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di Ernesto D. Bretscher
“Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa.” (Matteo 6:6)
Di recente un amico mi fece questa considerazione: “Affermiamo di conoscere la Parola di Dio, ma poi in realtà non conosciamo il Dio della Parola!” A pensarci bene, questo riflette le condizioni di molti di noi cristiani moderni, sempre troppo occupati dalle responsabilità del lavoro, della famiglia e della nostra vita per poter dedicarci a conoscere, incontrare, toccare e ascoltare il Signore. Dedicare regolarmente tempo alla preghiera, la meditazione della Parola e l’ascolto del Signore, è per molti un lusso che non possono permettersi.
Ma siamo onesti: se avessimo più tempo a disposizione, pregheremmo di più? Cercheremmo il Signore con maggior impegno? o preferiremmo piuttosto fare altre cose? Molti cristiani lamentano quanto sia difficile vivere secondo la Parola di Dio. Si sforzano di essere migliori, spesso sottoponendosi alle regole più rigide, ma con ben poco successo. L’apostolo Paolo ci ricorda che non è con i nostri sforzi che riusciremo a cambiare, ma è solo “contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore” che “siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore”! (2° Corinzi 3:18).
Non ci sono alternative, è solo trascorrendo tempo nel “segreto”, noi soli con Dio, che riusciremo a contemplarLo tanto da essere trasformati sempre più a Sua immagine e somiglianza. E chi ha una relazione reale con Dio afferma che cercare, incontrare e toccare Dio è quanto di più gratificante possa esserci! “Un giorno nei tuoi cortili vale meglio che mille altrove!” esclamava Davide (Salmo 84:10).
E, anche se appartarci per Dio ci costa non solo impegno e costanza ma anche tempo prezioso, questo non sarà mai sprecato, anzi spesso ci verrà restituito nel corso della stessa giornata. Potrà succedere che perderemo meno tempo nel traffico, che avremo meno contrattempi, che il lavoro ci riuscirà meglio, e così di seguito. E sopratutto saremo più forti dentro, più sereni, più umili e mansueti e meno suscettibili o nervosi. Infine, se trascorreremo tempo nella presenza di Dio secondo le raccomandazioni della Scrittura, assomiglieremo sempre più a Gesù.
Tuttavia vi è anche chi legge la sua Bibbia e dedica del tempo alla preghiera ogni giorno, senza per questo essere trasformato nel proprio carattere e stile di vita. E qui molti rimangono perplessi. Sarà perciò utile riflettere insieme su tutta questa tematica, che è la preghiera “nel segreto”.
… che è nel segreto …
“Dio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:24). Noi siamo abituati a vivere condizionati dalla nostra “carne” che risponde solo a quanto vede, tocca, sente ed ascolta. Ed è sopratutto quello che appartiene a questa dimensione ad attirare i nostri interessi. Dio invece lo si può trovare solo nella dimensione dello “spirito”, cosa che non attrae per nulla la nostra carne.
È qui che subentra l’importanza di una corretta visione di Dio. Quanti tra di noi, per esempio, oltre a “sapere”, realizzano profondamente che Dio è una Persona, con emozioni, sentimenti, desideri e pensieri propri, con un suo temperamento e una sua sensibilità? Quanti lo sanno presente, proprio vicino a loro e interessato a quanto sentono, pensano e fanno?
Giorni fa una persona alla ricerca di Dio mi chiese: “Come mai, quando preghi tu, ho la sensazione che Dio sia proprio vicino, quasi da poterlo toccare, mentre in chiesa, quando pregate, sembra così lontano e irraggiungibile?” Questa domanda mi fece riflettere. Cos’è che lo portava a fare questa considerazione? Il mio modo di pregare non è poi così diverso da quello dei miei fratelli; come mai questa persona percepiva questa differenza? Ecco alcune risposte che vi propongo:
- Troppo astratto
Molti di noi, pregando, non realizzano ancora di parlare ad una Persona vicina, per cui non parlano con Dio come farebbero se invece avessero di fronte un amico intimo. Troppi credenti non riescono a vedere in Dio il loro Papà, affettuoso, pronto a prenderli tra le Sue braccia e a stringerli a Sé, sempre in attento ascolto di ogni loro parola, che coglie ogni enfasi e percepisce ogni emozione. Forse per diversi di noi Dio rimane ancora una Persona “astratta”, lontana, estranea, troppo elevata per essere toccata e raggiunta.
Alcuni poi pensano che le loro preghiere facciano un po’ la trafila delle pratiche indirizzate agli uffici governativi. Si sa quando le si presentano, ma dopo non si sa più nulla: se e quando verranno prese in esame, da chi e se si avrà mai una risposta … In queste condizioni non c’è da meravigliarsi se si prega senza troppa convinzione, parlando come a Qualcuno non definibile.
- Troppo indegni
Molti di noi soffrono da “sensi di colpa perpetui”. Si immaginano Dio con una frusta in mano, pronto a punire ogni caduta e peccato e a ritirare la Sua presenza, la sua protezione e il suo “ascolto” appena dovessero sgarrare.
“Dio, ascoltare me? Ma se mi è appena scappato un pensiero impuro! Se ho appena detto una bugia! Se mi sono appena arrabbiato con mia moglie! Se fumo ancora!” E così vanno avanti per tutta la vita, tra richieste di perdono e sensi di colpa per le continue “cadute”. “Come fa Dio ad ascoltare un essere indegno come me?”
Per il peso di un legalismo spesso esasperato, non riescono mai a vedere Dio per quello che veramente è: “… misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che usa misericordia a migliaia, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato …” (Esodo 34:6). Si finisce per cadere nello stesso errore dei Galati, che pensavano di poter raggiungere l’approvazione di Dio con l’osservanza di regole, obblighi e comportamenti. Tutti sappiamo quanto Paolo fosse allarmato da una simile dottrina!
- Troppo religiosi e formali
“Signore Iddio, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, tre volte santo, per l’infinità della tua pazienza, in accordo con il tuo eterno consiglio, ti piaccia ascoltare ed accogliere la preghiera di questo tuo misero servo …”
Senza voler mancare di rispetto verso nessuno, è questo il modo in cui tanti credenti iniziano a parlare con Dio. Fanno appello a tutta la conoscenza che hanno delle Scritture per (è il caso dirlo!) recitare un vero e proprio discorso a Dio. Pare di ascoltare i discorsi dei deputati al Parlamento, ricchi di interessanti riflessioni, facenti sfoggio di cultura e proliferi di parole spesso incomprensibili all’uomo della strada, trasmessi in diretta da Radio Radicale. “E nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro …” (Matteo 6:7)
- Non ci conosciamo!
Che tipo di rapporto può esserci fra persone che non si frequentano? Formale, superficiale e distante! Sono troppi i cristiani ad avere un simile rapporto con il Padre. Evidentemente è perché lo “conoscono” poco, e questo perché pregano poco o male.
È triste dover sentire Gesù affermare: “Molti mi diranno in quel giorno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demoni e fatte in nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro: «Io non vi ho mai conosciuti» …” (Matteo 7:22-23). Per conoscere una persona, bisogna frequentarla. Non basta sentirne parlare, leggere i suoi scritti, studiarne la biografia. Bisogna diventare amici, conoscere i suoi pensieri, il suo cuore, le sue emozioni, i suoi sogni.
Un saggio cinese chiese ad un suo discepolo che affermava di conoscerlo bene: “Sai qual è il mio «peso»?” “Questo no, non lo so!” rispose l’altro. “Allora, non mi conosci!” Se Dio ti chiedesse: “Qual è il mio peso, il mio dolore, il mio sogno?”, sapresti risponderGli? Se mi permetti, vorrei farti una confidenza. Queste risposte non le scoprirai leggendo la Bibbia. Le scoprirai solo toccando Dio. Allora soltanto ti si apriranno gli occhi e vedrai che tutta la Bibbia ne parla! Ed è proprio a questo che il mio amico alludeva quando disse che spesso non conosciamo il Dio della Parola.
Vorrei citarti un’altra sua affermazione: “Il Signore ci sta cercando come persone, e vuole che noi cerchiamo Lui come Persona.” Già, un Padre personale, palpabile, vicino, pieno di affetto e calore per i suoi figli! E dei figli che amino trascorrere ogni possibile istante nella Sua presenza! Un Padre conosciuto intimamente ed amato per quello che è dai Suoi figli, e dei figli che sanno di essere nel cuore del Padre. Ecco ciò che rende il nostro rapporto con Dio intimo, sereno e sicuro!
- Incontrare Dio: in spirito …
“I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché questi sono gli adoratori che il Padre richiede” (Giovanni 4:23). Cosa significano queste parole?
- In spirito. Dio è spirito e può essere toccato solo dal nostro spirito, mai dalle nostre emozioni, dai nostri sforzi, dalla nostra concentrazione o immaginazione! Questi elementi, caratteristici della nostra anima, potranno essere toccati e influenzati solo dopo che il nostro spirito avrà toccato lo Spirito di Dio. Per questo la Parola di Dio ci insegna quanto segue:
- Appartarsi in un luogo tranquillo. “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la tua preghiera …”. Gesù amava appartarsi in luoghi isolati quali il deserto, la cima di un monte, lontano dalla gente, dalle distrazioni, dai rumori.
- Avere fede in quello che Dio afferma di essere. “Or senza fede è impossibile piacerGli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che Egli è, e che dà la ricompensa a tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6). La lode è confessare quello che Dio è, e questo ci aiuta a vederLo per quello che Lui veramente è. Per cui iniziare il nostro tempo di preghiera con un momento di lode diventa di grande stimolo alla nostra fede.
Per esempio: “Grazie, Padre, per il privilegio di essere tuo figlio, per l’amore che hai per me, per la tua grazia e misericordia. So bene che in me non abita alcun bene, ma tu mi hai lavato con il sangue di Gesù, mi hai reso puro e giusto, ed ora mi attiri nella tua presenza perché io possa lasciarmi cambiare, amare e toccare da te. Ti esprimo tutta la mia gratitudine per quello che sei per me, tu che sei la mia gioia, la mia forza, il mio sostegno, la mia copertura e la mia guida. Il mio cuore esulta nel sapermi amato da te … (e così di seguito)”.
Più lodiamo il Signore per quello che è, più cresce la nostra fede in Lui, nel suo affetto e nella sua presenza. E mentre si procede in tal senso viene spontaneo adorarLo, amarLo, esprimerGli i nostri sentimenti più profondi. Forse le lacrime cominceranno a bagnare il nostro viso e cominceremo ad avvertire la sua presenza in modo tangibile. Sentiremo di appartenerGli intimamente, di essere Suoi, di essere nella Sua presenza. Non a caso la Scrittura ci esorta: “Presentiamoci a Lui con lodi, celebriamolo con salmi!” (Salmo 95:2)
… e in verità
Un aspetto importante nella preghiera è la nostra onestà. Non serve cercare di impressionare Dio con belle frasi. Lui sa come siamo fatti. Il fariseo non riuscì ad impressionare Dio con tutte le opere buone che in ubbidienza alla Parola, faceva. Il pubblicano invece toccò il cuore di Dio perché era onesto (Luca 18:10-14).
Riconoscere quello che siamo, umiliarci e confessare i nostri peccati onestamente fa parte dell’adorazione. “Avvicinatevi a Dio, ed Egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi di animo! Siate afflitti, fate cordoglio e piangete! Sia il vostro riso convertito in lutto, e la vostra allegria in tristezza! Umiliatevi davanti al Signore ed Egli vi innalzerà” (Giacomo 4:8-10).
In questi versetti sono espresse le condizioni perché Dio faccia accostare a sé i suoi figli. Umiliarci davanti al Signore, riconoscendo la nostra peccaminosità, è una pratica che dovremmo fare come quella di lavarci le mani dopo aver finito il lavoro e prima di metterci a tavola. La vita secolare ci “sporca” con le sue influenze e tentazioni. Nulla di meglio che “lavarsi le mani” quotidianamente nella presenza del Signore, confessando come Paolo che “… in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no”. E aggiunge che “il peccato abita in me” (Romani 7:18,17).
Dunque è inutile farsi sensi di colpa per una realtà che non riusciremo ad estirpare. Riconosciamola onestamente davanti a Dio, piangendo su questa realtà e confessando il nostro bisogno continuo della Sua grazia e forza per “camminare secondo lo Spirito e non adempiere i desideri della carne” (Galati 5:16). E non insultiamo la misericordia infinita del Padre non osando più pregare perché “l’abbiamo fatta grossa”. L’ordine di Dio è perentorio: “Purificate i vostri cuori, o doppi d’animo!” Dio lo sa bene che siamo doppi (una parte di noi che parteggia per Lui e l’altra per il peccato; vedi Romani 7:14-25, Galati 5:16, 2° Corinzi 12:9), per cui ha deciso di amarci così come siamo, con tutti i nostri difetti.
Gesù ha versato il suo sangue perché ci sia dato di avere sempre accesso alla presenza di Dio, perché è là, nella Sua presenza che la potenza di Cristo può venire su di noi ed aiutarci a smettere di vivere sotto la tirannia della nostra carne peccaminosa. Finché vivremo in questa “carne” il peccato abiterà sempre in noi, come un inquilino che non riusciamo a sfrattare. Ma l’accesso al Padre grazie al “sangue di Gesù che ci purifica da ogni peccato” (1° Giovanni 1:7) ci darà l’autorità di tenerlo sotto controllo: “… il peccato non avrà più potere su di voi …” grazie alla stessa potenza che ha risuscitato Gesù dai morti (Romani 6:4,14).
Ascolto
Il nostro deve essere un dialogo, non un monologo. Ora, certamente Dio ci parla attraverso la Sua Parola, per cui è certamente estremamente benefico meditare la Parola di Dio durante il tempo che dedichiamo alla preghiera. Tuttavia capita spesso di avere situazioni che ci preoccupano, ci mettono in ansietà, ci feriscono. Prima che questi stati d’animo influenzino le nostre azioni o reazioni, decisioni o scelte, parliamone con Dio, avendo cura di passare per le tappe di cui abbiamo parlato più sopra.
Spesso infatti, quando abbiamo qualcosa che ci preoccupa, non riusciamo a pensare ad altro, per cui, pregando, parliamo subito della cosa a Dio. In queste condizioni, specie se siamo agitati, non riusciremo a sentire la Sua voce. Meglio, con un po’ di violenza su noi stessi, mettere da parte i problemi per lodare, ringraziare, benedire e acclamare Dio per quello che è. Meglio prima “pulire le nostre mani” da ogni contaminazione.
Solo quando avvertiremo la presenza di Dio, la sua pace, la sua serenità interiore e il suo amore, potremo tirare fuori l’oggetto delle nostre preoccupazioni e parlarne con Lui. Spesso, mentre Gli spiegheremo la cosa, la vedremo già in una prospettiva diversa. E con la serenità nel cuore, riusciremo a percepire la Sua direzione sul come procedere per risolverla correttamente. Se tuttavia non si riesce ancora a trovare pace, sarà bene “dormirci su” una o più notti, nel frattempo cercando il Signore di cuore. Egli ci ridarà il controllo delle nostre emozioni e riusciremo a vedere la cosa dalla Sua prospettiva e il modo in cui Lui la risolverebbe.
Semplicità
Un ultimo consiglio: sii te stesso con Dio! Sii semplice. Parlagli come faresti con un caro amico. A volte può aiutare parlare nel dialetto locale, oppure ragionare ad alta voce con Lui, riflettere sulle possibili implicazioni di certe scelte, porgli domande sui tuoi perché. ChiediGli cosa ne pensa di certe tue convinzioni o scoperte. Parlagli di tutto. Del tuo lavoro, dei tuoi colleghi. Di tua moglie, tuo marito, i tuoi figli, o genitori. Fa’ di Lui il tuo confidente. Scoprirai quanto Dio sa esserti vicino!
E liberati, se puoi, da ogni “gergo religioso”. Tante persone hanno l’abitudine di pregare così veloce da non riflettere su quello che dicono. Ma la Scrittura ci esorta: “Non essere precipitoso con la tua bocca, e il tuo cuore non si affretti a proferir verbo davanti a Dio … le tue parole siano poche … nelle molte parole c’è vanità …” (Ecclesiaste 5:2,7). Rifletti bene a quello che dici, e dillo nel modo più semplice e trasparente possibile.
Un’altra strana abitudine che c’è è pregare così: “Signore, ti ringrazio, Signore, perché Signore, nella tua bontà Signore, tu, Signore, mi hai, Signore, fatto figlio tuo, Signore …”. Ma chi nella vita di ogni giorno parla così? Quando dall’ufficio uno chiama sua moglie, non le parla in questi termini: “Ciao, Maria, questa sera, Maria, ho molto lavoro, Maria, qui in ufficio, Maria, non riusciamo a finire Maria, per l’ora di chiusura, per cui, Maria, farò tardi e pertanto Maria, non aspettarmi per cena Maria …” Un modo di parlare così denoterebbe uno stato profondo di ansia! Eppure quanti di noi parlano con Dio in questo modo! Impariamo dunque ad essere nella preghiera il più naturale possibile. “E il Padre tuo che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa”.
Sensibilità
“Non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Gesù Cristo verso di voi. Non spegnete lo Spirito” (1° Tessalonicesi 5:17-19). Perché la presenza di Dio, la Sua voce e la Sua unzione possano essere percepibili, è importante “non cessare mai di pregare”, tenendo la sensibilità del nostro spirito in continuo allenamento.
Nella mia esperienza personale ho imparato che, se prego regolarmente, possibilmente ogni giorno, riesco ad avvertire la presenza di Dio in modo molto reale e tangibile. Ma se la mia vita di preghiera è disordinata, se per motivi vari lascio passare parecchio tempo senza pregare, comincio a “soffrire” di aridità. Il Signore comincia a mancarmi, anche se so che è vicino a me. Divento spiritualmente debole e insensibile, non riesco più a distinguere la voce del Padre, la mia carne comincia a dominare i miei pensieri e divento particolarmente vulnerabile al peccato ed è con grandi difficoltà che ritrovo la voglia di pregare.
E quando finalmente, facendomi violenza, riprendo a pregare, è solo dopo parecchi giorni di assidua ricerca del Signore che riesco di nuovo ad avvertire la Sua presenza. Abbiamo proprio bisogno di vivere in continua comunione con Dio, per cui “vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole!” (Marco 14:38).