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di Don Double
“Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: È lui che dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore” (Efesini 4:7-16).
Sono cresciuto in una chiesa che aveva una teologia molto liberale. Ma all’età di vent’anni – trentotto anni fa – mi sono convertito a Cristo e Dio ha trasformato radicalmente le mia vita.
Due anni più tardi, sono stato battezzato nello Spirito Santo in una maniera piuttosto singolare. Venivo in quel tempo curato e discepolato da un fratello che mi parlava spesso dei miracoli, dicendo che Dio può fare qualsiasi cosa. Così un giorno gli ho domandato: “Allora, Dio sarebbe capace di istruirmi?” Infatti, da bambino mi ero ammalato due volte di tubercolosi e avevo perso parecchi anni di scuola.
Molto saggiamente, egli mi rispose con un versetto della Scrittura: “Pietro e Giovanni … erano uomini illetterati e senza istruzione” (Atti 4:13). Ma, mi spiegò, avevano contribuito a mettere sottosopra il mondo intero; e se io fossi stato battezzato nello Spirito Santo, avrei avuto tutta l’istruzione necessaria per servire Dio. E infatti, dal giorno in cui ho ricevuto il battesimo nello Spirito Santo, Dio ha operato in me un miracolo straordinario in questo senso.
Il giorno dopo quell’esperienza, mentre ero in preghiera, Dio mi parlò con grande chiarezza, dicendo: “Ti chiamo ad essere un evangelista”. Mi rivelò anche la sfera particolare nella quale avrei lavorato: nei villaggi e nelle piccole città del mondo. È per questo che evito le capitali e le grandi città; le lascio a quelli che hanno una chiamata per quel lavoro e vado piuttosto nelle cittadine e nei paesi, spesso in località del Terzo Mondo dove non si è mai avuta una campagna evangelistica.
È molto importante che ciascuno di noi sappia che cosa Dio lo ha chiamato ad essere e a fare nel Suo regno. Lavorando in quella sfera, avremo un ministero estremamente efficace. C’è troppa gente che cerca di fare un lavoro diverso da quello che Dio l’ha chiamata a fare: evangelisti che cercano di fare il pastore, pastori che tentano di fare l’evangelista … Dobbiamo sapere che cosa Dio ci ha chiamati ad essere e lasciare che quella diventi la passione della nostra vita.
Non cercare di imitare gli altri: prendi la tua visione da Dio. Puoi essere motivato dal successo di ciò che ha fatto qualcun altro; ma tu sei unico! Come ogni fiocco di neve è diverso da ogni altro, così tu sei diverso da tutti gli altri. Devi avere una visione che è tua personale, e poi darti da fare con tutte le forze per tradurla in pratica; e in questo troverai la tua realizzazione.
Io ho un santo timore: non voglio mai mancare il piano di Dio! Voglio essere nel posto giusto, al tempo giusto, a fare la cosa giusta. Il mio obiettivo nella vita è di arrivare al punto in cui è arrivato l’apostolo Paolo alla fine della sua vita, di poter dire al Signore: “Ho finito il lavoro che mi hai dato da fare; ora sono pronto a ricevere la corona che hai riservato per me”. Ed è un obiettivo che vorrei proporre a tutti quanti.
Il compito di tutti
Pochi di noi sono chiamati ad essere evangelisti; ma evangelizzare è compito di tutti! Timoteo sicuramente non era un evangelista: secondo alcuni studiosi era un pastore, secondo altri un apostolo. Ma Paolo gli scrive: “Svolgi il compito di evangelista” (2° Timoteo 4:5). Questa è una responsabilità che tocca a tutti noi credenti.
È la mia convinzione che la chiamata dell’evangelista non è soltanto quella di evangelizzare: tutti i doni ministeriali di Efesini 4 sono stati dati “per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero” (v.12). Infatti, l’evangelizzazione più efficace è quella di tutto il Corpo di Cristo, quando l’intera chiesa è mobilitata per diffondere il Vangelo.
Credo che quando un evangelista visita una zona, la sua unzione cade su tutti i credenti del posto. Quando tutti sono coinvolti in un’evangelizzazione, il lavoro di proseguimento è già fatto al cinquanta per cento, perché i credenti che hanno accompagnato i nuovi convertiti alla riunione avranno già stabilito con loro un’amicizia che facilita enormemente il loro inserimento nella comunità.
Bisogna capire che sono le pecore, e non i pastori, a fare gli agnelli! È la cosa più naturale di questo mondo che una pecora in buona salute faccia degli agnellini. Il compito dei pastori è di curare le pecore e assicurarsi che siano in perfetta salute per fare, se possibile, non solo un agnello per volta ma gemelli!
Allo stesso modo, ogni credente in buona salute conquista altre anime a Cristo. Nei primi anni della mia conversione, c’era in me una tale passione per conquistare le anime a Gesù che già il lunedì stavo contattando le persone da portare all’incontro della domenica successiva. Le invitavo a cena a casa mia, poi la domenica tiravo fuori la macchina e facevo il “tassista” per portare tutte quelle persone in chiesa. E, senza esagerare, posso dire che a volte ho riempito due file di sedie di non credenti che mai prima erano stati in chiesa. Fino a dieci di loro si sono convertiti in una sola serata. È così che ho cominciato ad evangelizzare.
La cosa più importante che possiamo fare nella vita è di conquistare le anime a Cristo. L’evangelista D.L. Moody scrisse: “Preferisco conquistare le anime piuttosto che essere il più grande re o imperatore del mondo, piuttosto che essere il più grande poeta, romanziere o letterato mai vissuto. L’unica mia ambizione è di portare a Cristo quanti più uomini e donne possibile, e poi fare in modo che essi si uniscano a me nel fare altrettanto”.
Io ho avuto il privilegio di predicare nella seconda chiesa per grandezza del mondo, a Santiago del Cile. Conta 150.000 membri, tanto che è consentito a ognuno di partecipare solo una volta al mese a un culto nel locale principale. Per il resto si riuniscono in “piccolissimi” incontri che vanno dai 600 ai 2000 credenti …! Il segreto di quella chiesa è che ogni nuovo credente è fatto passare attraverso un corso di tre mesi sul come predicare il Vangelo, dopo di che lo si trova fuori sulla piazza a comunicarlo agli altri.
Forse pensate che una chiesa del genere è lontana dalla vostra realtà. Ma ricordate che ogni “super-chiesa” un tempo non era più grande della vostra!
“Andate”, non “Venite”
L’evangelizzazione non consiste nell’invitare le persone a “venire in chiesa”. Piuttosto, Gesù ha detto: “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura” (Marco 16:15). Non è normale che le persone inconvertite vengano alla chiesa per essere evangelizzate; piuttosto, Gesù ha detto a noi di andare da loro. Non abbiamo bisogno di una “chiamata” speciale per obbedire a questo comando: è un mandato per ogni credente! E se saremo obbedienti, otterremo i risultati.
Durante le nostre campagne in Inghilterra, teniamo spesso fino a trenta riunioni di evangelizzazione al giorno. Abbiamo una grande tenda da 1200 posti, ma là ci sono al massimo tre riunioni al giorno. Infatti il nostro messaggio non è: “Venite alla tenda”; piuttosto, mobilitiamo i credenti del posto e andiamo fuori a predicare il Vangelo. La maggior parte delle nostre riunioni ha luogo nelle case: cerchiamo di mobilitare ogni credente per aprire la propria casa e invitare amici e vicini a prendere un caffè, mentre un membro della nostra squadra è presente per comunicare il Vangelo in maniera informale.
Abbiamo constatato che questo è il modo più efficace di raggiungere le masse di persone che non mettono mai piede in una chiesa. Così non devono affrontare la “minaccia” di entrare in un locale di culto o sotto una tenda: vanno in casa di un vicino, prendono un caffè e sentono parlare di Gesù.
Andiamo anche nelle scuole, nei circoli e dovunque ci sia gente, e organizziamo delle serate informali per uomini e donne d’affari. Non solo essi hanno l’occasione di ascoltare il Vangelo, ma cominciano anche a scoprire che i cristiani sono persone normali, e non marziani che non fanno questo e non fanno quell’altro!
Questi sono alcuni dei metodi che noi utilizziamo. Ma voi dovete essere creativi ed escogitare metodi adatti alla vostra cultura per contattare le persone e comunicare loro l’Evangelo in un contesto rilassato. Quello però il brano della Scrittura che abbiamo letto sottolinea che ogni membro della chiesa deve essere attivamente coinvolto; ed è compito dei responsabili mobilitare e motivare la chiesa ad evangelizzare. Se tutti i credenti fossero mobilitati, il mondo sarebbe evangelizzato in un attimo!
Poi, quando l’evangelizzazione è ben avviata, è importante lasciare spazio alla testimonianza. I pastori devono permettere ai credenti di condividere le proprie esperienze di come il Signore si è servito di loro durante l’evangelizzazione. Quando i credenti sentono come Dio sta usando gli altri, sono motivati anch’essi a rendersi disponibili.
Formazione sul lavoro
Il metodo usato da Gesù per formare gli uomini era di prenderli con sé. Non ha fondato una scuola biblica – non che io sia contrario alle scuole bibliche – ma ha scelto dodici uomini e li ha portati con sé, e il frutto è la chiesa che oggi esiste nel mondo. Quando stiamo insieme, vengono impartite non solo teorie e metodi, ma la vita, la fede e l’unzione che è sulla vita del servo di Dio.
È stato detto da qualcuno: “Un leader è uno che va avanti per scoprire dove sono le sabbie mobili”! Questo è una definizione molto interessante; ma è comunque vero che le persone si sentono sicure quando il leader va davanti a loro e dimostra come bisogna fare. Abbiamo bisogno di questo atteggiamento quando usciamo ad evangelizzare. Con la mia squadra, ho sempre avuto la politica di non chiedere mai a nessuno di fare qualcosa che io non ho fatto personalmente. Ci sono solo due eccezioni: prima, non sono capace di salire sopra la grande tenda, come fanno alcuni di loro; e poi, sono nato troppo presto per saperci fare con i computer!
Per tutti gli anni del mio ministero ho praticato il discepolato, la formazione sul lavoro. Prendo dei giovani che per un anno o due vivono e viaggiano con me, poi li lancio nel servizio per conto loro. Uno di questi (il quale poi è diventato anche mio genero) è andato, otto anni fa, a piantare una chiesa in una zona d’Inghilterra che era praticamente terra vergine. Oggi quella chiesa conta quattrocento membri impegnati, e ha “partorito” altre cinque comunità. Ogni settimana ci sono nuove persone che si convertono a Cristo. In quella chiesa ci sono tre miliardari: potete immaginare quanto le loro decime contribuiscono alla diffusione del Vangelo! Non solo, ma i miliardari conquistano altri miliardari! Anche il signor Major, il primo ministro britannico, abita là vicino, e l’hanno già preso di mira per portarlo a Cristo!
Vincere gli ostacoli
Uno degli ostacoli che bisogna vincere per poter comunicare il Vangelo è il senso di fallimento. La maggior parte delle chiese contiene dei credenti che si sentono dei falliti, e sarebbe una cosa buona dedicare loro del tempo per aiutarli ad affrontare gli insuccessi del passato. In Luca capitolo 5, leggiamo che Gesù disse a Pietro di calare la rete per una grande pesca. Pietro rispose che ha faticato tutta la notte senza prendere neanche un pesce: un vero fiasco! La pesca era il suo mestiere e il mezzo di sostegno per la sua famiglia. Inoltre egli sapeva bene che non si va a pesca di giorno. Io sono stato diverse volte sul lago di Galilea e là non si pesca mai di giorno. Ecco dunque il falegname che insegna al pescatore come si pesca! Nonostante ciò, Pietro ubbidì alla parola di Gesù e così poté vincere l’insuccesso precedente. Allo stesso modo i pastori devono aiutare i credenti a vincere i fallimenti del passato per mezzo della Parola di Dio.
Una seconda cosa che dobbiamo confrontare è il senso di rigetto. Molti credenti hanno una grande paura di sentirsi rifiutati, molte volte il risultato delle ferite del passato. Quando vanno a parlare del Vangelo con qualcuno, hanno paura che la Parola di Dio venga rifiutata perché si sentono rigettati anch’essi: non comprendono che non c’è nulla di personale, è il Vangelo che viene rigettato e non loro. Bastano poche persone che reagiscano in maniera negativa perché si sentono legati da un sentimento di rigetto.
Per avere una chiesa che sia efficace nell’evangelizzazione, bisogna risolvere questo problema. Personalmente sono convinto che lo risolve la croce di Gesù Cristo: Isaia 53 dice in modo molto chiaro che Gesù è stato respinto dagli uomini e che ha portato nel suo corpo sulla croce tutto il dolore del rigetto. Se veniamo alla croce, possiamo essere liberati dal senso di rigetto e uscire tranquilli per evangelizzare, fiduciosi nella nostra accettazione in Cristo.
Un terzo ostacolo è il complesso di inferiorità. Io personalmente, a causa della tubercolosi, ho perso quasi tutti gli anni di scuola. Era un problema per me, anche se lo nascondevo dietro una maschera di umiltà. Poi, durante una conferenza, un fratello ricevette da Dio una parola di conoscenza per me. Gli chiese di pregare per me secondo quella parola e il senso di inferiorità mi lasciò. Sembra che ci fosse uno spirito che aveva approfittato di quel mio stato d’animo. E come me ce ne sono tanti nelle chiese. Ma lo Spirito Santo in me vale quanto lo Spirito Santo in qualsiasi altra persona. Non mi paragono più con gli altri. Io sono unico, Dio mi ha fatto come mi voleva, mi ha dato i doni che ha voluto e mi ha dato anche lo Spirito Santo per compiere l’opera sua! Tutti noi dobbiamo sapere questo: lo Spirito Santo è sufficiente per tutti. Con questa fiducia possiamo andare fuori.
Infine, c’è l’ostacolo degli altri impegni. Per mobilitare la chiesa ad evangelizzare, bisogna lasciare alcune altre cose e investire le risorse nell’evangelizzazione. Per fare le cose che siamo chiamati a fare, dobbiamo smettere di fare le cose che non siamo chiamati a fare! Non è possibile aggiungere l’evangelizzazione a tutte le altre attività della chiesa tipica: si finisce solo per prendere un esaurimento. Certi pastori agiscono come se in Giovanni 10:10 Gesù avesse detto: “Io son venuto perché abbiano riunioni, e le abbiano sovrabbondanti”!
Zelo per il Regno
Chi ha la visione e la passione di conquistare gli uomini a Cristo farà tutto ciò che occorre, non importa quanto sia radicale. Io ho ricevuto delle proposte molto allettanti che mi avrebbero tirato via dal campo e dalle cose che Dio mi ha chiamato a fare. Alcuni mi hanno offerto stipendi molto generosi; ma anche se volessero darmi dei miliardi, la mia risposta è sempre “No!”, se vuol dire trascurare la chiamata che ho ricevuto da Dio.
Nella nostra squadra, abbiamo l’obiettivo di estendere e rafforzare il regno di Dio. Non vogliamo costruire un regno nostro. Similmente, ogni chiesa deve avere uno scopo preciso e tutto ciò che non serve allo scopo deve essere potato. Gli alberi si potano ogni anno, e se ciò che facciamo non porta frutto, deve essere potato. Dobbiamo smettere di fare le cose che non portano frutto. L’Italia è un grande campo di missione e Dio ha affidato ad ognuno il proprio compito. I pastori devono darsi da fare per formare i credenti affidati alla loro cura e motivare tutti ad evangelizzare.
Anche i bambini
La nostra missione ha un motto: “Tutto il Vangelo per tutta la famiglia in tutto il mondo”. Non siamo disposti a compromettere il contenuto dell’Evangelo. E ci rendiamo disponibili per evangelizzare in tutto il mondo: non che io posso fare tutto da solo, ma voglio fare la mia parte. Infine, crediamo che il vangelo è per tutta la famiglia, dai bambini piccoli ai più vecchi. Anche i bambini devono essere evangelizzati, perché non sono “la chiesa di domani”, fanno parte già della chiesa di oggi! Se non evangelizziamo i bambini, trascuriamo una nostra responsabilità; non solo, ma credo che ne soffriremo il danno negli anni futuri.
I comunisti e i cattolici ci dicono che chi riesce ad afferrare un bambino nei primi sette anni di vita l’avrà per tutta la vita. È triste che tanti credenti disprezzino i bambini. Noi crediamo che un bambino può ricevere le stesse benedizioni come un adulto. I miei cinque figli sono tutti convertiti, battezzati nello Spirito Santo, esercitano i doni dello Spirito e svolgono la loro funzione nel Corpo. Alcuni pensano che i bambini debbano passare per periodi difficili. Se tu credi questo, probabilmente otterrai quello che credi! Ma io non lo credo e non mi è successo.
Nella nostra squadra c’è un fratello che non fa altro che viaggiare per il mondo per ministrare ai bambini e insegnare agli adulti come ministrare a loro. Solo l’anno scorso ha visitato quattordici nazioni con questo messaggio. Dico questo per motivarvi e per ricordarvi nella vostra evangelizzazione a non dimenticare i bambini.
Cercate dunque il Signore, cercateLo per la vostra zona, siate creativi e conquistate le anime a Gesù!
Don Double è un evangelista e direttore della “Good News Crusade” con sede in Cornovaglia, Inghilterra. Il suo ministero si svolge non solo in Gran Bretagna, ma anche in molte altre nazioni, particolarmente del Terzo Mondo. È l’autore di Vita in una Nuova Dimensione (Edizioni Koinonia, Caserta).