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di Silvano Lilli
“L’amministrazione di questo servizio sacro non solo supplisce alle necessità dei santi, ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio” (2° Cor. 9:12).
Dio stesso ha usato sapienza e intelligenza nel creare l’universo (Ger. 51:15). Possiamo dunque affermare serenamente che, là dove mancano questi requisiti, il popolo di Dio viene guidato male, con difficoltà e in confusione.
È fondamentale, quindi, che ogni chiesa e ogni opera cristiana sia organizzata in modo tale da dare chiarezza a quanti collaborano nell’opera, consentendo loro di crescere e svilupparsi nella sicurezza. Un amministratore nella chiesa deve comprendere, infatti, che la sua priorità non sono le “cose”, ma il bene del popolo di Dio.
Io personalmente, sin da giovane, ho ricoperto diversi incarichi amministrativi, sia nella chiesa che nel mondo secolare, il che mi ha consentito di acquisire una certa esperienza nel settore. Vorrei comunque precisare che l’esperienza, per quanto sia importante, non è sufficiente per potere svolgere questo servizio nella casa di Dio.
Sarebbe presuntuoso dire che non sbagliamo o non potremmo sbagliare, ma credo che sia importante che l’amministrazione sia protesa, come scrive l’apostolo Paolo, ad “agire onestamente, non solo davanti al Signore, ma anche di fronte agli uomini” (2° Cor. 8:21).
Principi biblici
Ogni chiesa locale è un’espressione unica del Corpo di Cristo. È necessario comprendere, dunque, che la guida degli affari della chiesa deve essere rapportato ai bisogni e al funzionamento di quella chiesa. Per questa ragione non pretendo, né è nelle mie intenzioni, esporre delle formule da applicare rigidamente ad ogni realtà locale. Voglio piuttosto promuovere una buona conduzione amministrativa che, pur variando nelle forme, applichi dei principi biblici uguali per tutti.
A mio giudizio, l’esempio biblico più rilevante di una buona amministrazione dell’opera di Dio è dato da Nehemia. Osserviamo quindi alcune caratteristiche di questo uomo di Dio che mettono in risalto la sua abilità amministrativa; caratteristiche importanti per dare un contributo valido in qualsiasi settore dell’opera cristiana.
- Una visione chiara e lungimirante. Bisogna avere il quadro completo della situazione e stabilire dei traguardi a lungo termine. Nehemia ebbe davanti ai suoi occhi l’obiettivo di liberare il popolo di Dio, attraverso la ricostruzione delle mura di Gerusalemme, dalla “grande miseria e dal vituperio” in cui versava (Neh. 1:2-3, 2:5).
Oggi il popolo di Dio ha bisogno di “ricostruire” il sistema delle proprie finanze. Un buon sistema amministrativo può prevenire “miseria e vituperio”: due cose che, purtroppo, sono spesso presenti in mezzo al popolo di Dio! Molti amministratori tendono a togliere la “miseria” e non il “vituperio”, altri il vituperio e non la miseria; ma Dio vuole togliere ambedue. La miseria può essere tolta dal popolo di Dio se noi, come amministratori, abbracciamo il piano di Dio relativo al “dare”.
Alcuni amministratori, cercando di apparire buoni (forse più di Dio!), esonerano il popolo dalla responsabilità del dare, e così facendo sottraggono al popolo stesso le benedizioni che Dio ha promesso nella Sua Parola. In genere, però, sono gli stessi credenti che, con il loro metodo pseudo-liberatorio, cadono, o per necessità o per tentazione, in un sistema non definito e poco chiaro che, prima o poi, porta vituperio sul popolo del Signore. Dio ha stabilito “come dare” e “come amministrare”.
- La capacità di organizzare. Nehemia riuscì a portare a termine il grande piano della ricostruzione delle mura perché si servì di più gruppi di collaboratori, operanti ognuno nel proprio settore (Neh. 3:1-32).
Quando parliamo di “amministratori” nel campo del Signore, in genere ci riferiamo ai conduttori. Qui sorgono non pochi problemi, perché non sempre il conduttore è un valido amministratore; come, d’altronde, Nehemia non era né un muratore, né un ingegnere. Ma egli ha saputo saggiamente delegare l’opera a più gruppi, operanti in piccole sezioni.
Probabilmente nell’amministrazione non si potranno avere “più gruppi”, ma senza dubbio potremo delegare là dove sarà necessario farlo. Chiedere aiuto per amministrare non vuol dire cedere il diritto o, sarebbe meglio dire, la responsabilità di tale impegno. È infatti un compito che, a mio modesto avviso, deve sempre essere svolto sotto la sorveglianza di un anziano.
- L’abilità di individuare le risorse necessarie per l’opera. Nehemia chiese al re ciò che serviva per poter ricostruire le mura: un certo tempo, delle lettere, necessarie per passare in altri territori, e le autorizzazioni necessarie per ottenere il materiale da costruzione (Neh. 2:6-8).
Essere spirituali non vuol dire essere sprovveduti, inconsistenti o evanescenti. Nessuno, forse, come chi amministra sa quanto sia reale e quotidiano l’aspetto pratico del cristianesimo: scadenze, stipendi, sopravvenienze, interventi straordinari, ecc. Chi ha la responsabilità dell’amministrazione deve imparare a convivere con questa realtà, chiedendo a Dio sapienza e oculatezza, ma anche molto senso pratico; altrimenti, cadrà nella sollecitudine e nella frustrazione.
Per poter raggiungere alcuni traguardi spirituali, è necessario a volte passare per molte tappe di natura prettamente terrena. Per esempio, per poter intraprendere una campagna di evangelizzazione con la tenda, ho bisogno di un permesso scritto del Comune per poterla montare su un certo terreno per un determinato periodo, di un contratto con l’ENEL, di notificare la Pubblica Sicurezza, eccetera …
- Essere motivati a completare il progetto al più presto. Nehemia non si coinvolse nella costruzione vera e propria, ma rimosse gli impedimenti che avrebbero ostacolato gli operai, come per esempio le pressioni economiche (Neh. 5:1-13).
Non è sufficiente sapere qual è la meta da raggiungere: questa, spesso, la conoscono perfino i più semplici e sprovveduti. Dobbiamo saper riconoscere quelle cose che possono impedirci di raggiungere il traguardo e operare per togliere gli ostacoli.
Ovviamente, non vogliamo fare nostra la massima di Machiavelli che “il fine giustifica i mezzi”. Il nostro operare, il nostro spianare, il nostro sistemare le cose e le situazioni deve essere ispirato da un cuore puro, convertito a Dio e ai Suoi metodi.
- La capacità di affrontare la critica. Nehemia ebbe opposizioni interne ed esterne ai suoi sforzi per la ricostruzione (Neh. 4:8-18). La tendenza a lamentarci quando insorgono delle critiche riguardo al nostro operato è umana e comprensibile. Nondimeno, dobbiamo fare attenzione a non cadere nella trappola di essere assorbiti totalmente dalla critica, distraendoci da ciò che stiamo facendo e perdendo tempo a cercare di giustificare le nostre azioni.
Gesù ha detto che “la sapienza è stata giustificata dalle opere sue” (Matt. 11:19). Nehemia ci è d’esempio anche in questo: sa affrontare la critica senza tralasciare di portare avanti l’opera verso il traguardo prefissato.
- L’abilità di creare lealtà e fiducia nei collaboratori. Nehemia portò una “grande raunanza” contro quei notabili e magistrati che opprimevano il popolo. Egli fece giurare gli oppressori di collaborare in modo efficace ed onesto nel progetto (Neh. 5:1-13).
Non c’è dubbio che Nehemia avesse una grande capacità di conduzione. Dalla sua figura emerge chiaramente il fatto che amministrare, nel vero senso della parola, non vuol dire solo prendere cura delle cose, ma anche delle persone che sono in relazione ai beni stessi.
Io credo che il popolo di Dio deve avere una “fiducia cieca” in coloro che amministrano, ma ciò non esime questi ultimi dal fare tutto il possibile per creare, alimentare e, se necessario, eventualmente riconquistarsi la fiducia là dove comincia a venire meno.
La chiarezza nella contabilità e l’apertura verso il popolo sono requisiti essenziali perché questa fiducia sia mantenuta stabile. Il nostro operato deve essere così limpido e chiaro da far nascere e crescere in ciascun membro della comunità la certezza interiore che “non c’è nulla da nascondere”.
- La capacità di sapere che cosa può essere delegato. Nehemia delegò il lavoro delle mura, ma ritenne per sé la responsabilità di trattare con i nemici e di organizzare la difesa dell’opera (Neh. 4:13).
Io credo che la responsabilità dell’amministrazione debba sempre appartenere a colui che ha la responsabilità dell’opera. Se ad un uomo è affidata la responsabilità di raggiungere certi traguardi, deve anche poter disporre dei mezzi necessari per ottenere il risultato prefisso.
Lo spirito democratico non va d’accordo con lo spirito del Regno di Dio. Gesù disponeva di un uomo che teneva per conto Suo la cassa, ma riteneva per Sè la responsabilità di decidere cosa fare dei beni, tant’è vero che Giuda Iscariota si lamentò dell’uso, a suo giudizio errato, che si fece dell’olio odorifero, ma non poté fare molto per impedirlo.
Nell’amministrare, quindi, possiamo delegare il lavoro, la parte pratica, ma non la responsabilità.
- L’abilità di ispirare e incoraggiare, con l’approvazione, la lode, il buon umore e le opportunità. Nehemia aveva uno spirito gaio. Era abile nell’incoraggiare e nel dare delle opportunità ai suoi operai (Neh. 2:1, 4:13).
La presenza dell’amministratore deve essere sentita in modo non oppressivo, ma creativo. Dio è creativo, e nel Suo Regno non c’è spazio per un’amministrazione tesa solo ad accumulare. Questa è la linea di condotta dell’avaro. Dio ci chiede di trafficare, e per poterlo fare dobbiamo usare i nostri doni e talenti nell’interesse della crescita dell’opera di Dio, non del conto in banca.
Il denaro e le proprietà non sono che strumenti che Dio ci provvede per poter portare a compimento il Suo progetto nella nostra vita e nella vita delle nostre comunità.
- Trovare soddisfazione personale nel vedere il progetto portato a compimento, e nel vedere gli altri gioire per la sua realizzazione. Nehemia espresse la sua gioia nella realizzazione del progetto, chiamando dei cantori e adunando il popolo a festa per celebrare l’evento (Neh. 7:1-2, 8:1-18).
Non c’è uomo sulla faccia della terra che non voglia trarre soddisfazione da ciò che fa o ciò in cui crede, qualunque sia l’opera o il credo. Altrimenti è un ipocrita o un pazzo. Gesù stesso ha agito in vista della gioia che Gli era posta davanti (Is. 53:11, Ebr. 12:2).
Quindi è importante che ci sia in noi il desiderio, alla realizzazione di un progetto, di esserne soddisfatti e di permettere che coloro che hanno collaborato si rallegrino insieme a noi. Esprimere coralmente la gioia, festeggiare insieme, celebrare ciò che Dio ha fatto attraverso le nostre mani, è cosa accettevole e gradita agli occhi del nostro Re e Signore, Gesù Cristo!
Silvano Lilli è il pastore responsabile della “Chiesa Evangelica Internazionale” di Roma (Cinecittà) e svolge un ruolo di supervisione nei confronti di diverse altre chiese italiane. Visita spesso gli Stati Uniti per predicare in convegni e conferenze. Sposato, è padre di due ragazzi adolescenti.