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Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
– Giovanni 3:16-17
Ringraziamo Dio perché negli ultimi anni molti Evangelici e Cattolici, noi compresi, hanno potuto esprimere una fede comune in Cristo e così riconoscerci come fratelli e sorelle in Cristo. Confessiamo insieme un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo; confessiamo Gesù Cristo come Figlio incarnato di Dio; affermiamo l’autorità vincolante della Sacra Scrittura, Parola ispirata di Dio, e riconosciamo il Simbolo Apostolico e quello Niceno come testimonianze fedeli di quella Parola.
L’efficacia della nostra testimonianza di Cristo dipende dall’opera dello Spirito Santo, che ci chiama e ci abilita a confessare insieme il significato della salvezza promessa e compiuta in Cristo Gesù nostro Signore. Attraverso la preghiera e lo studio delle Sacre Scritture, e aiutati dalle riflessioni della Chiesa su questo testo sacro fin dai tempi più antichi, abbiamo trovato che, nonostante alcune differenze persistenti e gravi, possiamo insieme dare testimonianza del dono della salvezza in Gesù Cristo. A questo dono salvifico diamo ora la nostra testimonianza, parlando non a nome delle nostre rispettive comunità, ma da e ad esse.
Dio ci ha creati per manifestare la Sua gloria e per darci la vita eterna in comunione con Sé; ma intervenne la nostra disubbidienza che ci portò sotto condanna. Quali appartenenti alla razza umana decaduta, entriamo nel mondo estraniati da Dio e in uno stato di ribellione. A questo peccato originale si aggiungono i nostri peccati personali. Le conseguenze disastrose del peccato sono tali che siamo impotenti di restaurare i legami spezzati dell’unione con Dio. Solo alla luce di ciò che Dio ha fatto per restaurare la nostra comunione con Lui vediamo pienamente la grandezza della nostra perdita. La gravità della nostra condizione e la grandezza dell’amore divino ci vengono impresse tramite la vita, le sofferenze, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Gv. 3:16).
Dio il Creatore è anche Dio il Redentore, che offre la salvezza al mondo. “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità” (1° Tim. 2:4). La restaurazione della comunione con Dio dipende assolutamente da Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, poiché Egli è il “solo mediatore tra Dio e gli uomini” (1° Tim. 2:5), e “non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12). Gesù disse: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv. 14:6). Egli è il Santo e il Giusto che è stato messo a morte per i nostri peccati, “lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1° Pt. 3:18).
Il Nuovo Testamento parla della salvezza in vari modi. Essa è la liberazione finale ed escatologica dal peccato e dalle sue conseguenze, la condizione ultima di sicurezza e di gloria cui siamo portati sia nel corpo che nell’anima. “Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira”. “Adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo” (Rom. 5:9, 13:11). La salvezza è anche una realtà presente. Ci viene detto che “egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia” (Tit. 3:5). La realtà presente della salvezza è anticipazione e primizia della salvezza nella sua promessa pienezza.
È sempre chiaro che l’opera della redenzione è stata compiuta dal sacrificio propiziatorio di Cristo in croce. “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi” (Gal. 3:13). La Scrittura descrive le conseguenze dell’opera redentrice di Cristo in diversi modi, fra i quali: giustificazione, riconciliazione, restauro dell’amicizia con Dio, e rinascita dall’alto per la quale siamo adottati come figli di Dio e resi eredi del Regno. “Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato di donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione” (Gal. 4:4-5).
La giustificazione è al centro della descrizione biblica della salvezza, e il suo significato è stato a lungo oggetto di dibattiti tra Protestanti e Cattolici. Siamo d’accordo sul fatto che la giustificazione non viene guadagnata da qualche opera buona o da qualche merito nostro: è interamente dono di Dio, conferito attraverso la pura benevolenza di Dio, per l’amore che Egli ci nutre nel Figlio suo, il quale soffrì per conto nostro e risorse dai morti per la nostra giustificazione. Gesù “è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rom. 4:25). Nella giustificazione Dio, sulla base della sola giustizia di Cristo, ci dichiara non più suoi nemici ribelli ma amici perdonati; e poiché Egli lo dichiara, così è.
Il Nuovo Testamento rende chiaro che il dono della giustificazione si riceve per mezzo della fede. “È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Ef. 2:8). Per mezzo della fede, che è anch’essa dono di Dio, ci pentiamo dei nostri peccati e aderiamo liberamente al vangelo, buona notizia dell’opera salvifica di Dio per noi in Cristo. Con la nostra risposta di fede a Cristo, entriamo nelle benedizioni promesse dal vangelo. La fede non è un mero consenso intellettuale, ma un atto dell’intera persona che implica la mente, la volontà e gli affetti, sfociando in una vita cambiata. Comprendiamo che ciò che qui affermiamo è in armonia con quanto le tradizioni riformate hanno inteso con “giustificazione per la sola fede” (sola fide).
Nella giustificazione riceviamo il dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori (Rom. 5:5). La grazia di Cristo e il dono dello Spirito Santo ricevuto per mezzo della fede (Gal. 3:14) vengono vissuti ed espressi in maniere diverse da diversi cristiani e in tradizioni cristiane diverse, ma il dono di Dio non dipende mai dalle nostre esperienze umane né dai nostri modi di esprimere quelle esperienze.
Mentre la fede è per sua natura personale, non è un possesso puramente privato, ma implica la partecipazione nel corpo di Cristo. Con il battesimo, veniamo visibilmente incorporati nella comunità della fede e impegnati a vivere una vita di discepolato. “Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita” (Rom. 6:4).
Per mezzo della loro fede e del loro battesimo, i cristiani sono impegnati a vivere secondo la legge dell’amore in ubbidienza a Gesù Cristo il Signore. La Scrittura chiama questa una vita di santità, o santificazione. “Poiché abbiamo queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio” (2° Cor. 7:1). La santificazione non viene perfettamente compiuta all’inizio della nostra vita in Cristo, ma avanza progressivamente mentre lottiamo, con la grazia e l’aiuto di Dio, contro le avversità e le tentazioni. In questa lotta, ci è promesso che la grazia di Cristo ci basterà, mettendoci in grado di perseverare fino alla fine. Quando veniamo meno, possiamo sempre rivolgerci a Dio con un umile pentimento e chiedere con fiducia, e ricevere, il Suo perdono.
Possiamo dunque avere una speranza sicura della vita eterna promessaci in Cristo. Come abbiamo partecipato alle sue sofferenze, così parteciperemo anche alla sua gloria finale. “Saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è” (1° Gv. 3:2). Mentre non osiamo presuntuosamente dare per scontata la grazia di Dio, la promessa di Dio in Cristo è totalmente affidabile, e la fede in quella promessa vince le ansie riguardo al nostro futuro eterno. La fede stessa ci obbliga ad avere una ferma speranza, a incoraggiarci reciprocamente in quella speranza, e in quella speranza ci rallegriamo; perché i credenti “dalla potenza di Dio sono custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi” (1° Pt. 1:5).
Così è che, quali peccatori giustificati, siamo stati salvati, siamo in corso di essere salvati, e saremo salvati. Tutto ciò è dono di Dio. La fede produce una speranza fiduciosa di un nuovo cielo e una nuova terra in cui i propositi di Dio per la creazione e la redenzione saranno gloriosamente compiuti. “Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Fil. 2:9-11).
Come credenti, siamo mandati nel mondo e incaricati di essere portatori di buone novelle, di servirci reciprocamente nell’amore, di fare del bene a tutti, e di evangelizzare tutti e dappertutto. È nostra responsabilità e determinazione portare al mondo intero la buona novella dell’amore di Dio e della salvezza compiuta nel nostro Signore crocifisso, risorto e che in futuro ritornerà. Molti sono in grave pericolo di essere eternamente perduti perché non conoscono la via per raggiungere la salvezza.
In ubbidienza al grande mandato del nostro Signore, ci impegniamo ad evangelizzare tutti. Dobbiamo comunicare la pienezza della verità salvifica di Dio a tutti, compresi i membri delle nostre rispettive comunità. Gli evangelici devono comunicare il vangelo ai cattolici e i cattolici agli evangelici, dicendo sempre la verità con amore, così che “sforzandoci di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace … il corpo di Cristo sia edificato, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio” (Ef. 4:3,12-13).
Inoltre, difendiamo la libertà religiosa per tutti. Tale libertà è fondata nella dignità della persona umana, creata a immagine di Dio, e deve essere protetta anche dalle leggi civili.
Non dobbiamo permettere che la nostra testimonianza di cristiani sia compromessa da un discepolato annacquato o da dispute che creino conflitti inutili. Mentre ci rallegriamo per l’unità che abbiamo scoperto e siamo sicuri delle verità fondamentali riguardo al dono della salvezza che abbiamo affermato, riconosciamo che ci sono questioni intimamente correlate che richiedono urgentemente un’ulteriore approfondimento. Fra tali questioni sono: il significato della rigenerazione attraverso il battesimo, dell’Eucarestia, e della grazia sacramentale; gli impieghi storici del linguaggio della giustificazione in relazione alla giustizia attribuita e a quella trasformante; lo status normativo della giustificazione in relazione alla dottrina cristiana; l’affermazione che, mentre la giustificazione è per la sola fede, la fede che riceve la salvezza non è mai sola; diverse interpretazioni dei meriti, dei premi, del purgatorio e delle indulgenze; la devozione mariana e l’assistenza dei santi nella vita della salvezza; e la possibilità di salvezza per coloro che non sono stati evangelizzati.
Su queste e altre questioni, riconosciamo che esistono anche alcune differenze all’interno sia della comunità evangelica che di quella cattolica. Ci siamo impegnati ad esaminare ulteriormente tali questioni nelle nostre conversazioni future. Tutti coloro che credono veramente in Gesù Cristo sono fratelli e sorelle nel Signore e non devono permettere alle loro differenze, per quanto grandi, di minare questa grande verità, né che li facciano deviare dal rendere testimonianza insieme del dono di Dio della salvezza in Cristo. “Vi esorto, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare e a non aver divisioni tra di voi, ma a stare perfettamente uniti nel medesimo modo di pensare e di sentire” (1° Cor. 1:10).
Quali evangelici che ringraziano Dio per l’eredità della Riforma e affermano con convinzione le sue confessioni classiche; quali cattolici scrupolosamente fedeli all’insegnamento della Chiesa Cattolica; e quali discepoli insieme del Signore Gesù Cristo che riconoscono il debito che abbiamo ai nostri antenati cristiani e i nostri obblighi ai nostri contemporanei e a coloro che verranno dopo di noi, affermiamo la nostra unità nel vangelo che abbiamo qui confessato. Nelle conversazioni che portiamo avanti, non cerchiamo altra unità che l’unità nella verità. Solo questa potrà piacere al Signore e Salvatore che serviamo insieme, poiché Egli è “la via, la verità e la vita” (Gv. 14:6).