’universo. L’orizzonte di Dio è infatti l’universo, non soltanto la chiesa. Attraverso la chiesa, che è il Suo strumento fondamentale, Egli vuole riempire tutte le cose con la Sua presenza. E la riconciliazione è non soltanto lo scopo finale di Dio, ma anche il Suo metodo: è sempre questa la categoria che Egli usa. Perciò è anche il metodo del cristiano, del ministro di Dio: il cristiano è chiamato ad esser sempre redentivo, vuole sempre portare riconciliazione, sia che si tratti della famiglia, della comunità, delle chiese, delle denominazioni, del mondo, della cultura o di qualsiasi altro aspetto della vita. Noi, come cristiani, dobbiamo sposare questo metodo fondamentale di Dio. Il fine, il mezzo e l’orizzonte in cui si muove il cristiano è la riconciliazione. Il cristianesimo è caratterizzato dall’apertura, dalla donazione, dall’abbraccio verso gli altri.
La chiesa
L’ultimo tema che caratterizza la riflessione del nostro movimento è la chiesa, che noi crediamo, insieme al Credo di Nicea/Costantinopoli, “una, santa, cattolica e apostolica”. In questo siamo profondamente evangelici, perché è questa la fede della chiesa primitiva. La Chiesa è cattolica, cioè universale, perché comprende tutti quelli che sono nati di nuovo, tutti i figli di Dio. (La Chiesa Romana invece – che piaccia o no ai cattolici – è una denominazione, e deve imparare sempre più a percepirsi non più come “la chiesa” ma come una parte della chiesa, una confessione fra le altre). L’adesione nominale a questa o a quella chiesa non conta: la vera chiesa è fatta degli “Isacco” e non degli “Ismaele”. Nelle chiese ci sono molti Ismaele, ma gli Isacco sono chiamati a venire insieme per formare una chiesa visibile: “Da questo tutti conosceranno tutti che siete miei discepoli”: quando vedranno, toccheranno e sentiranno.
Visione e opera
Con questa “visione” siamo chiamati ad avere comunione ed eventualmente a influenzare, non a invadere ed espropriare gli spazi di operazione di altre famiglie spirituali, a meno che i loro membri non si sentano chiamati a rispondere alla nostra stessa vocazione. Non abbiamo una strategia di strappare chiese ad altri, ma di proporre serenamente la nostra spiritualità. Se poi qualcuno abbraccia questa visione, perché la ritiene profetica per la nostra generazione a beneficio di tutta la chiesa, potrà decidere di promuoverla all’interno delle propria famiglia spirituale, oppure di lasciarla e venire con noi. Questa è la nostra attitudine.
Per quanto riguarda invece l’opera, siamo chiamati a lavorare nelle situazioni di cui abbiamo cura per dare espressione concreta alla nostra visione. Mentre per la visione parliamo in termini di influenza, per quanto riguarda l’opera parliamo di costruzione, del lavoro cioè che siamo chiamati a fare insieme. Siamo chiamati a costruire delle comunità che incarnino la visione e la spiritualità che Dio ci ha affidata: a tradurla in termini visibili, tangibili e misurabili, prima nel nostro stile e modo di essere, poi nelle strutture e nell’organizzazione.
Costruire insieme
Per rendere concreta la visione che Dio ci ha data, dobbiamo comprendere che siamo impegnati tutti a costruire lo stesso progetto. Occorre che impariamo a metterci in discussione e a fare il trapasso dalle varie esperienze che viviamo oggi a quello che è il nostro obiettivo. Certo, c’è spazio per le variazioni di stile e di ministero; ma c’è un progetto, un obiettivo comune da costruire nelle nostre comunità in modo da essere percepiti come la stessa realtà. Chi viene in contatto con noi deve avere la chiara sensazione di stare con la stessa famiglia. Questo senso di essere “famiglia spirituale” fa parte della vocazione, per cui è importante comprendere gli spazi della comunità locale e quelli del progetto comune. La comunità locale porta il suo contributo specifico nella propria città, ma fa parte anche del progetto comune. “La cosa di cui facciamo parte è più grande della parte che svolgiamo in esso”. Come questo è vero per gli individui nella chiesa locale, così lo è anche per le comunità all’interno del movimento generale. Le chiese sono lo strumento visibile del messaggio che siamo chiamati a comunicare, quindi dobbiamo sforzarci di aderire quanto più possibile alla visione che Dio ci ha dato e di costruirla nelle nostre realtà locali.
Un governo unitario
È per questo che è necessaria unità di governo. Il governo apostolico è uno strumento per costruire l’unità del progetto e guidare tutti nella stessa direzione. Immaginate se per costruire un palazzo ci fossero tre architetti o tre direttori del lavoro, senza che si sapesse chi debba decidere! È necessario che qualcuno abbia la parola finale, c’è bisogno di un capo (oggi una parola impopolare …!). Come Cristo è capo della chiesa, e il marito è capo della moglie, così il disegno di Dio prevede che dovunque ci sia un’aggregazione di uomini, una comunità, un progetto, c’è bisogno di unità di leadership. A questa esigenza risponde il governo apostolico.
Ciò non significa che non ci sia un lavoro di squadra. Le due cose sono perfettamente coniugabili: unicità di direzione e pluralità della guida. Nella famiglia lavorano insieme marito e moglie; nella Trinità ci sono Padre, Figlio e Spirito Santo; nel ministero terreno Gesù era affiancato dai dodici apostoli. C’è sempre una pluralità che si coniuga con la direzione e l’unità. L’apostolo è chiamato a lavorare in squadra con altri ministeri e ad entrare in rapporti di impegno e di responsabilità con altri apostoli e squadre apostoliche.
Ministeri e uffici
Nella chiesa, oltre ai ministeri ci sono anche gli uffici, e le due funzioni non necessariamente coincidono. È possibile essere un grande profeta, un evangelista o un insegnante senza per questo essere automaticamente un presbitero. Non mi risulta, per esempio, che Billy Graham abbia qualche ufficio in una chiesa locale. Mi risulta invece che Carlos Annacondia abbia ricoperto solo l’ufficio di diacono nella sua chiesa locale.
Gli uffici sono quelli dell’apostolo, del presbitero e del diacono.
Presbiteri e diaconi sono ordinati dall’apostolo, cui sono sottomessi e al quale rendono conto per il governo e la gestione della chiesa locale.
Quando sottolineiamo questo elemento “verticale”, potrebbe sembrare che smarriamo il senso di “famiglia”. Invece no, perché tutto viene costruito sulla comunione e sui rapporti, che sono il fondamento del Regno di Dio. Dopo di che sono altrettanto necessarie giunture e articolazioni. Ma per il corpo rimane fondamentale lo spirito, cioè la vita; poi ci sono le ossa, i muscoli, eccetera.
Eredità e territorio
Infine, dobbiamo guardare all’eredità, alla continuazione della famiglia, ai figli spirituali. Anche all’interno delle nostre realtà spirituali e comunitarie è necessario che il cuore dei padri vada verso i figli, e quello dei figli verso i padri. Per preparare un popolo ben disposto! I padri siano d’esempio per i figli, i figli rispettino i padri, si coltivi il senso di alleanza e di un progetto comune e una cultura dell’apertura del cuore, del rispetto e dell’ascolto. Per farsi ammaestrare. Che dice sempre: “Dammi di più, dimmi di più, fammi capire …” Alcuni figli sembrano avere l’unica preoccupazione di farsi dire i requisiti minimi indispensabili per restare in casa: rientrare entro l’una di notte, tenere in ordine la propria camera … Ma non è questo lo spirito del figlio saggio! Egli vuole fare il meglio, vuole piacere al padre. Anche nelle nostre chiese è necessaria questa saggezza.
“Famiglia spirituale” significa rapporti, cura, discepolato; ma significa soprattutto aver recepito il cuore dei padri, di coloro che hanno prima di noi camminato con Dio. I padri hanno dunque la responsabilità di essere un esempio per i figli, di trasmettere loro la visione, non solo a quelli che hanno già il nostro cuore, ma anche a quelli nei quali deve ancora nascere. Io sono convinto che nelle nostre chiese ci sono uomini e donne, giovani e bambini che desiderano di più, che hanno magari già la nostra dottrina, ma ai quali dobbiamo trasferire la nostra visione, il nostro “peso”, il nostro cuore. Così formarli e plasmarli. Dobbiamo assicurarci una discendenza! Io vorrei, con l’aiuto di Dio, non solo un Isacco, ma più Isacco.
Il discorso del territorio è invece legato al paese intorno a noi, alla conquista e alla missione. Ogni famiglia è chiamata a dominare: è il mandato di Dio per ogni famiglia, naturale e spirituale. Abbiamo davanti a noi la frontiera sulla quale avanzare, i territori di cui impossessarci. Possono essere spazi spirituali o culturali, ma sono anche città e comunità. E dobbiamo elaborare gli strumenti adeguati per una sfida che comprende l’evangelizzazione, ma anche tante altre cose: l’intercessione, perché è una battaglia spirituale; la televisione, gli Istituti di cultura, le scuole, che sono strumenti di pre-evangelizzazione. Dobbiamo liberare sempre più figli che abbiano la stessa visione e la stessa vocazione, e conquistare il territorio intorno a noi.