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di Geoffrey Allen
Quando è già scoppiato un incendio, è tardi per andare a comprare l’estintore!
Allo stesso modo, il momento migliore per chiarirsi le idee sull’amore e sul fidanzamento è prima di innamorarsi disperatamente della compagna di banco, del figlio del pastore o di quell’affascinante ragazza che ha cominciato a frequentare gli incontri dei giovani!
È normale e naturale che trovare l’uomo o la donna “giusta” con cui condividere la vita sia un problema molto sentito dai giovani. In fondo, questa è la seconda decisione per importanza che bisogna affrontare nel corso della vita: è superata solo da quella se accettare o meno la salvezza in Cristo. È più importante della scelta di una professione o mestiere, del posto dove abitare o degli amici da frequentare.
Tuttavia, per chi ha preso la decisione radicale di riconoscere Cristo come Signore della propria vita, la ricerca del partner non può diventare la cosa più importante … nemmeno all’età in cui tutti i compagni non credenti non sembrano pensare ad altro! Il comando di Gesù, il Signore, è chiaro: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio …”! (Matt. 6:33). “Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e [solo] chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Matt. 10:39).
La prima domanda
“Cercare prima il regno di Dio” significa accettare senza condizioni, “a scatola chiusa”, la Sua volontà, che intanto è “buona, perfetta e accettevole” (Rom. 12:2). Per il giovane credente, dunque, la prima domanda da farsi non è: “Chi devo sposare?”, ma piuttosto: “Dio vuole che io mi sposi?”
Sembra che oggi la possibilità di una chiamata al celibato sia andata completamente dimenticata nel mondo evangelico (forse per reazione contro l’abuso che se n’è fatto nel Cattolicesimo). Eppure la Parola di Dio ne parla in modo chiaro: “Io vorrei – scrive addirittura l’apostolo Paolo – che tutti gli uomini fossero come sono io [cioè, perfettamente contento nella condizione celibe]; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro” (1° Cor. 7:7).
Che significa questo? Che, mentre a uno Dio fa dono (greco charisma) della grazia necessaria per sposarsi nel modo giusto, cioè alla Sua gloria, a un altro Egli dà la grazia di servirLo restando celibe (o nubile), “senza preoccupazioni e distrazioni” (vedi 1° Cor. 7:32-35). In fondo, non è forse l’esempio di Paolo – per non dire quello del Signore Gesù stesso – degno di trovare degli imitatori?
Non voglio essere frainteso. Non sto facendo propaganda per il celibato (sono felicemente sposato anch’io!!), ma per una ricerca senza preclusioni della volontà di Dio. È molto meglio non sposarsi che sposarsi fuori della volontà di Dio!
Quando ho conosciuto il Signore, ero già fidanzato (e follemente innamorato!). Ma, nelle settimane che seguirono quel primo, sconvolgente incontro con Dio, mentre ricercavo la pienezza dello Spirito Santo, avvertivo che Egli mi interpellava sugli altri impegni della mia vita. Lo studio: ero disposto ad abbandonare l’università, se Egli me l’avesse chiesto? Si, lo ero; ma poi capii che non era questo che dovevo fare. Lo sport: ero pronto a ridimensionare il mio impegno? Sì, e dovetti anche farlo. La politica: anche qui dovetti dire di sì, e il Signore mi chiese di ritirarmi completamente da quell’impegno. E infine, la fidanzata: ero pronto ad interrompere la relazione, se Egli avesse un altro piano per la mia vita?
Anche qui, dopo una dura battaglia interiore, arrivai a dirgli: “Si, Signore, so che il tuo piano per la mia vita è perfetta. Se tu vorrai che io sposi qualcun’altra, o anche che resti celibe per tutta la vita, mi sta bene!” Ma questa volta, Egli non mi chiese di fare ciò che ero pronto a fare; piuttosto, rispose: “Va bene, vai pure avanti, perché questa è la mia volontà per la vostra vita”.
Quello che io non sapevo era che anche la mia ragazza, con la quale avevo condiviso le esperienze spirituali che stavo facendo, nello stesso periodo faceva la medesima esperienza, e con la stessa risposta. Da allora in poi la nostra relazione è cambiata: non eravamo più soltanto noi due, perché lo volevamo noi, ma eravamo in tre: io, lei e il Signore, e la nostra relazione era qualcosa che tutt’e tre desideravamo e approvavamo. Non c’era più spazio per dubbi, timori o gelosie: il nostro amore fu veramente fondato su una roccia! Oggi, dopo vent’anni di matrimonio, devo dire che il Signore aveva pienamente ragione, e che la Sua volontà è davvero “buona, perfetta e accettevole”!
Non per necessità
Dal punto di vista cristiano, non ci si sposa (come oggi invece ci propone la TV e la stampa settimanale) perché si è pazzamente innamorati e non si può fame a meno. Può capitare, dopo due anni, di innamorarsi nuovamente di un’altra persona … e allora come si fa? Né ci si sposa, seconda la concezione più tradizionale, per avere (se sei un maschio) una donna che cucini, lavi e pulisca per te, né (malgrado l’interpretazione che alcuni danno di 1° Corinzi 7:7) per avere una donna con cui fare l’amore perché non riesci a controllare i desideri sessuali; o (se sei una ragazza) per avere una casa, dei bambini e una sicurezza economica.
Chi non è felice e realizzato senza essere sposato, non è pronto per sposarsi! Dio intende che troviamo in Lui la nostra soddisfazione e la nostra sicurezza; Egli è la nostra porzione e il nostro calice traboccante (Sal. 16:5-6). Chi cerca queste cose in un altro essere umano, finirà certamente deluso. E chi vuole sposarsi perché non riesce ad avere il controllo del proprio corpo e dei propri desideri, come farà quando avverrà una malattia, una gravidanza difficile o una lunga separazione? Il problema allora si ripresenterà, e bisognerà risolverlo diversamente. La Parola di Dio ci esorta infatti: “che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo (un’altra traduzione dice: “sappia prendersi una moglie”) in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate conie,fanno i pagani che non conoscono Dio” (1° Tess. 4:3-5).
Noi siamo la Sposa di Cristo, siamo chiamati a trovare la sicurezza e la realizzazione nel rapporto con Lui. Allora potremo portare al matrimonio la forza e non la debolezza, dare e non prendere; in una parola, amare veramente.
Non per tentativi
Una volta convinti che Dio non ti ha chiamato a servirLo nel celibato, allora, come conviene metterti alla ricerca del partner che fa per te?
Credo che un primo consiglio importante è: aspetta! Nel mondo di oggi, c’è sempre più pressione su giovani e giovanissimi a stringere rapporti con membri del sesso opposto a un’età sempre più precoce. E considerato normale che ragazzi e ragazze di tredici o quattordici anni formino delle “coppiette”. Ma è questo il giusto modello per i cristiani?
È certamente buono e sano avere delle amicizie con membri del sesso opposto per poter conoscere “come sono fatti” (specialmente oggi che molti ragazzi non hanno sorelle e viceversa). Ma il costume di passare da un “flirt” all’altro non riflette certo il giusto modello di comportamento per i cristiani. Dio ha per noi un piano migliore!
Mentre a quindici anni il corpo e le emozioni raggiungono già la maturità (specialmente nelle ragazze), non così la personalità, che continua a svilupparsi e a maturare almeno fino all’età di vent’anni. Impegnarsi sentimentalmente a quell’età significa correre il rischio di legarsi a una persona con la quale si avrà, più avanti, poco o niente in comune. Nel migliore delle ipotesi ciò comporterà una dolorosa separazione delle vie, o, peggio (e conosco dei casi!), un matrimonio senza basi che incatena entrambi per una vita.
Bisogna inoltre considerare che, a causa dei cambiamenti in atto nella società – l’avanzamento della tecnologia, la disoccupazione giovanile, la diffusione dell’istruzione superiore – l’età in cui è possibile pensare al matrimonio tende ad elevarsi sempre di più. Il fidanzamento è “l’anticamera del matrimonio”; ma chi si mette con un ragazzo o con una ragazza a quattordici anni dovrà probabilmente aspettare lì dentro almeno dieci anni prima di potersi sposare.
E questo vuol dire andare incontro a tensioni e tentazioni forse superiori alle nostre forze. Dio ci ha dotato di istinti sessuali, meravigliosi nel contesto del matrimonio, ma che non furono mai “progettati” per una situazione di continua prossimità fisica alla persona che si ama, ma con la quale non si può ancora dare piena espressione a quell’amore senza peccare.
Ritengo che, idealmente, il periodo del fidanzamento non dovrebbe durare più di due o tre anni al massimo (il mio è durato quattro, e sono stati già troppi!). Certo, ogni situazione è diversa e Dio conduce ognuno dei Suoi figli per vie diverse. Ma per quel che dipende da voi, consiglierei ai giovani credenti di armarsi di questi pensieri e di impegnarsi per tenere sotto controllo i desideri e i sentimenti, fino a quando non siano in condizioni di poter pensare seriamente a contrarre matrimonio nel giro di due o tre anni.
Qualità da ricercare
Una volta che si è in condizioni di poter pensare alla scelta del partner, quali criteri occorre tener presenti?
La prima qualifica, per un credente impegnato, è chiara: deve essere credente. “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non fa per voi” (2° Cor. 6:14). Però non basta! Sappiamo tutti che ci sono credenti e credenti! Non basta che venga al culto, e neanche che sia battezzato. Per avere un matrimonio che Dio possa benedire pienamente, è necessario che la persona che tu sposi sia impegnata con Dio almeno quanto lo sei tu. Se lo è più di te, sarà lui o lei ad avere problemi con te; ma se lo è di meno, stai in guardia! Sarà molto più facile che ti faccia scivolare verso il basso, piuttosto di essere tu a tirarla verso l’alto!
Se ti limiterai a essere un “cristiano della domenica”, allora magari i conflitti sorgeranno solo la domenica: tu vorrai andare al culto mentre il tuo coniuge preferisce andare al mare o alla partita o restare a letto più a lungo. Tu vuoi sposarti con rito evangelico e lei nella chiesa cattolica; lei vuole che i figli siano battezzati e cresimati e tu no.
Ma se intendi essere un “guerriero di Cristo” e cercare prima il regno di Dio, allora i conflitti si creeranno dappertutto! Come spendere i soldi; quali valori inculcare ai figli; quanto tempo dedicare al servizio cristiano e alle attività della chiesa; quali amici invitare a cena; tutto diventerà un campo di battaglia!
Simpatie
È sempre sbagliato, allora, stringere amicizia con persone inconvertite del sesso opposto con le quali si ha una “simpatia”? Personalmente credo di no. Ma occorre procedere con grande cautela, perché scivolare nell’innamoramento senza accorgersene è facile, mentre tirarsi fuori dopo è molto faticoso, e non tutti ci riescono!
La regola d’oro è questo: Non impegnarti con qualcuno più di quanto l’altro sia impegnato con la cosa con cui sei impegnato tu! Sembra complicato, ma basterà riflettere un attimo per capire che ignorare questa regola è una ricetta per il conflitto. Se tu sei deciso ad “amare il Signore il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutte le forze” e a “cercare prima il Regno di Dio”, il ragazzo o la ragazza che attira le tue simpatie dovrà abbracciare le stesse priorità e gli stessi valori, prima che ci possano essere speranze di andare d’accordo.
Dunque, amicizia, sì! Evangelizzazione, sì! (e se ami veramente Dio e sei entusiasta per la Sua causa, come potrai privare una persona cui vuoi bene di questa straordinaria “buona novella”?!). Ma amore, impegno o fidanzamento, no! … almeno fino a quando il messaggio di Cristo non sia stato accettato e abbracciato con gioia e con entusiasmo. Altrimenti ti caccerai in un mare di guai.
E non t’illudere dicendo: “Ma sono sicuro che, presto o tardi, accetterà il Signore. In fondo non è contrario …”. Se ha già avuto modo di conoscere e di capire il Vangelo, e non l’ha ancora accettato, che cosa ti fa pensare che cambierà posizione più tardi? (E se non gliene hai ancora parlato, che cosa aspetti? Ti vergogni forse di Cristo?) Aveva ragione Geremia quando scrisse: “Il cuore e ingannevole più di ogni altra cosa … Chi lo conoscerà?” (Ger. 17:9). E questo è vero soprattutto quando si tratta di innamorarsi!
Compatibilità
È dunque indispensabile che sia credente. Ma non è sufficiente! Credo personalmente che tra due credenti qualsiasi, veramente consacrati a Cristo e pronti a lasciarsi modellare e trasformare dallo Spirito Santo, sarebbe possibile creare un matrimonio stabile, solido e abbastanza riuscito. Ma il piano di Dio va al di là di questo.
Tra le domande che bisogna farsi nel considerare un possibile futuro coniuge sono le seguenti:
- È spirituale? Abbiamo già considerato la consacrazione, che è il fondamento della spiritualità. Ma su questo fondamento si deve costruire per alcuni anni per arrivare a una certa maturità in Cristo. Se la persona è convertita da poco, è un conto; ma se, dopo diversi anni di vita cristiana, è rimasta ancora “un bambino in Cristo” (1° Cor. 3:1), allora qualcosa non funziona e il campanello d’allarme deve suonare dentro di noi.
- È una persona matura? Sarà utile chiedersi, riguardo a quella bella ragazza o a quel ragazzo simpatico: “ E la persona che sceglierei per essere la madre (o il padre) dei miei figli?” È una persona seria e sobria (non voglio dire uno che non sappia scherzare, ma che sappia anche fare un discorso serio)? Tratta con rispetto i genitori e gli altri familiari? Nel caso di un ragazzo, è un lavoratore disciplinato e responsabile? Se si tratta di una ragazza, è una brava economa, capace di gestire, è calma e paziente?
Secondo un’indagine compiuto alcuni anni fa tra un campione di coppie sposate, nei primi anni del matrimonio le qualità più importanti che si ricercano nel coniuge sono l’attrazione fisica e gli interessi comuni. A trentacinque anni, la cosa più importante per una moglie è la disponibilità del marito ad aiutarla nelle faccende domestiche quando ne ha bisogno; per un marito, è l’abilità della moglie come casalinga. E a cinquantacinque anni, la cosa più determinante è quanto ci si stuzzica e ci si critica reciprocamente! I Beatles avevano un concetto molto realistico dell’amore e della felicità coniugale quando cantarono: “Mi amerai ancora, avrai ancora bisogno di me, quando avrò sessantaquattro anni?” (When I’m sixtyfour)!
Al rischio di sembrare “all’antica”, voglio ricordare queste parole del Libro dei Proverbi: “La grazia è fallace e la bellezza è cosa vana; ma la donna che teme l’Eterno è quella che sarà lodata”. E, più incisivamente: “Una donna bella, ma senza giudizio, è come un anello d’oro nel grugno di un porco”! (Prov. 31:30, 11:22). In un’epoca che dà tanta importanza all’aspetto esteriore, facciamo proprio bene a seguire l’esempio del nostro Padre, il quale considera non l’apparenza, ma il cuore (1° Sam. 16:7).
Cerca anche le occasioni di conoscere la sua famiglia. Come si comporta con i suoi? E probabile che si comporterà allo stesso modo con te e con i tuoi figli quando avrete formato una famiglia per conto vostro. Come sono i suoi genitori? In fondo non hanno proprio tutti i torti coloro che dicono che, per sapere come sarà una ragazza quando avrà cinquant’anni, basta guarda sua madre!
- Abbiamo gli stessi valori e aspirazioni? Quando il più grande desiderio di entrambi è quello di fare la volontà di Dio, qualunque sia e costi quel che costi, non è difficile andare d’accordo. Tuttavia, anche quando c’è questa premessa, è possibile avere concezioni soggettive diverse di che cosa voglia il Signore da noi.
Un cugino di mia moglie (non credente) venne a sapere solo dopo il matrimonio che la moglie non voleva assolutamente bambini, cosa che egli invece aveva dato per scontato. Il contrasto fu tanto profondo che finirono per divorziare. E un caso estremo, ma cose del genere possono accadere anche tra credenti. Se tu avverti dentro di te che Dio ti sta chiamando a un futuro ruolo di guida nella chiesa a tempo pieno, la donna che sposerai dovrà essere pronta ad affrontare con gioia i sacrifici che questo comporterà. Se io avessi sposato una ragazza che non fosse d’accordo con la mia chiamata a trapiantarmi in Italia, non so se oggi starei scrivendo questo articolo!
I matrimoni internazionali e quelli in cui c’è un grande divario nella cultura di origine dei due (o anche, in misura minore, tra persone cresciute in regioni diverse), vanno soggetti a difficoltà maggiori di adattamento reciproco. Non sto dicendo che tali rapporti non possano riuscire magnificamente, specialmente quando il primo valore e la prima lealtà di entrambi è il Regno di Dio. Voglio dire solo che ci saranno difficoltà e incomprensioni in più rispetto a un rapporto in cui entrambi provengono dalla stessa cultura e la stessa mentalità.
- Abbiamo interessi e gusti in comune? Il matrimonio non è solo condividere la stessa casa e lo stesso letto, educare i figli e pregare insieme; è anche svago, vacanze, tempo libero. È dunque importante avere in comune delle cose da fare insieme con piacere, oltre quelle che l’uno o l’altra accetterà come sacrificio per amore! In una parola, occorre che ci siano le premesse per essere amici, oltre che amanti. Anzi, proprio questo tipo di amicizia, basata su gusti e interessi comuni, è una base molto migliore per un futuro matrimonio che la pura attrazione fisica e romantica, spesso derivata da una diversità totale.
Può trattarsi di ascoltare o suonare un certo tipo di musica, di fare passeggiate in montagna, di uscire a incontrare gli amici, di giocare a tennis o fare i cruciverba. Ma qualcosa bisognerà pure fare insieme! È comunque normale che ciascuno abbia anche i propri interessi non condivisi dall’altro, che potranno diventare fonte di arricchimento per il partner.
Collaudo
Il fidanzamento deve essere un tempo di collaudo e di rodaggio di un rapporto che dovrà durare una vita. E un tempo in cui conoscersi fino in fondo (tranne sul piano fisico), in modo che non ci siano più sorprese dopo la consumazione del matrimonio. Quanta gente si sveglia “la mattina dopo” per scoprire di essersi sposata con uno sconosciuto! E questo non solo nel mondo, ma anche tra credenti.
Non sciupate dunque questo periodo, voi fidanzati, ma approfittate di tutte le occasioni per conoscervi, per capire le varie sfaccettature del vostro futuro partner e per aprirvi e farvi conoscere. E questo anche a costo di conflitti. Il noto autore e consulente matrimoniale Walter Trobisch dice in uno dei suoi libri che una qualifica indispensabile per sposarsi è l’aver litigato! Non che sia importante litigare – spiega – ma è assolutamente necessario sapersi riconciliare, confessando il proprio difetto e perdonandosi reciprocamente.
Personalmente, io e mia moglie abbiamo trovato utilissimo il fatto di aver vissuto gran parte del fidanzamento lontani l’uno dall’altra: abbiamo trovato più facile dirci certe cose per lettera che non faccia a faccia, rivelando sogni, segreti, timori e dubbi, e così siamo entrati nel matrimonio conoscendoci meglio di quanto sarebbe stato il caso altrimenti.
Doccia fredda?
Non, è stata mia intenzione con questo articolo scoraggiare i giovani dall’approccio all’altro sesso. Ma voglio spingervi a farlo con cognizione di causa, in maniera sensata e sobria, per non andare incontro a problemi, conflitti e delusioni negli anni futuri della vostra vita. Il matrimonio è una cosa meravigliosa, inventata da Dio non solo per riflettere l’unione che Egli ha progettato tra Cristo e la Sua sposa, la Chiesa, ma anche per dare gioia e piacere ai Suoi figli.
Spero dunque che queste riflessioni siano di aiuto e di stimolo per tutti i giovani che le leggeranno, e che possano contribuire a far nascere negli anni a venire tante nuove famiglie fondate solidamente sull’unica Roccia, che è Gesù Cristo!