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di Giovanni Traettino
La vita esuberante, il Regno di Dio dentro di noi, può essere definita con una sola parola: Gesù. Noi siamo “in Cristo”, e questo indica i privilegi che abbiamo perché siamo stati acquistati da Lui; ed Egli vive in noi, il che significa la nostra resa a Lui per servirLo.
Come mai, allora, abbiamo tanta difficoltà a vivere questa “vita ad esuberanza”? L’ostacolo più importante è dentro di noi: si chiama “l’Io”. Il nostro peggior nemico non è il diavolo, siamo noi stessi! Se non comprendiamo questa verità, scivoliamo facilmente in una mentalità in cui diamo tutte le colpe al diavolo e non accettiamo nessuna responsabilità personale. Invece il diavolo non ci può fare niente, se noi non gliene diamo la possibilità (1° Giovanni 5:18)!
Per passare dalla sfera dell’Io, nella quale viviamo sotto il dominio della “legge del peccato e della morte”, alla sfera della “legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù”, è dunque necessario passare attraverso la croce, la negazione del nostro Io. “Egli morì per tutti, affinché quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2° Corinzi 5:15). E c’è un modo facile per stabilire chi comanda nella nostra vita, l’Io o lo Spirito: basta confrontarci con Galati 5:19-22, che descrive “le opere della carne” e “il frutto dello Spirito”, per constatare quale predomina in noi.
Fatti e comandamenti
Con queste premesse, vogliamo ora parlare degli “imperativi” del Nuovo Testamento, quelle cose che esso ci dice di fare. Ora, ogni comando o esortazione del Nuovo Testamento si fonda su ciò che Dio ha già fatto per noi. “Tutto è compiuto! Voi avete già tutto in Cristo – ci dice. – Perciò, fate così e cosà …” Per esempio, in Romani 6:10-11 leggiamo: “Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato … Così, fate conto di essere morti al peccato … Non regni il peccato nel vostro corpo mortale …” (Romani 6:6,11-12).
Se dimentichiamo questa base fondamentale, ristabiliamo inconsapevolmente la Legge, la mentalità legalistica dell’Antico Testamento. E in molte chiese evangeliche è proprio questo che è successo. La legge è stata cacciata dalla porta ma è rientrata per la finestra! Non solo, ma le leggi che si sono stabilite riguardano cose insignificanti, rispetto ai Dieci Comandamenti: riguardano la giacca e la cravatta, gli orecchini e il trucco … E queste cose diventano la misura per stabilire se siamo “buoni cristiani” oppure no.
Il rischio è però che, dopo essere stati salvati e battezzati in acqua e nello Spirito Santo, facciamo saltare tutto per mancanza di obbedienza. In 1° Corinzi 10:1-6 è scritto: “Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, passarono tutti attraverso il mare, furono tutti battezzati nella nuvola e nel mare per essere di Mosè … Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque; infatti furono abbattuti nel deserto. Or queste cose avvennero per servire da esempio a noi …”.
Cioè, dopo aver goduto del beneficio di Cristo per la nostra salvezza, possiamo “essere atterrati” nel cammino quotidiano e perdere la benedizione che ci è stata promessa. Possiamo bramare cose malvagie, diventare idolatri, fornicare, tentare il Signore e mormorare, esattamente come loro. Dobbiamo perciò in qualche modo “compiere la nostra salvezza” (Filippesi 2:12 Nuova Diodati) nel cammino di tutti i giorni.
Spirito e anima
In 1° Tessalonicesi 5:23 l’apostolo Paolo scrive: “Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Il nostro essere comprende dunque queste tre realtà (per quanto sia difficile distinguerle con precisione): spirito, anima e corpo. E tutte e tre devono essere santificate. Lo spirito rinasce dall’alto, è “l’uomo nuovo” nato dentro di noi; ma l’anima, la parte più essenziale del nostro Io, costituita dalla mente, dalla volontà e dalle emozioni, è profondamente radicata qui sulla terra.
Ora, come tutti noi sappiamo, l’ordine giusto nel quale dobbiamo funzionare è: prima lo spirito, poi l’anima, e infine il corpo. Essere “spirituali” significa essere guidati non più dalla nostra volontà, né dal raziocinio (come fanno i milanesi!), né dalle emozioni (come i napoletani!), ma dallo spirito, che deve controllare tutto il resto del nostro essere.
Ora, in Giacomo 1:21 è scritto: “Perciò, deposta ogni impurità e residuo di malizia, ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre”. L’anima, cioè, è in un processo di salvezza. Il Signore non si accontenta di salvare soltanto il nostro spirito, che è nato dall’alto, ma vuole toccare tutta la nostra personalità, liberandola dal dominio di Satana e dal regno del peccato e delle tenebre che è anche dentro di noi. Il peccato ha infatti devastato il nostro modo di ragionare e di reagire, le nostre emozioni e la nostra volontà. Esse sono rimaste profondamente distorte e non ce ne possiamo fidare. Tutto questo è territorio che deve essere riconquistato per il Signore.
Solo se siamo guidati dallo spirito, e non dalla nostra anima, possiamo aspettarci di vivere una vita abbondante. Chi è controllato dai propri ragionamenti, dalle proprie emozioni o dai propri desideri, non può vivere nell’abbondanza promessa da Gesù.
Lo spirito della nostra mente
Ora, la parte più importante della nostra anima è la mente, ossia la mentalità, che è il modo in cui funziona la mente.
In Efesini 4:22-24 è scritto: “Avete imparato per quanto concerne la vostra condotta di prima a spogliarvi del vecchio uomo che si corrompe seguendo le passioni ingannatrici; a essere invece rinnovati nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella santità che procedono dalla verità”. Il primo passo è dunque quello di “spogliarci del vecchio uomo”; in altre parole, la croce, la messa a morte dell’Io. Ma poi, deve seguire “il rinnovamento dello spirito della nostra mente”; in altre parole, della nostra mentalità.
Spesso ci aspettiamo che quando uno si è convertito ed è stato battezzato in acqua e nello Spirito Santo, sia automaticamente cambiato. Ma non funziona così! Un conto è la salvezza che Cristo compie in noi; un altro è la trasformazione del nostro carattere e della nostra mentalità, che è un processo molto più lungo e più faticoso che richiede mesi, anni, decenni.
In Numeri capitoli 13 e 14, leggiamo della storia di un popolo vissuto per 400 anni in Egitto, e che inevitabilmente ha assunto la mentalità dell’Egitto. Dopo tutte le esperienze di liberazione, di “battesimo” nel mare e nella nuvola, di sostentamento miracoloso, le sue reazioni sono ancora quelle di … Egiziani! Quando gli Israeliti arrivano sul confine della Terra Promessa, viene fuori la loro vecchia mentalità. Non hanno uno spirito pionieristico ed aggressivo. In Egitto erano stati oppressi con dure fatiche, ma il Faraone aveva sempre pensato a tutto per loro: avevano una mentalità passiva, da dipendenti statali!
E a questo proposito ci sarebbero da dire molte cose importanti sulla mentalità che si è venuta a creare nel nostro Paese. Il più grande problema dell’Italia è nella mentalità della gente. E ancora di più questo è vero nella Russia e nei paesi dell’Est europeo … Anche in Jugoslavia, cinquant’anni di convivenza forzata sotto il regime comunista non hanno cambiato la mentalità della gente: appena è venuto meno quel tipo di governo, sono tornati a combattere e ad ammazzarsi a vicenda.
Ciò che è vero dei popoli è vero anche di noi come individui. Ci portiamo dietro una mentalità vecchia di generazioni e di secoli. Siamo come la punta di un iceberg: emergiamo da generazioni di tradizioni, di mentalità e di modi di essere. È questo il dramma degli emigrati: anche dopo quarant’anni in America, sono ancora italiani (anche se, quando tornano in Italia, sono diventati americani!). Siamo abituati a mangiare in un determinato modo e quando andiamo all’estero ci chiediamo: “Come fanno gli svizzeri a mangiare queste cose?”! Questi sono tutti comportamenti e abitudini che abbiamo imparato.
Conflitti in famiglia
E ciò vale anche all’interno della famiglia. La moglie viene da un “paese” diverso da quello del marito, da una famiglia e da una cultura diversa. Quando un uomo e una donna si sposano, due mentalità diverse si incontrano. La maggior parte delle discussioni che abbiamo con i nostri coniugi non deriva dalle nostre scelte consapevoli, ma da condizionamenti dei quali non siamo coscienti.
E sono proprio le cose di cui non ci rendiamo conto a causarci i problemi più grossi. Come a livello fisico abbiamo dei riflessi involontari – se tocco un oggetto rovente il dito si ritira automaticamente, senza che io ci debba riflettere – così la nostra mentalità ha i suoi riflessi inconsapevoli. Poiché in tale situazione mio padre, mio nonno e mio bisnonno si sono comportati in un determinato modo, anch’io faccio così, senza essere in grado di spiegarne il perché.
La programmazione del nostro modo di pensare, secondo le scoperte della psicologia moderna, comincia molto presto – addirittura prima della nascita – e la maggior parte della personalità viene definita entro i primi cinque anni di vita. Che grande responsabilità appartiene dunque a noi genitori: di definire in quegli anni le tendenze fondamentali dei nostri figli! E il processo si completa nei 10-15 anni successivi: entro i quindici o i vent’anni d’età, termina la costruzione dello “spirito della nostra mente”.
È per questo che è così importante inculcare ai bambini e ai ragazzi delle nostre chiese la mentalità del Regno di Dio. In tanta parte del protestantesimo c’è ancora una mentalità stupida che dice: “Non insegnate ai bambini! Le nostre chiese sono per i grandi, non per i bambini. Quando saranno grandi decideranno”. Invece è di grande importanza costruire scuole e usare ogni altro mezzo per formare la mentalità dei nostri bambini e adolescenti, assicurandoci che bevano il “latte” della Parola finché sono piccoli. Poi faranno le scelte giuste di conseguenza.
Cambiare mentalità
Ora, la Scrittura ci dice che, per quanto riguarda la nostra entrata nel Regno, dobbiamo mettere in discussione tutto il patrimonio ricevuto dai nostri antenati. Lo “spirito della nostra mente” è il contenuto consapevole e inconsapevole della nostra mentalità, il nostro modo di concepire il mondo. Dobbiamo cambiare mentalità per cambiare il nostro modo di vivere.
Ma cambiare la mentalità che si è formato dentro di noi, una volta che siamo adulti, è possibile solo a persone che desiderano sinceramente cambiare, solo se decidiamo: “Voglio essere diverso!” Questo getta forse una luce diversa sulle parole di Gesù: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14:26).
Stanotte, ho fatto uno strano sogno. Vedevo mio padre, morto, come nelle immagini della deposizione di Cristo, e squarciato in due, come si fa con i polli. Mi fu chiesto di aiutare coloro che lo stavano avvolgendo in un lenzuolo. L’emozione che provai fu così forte che mi sono svegliato.
Mi sono chiesto il senso di un tale sogno, e mi è sembrato che è proprio questo: morire alla nostra cultura, al nostro passato, alla nostra cultura, a tutto ciò che ci è più caro, fino al punto di essere pronti a partecipare alla sepoltura di nostri padre. È un processo che tocca le fibre più profonde delle nostre emozioni e dei nostri ragionamenti. Bisogna “odiare il padre e la madre”, liberarci dallo “spirito della mente” che abbiamo ricevuto da loro e dalla cultura che ci ha generati.
Se vogliamo fare questo cammino di “rinnovamento della nostra mente”, dobbiamo mettere in discussione, mettere a morte, tutto quello che siamo come deposito intellettuale, culturale ed emotivo – le nostre radici, siciliane, milanesi o napoletane che siano – per diventare invece “nuove creature” in Cristo.
Bisogna decidere
Ora, in tutto questo, non basta capire, bisogna decidere. La conoscenza da sola non implica cambiamento. Ora che sai le cose, devi decidere di cambiare, crocifiggendo la tua vecchia identità per assumere quella nuova in Cristo. Siamo stati chiamati non solo a vivere sotto un nuovo governo, ma a diventare, attraverso la grazia del nostro Signore Gesù Cristo e un processo di crocifissione – un terremoto nel profondo del nostro essere – nuove creature di fatto, una nuova nazione, un nuovo popolo con una nuova identità, una nuova cultura e una nuova mentalità. “Voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio” (1° Pietro 2:10).
È un compito gigantesco quello che ci sta davanti: formare una nuova cultura, la cultura del Regno di Dio per le generazioni future. Solo in questo modo trasferiremo una benedizione ai nostri figli “fino alla millesima generazione”.
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio … Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà” (Romani 12:1-2).
“Sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché distruggiamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, rendendo sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza a Cristo” (2° Corinzi 10:4-5).