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di Terry Virgo
Prima che si costruisca un edificio nuovo al posto di uno vecchio, la squadra di demolizione deve togliere la vecchia struttura per porre un solido fondamento nuovo. Così è anche quando si tratta di costruire una vita.
“Ma Signore, perché l’hai lasciato andare? È un uomo influente e ricco, è venuto da te, ti ha riconosciuto umilmente e ha fatto delle domande sulla vita eterna. E ora se ne va! Non avresti potuto parlargli più avanti del giusto atteggiamento verso il denaro?” Ma Gesù lo lasciò andare, perché sapeva che non si può costruire la vita su un fondamento sbagliato. Egli non aveva mai paura di introdurre nel discorso una nota negativa prima di annunciare la buona notizia. Il potente “sermone sul monte” comincia con una benedizione per coloro che fanno cordoglio e per i poveri in spirito: altro che “il potere del pensiero positivo”!
Per poter costruire una vita che glorifichi Dio e che sopravviva alle tempeste, dobbiamo fare attenzione ad abbattere e distruggere la spazzatura sulla quale finora abbiamo costruito. Fino a quando Cristo non è diventato la nostra roccia, tutti noi avevamo posto la nostra fiducia in qualcosa. Forse erano i soldi, oppure la nostra forza di volontà, o la nostra affabilità e simpatia naturale, oppure la nostra capacità intellettuale. Qualunque cosa sia, deve essere sostituito da una fede viva in Cristo quale nostra Roccia.
Le tempeste della vita mettono in evidenza fin troppo spesso il fatto che molti credenti, dopo essersi convertiti, continuano in realtà a costruire la loro vita sul fondamento sbagliato. Quello che sembrava sicuro sotto un cielo sereno si rivela profondamente inadeguato nel giorno della tempesta.
Com’è possibile evitare di veder crollare, appena viene la prova, dei credenti che sembravano andare bene? Come faceva Gesù, dobbiamo abbattere prima di ricostruire.
Autosufficienti?
La fiducia in noi stessi deve subire un drastico intervento chirurgico, se vogliamo stare al sicuro nel regno di Dio. Non che il nostro Padre Celeste voglia una famiglia di bambini timidi e insicuri, ma la nostra sicurezza deve essere fondata sulla Sua fedeltà e la Sua potenza, non sulle nostre capacità naturali. Quando confidiamo nelle nostre forze, è possibile trovarci, come Mosè, capaci sì di uccidere un Egiziano, ma affrontare il Mar Rosso è tutt’altra cosa! Quando viviamo veramente per fede, nessun peso dovrebbe risultare più o meno pesante di un altro, perché ciascun peso viene gettato su Dio, il quale ci sostiene del continuo.
A chi è naturalmente forte, il regno di Dio si presenta come una pietra d’inciampo. Una tale persona resiste facilmente alle pressioni quotidiane, perciò la sua mancanza di fede in Dio non viene alla luce finché non si trovi in una situazione apparentemente impossibile. Poi, all’improvviso, le sue risorse si esauriscono e non riesce ad andare avanti. Solo allora scopre che non stava per niente vivendo come un tralcio che dimora nella Vite.
Spesso non crediamo a due dichiarazioni bibliche importanti, cioè le parole del nostro Signore: “Senza di me non potete fare nulla” (Giov. 15:5), e la Sua promessa che “ogni cosa è possibile a chi crede” (Mc. 9:23). Piuttosto, viviamo nella zona intermedia dell’abilità naturale, basandoci ancora sulle nostre risorse umane. Così emergono i forti e gli estroversi, mentre i deboli e gli introversi restano indietro. Il desiderio di Dio per noi è invece che siamo come Gedeone che “divenne forte in guerra” (Ebr. 11:34). Egli vuole trasformarci di gloria in gloria. Non si accontenta di salvare soltanto la nostra anima, senza vedere cambiato anche il nostro modo di vivere!
Non possiamo permetterci di costruire sul nostro fondamento naturale. Dobbiamo ricominciare da capo, come Zaccheo, che decise di non vivere più per la sua astuzia ma per fede in Gesù e obbedendo ai suoi comandamenti. Controllate ora il fondamento della vostra vita. Quali sono i principi che influenzano le grandi decisioni della vostra vita e il vostro modo di servire Cristo nel mondo e nella chiesa? Tutti conosciamo il gergo, ma la nostra vita è veramente fondata sulle parole di Gesù?
La radice del problema
Dio ha creato l’uomo con un istinto di autopreservazione. Come nel caso degli appetiti naturali, quali la fame, la sete e il desiderio sessuale, non c’è niente di intrinsecamente malvagio neanche in questo istinto, che ci è stato dato per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione della nostra specie. Tuttavia, quando l’uomo cadde nel peccato, tutto il suo carattere fu orribilmente distorto, e quest’istinto naturale prese la forma di un forte egoismo, evidenziato in tutta la nostra società nella filosofia del “badare ai propri interessi”.
Quando io mi sono convertito, questo egocentrismo non ha ricevuto il colpo mortale che avrebbe dovuto ricevere con un ravvedimento profondo. Cominciai invece a costruire una vita cristiana precaria, chiedendo a Gesù di entrare in un cuore diviso, e così iniziarono diversi anni di conflitti interiori che finirono nella delusione e nel crollo totale. Solo così fui portato finalmente a gettare il fondamento che avrei dovuto porre all’inizio. Avevo sprecato degli anni! Come non si può costruire una casa sulla sabbia, così non si può costruire una vita cristiana sul fondamento dei propri interessi. Ma quante persone sono state invitate a fare proprio questo! Ripetutamente gli si è detto semplicemente di ricevere Gesù nel proprio cuore, oppure di credere che Egli è morto per i loro peccati.
Il nostro Signore, invece, non aveva paura di annunciare pubblicamente i termini del discepolato, chiamando gli uomini a seguirLo. Andava subito alla radice del problema, dicendo: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e per amor del vangelo, la salverà” (Mc. 8:34-35).
“Prendere la propria croce” non significa sopportare fatiche e dolori, come molti erroneamente pensano. Ai tempi di Gesù, un uomo che portava una croce aveva poche ore da vivere. Quando dunque Egli invitò gli uomini a “prendere la propria croce”, stava chiedendo loro di deporre la loro vita. Seguire Cristo implica la perdita della propria vita, ed è perciò che la vita cristiana inizia con la sepoltura del nuovo credente nel battesimo.
Il battesimo non è un rito che possiamo scegliere di accettare o meno dopo la conversione: è la sepoltura della vecchia vita, e fa parte della conversione. La Bibbia non ci autorizza a predicare il perdono dei peccati e la vita eterna senza riferimento al battesimo e a tutto ciò che esso significa. Sin dall’inizio della vita cristiana, non apparteniamo più a noi stessi: siamo stati comprati a prezzo (1° Cor. 6:19-20).
Ma, dopo aver posto questo fondamento, dobbiamo anche assicurare che la nostra vita vi sia costruita sopra in modo da durare per l’eternità.
I SEGNI DELL’EGOCENTRISMO
Come possiamo scoprire se il problema fondamentale è stato risolto in modo adeguato? Ci sono varie manifestazioni di egocentrismo che rivelano la nostra vera condizione:
1. “Non è giusto!”
Un credente che sta sempre a insistere sui suoi “diritti” non ha ancora capito la croce. Dobbiamo rallegrarci del fatto che Dio non ci ha dato ciò che meritavamo, perché se l’avesse fatto, saremmo ancora senza Dio e senza speranza, in attesa di un giudizio spaventoso. Invece, Dio ci ha trattati con misericordia e ha versato la sua grazia sopra di noi.
Siamo incoerenti se entriamo per la porta segnata “grazia” e poi, una volta dentro, cominciamo a chiedere “giustizia”. Dio non ci ha mai promesso questo tipo di trattamento! Egli dispone della nostra vita “secondo il mistero della sua volontà”, non secondo il nostro modo di intendere la giustizia. Se dunque non abbiamo deposto la nostra vita e abbracciato la croce, saremo offesi per ogni difficoltà che incontreremo.
Stefano fu lapidato e morì, ma Paolo fu lapidato e tornò in vita. Giacomo morì in carcere ma Pietro fu miracolosamente liberato. Non è giusto, ma nessuno aveva detto che sarebbe stato giusto! Dio non si prostra davanti ad un altro trono più alto del Suo sul quale è scritto “Parità di diritti”. Non c’è nessuna autorità superiore che Gli chieda conto del Suo operato. Dio opera secondo il consiglio della Sua volontà e non deve rendere conto a nessuno. Egli è l’Onnipotente!
Quei credenti indignati che dicono che, una volta in cielo, pretenderanno da Dio la spiegazione di certe apparenti ingiustizie, rimarranno sconvolti. Il loro atteggiamento è probabilmente il risultato di un’evangelizzazione che comincia e finisce con l’uomo e col suo desiderio di sentirsi appagato, che gli promette la pace e la gioia appena decide di invitare Gesù nella propria vita.
A volte ho sentito perfino invitare le persone a “fare una prova di Gesù”. Una predicazione simile ci procura soltanto dei guai, perché così “il dio Uomo” viene esaltato, invece di essere umiliato e abbattuto in un ravvedimento profondo.
Paolo risponde alla domanda “È giusto?” con un’altra domanda: “Chi sei tu che replichi a Dio?… Il vasaio non è forse padrone dell’argilla?” (Rom. 9:20-21). Dobbiamo imparare che Dio è il Giudice giusto su tutta la terra, e che se Gli piace dare lavoro ad alcuni uomini la mattina, ad altri a mezzogiorno o alla fine della giornata e poi dare a tutti la stessa paga, non spetta a noi mettere in dubbio la sua sapienza e giustizia. Possiamo solo adorare, ringraziandolo perché si è degnato di servirsi di noi. Una lingua che critica e si lamenta rivela un fondamento difettoso e fa capire che il vecchio edificio non è stato sufficientemente abbattuto all’inizio.
2. Egoismo in maschera religiosa
Se la motivazione egoistica non è sradicata, può intrufolarsi perfino nel cuore delle nostre attività e delle nostre aspirazioni cristiane. Possiamo impegnarci in ogni genere di lavoro cristiano per nutrire e giustificare il nostro Io.
Devo ammettere che i miei primi tentativi di evangelizzazione di porta in porta e per le strade miravano a soddisfare me stesso più che i miei ascoltatori. Mi sentivo bene alla fine della giornata, non perché qualcuno fosse stato salvato ma perché avevo dimostrato di valere qualcosa. Un pizzico di persecuzione lo rendeva ancora più soddisfacente! Sono così contento di sapere che quando Gesù andò alla croce non lo fece per giustificare se stesso, ma per me.
Anche quegli incontri di preghiera dove si confessa quanto siamo indegni e quanto desideriamo diventare degni possono essere una fonte di atteggiamenti sbagliati verso noi stessi. Il Vangelo ci dice che siamo degni solamente di essere condannati e di morire. La buona notizia è che Gesù ha preso la nostra colpa e la nostra condanna e che Dio ci accetta così come siamo, cioè senza forza e senza valore. Ma questo è troppo umiliante! Abbiamo tutti un forte desiderio di dimostrare il nostro valore. Come i Giudei al tempo di Paolo, vogliamo stabilire una giustizia nostra, invece di rallegrarci della giustizia che Dio ci ha data come dono gratuito.
La grazia ci umilia sempre, ma se accettiamo il giudizio di Dio e abbracciamo con gioia il suo dono, non dovremo mai più lottare per far risorgere il vecchio Io e renderlo degno. Certamente dobbiamo rendere perfetta la santificazione nel timore di Dio, ma dobbiamo farlo sul fondamento giusto. Ricostruire quello che avevamo abbattuto (Gal. 2:18) sarebbe una vera tragedia.
3. “Povero me!”
Forse la manifestazione più triste dell’Io, e la prova più chiara del fatto che ci sono ancora cose da abbattere, è quando lasciamo spazio all’autocommiserazione. Se il diavolo trova tutte le altre strade bloccate, ama tentare questa: “Non c’è nessuno che pensi veramente a te”, ci sussurra all’orecchio. “Nessuno se n’accorgerebbe se mancassi; non hai un solo vero amico in tutta la comunità”.
Che preda facile diventiamo quando ci sentiamo un po’ giù! L’autocommiserazione viene a galla come un pesce che abbocca all’esca. All’inizio, gustiamo il suo sapore, ma poi troviamo l’amo crudele che penetra il nostro spirito e ci lascia amarezza. I nostri rapporti ne sono rovinati e perdiamo la gioia della presenza di Dio.
Gesù non ha mai dato spazio all’autocommiserazione, né quando è stato tentato da Satana nel deserto, né quando portava la croce sul Golgota. Anche sulla croce, i suoi pensieri erano tutti per gli altri. L’invito a prendere la nostra croce e a seguirlo implica un simile atteggiamento di negazione di sè. Dobbiamo rifiutare nettamente di dare ascolto alle Sirene dell’autocommiserazione, per quanto i loro canti siano attraenti e allettanti. Esse ci attirano sempre sugli scogli che possono procurarci danni enormi.
La chiamata a seguire Cristo implica una decisione cosciente di rinunciare a noi stessi, e questo è possibile solo per mezzo della fede. Dobbiamo credere che il giudizio di Dio sul nostro egocentrismo è giusto, e accettarlo. Poi, bisogna avere la fiducia per lasciare tutto nelle sue mani, confidando che Egli ci ama veramente e fa cooperare tutte le cose al nostro bene. Solo così cominciamo a costruire su un fondamento solido.
Finché non siamo radicati e fondati nell’amore, non potremo mai crescere veramente. Potremo magari imparare parole nuove e dottrine nuove, ma la crescita spirituale sarà continuamente ostacolata. Cominceremo a costruire, ma poi il nostro egocentrismo sarà minacciato e cominceremo di nuovo a chiedere i nostri “diritti”, oppure ad essere pieni di rimpianti e di autocommiserazione.
Impossibile senza fede
Una reale fiducia nell’amore del nostro Padre Celeste e nella sua capacità di avere cura di noi è fondamentale, se vogliamo costruire la nostra vita nel modo giusto. “Conservarci nell’amore di Dio” è la base su cui possiamo edificarci nella fede (Giuda 20-21). Quando Gesù fu tentato di agire in modo egoistico, vinse la tentazione perché non dubitò mai dell’amore e della potenza del suo Padre. Anche quando Pilato lo scherniva, aveva la sicurezza che il governatore non aveva su di lui nessuna autorità se non quella concessagli dal Padre (Giov. 19:11). Gesù non aveva bisogno di combattere per se stesso: aveva una fiducia assoluta nel suo Padre ed era totalmente impegnato a fare la sua volontà, anche se questo lo avrebbe portato alla croce.
Solo se abbiamo una fede che non vacilla potremo camminare come camminava Gesù. Egli sapeva che uomini malvagi l’avevano dato nelle mani del potere romano, ma questo non lo portò a vendicarsi. Regnava in mezzo alle avversità. Il suo fondamento era sicuro.
Gesù mise ripetutamente alla prova la stabilità dei suoi apostoli. Avrebbero avuto fiducia in mezzo alla tempesta sul lago? Sarebbero andati in crisi quando disse loro di dare da mangiare alla folla? Ripetutamente essi vennero meno, in preda all’incredulità e alla paura, ma alla fine si compì la sua intenzione per loro.
Prendiamo Pietro, per esempio. Aveva fatto molta strada senza avere il fondamento giusto. Era stato tre anni con Gesù, testimone delle Sue opere potenti e delle Sue parole profonde; egli stesso aveva guarito i malati e cacciato i demoni. Scoprì il suo bisogno di Gesù quando, camminando sull’acqua, incominciò ad affondare. Tuttavia, al momento dell’arresto di Gesù, aveva ancora fiducia in se stesso. Anche se gli altri avessero deluso il Signore, egli non l’avrebbe fatto mai. Quanto fu dolorosa la caduta di Pietro, ma quanto necessaria!
Le qualità della “roccia”, la stabilità e l’affidabilità che Gesù voleva vedere nella vita di Pietro, non potevano fondarsi sulla sua spavalderia, ma sulla grazia e sulla fedeltà del suo Signore. Dopo quell’esperienza Pietro fu cambiato definitivamente. Più tardi la sua fede ricevette la sfida più grande. In carcere, guardando in faccia la morte, non aveva fatto dei progetti per evadere. Non si lamentava che aveva appena iniziato il suo ministero apostolico. Non si domandava “Perché a me?”. Invece, come Gesù nella tempesta sul lago, dormiva tranquillamente e l’angelo liberatore lo dovette svegliare (Atti 12:6). Dio aveva avuto la vittoria sulla sua instabilità. Ora la sua casa era fondata sulla roccia.
Fate il collaudo da voi
La tragedia del fondamento sbagliato è che costa molto caro. Rimane nascosto, e il difetto viene alla luce solo in tempi di grandi difficoltà. La casa potrà essere molto imponente con dei bellissimi ornamenti, ma l’esteriore può ingannare. È possibile perfino ingannare noi stessi … e questo è l’inganno più pericoloso di tutti.
Come puoi sapere se stai sulla roccia o sulla sabbia? È semplice! Il fondamento della tua vita è la parte nascosta: quella nota solo a te e a Dio. Ubbidisci a Dio quando nessuno ti osserva, o solo quando sono presenti altri credenti? C’è una differenza tra il tuo comportamento in pubblico e in privato? Fai delle cose in segreto che non vuoi che altri credenti vengano a sapere? Se è così, fai attenzione! Scava profondamente e metti la tua casa sulla roccia dell’ubbidienza. Solo quelli che fanno così sono veramente suoi discepoli.
Questo articolo è stato tradotto da Restoration Magazine, per gentile concessione.
Terry Virgo è il fondatore e pastore responsabile della “Clarendon Church” di Brighton, Inghilterra e dà anche guida e sorveglianza a numerose chiese nel Sud d’Inghilterra e altrove che lo riconoscono come apostolo. Ha scritto diversi libri ed è molto ricercato come conferenziere; è stato grandemente apprezzato il suo ministero durante la Conferenza Pastorale di Caserta nel 1988. Sposato, è padre di cinque figli.