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di Jorge Himitian
E Gesù … parlò loro dicendo: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutte le genti, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”. (Matt. 28:18-20)
Questo cosiddetto “Grande mandato” è centrale nei desideri di Dio, e Gesù, nel salutare i discepoli prima di salire al cielo, parla con grande chiarezza della nostra responsabilità in materia.
Negli ultimi anni c’è nel mio cuore un grande peso per l’evangelizzazione. “Evangelizzazione” e “chiesa” sono due temi strettamente connessi e che devono procedere di pari passo. In ogni parte del mondo Dio sta restaurando la Chiesa perché possa adempiere la sua missione sulla terra. Ma talvolta, mi pare, abbiamo dedicato troppo tempo a guardare all’interno della chiesa, il che non ne ha migliorato molto la qualità. In effetti, è difficile migliorare la qualità della chiesa senza darsi da fare per adempiere il grande mandato. Dove la chiesa è viva, sana e restaurata, evangelizzerà. La chiesa non solo è frutto dell’evangelizzazione, ma deve a sua volta produrre nuove congregazioni, crescere in quantità e non solo in qualità. Una chiesa sana si riproduce: quella che non lo fa ha già cominciato a morire. E tutti i ministeri della chiesa sono dati in vista di questo scopo: apostoli, profeti, evangelisti, insegnanti, pastori, tutti servono a preparare i santi per l’opera del ministero.
La benedizione di Dio
Voglio iniziare dal primo libro della Bibbia per illustrare come, sin dalla creazione del mondo, il proposito di Dio per l’umanità non sia mai cambiato. “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse …” (Gen. 1:27-28). La prima cosa che Dio fa è di benedire l’uomo, perché Egli è buono e vuole il bene dell’uomo. Prima che l’uomo avesse fatto qualsiasi cosa, Dio lo ha già benedetto. Ecco l’intenzione immutabile di Dio: benedire tutti gli uomini e tutte le famiglie della terra. Il proposito di Dio era che l’uomo, creato a Sua immagine e somiglianza, potesse riempire la terra di discendenti ai quali avrebbe trasmesso queste due cose: l’immagine di Dio e la benedizione di Dio.
Ma l’uomo, peccando, ha rovinato l’immagine di Dio, e con la sua ribellione ha perso anche la benedizione, perché essa è condizionata dall’obbedienza. È subentrata la maledizione, che si è estesa a tutta l’umanità. Ma il peccato dell’uomo non ha fatto desistere Dio dal suo proposito. L’umanità si è moltiplicata e con essa è aumentato anche il peccato; ma Dio non ha dimenticato il suo progetto.
Così Dio, quando chiama Abramo, gli rinnova la stessa intenzione: “Il Signore disse ad Abramo: «Va’ via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra»” (Gen. 12:1-3).
Dio sceglie dunque una famiglia, composta da Abramo e sua moglie, e la benedice; ma con quale proposito? Dio non ha favoritismi, non benedice una famiglia a scapito di tutte le altre: desidera benedire tutte le famiglie della terra. Ma per raggiungere questo obiettivo, parte da una famiglia: “Ti benedirò, farò di te una grande nazione … e tu sarai fonte di benedizione … e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra”.
Quando poi Abramo viene sottoposto alla più grande prova dell’obbedienza e si mostra pronto a offrire l’unico suo figlio, Isacco, in sacrificio, Dio gli fa un giuramento: “Io giuro per me stesso, dice il Signore, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s’impadronirà delle città dei suoi nemici. Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce” (Gen. 22:16-18).
Dio giura ad Abramo – ed è la prima volta che Egli giura ad un uomo – circa la sua discendenza; e il giuramento indica che il Suo proposito rimarrà immutabile. Prima, Dio aveva dato ad Abramo una promessa condizionale, ma ora gli fa un giuramento che è senza condizioni. Gli giura che, per mezzo della sua discendenza, saranno benedette tutte le famiglie e tutte le nazioni della terra. Il piano di Dio è di formare una nazione, ma non per fare discriminazioni fra le nazioni: ne benedice una perché, attraverso di essa, siano benedette tutte le nazioni della terra.
Il popolo d’Israele
Come sappiamo, la discendenza di Abramo si moltiplica, e in tempo di carestia il nipote Giacobbe con tutta la famiglia scende in Egitto, dov’è già suo figlio Giuseppe, e si stabiliscono là. Dopo 400 anni quella famiglia di circa settanta persone è diventata una grande nazione di circa due milioni, e così una parte della promessa di Dio si è adempiuto: la discendenza di Abramo è ormai diventata nazione, anche se è schiava del Faraone.
Ma Dio non ha dimenticato i suoi propositi e il suo giuramento: attraverso Mosè, libera con miracoli e segni gli Israeliti dalla schiavitù, fa aprire le acque del mar Rosso, il popolo di Israele passa sull’asciutto e il Faraone con tutto il suo esercito annega. Dio guida gli Israeliti nel deserto del Sinai, e là Dio chiama Mosè sulla montagna.
Là Dio dà i dieci comandamenti (Esodo cap. 20), ma la prima cosa che Egli rivela a Mosè è il suo proposito per la nazione: “Se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Es. 19:5-6).
Qui Dio spiega a Mosè il suo piano originale per Israele, il “piano A”: che tutta la nazione diventi un popolo di sacerdoti. Un sacerdote, in termini pratici, è come un ponte tra Dio e gli uomini, che unisce due punti altrimenti separati: l’uomo e Dio. Dio vuole una nazione che serva da ponte fra se stesso e il resto dell’umanità, perciò voleva fare di tutta la nazione d’Israele una nazione di sacerdoti.
Vi siete mai domandati perché Dio ha scelto la terra di Canaan per stabilirvi Israele? Egli è uno stratega. Se pensiamo alla mappa del mondo allora conosciuto, vediamo che vi sono tre continenti – Europa, Africa e Asia – e che Canaan è situata al centro. Dall’Europa all’Africa occorre passare per Canaan, e così dall’Africa all’Asia. Dio ha eletto quel popolo e lo ha stabilito in quella terra con il proposito strategico di poter raggiungere da lì tutte le nazioni della terra.
Ma Israele è venuta meno. Nonostante abbia ricevuto direttamente dalla bocca di Dio i dieci comandamenti – “Io sono il Signore, il tuo Dio: non avere altri dèi oltre a me; non farti scultura né immagini alcuna, non ti prostrare davanti a loro e non li servire …” – la seconda volta che Mosè sale sulla montagna, poiché ci mette un po’ di tempo a ritornare, il popolo chiede ad Aaronne di fargli un vitello d’oro: fanno un idolo e lo adorano, dicendo: “Questo è il Dio che ci ha fatti uscire dall’Egitto”.
Così, a causa dell’infedeltà d’Israele, Dio ha messo in atto il suo “piano B”. Tutta la nazione sarebbe dovuta essere un regno di sacerdoti; ma ora, Dio sceglie una sola tribù – quella di Levi – a fornire i ministri di Dio e a servire a favore delle altre undici; e sceglie una sola famiglia, quella di Aaronne, i cui discendenti vengono consacrati come sacerdoti. Israele si chiude in sé e, invece di benedire tutte le nazioni, si concentra su se stessa e sulle proprie benedizioni … E neanche così rimane fedele a Dio!
Per tutte le nazioni
Ma il giuramento di Dio rimane. Israele viene meno, ma Dio no: anche se noi siamo infedeli, Egli rimane fedele. Quando il tempo è compiuto, il Nuovo Testamento comincia così: “Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo …” (Matt. 1:1). Perché Davide e Abraamo? Sono i due uomini ai quali Dio ha fatto un giuramento a proposito della loro discendenza. Da un discendente di Abramo – la vergine Maria – nasce il Salvatore: ecco la progenie di Abramo! Dio, sapendo ogni cosa fin dall’inizio, gli aveva detto infatti: “Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra”. Israele è venuta meno, ma Gesù Cristo è fedele.
Quando il Battista vede Gesù, dichiara: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo”. Tutti i sacrifici in Israele servivano per togliere il peccato d’Israele; ma ecco ora l’Agnello di Dio che toglie il peccato, non solo d’Israele, ma del mondo intero. Il cuore di Dio è per il mondo: “Dio ha tanto amato il mondo che ha mandato il suo unigenito figlio …”.
Gesù Cristo, è vero, si rivolge prima alle pecore smarrite della casa di Israele. Ma Gesù conclude il ministero a favore esclusivamente degli Israeliti con il lamento: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! [città israelitiche] perché se in Tiro e in Sidone [città gentili] fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da molto tempo si sarebbero pentite, con cilicio e cenere” (Matt. 11:21). E il capitolo conclude con l’appello universale del Cristo. Gesù apre il suo invito a tutti gli uomini di tutte le nazioni, dicendo: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo …” (v.28). Il Figlio di Dio è venuto a salvare il mondo e a benedire tutte le famiglie della terra.
Ma … come arriverà la benedizione di Dio a tutte le famiglie della terra? Gesù è morto in croce per espiare i peccati di tutta l’umanità, è stato sepolto, è risorto dai morti, e prima di andare in cielo chiama i suoi discepoli per dire loro queste parole: “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato. Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto …” (Mc. 16:15-17).
Ecco rivelato il cuore di Dio: Egli vuole benedire tutte le nazioni, tutte le famiglie della terra, ogni creatura. Ma l’unico mezzo per cui questa benedizione può arrivare a tutti è la predicazione del Vangelo. Gesù ha compiuto tutta l’opera necessaria, ma ora spetta a noi comunicare il Vangelo.
Il nostro mandato
Vorrei sottolineare due cose. Prima, che “andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura” è un ordine, un comandamento. Non è qualcosa di facoltativo: bisogna obbedire. Poi, che il comando non è solo quello di “predicare il vangelo”, ma di predicarlo a ogni creatura in tutto il mondo. Tutte le famiglie della terra devono aver la possibilità di essere benedette dal Signore. È questa l’interpretazione data dagli apostoli: fin dal giorno della Pentecoste, infatti, cominciano a predicare il Vangelo. Anche quando le autorità di Gerusalemme li arrestano e vietano loro di predicare, Pietro risponde: “Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio” (Atti 4:20). Anche a rischio della vita dovevano predicare il Vangelo, perché Gesù è il Signore, l’autorità alla quale bisogna obbedire.
Tutti gli abitanti del mondo devono ascoltare il Vangelo. Non tutti si convertiranno, ma tutti devono averne la possibilità, perché “chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. Ma come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunzi?” (Rom. 10:13-14). Non possiamo sottrarci a questo ordine di Dio.
Cari fratelli, noi abbiamo la responsabilità di evangelizzare tutti gli abitanti della terra nella nostra generazione. Non possiamo fare nulla per le generazioni passate, né per quelle future se non in maniera indiretta; ma siamo responsabili di questa generazione. Tutti hanno il diritto di ascoltare il Vangelo, perché il proposito di Dio è di benedire, attraverso Cristo, tutte le famiglie della terra.
Non si tratta di evangelizzare alcuni – qualche vicino, qualche collega … Tutti i vicini, tutti i colleghi, tutti i compagni di studio, ogni piccolo, ogni adulto e ogni anziano, il Presidente della Repubblica, i deputati, il barista, gli spazzini … tutti devono ascoltare! Tutti i 58 milioni di abitanti dell’Italia devono essere evangelizzati: è un ordine di Gesù. E non soltanto gli Italiani, ma tutta l’Europa deve essere evangelizzata, tutto il mondo, tutte le nazioni! Fate discepoli, predicate il Vangelo, perché tutti devono aver la possibilità di convertirsi.
Questo è il mandato che Gesù ci affida; e se Egli è il Signore, l’autorità suprema sulla Chiesa, non possiamo che rispondere: “Signorsì, lo faremo!” Ora, so che molti penseranno: “È impossibile!” Ma Dio non è né un despota né un tiranno: non ci darebbe mai un ordine impossibile da eseguire, quindi il Suo ordine deve essere realizzabile.
Se in Italia ci fosse solo l’uno per cento di cristiani autentici e seriamente impegnati, ma ogni discepolo si prendesse l’impegno di evangelizzare, con compassione, con preghiera e digiuno, due persone ogni settimana, in un anno tutta l’Italia sarebbe evangelizzata! Il comando di Dio non è impossibile da realizzare. Gesù in solo tre anni ha evangelizzato tutta la Giudea, la Samaria e la Galilea, e ciò senza disporre di un’Alfa Romeo, di fax, di radio o di TV … ! Gli apostoli in un solo giorno hanno battezzato 3000 persone, anche se è vero che ciò non si è ripetuto tutti i giorni. Anche Giona, un profeta non troppo obbediente, è andato a Ninive e in quaranta giorni tutta la città, tutti gli abitanti, dal re fino al bambino più piccolo, si sono pentiti. Per Dio nulla è impossibile, non ci sono limiti a quello che Egli può fare. Dio è potente, ed Egli sta al nostro fianco in questa impresa.
La prima chiesa in pochi anni aveva “riempito Gerusalemme della sua dottrina” (Atti 5:28). Paolo in Romani 15:19 scrive: “Da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria ho predicato dappertutto il Vangelo di Cristo …” Come ha potuto fare tanto? Ha creduto possibile adempiere l’ordine del Signore.
Un popolo di sacerdoti
In Atti 19 leggiamo che Paolo rimase a Efeso per due anni e che “così tutti coloro che abitavano nell’Asia [la parte occidentale dell’odierna Turchia] … udirono la Parola del Signore” (Atti 19:10). Come ha potuto Paolo fare tanto in così poco tempo, e inoltre senza muoversi da Efeso? È stato possibile perché Paolo conosceva la strategia di Dio: formare un popolo composto interamente di sacerdoti. Israele è venuta meno, ma per mezzo di Cristo è nata la Chiesa, il vero Israele, così il piano originale di Dio è potuto tornare in vigore: quello di avere una nazione di sacerdoti, per mezzo della quale benedire tutte le nazioni della terra.
In Apocalisse 1:5-6 è scritto: “A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli”.
La prima cosa detta in questo brano è che Dio ci ha amati. Io mi sono convertito all’età di quindici anni. Ero nato in una famiglia evangelica ma non ero nato di nuovo, non avevo mai avuto un vero incontro con Dio. Il giorno in cui Dio mi ha incontrato, il pastore del quale Dio si è servito per portarmi alla conversione ha usato questo testo, spiegandomi: “Dio ti ha amato, Gesù è morto per i tuoi peccati, ora i tuoi peccati sono stati lavati dal sangue di Cristo ed egli ti ha fatto sacerdote”. Ho capito la prima parte, cioè che Dio mi aveva perdonato i peccati; ma quando ha detto che Dio mi aveva fatto sacerdote, non ho capito più nulla. Tuttavia quell’uomo di Dio mi ha inaugurato quella sera stessa nella mia funzione sacerdotale. Mi ha dato quattro libretti dicendomi: “Jorge, mettiti questi in tasca e, quando salirai sul pullman per tornare a casa, ricordati che anche gli altri hanno bisogno di quello che tu hai ricevuto: da’ questi libretti a quelli che saranno seduti vicino a te”.
Li ho messi in tasca e per rispetto non ho detto nulla, ma nel mio cuore dicevo: “Mai farò una cosa del genere!” Ero timido, mi vergognavo: parlare a uno sconosciuto per me era impossibile. Così sono partito per andare a casa, ma sul pullman mi sentivo male, sembrava che quei libretti mi bruciavano in tasca! Mi sentivo sempre peggio, così, solo per scaricare il peso, li ho tirato fuori dalla tasca, ne ho dato uno al mio vicino, poi agli altri. “Cos’è?”, mi domandavano. “No, no …” ho farfugliato e sono tornato di corsa a sedermi, pregando dentro di me: “Signore, fa’ che non mi domandino nulla!”
Quel pastore mi aveva iniziato all’esercizio del sacerdozio. Cos’è un sacerdote, in fondo, se non un ponte fra Dio e gli uomini? Gesù Cristo, Sommo Sacerdote, è il ponte, “il solo mediatore tra Dio e gli uomini”. Ma egli vive dentro di me e di te, e vuole esercitare il suo sacerdozio attraverso di noi. Tutti i nati di nuovo, tutti coloro che sono stati lavati dal sangue di Cristo sono sacerdoti di Dio. Pietro scrive nella sua prima epistola: “Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale” (1° Pt. 2:9). Ogni figlio di Dio è un sacerdote, non per le proprie virtù, ma per quelle del grande Sacerdote che è dentro di noi.
Teoria e pratica
Ho un amico – credo che ora abiti a Roma – che è stato mio compagno di scuola elementare. Dopo molti anni ci siamo visti di nuovo in un incontro tra sacerdoti cattolici e pastori evangelici. Appena mi ha visto, ha esclamato: “Jorge, ti ricordi di me?” Ora lui era sacerdote, appartenente al movimento dei Focolarini, ed io ero pastore. Abbiamo sviluppato una bell’amicizia ed egli è venuto spesso a casa mia. Un giorno gli ho chiesto: “Enrico, su quale base la chiesa cattolica dice che alcuni sono sacerdoti e altri no?” “Ah, so dove vuoi arrivare – rispose lui – e in effetti, non c’è nessun fondamento né biblico né teologico. È solo un’abitudine; anzi, proprio nella Chiesa Cattolica si riprende oggi a parlare del sacerdozio di tutto i credenti”.
Io però sono giunto a questa conclusione: che noi siamo protestanti solo in teoria, perché in pratica anche noi siamo cattolici! I cattolici chiamano “preti” o “sacerdoti” coloro che sono consacrati al ministero; noi invece li chiamiamo “pastori”. Ma facciamo lo stesso tipo di distinzione: alcuni sono consacrati al ministero, gli altri sono “laici”. La Parola di Dio, invece, ci insegna diversamente: siamo tutti sacerdoti, tutti consacrati a Dio.
Non tutti sono apostoli, è vero, non tutti profeti, evangelisti, pastori o insegnanti: ci sono diversi doni ministeriali. Ma siamo tutti sacerdoti per mezzo di Gesù che è in noi, il ponte fra Dio e gli uomini.
Un ponte tra Dio e l’uomo
Ma il ponte deve funzionare, e in entrambi i sensi. Deve funzionare “all’andata”: il sacerdote è colui che, con la preghiera e l’intercessione, si presenta davanti a Dio a favore degli uomini. Spesso noi preghiamo solo per il pastore, per la moglie, per i figli, per i fratelli e per la chiesa. Tutto questo è buono; ma quanti di noi pregano per i vicini o per i colleghi di lavoro?
L’apostolo Paolo scrive: “Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini …” (1° Tim. 2:1). Se tu sei un sacerdote, devi pregare ogni giorno per quelli che non pregano per se stessi, intercedere davanti a Dio per i tuoi colleghi, per i vicini, i parenti e gli amici, tutti coloro in mezzo ai quali Dio ti ha messo come ponte. Prepara un quaderno per il tuo lavoro sacerdotale, in cui scrivere i nomi delle persone e delle famiglie per le quali intercedere. È un lavoro da portare avanti con serietà e con impegno, perché la benedizione di Dio possa arrivare a tutte le famiglie della terra.
Poi, il ponte deve funzionare anche “al ritorno”. Ciò significa rappresentare Dio davanti agli uomini. Non voglio dire necessariamente “predicare”, perché in genere incontriamo molta diffidenza. La prima cosa da fare, piuttosto, è amare le persone. L’amore apre le porte, e Dio, che è Amore, vuole benedire le persone attraverso di noi: la prima cosa è dunque portare loro l’amore di Dio. Sii cortese e amorevole con tutti; benedici anche quelli che ti maledicono; fa’ del bene a chi ti fa del male; fa’ che il tuo sole sorga sui buoni e sui cattivi, come fa tuo Padre; non salutare soltanto i tuoi fratelli ma tutti. Rompi le barriere dell’indifferenza, di’ a quelli che ti circondano: “Dio ti benedica!”. Sii servizievole, avvicinati a chi soffre, sii generoso con chi è nel bisogno. Mostra prima l’amore, perché è l’amore che apre i cuori, e allora può seguire la predicazione. Il Vangelo, prima di essere parola, è amore. Noi dobbiamo incarnare quella parola, e allora la gente aprirà il cuore.
Dio dunque ci ha fatto sacerdoti, un ponte che funziona sia all’andata che al ritorno. Nella visione di Dio per la Chiesa, tutti i suoi figli sono sacerdoti consacrati a questo sacro ufficio, un ponte fra Dio e gli uomini.
In Efesini 4:11-12 è scritto che Cristo “ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori …” E la funzione principale di questi ministeri viene indicata nel versetto 12: “ … per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo”.
La parola usata per “perfezionamento” in greco è katartismos, che è una parola molto ricca di significato. Se a un capitano si affidavano cento reclute con il compito di trasformarle in altrettanti soldati, questo addestramento per renderli pronti per la battaglia si chiamava katartismos. L’obiettivo principale del ministero cristiano è quello di prendere i convertiti semplici e prepararli per l’opera di Dio. Non basta dar loro la coscienza che sono sacerdoti: il nostro compito è quello di rendere tutti i santi capaci, edificarli in vista dell’opera, addestrarli al loro ministero perché possano funzionare come sacerdoti. La chiesa è il grande seminario di Dio in cui sono iscritti tutti i santi per essere resi capaci, abilitati e perfezionati per l’opera di Dio.
Termino con questo pensiero: Molti credono che la Chiesa sia una nave da crociera, sulla quale c’è un piccolo gruppo di addetti ai lavori, l’equipaggio di bordo, e tutti gli altri sono passeggeri che stanno lì per svagarsi, prendere il sole ed essere serviti. Navighiamo verso il cielo con i pastori, i diaconi e i responsabili che fanno da equipaggio al servizio della massa dei passeggeri.
Ma la verità è del tutto diversa. La Chiesa non è una nave da crociera ma una nave da guerra! In una nave da guerra non c’è neanche un passeggero! Tutti fanno parte dell’equipaggio, tutti sono sotto autorità, tutti hanno un compito e una funzione, tutti sono dediti al servizio. Dobbiamo scendere dalla nave di crociera e salire su quella della guerra!