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di David Mansell
Ogni menzione del nome “Israele” suscita polemiche. Per alcuni, gli Ebrei hanno sempre torto, per altri hanno sempre ragione. È sempre stato così, fin da quando Dio disse ad Abramo che i suoi discendenti sarebbero stati oggetto di “benedizioni” e di “maledizioni” (Gen. 12:3).
Perché questa piccola nazione è continuamente al centro dell’attenzione e dei conflitti? Ci sono vari motivi:
- La sua stessa esistenza è causa di attriti e di inimicizia tra Ebrei e Arabi, che risalgono al conflitto storico tra Isacco e Ismaele.
- La sua storia e la sua sopravvivenza rende testimonianza alla verità della Bibbia e a Gesù, il promesso Messia e Salvatore, mettendo in evidenza la falsità dell’umanesimo, del paganesimo e dell’Islam.
- Pur nella loro incredulità, gli Ebrei sono “amati a causa dei loro padri” (Rom. 11:28) e di conseguenza odiati da tutti coloro che odiano Dio e negano che Gesù sia il Signore.
Ma non ci sono altre alternative al Sionismo da una parte e all’antisemitismo dall’altra? Siamo costretti o a vedere il ritorno degli Ebrei in Palestina come messaggio centrale delle profezie bibliche oppure a volere la distruzione dello stato ebraico? No di certo! Ma il credente non deve essere portato dalla sua naturale affinità con il popolo dal quale “proviene, secondo la carne, il Cristo” (Rom. 9:5) a inventare un sionismo cristiano estraneo sia alla Bibbia che alla storia.
Non si tratta di una sottigliezza teologica: il nostro modo di vedere Israele influenzerà la nostra comprensione della Bibbia, dell’attualità e della nostra responsabilità verso le nazioni.
Per esempio:
- Come interpretare le profezie dell’Antico Testamento? Si adempiono nell’Israele odierno, oppure nella restaurazione della chiesa?
- Come evangelizzare gli Ebrei? Sono già cristiani a metà? Hanno già ereditato la Terra promessa? Godono attualmente delle promesse del patto di Dio di benedirli e proteggerli? Sono figli di Abramo, oppure del diavolo (Gv. 8:39-44)? Hanno bisogno di Gesù per completare la loro ebraicità, oppure la loro religione è semplice incredulità camuffata dalle tradizioni ebraiche?
- Come vedere Israele nel mondo di oggi? Ogni membro della resistenza araba è un terrorista e ogni soldato israeliano autorizzato a uccidere? Possiamo giustificare l’oppressione e le violenze commesse in nome del Sionismo e condannarle negli altri?
- Amiamo non solo gli Ebrei, ma anche gli Arabi e tutte le altre nazioni, così come li ama Dio? Non dobbiamo forse pregare per la pace di Baghdad oltre che di Gerusalemme?
- La chiave dei tempi della fine sta nel ritorno degli Ebrei in Palestina, nella ricostruzione del Tempio e nel successo dello Stato d’Israele? oppure nell’unità del popolo di Dio in Cristo, nella costruzione della casa di Dio, la Chiesa, e nella sua vita santa davanti al mondo?
La chiave dell’interpretazione
Non dobbiamo trarre conclusioni affrettate dall’uso nelle profezie di parole quali “Sion”, “Israele” e “Gerusalemme”, come fecero i Giudei quando Gesù disse: “Demolite questo tempio, e i tre giorni lo farò risorgere!” (Gv. 2:19-21). Essi pensavano che parlasse del tempio di Erode, ma in realtà si riferiva al tempio del proprio corpo. Per scoprire che cosa volesse dire veramente lo Spirito Santo quando parlò attraverso i profeti, bisogna vedere come Gesù e gli apostoli li interpretavano nel Nuovo Testamento e il significato di “Giudeo”, “Israele”, “Sion”, “restaurare”, ecc. E vedremo che essi danno a questi testi un significato che va ben al di là di ciò che appare da una lettura superficiale.
Per esempio:
- Un Ebreo incredulo non è Ebreo (Gv. 8:36-41, Rom. 2:28-29).
- La “progenie di Abramo” è Cristo e coloro che credono in Lui (Gal. 3:16,19,29).
- La promessa fatta ad Abramo, che nella sua progenie tutte le nazioni sarebbero state benedette, fu adempiuta nella venuta dello Spirito Santo sulla chiesa universale (Gal. 3:14).
- L’adempimento della promessa divina di “restaurare tutte le cose, come ha promesso tempo fa attraverso i suoi santi profeti” è iniziato con la risurrezione e l’ascensione di Cristo, l’effusione dello Spirito Santo e la predicazione della remissione dei peccati nel nome di Gesù (Atti 3:24).
- I tempi di cui i profeti parlavano erano i tempi in cui vivevano gli apostoli (Atti 3:24).
Dobbiamo concludere che il messaggio principale dei profeti dell’Antico Testamento fu la Chiesa di Dio, non il ritorno degli Ebrei in Palestina e la fondazione del moderno stato di Israele.
Distruggere i miti su Israele
Se partiamo dalla premessa che l’Israele moderno adempie le profezie dell’Antico Testamento, ne trarremo diverse false conclusioni, che occorre abbattere per poter afferrare le vere promesse delle Scritture profetiche e nello stesso tempo evitare una visione distorta del vantaggio che realmente gli Ebrei hanno a causa della loro storia.
L’interpretazione spirituale della profezia non deruba Israele della sua terra! Quando diciamo che le promesse di Dio ad Israele non si sono adempiute nel moderno ritorno nella Terra Promessa, non è per derubare gli Ebrei ma per aprire la porta a qualcosa di ben più grande. La parola ebraica eretz, usata per la terra di Canaan, è la stessa usata in Genesi 1:1 per il mondo intero. L’Israele di Dio – la Chiesa – erediterà più che la terra di Palestina: erediterà il mondo intero! “La promessa di essere erede del mondo … fatta ad Abramo e alla sua discendenza …” (Rm. 4:13). Il piano di Dio per il mondo fu illustrato simbolicamente quando i Giudei tornarono a possedere il proprio paese dopo la cattività in Babilonia, ma Israele prenderà possesso realmente della sua eredità solo quando il popolo di Dio riempirà il mondo intero!
Di chi è il paese?
In Genesi 17:7-8, Dio rivela ad Abramo la propria decisione sovrana: “Fermerò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione … Ti darò tutto il paese di Canaan in possesso perpetuo …” E ancora nel Salmo 105:7-11: “Egli si ricorda per sempre del suo patto, della parola da lui data per mille generazioni, del patto che fece con Abramo, del giuramento che fece a Isacco … dicendo: «Ti darò il paese di Canaan come vostra parte di eredità»”. Quante parole forti per esprimere l’impegno permanente di Dio: patto, parola, giuramento …!
Ma queste parole significano veramente che Canaan appartiene in perpetuo alla nazione di Israele? Se leggiamo Geremia 33:20-26, possiamo “provare” con lo stesso ragionamento che il sacerdozio levitico durerà per sempre e che ci sarà sempre un discendente di Davide sul trono d’Israele. Ma in questo caso non pensiamo che la profezia sia venuta meno, anche se oggi non c’è nessun sacerdozio levitico e non c’è stato alcun re fin dal tempo di Sedekia.
Sappiamo invece che il patto di Dio con Levi è stato adempiuto da Gesù, Sacerdote in eterno secondo un ordine più grande di quello di Levi e Signore di Davide oltre ad essere suo figlio (Sal. 110). È come Re e Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec che Gesù ha adempiuto il patto con Levi e con Davide: risuscitò dai morti per sedere sul trono di Davide, non a Gerusalemme, ma nel cielo!
E così è anche della Terra Promessa. Non che gli Ebrei non debbano avere una patria in Palestina; ma il patto di Dio con Abramo è che il mondo intero sia sottomesso a Gesù il Messia, unto come Sacerdote e Re.
Questa interpretazione delle promesse di Dio ad Abramo non è una recente invenzione di “spiritualizzatori” antisemitici: è quella di Abramo stesso! “Abramo … aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio … Desiderava una patria migliore, cioè quella celeste” (Ebr. 11:9-16). Abramo, pur vivendo nella “terra promessa”, sapeva che essa era solo un anticipo, un simbolo della sua vera eredità: una patria celeste, la città di Dio, dove è fatta la volontà di Dio.
L’immigrazione degli Ebrei in Israele adempie le profezie?
Molte Scritture parlano di una raccolta di Israele dai quattro angoli della terra, seguita da una grande effusione di Spirito Santo e dalla benedizione dei Gentili. I brani più significativi sono in Isaia capp. 40-66 e in Geremia capp. 31-33. Come gran parte delle profezie bibliche, anche queste parlano sia di una situazione immediata, sia della consumazione finale in cui i principi eterni che esse contengono saranno realizzati perfettamente nel regno di Dio sulla terra.
È detto chiaramente che la prima fase sarà il ritorno dalla cattività babilonese:
- La città distrutta dai Babilonesi sarà restaurata (Ger. 38:1-13).
- Dio susciterà il re pagano Ciro come “pastore” e “unto”, anche se non Lo riconosce, per ricostruire Gerusalemme e il tempio (Is. 44:28, 45:1,4).
Tuttavia, questi capitoli guardano ben al di là del ritorno da Babilonia per predire una restaurazione del popolo di Dio e la conseguente benedizione del mondo intero. Qual è l’adempimento di ciò? Nel Sionismo, oppure in Cristo?
- Nel Nuovo Testamento, Luca interpreta Isaia 40 come profezia del ministero di Giovanni Battista, della predicazione del vangelo del Regno e della manifestazione di Gesù (Lc. 3:4-6).
- Il “servo di Dio” menzionato in questi capitoli di Isaia non viene identificato con la nazione incredula di Israele, ma con Gesù (Is. 52:13-53:12) e con la proclamazione del vangelo ai Gentili (Atti 13:47 = Is. 49:6; 2° Cor. 6:2 = Is. 49:8).
- In Atti 13:26-34, Paolo spiega che il “patto” di Dio e “le sacre e fedeli promesse fatte a Davide” (Is. 55:3) furono adempiuti nella morte e nella risurrezione di Gesù.
Il ritorno di Israele dalla cattività viene interpretato come la raccolta del popolo fedele di Dio tramite il Vangelo, non come un ritorno di Ebrei increduli in Palestina.
Il Regno di Dio è stato tolto all’Israele naturale
Da quando la nazione ebraica ha rigettato il Figlio di Dio, ha cessato di essere “la luce delle nazioni” (Is. 49:6). “Il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a un popolo che ne faccia i frutti” (Matt. 21:43).
Paolo scrisse degli Ebrei: “Essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare ai pagani perché siano salvati. Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l’ira finale” (1° Tess. 2:15-16).
Il servo eletto di Dio non è una nazione incredula, ma la nuova nazione, presa da tutti i popoli, che serve Cristo; il vero “Israele di Dio” che, come Paolo, “si vanta della croce di Cristo” (Gal. 6:14-16).
Veniamo al dunque
Se interpretiamo male le profezie bibliche, non avremo una visione chiara del futuro, ma, più grave, neanche di ciò che avviene intorno a noi oggi. Una cattiva comprensione dell’Antico Testamento determinò il mancato riconoscimento di Gesù come Messia da parte degli Ebrei: essi si aspettavano un capo politico che li avrebbe liberati dall’occupazione romana, la restaurazione della sovranità giudaica e un ritorno alle glorie dei tempi antichi. Perciò, quando il Re promesso entrò in Gerusalemme – “giusto e vittorioso, umile e montato sopra un asino” (Zacc. 9:9) – invece di accoglierlo, lo crocifissero.
La nostra interpretazione delle profezie deve adeguarsi a quella data nella Parola di: che le promesse appartengono all’Israele della fede, costituito da Ebrei e Gentili uniti in un unico corpo, e non l’Israele naturale.
È ora di rileggere i profeti e scoprire il loro messaggio per la nostra generazione. Dio ha promesso un grande risveglio e l’effusione dello Spirito Santo, ma noi dobbiamo riceverlo. Siamo chiamati a portare luce e giustizia alle nazioni. Ma dobbiamo camminare noi stessi nella luce, giudicare le cose con giustizia e rappresentare il Regno di Dio e non i nostri pensieri e pregiudizi. È ora di portare la parola profetica di Dio e il Suo vangelo a tutte le nazioni, Israele compreso.
David Mansell ha un ministero profetico riconosciuto da vari ambienti cristiani in Inghilterra ed è molto richiesto come predicatore e conferenziere per il suo stile radicale e incisivo. È anche un uomo d’affari. Sposato, ha due figli adulti.