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di Charles Farah
La vita di tanti cristiani è stata mandata in rovina dalla cattiva teologia. Mi riferisco a quelle teologie che affermano, tra l’altro: “I miracoli non sono per oggi”; “Il nemico non può fare niente contro un credente, siamo fuori della sua portata”; “Tutte le persone per le quali si prega devono guarire, dal momento che l’unica condizione per la guarigione è la fede”. E potremmo continuare l’elenco.
Ecco un esempio “classico” di cattiva teologia: “Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto: ‘Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra’»” (Matt. 4:5-6).
In questo brano della Scrittura, vediamo il nemico tentare Gesù. Satana, il tentatore per eccellenza, avrebbe potuto ricorrere a tanti altri tipi di tentazione – per esempio, i peccati sensuali o l’orgoglio spirituale – ma egli mirava al peccato della presunzione. È strano il fatto che si parli così poco di questo peccato, dal momento che è oggi uno dei problemi più prevalenti nel corpo di Cristo.
Il diavolo diceva, in effetti: “Se tu sei il Figlio di Dio, allora dimostralo buttandoti giù dal tempio”. Ciò sarebbe stata una scorciatoia, un modo di attirarsi subito l’attenzione della gente. Gesù si trovava sulle difensive. Satana ben sapeva che l’arma vincente del suo avversario era la Parola di Dio, perciò citò un testo biblico a sostegno della propria proposta: “Egli darà ordini ai suoi angeli a tuo riguardo …” Ecco il peccato della presunzione.
“Sta scritto …”
Ringrazio Dio per quella sana tradizione che dice: “Un solo brano della Scrittura non è sufficiente, bisogna conoscere tutto il consiglio di Dio”. Per poter procedere nella strada giusta, dobbiamo conoscere e capire tutto ciò che Dio ha da dire su un determinato argomento. Il diavolo conosce l’intera Bibbia a memoria, e sa anche come usarla per metterci nei guai.
Notate con quale precisione, nel nostro caso, egli cita il Salmo 91:11: “Egli comanderà ai suoi angeli di proteggerti …”, avendo cura di omettere le parole che seguono: “… in tutte le tue vie”. Tale espressione delimita il campo d’applicazione della promessa, dicendo che Dio ti proteggerà in tutte le vie ordinarie della tua vita. Senza di essa, Satana ne può fare invece un assoluto, suggerendo; “Puoi salire in cima al tempio e buttarti giù, perché comunque Dio ti proteggerà”.
Satana voleva far credere a Gesù (ed anche a noi) che qualunque cosa avesse fatto, Dio sarebbe stato in obbligo di proteggerlo. Il Signore ha permesso che molti di noi sopportino le tragiche conseguenze dei nostri errori. L’esperienza ci insegna che la protezione divina non si applica in tutte le situazioni.
All’altro estremo dal peccato di presunzione, c’è quello dell’incredulità. Nel mezzo si trova la “via per eccellenza” della fede. Gesù viveva nel regno della fede e conosceva tutto il consiglio di Dio, perciò rispose alla tentazione del diavolo: “È altresì scritto: «Non tentare il Signore Dio tuo»” (Matt. 4:7). Intendeva dire che, gettandosi giù dal tempio, avrebbe peccato di presunzione, tentando il Signore Dio. Nemmeno Lui, il Figlio di Dio, poteva agire così.
Spesso abbiamo vestito i panni dell’avvocato del diavolo, dicendo alle persone di saltare giù dal tempio. “Ho pregato per te, ora togliti gli occhiali, sei guarito. Non importa se sulla patente c’è scritto che li devi portare e se ancora non ci vedi bene!” Oppure: “Siccome abbiamo pregato, sei guarito dal diabete. Non prendere più l’insulina, anche se ci sono sempre i sintomi. I sintomi sono bugiardi”. Io ho visto dei “sintomi bugiardi” tradursi in una tragica realtà e causare incalcolabili danni alla causa di Cristo. Ecco perché è vitale comprendere tutto il consiglio di Dio.
Rhema e Logos
Ci sono due parole greche che dovrebbero gettare luce sulla differenza tra “fede” e “presunzione”: rhema e logos. Entrambe vengono tradotte “parola” nel Nuovo Testamento. Karl Barth così descrive la differenza tra loro: “Rhema è la parola di Dio a te; logos è la parola di Dio universale”.
In Romani 10:17, un versetto che amiamo citare, è scritto: “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo”, il testo greco dice: “rhema di Cristo”, cioè, la parola di Dio indirizzata a te. Voglio illustrare il significato di ciò. Quanti fra noi ci siamo convertiti a Cristo la prima volta che abbiamo ascoltato l’annuncio del Vangelo? La maggior parte di noi l’ha sentito molte volte, prima di ravvedersi e credere. Poi è venuto il momento in cui Dio ci ha parlato, la Sua parola è penetrata nel nostro spirito: il logos è diventato rhema.
La Bibbia, i Dieci Comandamenti, i Vangeli sono tutti logos, cioè la Parola universale di Dio, indirizzata a tutti gli uomini. Gesù Cristo è il logos perfetto per tutti gli uomini in ogni tempo. Egli non cambia mai, è sempre lo stesso. Ma prima che il logos possa farci del bene, deve diventare rhema. Alcuni tra voi possono avere letto la Bibbia, senza che avesse per voi il minimo significato. Era logos. Poi, un giorno, si è “vivificata”: l’avete sentita come una parola per voi: è diventata rhema.
Possiamo applicare questo concetto in tre campi nei quali i credenti hanno spesso difficoltà a trovare il giusto equilibrio nella loro vita: la guida di Dio, la guarigione e la profezia.
LA GUIDA DI DIO
Di solito, non è necessario fare molte esperienze nella vita cristiana per capire che la parola che il Signore dice a noi può essere diversa dalla parola che Egli dà a un’altra persona. La guida di Dio non è la stessa per me e per gli altri.
Ci sono nel Nuovo Testamento due bellissimi esempi di questo. Il primo, in Matteo 14:22-33, è il racconto di Pietro che cammina sull’acqua. I discepoli avevano passato una giornata estenuante, servendo i bisogni della moltitudine. Verso sera, Gesù dice loro di prendere la barca e salpare sul Lago di Galilea verso casa, mentre egli se ne va a pregare. La barca non è ancora molto distante dalla riva quando si scatena una tempesta. I discepoli prendono a remare con tutte le forze, ma sembra che stiano per soccombere sotto la furia del vento e delle onde.
E, come se non bastasse, verso le tre di mattina, ecco apparire un fantasma! Esterrefatti, i discepoli sono presi dal panico e si mettono a gridare, ma Gesù li rassicura dicendo: “Non abbiate paura, sono io!” A questo punto, Pietro si fa un po’ coraggio e dice: “Signore, se sei veramente tu, dimmi di venire da te”. (Non so se Pietro pensasse veramente di poter camminare sull’acqua, ma chiese lo stesso!). E Gesù gli rispose: “Vieni!”.
Ora, è qui il punto del nostro racconto. Chi venne da Gesù, camminando sull’acqua? Simon Pietro! Nessuno degli altri discepoli uscì dalla barca: erano più che contenti di lasciarlo fare da solo! Quando Gesù disse “Vieni!”, era chiaramente un rhema per Pietro e per nessun altro. E infatti, mai nessun cristiano se l’è sentita di affermare, in base a questo versetto: “È chiaro l’insegnamento biblico: non abbiamo più bisogno di barche, possiamo tutti camminare sull’acqua”. Sarebbe assurdo! Si trattava di un rhema per Pietro e per lui soltanto.
Il secondo episodio riguarda sempre Pietro, e si trova in Giovanni 21:18-22. Molto brevemente, il brano ci presenta Gesù con i suoi discepoli vicino al Mare di Galilea, una mattina dopo la resurrezione. Mentre fanno colazione, Egli si rivolge a Pietro e gli dice, in sostanza: “Ho una parola per te. Verrà il giorno che sarai crocifisso, e non lo accetterai volentieri. Ora, seguimi”. Pietro domanda: “E che ne sarà del mio amico Giovanni?” Gesù gli risponde: “Quella non è cosa che ti riguarda; tu seguimi”.
Il rhema di Gesù per Pietro non era riferito anche a Giovanni. Egli aveva una parola personale per ciascuno dei due, e dovevano badare solo a seguire il Pastore. La guida di Dio per te e per me può non essere uguale, ma abbiamo in comune una cosa: il fatto di sentire la voce del Pastore.
Durante un viaggio in Scozia, ho appreso come possono essere stupide le pecore. Credetemi, non è assolutamente un complimento per noi essere chiamati “pecore”! Esse si impigliano nei recinti; se una salta giù dalla rupe, tutte le altre sono pronte a seguirla. Ma nonostante la loro stupidità, le pecore sanno fare una cosa: seguire la voce del pastore. È la voce del nostro Pastore che dobbiamo imparare a sentire per conoscere la volontà di Dio per noi.
Discussioni
Mentre leggiamo o ascoltiamo la parola (logos) di Dio, dobbiamo chiederci: “È questa la parola (rhema) di Dio per me?” Altrimenti, potremmo cominciare ad esortare il Signore: “Guarda, è nella tua Parola, lo devi fare, è scritto nel libro!” Così diceva anche il diavolo: “Sta scritto nel Libro, Gesù. Se tu credi nel Libro, ti butterai giù dal tempio”. Noi possiamo innalzare le nostre convinzioni al di sopra di Dio stesso, dicendo: “Dio, è scritto qui nel libro, deve per forza avvenire”. Può darsi che scoprirete, come ho scoperto io, che non sempre funziona così! Ho litigato con Dio quando le cose non andavano secondo le regole. “Dio, se io avessi un figlio che stesse facendo tutto il possibile per servirmi, non lo tratterei come tu hai trattato me!” Dimenticavo il modo in cui Dio ha trattato il proprio Figlio. Le cose che fa Dio talvolta non sembrano “giuste”.
La gloria dell’uomo è di camminare eretto, guardare in su verso il cielo e presentare il suo caso davanti al suo Creatore. Ma la sua gloria può essere anche il suo errore, come nel caso dei “teologi” amici di Giobbe. Essi avevano rinchiuso Dio nella scatoletta dei loro sillogismi, dicendo: “Un uomo giusto non soffre. Giobbe, tu stai soffrendo. Perciò, non sei giusto”. Cattiva teologia! Le “formule” mi spaventano da morire.
Ricordate come andarono a finire Giobbe e i suoi amici? Quando Giobbe vide Dio, disse: “… Ora l’occhio mio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere” (Giob. 42:5-6). Poi Dio gli disse: “Offri un sacrificio per i tuoi amici, perché hanno peccato presuntuosamente contro di me”. Il peccato della presunzione: mettere Dio nella tua scatoletta!
Ho vissuto per un certo tempo l’esperienza di Giobbe, e la lezione che Dio mi impartì durante quel periodo riguardava la Sua sovranità. La chiave del libro di Giobbe è in Giob. 33:12, dove è scritto semplicemente: “Dio è più grande dell’uomo”. Dio fa come vuole, e nessuno glielo può impedire.
Dobbiamo comprendere qual è la nostra posizione sotto la sovranità di Dio. Gesù, giunto alla fine del suo cammino, si inginocchiò nel Getsemani e pregò. Quando anche noi ci inginocchiamo e preghiamo Dio di guidarci, dobbiamo offrire una preghiera più elevata di: “Che cosa sarebbe giusto?”, o: “Perché questo mi sta accadendo?” Dobbiamo chiedere piuttosto: “Qual è la tua volontà, Signore?” E se dovessimo arrivare alla posizione in cui Gesù si trovava nel Getsemani, dobbiamo imparare a chinare il capo e dire: “Non la mia volontà, ma la tua sia fatta”.
LA GUARIGIONE
Questo è un soggetto che ha causato grossi problemi, perché molte cose che “dovrebbero” funzionare non dànno i risultati sperati. A volte le persone guariscono, altre volte no.
I ragionamenti prendono questa forma: La guarigione è compresa nel sacrificio di Cristo? In Isaia 53:4 è scritto: “Erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato … e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti”. Non ci sono dubbi, deduciamo: la guarigione è compresa nel Suo sacrificio. E, tenendo presenti questi versetti, rinchiudiamo Dio nel nostro piccolo schema logico che dice così: “La guarigione è compresa nel sacrificio di Cristo. La fede è la chiave che dà accesso alla guarigione da Gesù. Siccome io ho pregato per te in fede, tu sei guarito … giusto?” Ma non funziona necessariamente così: ci sono in gioco altri fattori, prima di avere il quadro completo.
È una grande tragedia che abbiamo posto sotto condanna tanti figli di Dio, dicendo loro: “Non sei stato guarito perché non hai avuto fede”.
Presunzione …
Un mio amico entrò in una casa dove una bambina stava morendo di leucemia. Egli possedeva il logos: stava scritto nel Libro, quindi la bambina doveva guarire! Disse allora ai genitori di non preoccuparsi affatto, pregò per la bambina e se ne andò, lodando Dio. Dopo venti giorni, la bambina morì. Il mio amico entrò in una crisi spirituale che durò per sei mesi.
Poco fa, sono ritornato da una città dove uno dei nostri giovani laureati della Oral Roberts University ha vissuto una terribile esperienza spirituale. Si era unito alla sua chiesa un uomo che seguiva il tipo di teologia che dice: “La fede, se esercitata, salverà sempre il malato”. Quest’uomo pregò per un certo professore, un credente ripieno di Spirito Santo, che era diabetico; poi gli disse: “Sei guarito, smetti di prendere l’insulina”. Questo avvenne un giovedì.
La domenica l’uomo, invece di essere guarito, era quasi morto, e sua moglie era fuori di sé per la paura. Quando l’uomo che praticava questo tipo di “fede” tornò a trovarli, vide la donna prostrata a terra e cominciò a “cacciare demoni” da lei. Al professore, ormai quasi moribondo, disse: “Non ti preoccupare, starai bene”. Alla fine, il mio amico intervenne e accompagnò il professore all’ospedale appena in tempo: un’altra ora e sarebbe morto. Egli è convinto che quell’uomo l’avrebbe lasciato morire.
… e fede
La cattiva teologia è un padrone crudele. Se, però, Dio ti dà un rhema, puoi essere sicuro che si adempirà.
Qualche tempo fa, la giovane moglie di un professore della nostra università telefonò a mia moglie. Era appena tornata da una visita medica e si sentiva fortemente scossa. Dopo aver compiuto tutti i test, il dottore le aveva detto: “C’è un’ostruzione nel suo cuore. Non sappiamo quanto sia grande, ma bisogna esaminarla, quindi le praticheremo un angiogramma. Questa procedura di per sé può provocare un infarto, e lei deve capire il rischio che comporta”.
Già mentre ascoltavo la telefonata, una parola, un rhema, fu comunicata al mio cuore di mia moglie. “Cara, non le succederà niente di male”, dissi. Andammo a trascorrere una serata con quella coppia, e insieme fummo rinfrescati nello spirito. Dopo che avemmo pregato, ella domandò: “Credi ancora che non mi succederà niente?” “Sì”, risposi con decisione.
Durante la notte, sia io che mia moglie fummo svegliati separatamente per intercedere per lei. L’indomani, il preside Roberts andò a trovarla. “Non era necessario che io venissi, non ti succederà niente”, le disse. La parola era stata confermata da due testimoni.
Quella notte, all’ospedale, dovette affrontare il terrore per l’intervento chirurgico della mattina seguente. Non so spiegarlo, so soltanto che Dio mi fece partecipare a quel terrore, e pregai specificamente che durante l’angiogramma non sentisse paura. Dio esaudì la preghiera e lei fu riempita di una pace perfetta.
Quando il dottore uscì dalla sala operatoria dopo l’intervento, ci disse che il risultato era molto incoraggiante: non avevano trovato nulla. Le radiografie ne diedero un’ulteriore conferma, ed egli riferì più tardi che non c’era nessuna ostruzione. Non aveva spiegazioni. La nostra sorella aveva un cuore perfetto, e fu dimessa dall’ospedale.
Ora, questo fu un rhema. Non avevamo avuto bisogno di cantare 29 strofe di “Abbi fede nel Signore” per suscitare la fede: era un dono di Dio. Io non c’entravo proprio. Come possiamo sapere che questo fu un rhema? Perché i fatti lo dimostrarono. Dio era all’opera. Egli parlò ed Egli guarì.
Prima di dire a qualcuno “Sei guarito!”, dobbiamo essere sicuri di avere una parola da parte del Signore. Molte volte le persone guariscono perché esercitano la loro fede in Dio. Ma Marco 11:22, letteralmente tradotto, dice: “Abbiate la fede di Dio!” Esiste quindi anche la fede di Dio. Quando Dio pronuncia un rhema, esso deriva dalla Sua fede in Se stesso, la quale è capace di spostare le montagne. Questo tipo di fede è incrollabile, non importa quali siano le circostanze, perché ci viene impartita da un Dio sovrano ed onnipotente.
LA PROFEZIA
Le profezie sono normalmente parole date per un tempo e per una situazione particolare, e quindi fanno parte della categoria rhema. Ecco perché dobbiamo stare molto attenti prima di pubblicare riviste piene di profezie. Esse, per quanto possano essere autentiche, sono state date da Dio ad una particolare assemblea per un particolare momento e situazione, e non hanno solitamente validità universale.
Può essere lecito dare ascolto a profezie fatte circolare di gruppo in gruppo, a condizione che trovino risonanza nel tuo spirito; ma il modo normale di ricevere una parola profetica è quello descritto in 1° Corinzi 14: essa viene data a un’assemblea particolare, e va giudicata da altre persone dotate di discernimento spirituale presenti in quel momento in quell’assemblea. Le parole comunicate da altri gruppi possono invece non adattarsi a ciò che sta succedendo nella tua chiesa locale.
Spesso possiamo pronunciare parole profetiche senza rendercene conto. Una volta, ero ospite in casa di un pastore presbiteriano in una città della Florida. Nel corso di uno scambio di vedute con lui e la moglie sull’argomento delle guarigioni, dissi loro: “Fratello, può darsi che tu soffra di mal di schiena e tua moglie di artrosi, ma quando il Signore vi guarirà, sarà un dono di guarigione per ciascuno di voi”.
Più tardi, dopo che entrambi avevano ricevuto un meraviglioso battesimo nello Spirito Santo, la moglie mi disse: “Una delle cose che ci ha convinti della realtà di questo battesimo è stato ciò che dicesti della mia artrosi e del mal di schiena di mio marito. Non c’era alcun modo in cui avresti potuto saperlo, se non da Dio”. Era stata una parola di conoscenza, ma lì per lì non me ne rendevo conto. È questo il significato di 1° Corinzi 14:25 quando dice: “I segreti del suo cuore sono svelati”.
Giudicare
La profezia “personale” è il terreno in cui più spesso incontriamo delle difficoltà. Direi che dal 60 al 70 per cento delle “profezie” rivolte a me personalmente nel corso della mia vita – molte delle quali parlavano di tempi e di dettagli particolari – non si sono poi verificate. Talvolta le persone dicono: “Voglio una parola di profezia da questo o da quel fratello”. Spesso invece la parola del Signore è: “Cercami tu”; ma non la sentiamo, perché siamo così occupati a correre a destra e a sinistra.
Non mi dovete fraintendere. Credo nella possibilità delle profezie personali, ed io stesso ne ho ricevuto alcune valide. Poco fa, una profezia data da uno degli anziani della nostra comunità mi avvertì di stare attento ad “Elima il mago” quando sarei andato in un determinato luogo (cfr. Atti 13:6-11). Arrivai là, ed eccolo, Elima il mago in persona … solo che era una donna. Quella parola profetica mi aiutò a capire una situazione particolare. Ma normalmente la profezia viene a confermare qualcosa che già in qualche modo avvertiamo dentro di noi. È pericoloso seguire le sue direttive senza avere altra conferma.
Nella Chiesa, lo Spirito sta nella comunità dei credenti, e questa comunità – in modo particolare, i responsabili e gli altri profeti presenti (1° Cor. 14:29) – ha il diritto di giudicare le profezie. È necessario esaminare le profezie che vengono date e qualche volta respingere quelle che non sono dello stesso spirito dell’adunanza.
Una volta, in una meravigliosa atmosfera di lode, una ragazza uscì con una profezia che esprimeva una terribile condanna: “Voi similmente dovete ravvedervi o andrete all’inferno”, gridò.
Dovetti dire: “Mi dispiace, ma non accettiamo queste parole come un messaggio da Dio”. La signorina e i suoi seguaci si alzarono e uscirono dalla sala … confermando così che quelle parole effettivamente non erano da parte del Signore, perché al Corpo viene dato il diritto di giudicare.
Se qualcuno ha una parola per te, chiedigli se ha qualche obiezione a sottoporla all’assemblea perché sia giudicata. Se rifiuta, non è un vero profeta. Un vero profeta dirà: “Certo, giudichiamola”. Se la parola viene confermata, allora è una profezia autentica.
Il Signore ci sta chiamando a vivere con sobrietà e integrità, imparando ad ascoltare la Sua voce in queste tre sfere. Gesù fu tentato, come lo siamo noi, a peccare di presunzione, ma Egli non cedette. Dobbiamo anche noi distinguere tra il logos, che è universale eterno ed oggettivo, e il rhema, che è particolare, temporale e soggettivo.
Questo articolo tradotto e ristampato per gentile concessione dell’autore. Tutti i diritti sono riservati.
Laureato presso la Fuller Theological Seminary e l’università di Edimburgo, il dott. Charles Farah è professore di teologia e storia presso la Oral Roberts University di Tulsa, USA.