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di Massimo Loda
“Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro carne e sangue ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti. Perciò, prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere. State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace. Prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno. Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio; pregate in ogni tempo per lo Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza” (Ef. 6:10-18).
Per poter comprendere questo brano, è indispensabile leggerlo nel contesto di tutta l’epistola agli Efesini. È infatti la chiusura di un incomparabile insegnamento sulla nuova vita del cristiano.
I soldati di qualsiasi esercito hanno preso visione delle armi a loro disposizione e sono stati istruiti nel modo di usarle, ma sono anche passati attraverso un periodo di addestramento pratico nel quale hanno dovuto prendere coscienza delle proprie effettive capacità.
Anche noi, prima di andare alla guerra, dobbiamo avere le idee chiare su noi stessi e sulla forza che realisticamente possiamo esprimere. Questo ci dà sicurezza e impedisce un cattivo uso delle armi messe a nostra disposizione. È per questo motivo che l’apostolo Paolo, prima di farci visitare l’arsenale, si preoccupa di mostrarci tutta la caserma e di farci capire la forza della nostra posizione.
Non ci manca niente!
“Benedetto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo …” (Ef. 1:3). Già possediamo dunque ogni benedizione … ma nei luoghi celesti, la sola posizione dalla quale possiamo esercitare la nostra autorità, perché le benedizioni di cui godiamo hanno il loro essere direttamente “in Cristo” che, fin dal giorno della sua ascensione, è seduto in cielo. Noi, il suo corpo, siamo parte integrante di Lui, seduti in Lui sul suo trono.
Continuando la nostra perlustrazione nella caserma di Efesini, troviamo che “anche quando eravamo morti nei peccati, [Dio] ci ha vivificati con Cristo … e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù” (Ef. 2:5-6). Poiché Cristo è seduto sul trono alla destra del Padre in cielo, anche noi che siamo “in lui” siamo seduti nei luoghi celesti. Non da noi stessi, ma in Cristo, nascosti in Lui, dentro di Lui.
Faccio un esempio. Molti di noi hanno un segnalibro nascosto dentro la Bibbia; dove essa viene posata, là c’è il segnalibro. Non si vede, ma c’è perché è nella Bibbia. Così se la Bibbia sale sul pulpito, anche il segnalibro sarà là e se la Bibbia brucia il segnalibro avrà lo stesso destino. Ora, noi siamo in Cristo come il segnalibro è nella Bibbia. Egli è andato a sedere sul trono in cielo, e noi in lui siamo là in cielo, seduti sul suo trono. A questo punto il puzzle incomincia a prendere forma.
Paolo pregava continuamente perché ai fratelli fosse data rivelazione e sapienza per conoscere sempre più profondamente questa verità. “Non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, via dia uno spirito di sapienza e rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente … affinché sappiate qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi” (Ef 1:16-18).
Paolo intercede presso il Padre anche perché “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori … affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef. 3:17-19). L’apostolo non sprecava le parole al vento, ma pregava secondo il cuore di Dio, la cui volontà è che noi siamo portatori di tutto ciò che Egli è: “ripieni della sua pienezza”. È assolutamente entusiasmante l’idea di poter essere riempiti della pienezza di Dio!!!
“Siate ricolmi di Spirito … ringraziate continuamente di ogni cosa Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo” (Ef. 5:18-19). Proprio perché partiamo da questi presupposti, la guerra che dobbiamo combattere è diversa dalle guerre degli uomini: non combattiamo per raggiungere la vittoria, ma piuttosto per mantenerla attiva. Gesù è il vincitore; ha vinto sulla croce già duemila anni fa e la Sua vittoria è nostra ancora oggi. La nostra lotta non è dunque intesa a conseguire la vittoria, ma parte dalla vittoria già ottenuta. “La tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?… In tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Rom. 8:35-37).
Ricchi dunque di queste verità, possiamo passare all’analisi del piano di guerra e all’uso delle armi che l’arsenale divino ci fornisce.
La battaglia
La prima cosa da notare è che non è richiesta nessuna forza nostra. “Siate forti nel Signore e nella forza della sua potenza”! La nostra forza non serve: “senza di me non potete fare nulla”, ha detto Gesù, per cui “quando sono debole, allora sono forte” (Giov. 15:5, 2° Cor. 12:10). La forza da usare è quella che viene dalla pienezza dello Spirito, dalla nostra posizione in Cristo. Anche l’armatura a nostra disposizione non è l’insieme delle nostre capacità naturali, ma è “l’armatura di Dio”.
Nella Scrittura c’è la bellissima storia di Davide che sfida il gigante Goliath. Il re Saul, vedendo tanto coraggio, gli offre la propria armatura, quella del re d’Israele. Sicuramente la più bella, la più appariscente, la più solida … ma non quella adatta a Davide: egli l’indossa per rifiutarla subito. Contro il gigante davanti al quale tutto Israele fuggiva, Davide si presenta armato nel più assurdo ed infantile dei modi: un bastone, una fionda e qualche sasso. Ridicolo! Ma Davide aveva la coscienza chiara intorno alla sua posizione e alla forza del Dio che serviva: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e col giavellotto; io vengo a te nel nome dell’Eterno degli eserciti … Oggi l’Eterno ti darà nelle mie mani, e io ti abbatterò …” (1° Sam. 17:45). La sua armatura era il nome dell’Eterno degli eserciti!
La seconda considerazione da fare è sulla forza del nemico. Non combattiamo contro gli esseri umani, ma “contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti” (v.12). Anche il diavolo e i suoi agenti si muovono dunque nei luoghi celesti e usano strategie diverse a seconda dei casi. Queste sono:
- le insidie (v. 11). Nella lettera che stiamo studiando, al capitolo 4 leggiamo della nostra chiamata alla maturità, all’altezza della statura perfetta di Cristo per non essere più bambini sballottati dalle insidie ingannevoli degli uomini che insinuano dottrine diverse dal Vangelo che “vi abbiamo annunciato” (Gal. 1:8). L’inganno è una delle armi preferite dal diavolo. Il principe di questo mondo ottenebra le menti perché la luce del vangelo di Cristo non arrivi ad illuminare tutte le verità spirituali (2° Cor. 4:4).
- il giorno malvagio (v.13). Esistono momenti in cui l’assalto del nemico diventa più continuo e pressante, fino a divenire un vero e proprio assedio. E a volte questi momenti sono tanto lunghi da stremarci. Può trattarsi di malattie fisiche, di pressioni economiche, di depressioni o altri malesseri psicologici. Dio ci chiede di indossare tutta l’armatura e di restare in piedi dopo avere fatto tutto il nostro dovere.
- i dardi (v.16). Il fattore sorpresa è l’altro gioco caro al diavolo. L’attacco imprevisto ci coglie spesso impreparati. È una costante ormai sperimentata che i grossi momenti di benedizione sono preceduti o seguiti da pesanti attacchi alle persone, alle famiglie, a tutta la chiesa. Ho fatto più volte l’esperienza di questo prima o dopo periodi di evangelizzazione o altre grosse attività della chiesa. Il diavolo, che è il padre della menzogna, vuole impedire a tutti i costi l’opera di Dio.
Qual è dunque la nostra difesa?
* “Fortificatevi nel Signore”. Il Signore è il nostro rifugio. Abbiamo bisogno di un rifugio in cui nasconderci. Stando in prima linea, si è più esposti alla possibilità di essere feriti, ed è importante avere nelle retrovie un luogo dove rifugiarci, essere curati e ritrovare le energie giuste per riaffrontare la lotta. Di fronte alle pressioni e ai problemi cerchiamo spesso di scappare, ma è importante trovare il nascondiglio giusto. “Il nome dell’Eterno è una forte torre: il giusto vi corre, e vi trova un alto rifugio” (Prov. 18:10). A volte Dio vuole che ci ritiriamo nella solitudine: una ritirata strategica utile a rinforzarci. E qui dobbiamo essere accorti a non riempire la nostra solitudine con altre cose che pretendano di sostituire la presenza del Signore. Dio vuole riempirci di Sé, di tutta la sua pienezza.
“Ecco, io … la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os. 2:14). La ritirata nel deserto non significa una sconfitta, ma una pausa per un ulteriore rafforzamento. “La parola di Dio fu diretta a Giovanni … nel deserto. Ed egli andò per tutta la contrada … predicando” (Lc. 3:2-3). Se sappiamo ascoltare il Signore, viviamo il deserto non come una punizione, ma come l’occasione migliore perché Dio ci benedica con una parola specifica per noi.
* Resistenza. “Stare saldi contro le insidie”, “resistere nel giorno malvagio”, “state dunque saldi …” (vv. 11,13,14). La resistenza precede sempre l’insurrezione generale, è il periodo in cui il popolo prende coscienza del nemico da combattere. In che modo? “Vestendo l’armatura di Dio”, “prendendo tutta l’armatura” (vv. 11,13).
* Attacco. Siamo così abituati a vedere le cose in termini di ciò che ci soddisfa che alla domanda: “Come stai?” rispondiamo subito elencando i problemi invece delle benedizioni. Noi diventiamo schiavi di ciò che ci vince (2° Pt. 2:19). Se siamo vinti dal senso di fallimento, dalla paura, dall’incredulità, allora ne diventeremo prigionieri. L’arma per l’attacco è la Parola di Dio, che viene qui definita come “la spada dello Spirito” (v.17). La Parola di Dio deve diventare parte integrante di noi. Impariamo a rispondere al diavolo riempiendo il nostro cuore con: “Tu mi dici … ma il Signore ha detto …!”
L’armatura
Sembra che l’armatura a cui sta pensando Paolo non provveda niente per la schiena. Non c’è protezione per chi rivolge le spalle al nemico e scappa. I codardi non sono previsti nel regno di Dio: la loro parte è nello stagno di fuoco (Apoc. 21:8)! Chi si tira indietro non è gradito a Dio (Ebr. 10:38). Infatti non c’è niente di più triste di una persona che si è ritirata dall’esercito di Dio. Ha troppo di Cristo per godere pienamente del mondo, ha troppo del mondo per vivere pienamente Cristo. L’armatura deve essere indossata al completo. Ogni pezzo è indispensabile: non possiamo scegliere ciò che più ci piace.
- La cintura della verità. La verità è richiesta come cintura dei nostri fianchi. La cintura non è solo un fatto ornamentale, ma serve per tenere accostati i vari pezzi dell’armatura.
Non possiamo vivere di sentimenti o di sole esperienze, per quanto siano importanti. Bisogna vivere nella verità della Parola di Dio, verità oggettiva, solida, immutabile nel tempo. È dunque fondamentale conoscere la verità. Essa ci dice la nostra posizione in Cristo; a noi toccherà solo il compito di diventare ciò che già siamo!
In Romani capitolo 6, Paolo ci dice ripetutamente: “Ignorate forse …?” “Non sapete forse …?” “Noi sappiamo che …” Un attacco classico del diavolo contro i fratelli è: “Non ci riuscirai mai!” Ma in Romani 8:31 è scritto: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” “Non sei un vero cristiano”, dice Satana, ma Romani 8:33 afferma: “Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica”. “Dio non ti ama”, insinua il diavolo. Ma la Scrittura dice: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione, l’angoscia, la persecuzione …? Niente potrà separarci dall’amore di Dio” (Rom. 8:35).
- La corazza della giustizia. Se non vivo nel giusto rapporto con Dio e con gli uomini, non ho corazza e divento vulnerabile agli attacchi del diavolo. Spesso i cristiani sono prigionieri dei dubbi, non sentono più amore per i fratelli e neanche per Gesù, o diventano vittime del Maligno con malattie. È questo il momento di esaminare se la corazza della giustizia è stata indossata. Ci è stato detto di cercare prima il regno e la giustizia di Dio (Matt. 6:33).
È bene chiarire che la giustizia che costituisce una corazza non è misurata dalle nostre idee di giustizia, ma da quelle di Dio. Noi siamo per natura figliuoli d’ira, nati nel peccato, gente dal cuore malvagio che pensa spesso in modo sbagliato. La mentalità di questo secolo, nella quale viviamo ancora immersi, ci conduce ad assumere idee totalmente contrarie alla giustizia del regno di Dio. Erroneamente pensiamo: “Io debbo realizzarmi, io debbo stare bene, e se per arrivare al mio benessere fisico, psichico o materiale, passo attraverso situazioni di peccato, non mi faccio tanti scrupoli perché comunque la mia coscienza non mi condanna”. L’uomo è abile a far morire la propria coscienza. Ricorda! Non la tua, ma la giustizia di Dio!
Peccati, amarezze, risentimenti, incredulità ci spogliano della corazza esponendoci alle frecce del diavolo che vanno a colpire l’organo più importante, protetto appunto dalla corazza: il cuore. Proprio perché “il cuore dell’uomo è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno” (Ger. 17:9), ha bisogno di essere particolarmente protetto dalla giustizia di Dio.
- Le calzature dello zelo. I calzari, tra le altre cose, proteggono i piedi consentendo fermezza e stabilità quando il terreno è infido, scivoloso e pieno di pietre taglienti. Tanti fratelli sono oggi instabili, portati qua e là da ogni vento: vogliono piacere a tutti ed essere graditi da tutti. Così il Vangelo viene diluito ad uso e consumo della società. Sembra non esserci più zelo e forza di persuasione nei credenti. Si è fatto della fede una questione personale, lasciata alla decisione dell’individuo. Questa privatizzazione della fede ci ha portati a credere che non bisogna essere invadenti, che ognuno deve avere la libertà di pensarla come meglio crede. Dimentichiamo che Dio “comanda a tutti gli uomini in ogni luogo di ravvedersi” (Atti 17:30). E intanto la gente va all’inferno! Calzare lo zelo significa andare contro corrente.
Durante l’ultima guerra, i nostri soldati furono mandati in Russia con calzature assolutamente inadatte per affrontare il rigidissimo inverno, e molti morirono assiderati. Così è della nostra vita spirituale. Senza lo zelo del Vangelo ai piedi, ci esporremo ad un progressivo congelamento che, partendo dai piedi, arriverà infine al nostro cuore. Mettersi ai piedi lo zelo dato dal Vangelo della pace è dunque una salvaguardia.
Poi, le calzature mettono il credente in grado di muoversi anche su un terreno sconosciuto. Quando camminiamo scalzi a casa nostra di notte, non troviamo difficoltà perché sappiamo dove vanno a poggiare i nostri piedi. Ma spesso dobbiamo camminare su strade sconosciute, non ancora battute da altri. Il Vangelo ci dà la capacità di farlo. E lo zelo ci dà la giusta accelerazione. Non possiamo camminare sempre sulle strade tracciate per le generazioni precedenti.
- Lo scudo della fede. Il diavolo è assediato, senza possibilità di scampo. La sua frustrazione è terribile. Ma, pur sapendo da 2000 anni di essere stato sconfitto, egli continua ad illudersi sulle sue forze. Tutto sommato, è patetico: il suo ruggito somiglia al canto del cigno prima di morire. Cerca comunque di riversare sul popolo di Dio le sue frecce infuocate: dubbi, bugie, paure e pensieri cattivi. Ma la fede in Colui che ci ha chiamati è in grado di spegnerle! Il fuoco degli assediati viene smorzato dal levarsi compatto degli scudi che creano un tetto protettivo, permettendo all’armata di avanzare.
- L’elmo della salvezza. La testa, con il suo turbinio dei pensieri, ha bisogno di protezione. “Perché succede questo? Perché non c’è l’intervento di Dio? Perché sto soffrendo?” La salvezza fa guardare al futuro, al tempo che viene in cui tutte le cose malvage non esisteranno più.
- La spada dello Spirito. La Parola di Dio è una spada affilata a doppio taglio, capace di penetrare profondamente (Ebr. 4:12). Di tutta l’armatura, questa è la sola arma offensiva. Ma qual è la differenza fra spada e cintura? Credo che la verità come cintura si riferisca alle verità fondamentali della fede, mentre la Parola di Dio cui questo versetto si riferisce sia l’incarnazione in noi della Parola stessa, quando cioè da Parola scritta diventa Parola rivelata nei nostri cuori, vivente e palpitante in noi. La Parola senza lo Spirito è senza vita, ma le esperienze spirituali senza la Parola sono spesso pericolose.
Ma facciamo attenzione! L’armatura non va a combattere da sola. Non ha efficacia se non è indossata un soldato che vive un rapporto costante e duraturo con il Signore. Perciò questo capitolo si chiude con l’esortazione: “Pregate in ogni tempo per lo Spirito …, vegliate a questo scopo con ogni perseveranza”.
Massimo Loda è il pastore responsabile della Comunità Cristiana di Pavia e fa parte della squadra apostolica guidata da Giovanni Traettino. Attualmente cura anche una comunità di Mestre (VE). È sposato e padre di due bambini.