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di Geoffrey Allen
“… non voglio che siate nell’ignoranza”, scrisse l’apostolo Paolo (1 Cor. 12:1). Purtroppo bisogna constatare che anche oggi – talvolta, negli stessi ambienti “pentecostali” esiste qualche “ignoranza” sull’argomento dei doni dello Spirito. Ora, non è certo leggendo un articolo come questo che si possa diventare esperti nell’uso dei doni; nondimeno, l’informazione è il primo passo verso quella esperienza pratica che ci propone il Signore.
Il passo della Bibbia per eccellenza che tratta dei doni dello Spirito è proprio questo dodicesimo capitolo di 1 Corinzi. Voglio suggerirvi, prima di continuare nella lettura di quest’articolo, di fermarvi e rileggere proprio ora questo capitolo nella vostra Bibbia… E ora possiamo continuare!
Manifestazioni e ministeri
Leggendo 1 Corinzi capitolo 12, dunque, è facile notare che esso contiene non uno, ma due elenchi di doni, uno all’inizio (versetti 8-11), l’altro alla fine del capitolo (vv. 28-30). E sono nettamente diversi l’uno dall’altro.
La prima differenza è che all’inizio del capitolo troviamo una lista di “cose”: parola di sapienza, parola di conoscenza, fede, doni di guarigioni … Nel secondo, invece, sono elencate delle persone: apostoli, profeti, dottori, ecc. Inoltre, la prima lista (vv. 8-11) non contiene alcuna indicazione che un dono sia più importante di un altro. Invece la seconda dice: “ … in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi i miracoli, poi i doni di guarigione …”. In terzo luogo, nei vv. 8-11, tutto quello che si menziona ha un chiaro carattere soprannaturale, mentre nel secondo brano troviamo un misto di doni soprannaturali (profeti, miracoli) con altri che hanno, almeno in parte, il carattere di doni o talenti naturali (insegnanti, assistenze, doni di governo).
Ora, la Bibbia usa la parola generalmente tradotta “dono” (charisma) per parlare sia delle “cose” (12:4,9), sia delle persone (12:28, Rom. 12:6). Ma è utile distinguere i due concetti, magari facendo uso di altri termini che pure troviamo nella Parola di Dio. 1 Corinzi 12:7, infatti, dice testualmente: “Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune …” Dunque, i seguenti versetti 8-11 contengono una lista di “manifestazioni dello Spirito “. Il versetto 28, invece, elenca delle persone con differenti funzioni nella Chiesa, e possiamo dire quindi che parla di ministeri, parola che significa letteralmente “servizi”. Ognuno svolge un ruolo e un servizio diverso all’interno del Corpo di Cristo.
È importante tenere presente queste distinzioni; perché capita di sentire, per esempio, affermazioni di questo genere: “La Bibbia dice che parlare in lingue è il più insignificante di tutti i doni”. Falso! La Bibbia dice piuttosto che la persona che ha come funzione speciale nella Chiesa quella di parlare in lingue è meno indispensabile del profeta, per esempio, o di chi opera i miracoli. Ma alla manifestazione delle lingue, la Scrittura non dà un’importanza maggiore o minore che ad un altro dono.
Le manifestazioni, comunque, debbono servire come “porta” ai ministeri. Cioè, quando ci rendiamo disponibili allo Spirito per l’esercizio dei doni di 1 Cor. 12:8-11, di solito cominciamo presto a scoprire di essere più “portati” per un tipo di servizio che non per un altro. Sviluppando così una certa praticità, arriviamo a sapere qual è la nostra funzione come membra del Corpo di Cristo. Ma il fatto di avere una “specializzazione” non deve mai diminuire la nostra disponibilità per altre forme di servizio: dobbiamo essere sempre pronti a qualunque cosa lo Spirito Santo decida di fare attraverso di noi.
Doni e frutto
Vogliamo ora rispondere ad un altro equivoco che spesso alza la sua testa. Alcuni dicono: “Secondo la Bibbia, la cosa importante è l’amore, non i doni. Io dunque cerco l’amore e non m’importa tanto dei doni”.
La Parola di Dio ci dice con chiarezza che la fede, la speranza e la carità (amore) rimarranno in eterno, mentre i doni – lingue, profezie, rivelazioni – cesseranno (1 Cor. 13: 8-13). Ma ciò non significa che per ora i doni non siano estremamente importanti. Infatti, Dio ha pensato bene di inserire il famoso discorso sull’amore… proprio in mezzo a quello sui doni! Si tratta di una specie di “sandwich” divino: un capitolo sulla carità (1 Cor. 13) tra altri due sui carismi (12 e 14). Non dobbiamo fare come certi bambini, che mangiano solo la marmellata e poi vogliono buttare via il pane! Certo, il “ripieno” è più buono … ma abbiamo bisogno di un’alimentazione completa!
E l’apostolo Paolo non pone affatto in contrasto l’amore e i doni dello Spirito. Al contrario, egli scrive: “Desiderate ardentemente i doni maggiori. Ed ora vi mostrerò una via (quella dell’amore) che è la via per eccellenza” (12:31). E ancora: “Desiderate ardentemente l’amore, non tralasciando però di ricercare i doni spirituali …” (14:1).
Non ci vuole molto, infatti, per capire che i doni e l’amore sono due cose complementari. Se, per esempio, ho l’amore di Dio per una persona malata, cosa farò? Non desidererò ardentemente la sua guarigione? Non pregherò e agirò per ottenerla? Allora, avrò bisogno di un dono di guarigione (12:9) per quella persona. Se invece dico: “No, che m’importa di doni di guarigione?”, sarà una prova della mia mancanza di amore. I doni, cioè, sono degli “strumenti di lavoro” per l’espressione concreta dell’amore. Qualcuno ha detto: “È pericoloso cercare i doni se non si ha l’amore; ma quale frustrazione amare, e non avere la potenza di Dio per venire incontro ai bisogni della gente!”
Non poteri permanenti
Vogliamo ora considerare le varie manifestazioni dello Spirito Santo, così come sono elencate in 1 Corinzi 12:8-11. È importante fare innanzitutto questa precisazione: si tratta appunto di manifestazioni, non di “dotazioni” permanenti. Cioè, è errato dire: “Quel fratello ha il dono di profezia”, oppure: “È inutile che io preghi per quel malato, perché, non possiedo il dono di guarigione”. La Scrittura dice con chiarezza: “A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune”, e ancora: “… le opera quell’unico e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come egli vuole” (12:7,11).
Se lo Spirito è presente in te con la potenza e l’unzione della Pentecoste, Egli può “manifestarsi”, di volta in volta, “come egli vuole”, secondo le circostanze, le necessità e la Sua sovrana volontà. L’unico limite alla Sua opera è quello posto da la tua fede o incredulità e dalla tua disponibilità ad obbedire ai Suoi suggerimenti. Lo Spirito Santo, infatti, non costringe mai; cerca sempre la nostra collaborazione volontaria. “Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti” (1 Cor. 14:32). Proprio questo, infatti, è una differenza fondamentale tra l’azione dello Spirito di Dio e la contraffazione diabolica: il Nemico cerca sempre di sopraffare, di strumentalizzare, di manovrare; Dio invece attende il nostro consenso e collaborazione volontaria. Solo se siamo disposti a collaborare con Lui, Egli può manifestare in noi la Sua potenza e il Suo amore, “distribuendo i suoi doni come vuole”.
Soprannaturali
Se attraverso i doni lo Spirito Santo si “manifesta”, è evidente che essi devono comprendere una dimostrazione del soprannaturale. “Manifestare” significa “palesare”, “rendere visibile”. Se dunque ciò che avviene potrebbe essere frutto soltanto delle nostre capacità naturali e umane, in che modo sarebbe manifestato lo Spirito Santo? La Bibbia ci rivela un Dio che da sempre si manifesta, che parla; che desidera entrare in comunicazione con le Sue creature per benedirle e mostrare loro il Suo amore e la Sua gloria e potenza. E oggi, nell’era della Chiesa che è la “dispensazione dello Spirito” (2 Cor. 3:8), fa questo tramite le manifestazioni dello Spirito.
La prima manifestazione di cui si parla, dunque, è la “parola di sapienza”. Si sente parlare talvolta di un “dono di sapienza”, ma la Bibbia non lo riconosce: essa parla della “parola di sapienza”. Certamente possiamo avere una nostra sapienza umana, frutto dell’esperienza della vita (acquisita da alcuni più che da altri!); esiste anche quella sapienza spirituale, il cui principio è il timore dell’Eterno (Prov. 1:7), e della quale dobbiamo impadronirci sempre di più (Prov. 4:5,7). Ma qui stiamo parlando di una “parola di sapienza” che è una manifestazione soprannaturale dello Spirito, e quindi va al di là della sapienza nostra.
Un buon esempio biblico credo possa essere nelle parole di Giacomo al Concilio di Gerusalemme: “… che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate, e dal sangue …” (Atti 15:20). Pare che questa fosse generalmente riconosciuta come una “parola di sapienza” proveniente dallo Spirito, perché scrissero poi: “E parso bene allo Spirito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie …” (15:28). Così fu pacificamente risolta una delle questioni più esplosive sorte nei primi anni della Chiesa. Altro esempio potrebbe essere il famoso giudizio di Salomone (1 Re 3:16-28). È interessante a questo riguardo notare che la sua richiesta a Dio di “un cuore intelligente per poter amministrare la giustizia” (1 Re 3:9), significa letteralmente “un cuore che ascolta”. Egli non ricevette una eccezionale sapienza umana, ma la capacità di ascoltare da Dio la Sua parola di sapienza.
La parola di sapienza prende due forme principali. Una è, come nei casi che abbiamo visti, una parola di saggezza pratica sul da farsi per affrontare una situazione o risolvere un problema. L’altra, come le “massime dei savi” del libro dei Proverbi, incapsula una verità divina in una forma facilmente. accessibile. Per esempio, qualcuno ha detto. “Se un uomo fallisce nel ruolo di marito e di padre, è agli occhi di Dio un fallimento, non importa quale successo abbia in altre cose”. Ecco una parola di sapienza che ci indica le priorità di Dio! Un altro esempio: “Se un credente crolla davanti alle difficoltà, le cause possono essere solo due: o mancanza di fede, o mancanza di ravvedimento”.
Rivelazione
Poi, la Scrittura ci parla della “parola di conoscenza”. Questa consiste in una rivelazione di fatti o pensieri a noi sconosciuti: un “pezzettino” della onniscienza di Dio che ci viene regalato! Per esempio, Gesù parlò alla Samaritana dei suoi “cinque mariti”, e dell’uomo con cui viveva che non era suo marito: era una parola di’ conoscenza. (Gesù, nell’incarnazione, si era “spogliato” dell’onniscienza divina per diventare come noi: v. Fil. 2:7, Matt. 24:36, Luca 2:52). Ancora, Pietro seppe, per una parola di conoscenza, della menzogna di Anania e di Saffira (Atti 5:3-10). Spesso tale dono si manifesta insieme con quelli di guarigioni: Dio rivela che sta guarendo, o intende guarire, una persona che soffre di tale e tale malattia. Ovviamente, ha in questi casi una grande efficacia per suscitare la fede: se Dio rivela qual è la mia afflizione, è facile credere che realmente desidera anche guarirla (cfr. Atti 3:4-6, 9:34, ecc.).
Il terzo dono menzionato è quello della “fede”. Anche qui, non si tratta della fede di cui tutti i cristiani hanno ricevuto una “misura” (Rom. 12:6), ma di una fede soprannaturale che ci viene donata in un momento e per uno scopo particolari. Per esempio, Paolo durante la tempesta ricevette da Dio un dono di fede per credere che nessuno sulla nave sarebbe perito, sebbene gli stessi marinai ne disperassero (Atti 27:25); e così avvenne. Dio desidera che tutti noi cresciamo nella fede (Giuda v. 20), ma talvolta ci dona una fede che va al di là della solita portata della nostra; è un dono di fede.
Poi, leggiamo dei “doni di guarigioni” (12:9). Non possiamo qui dilungarci su questo vastissimo soggetto; vogliamo solo notare che si parla di “doni (plurale) di guarigioni (sempre plurale) ”. Non si tratta di un “dono di guarigione” per cui qualcuno riceva la capacità di sanare qualsiasi male, ma di “doni” dati volta per volta per la guarigione dei singoli malati. Io, per esempio, ricevetti anni fa un “dono di guarigione “ per mia moglie quando era malata di mononucleosi: il Signore mi diede la certezza che, se le avessi imposto le mani, ordinando alla malattia di andarsene, sarebbe guarita. Così fu! Ora, non ogni guarigione avviene per questo dono: dobbiamo pregare per noi stessi (Giac. 5:13), o l’uno per l’altro, e specialmente gli anziani della chiesa lo debbono fare (Giac. 5:16, 14, 15), anche senza aver ricevuto un dono particolare. Ma quando lo Spirito si manifesta in questa maniera, “regalandoci” una guarigione “per il bene comune”, dobbiamo essere fedeli e ubbidienti per passarlo al beneficiario; così saremo benedetti tutt’e due!
Simile è la “potenza di operare miracoli” (v. 10). I miracoli possono comprendere le guarigioni (spesso non è possibile mettere le manifestazioni dello Spirito in “compartimenti stagno”), ma non sono certo limitati ad esse. La Bibbia racconta di vari tipi di miracoli: camminare sull’acqua, essere gettati nel fuoco senza soffrirne (Dan. 3), morti che risuscitano, moltiplicazioni di cibi, trasformazione dell’acqua in vino, il ferro che galleggia (2 Re 6:6), trasporto istantaneo da una località ad un altra (Atti 8:39-40). Abbiamo un Dio molto grande! Egli desidera manifestarsi anche con doni di miracoli, se noi siamo disposti a riceverli.
Dio parla
C’è ancora il dono della “profezia”. Profetizzare significa “ricevere un messaggio da Dio insieme con l’autorizzazione a comunicarlo”. La profezia è più della sola rivelazione, in quanto comprende anche l’annuncio (o manifestazione) del messaggio. La parola “profeta”, infatti, viene usata nella Bibbia di un “portavoce”, Aaronne, chiamato il “profeta” di Mosè (Es. 7:1-2). Non abbiamo qui lo spazio di trattare per esteso neanche la profezia; rimandiamo il lettore all’articolo di Emilio Ursomando e all’ottimo libro di Bruce Yocum, recensito in questo numero. Vogliamo solo sottolineare il fatto che, seppure “non tutti sono profeti” (cfr. 1 Cor. 12:29), tuttavia la Bibbia dice: “Tutti potete profetizzare …” (14:31). Non tutti, cioè, hanno questo particolare compito come funzione speciale nel Corpo. Ma tutti possono, di volta in volta, manifestare il dono di profezia in virtù dello Spirito che è in noi e che “distribuisce i suoi doni a ciascuno come Egli vuole”.
“A un altro, il discernimento degli spiriti” (12:10). Abbiamo già pubblicato un esauriente articolo su questo dono (v. Tempi di Restaurazione n. 1/1984), per cui non aggiungerò molto. Si tratta di rivelazione data da Dio e che può riguardare:
1) la presenza o attività di spiriti malvagi, anche là dove non si manifestano apertamente;
2) la presenza e attività dello Spirito Santo, distinguendola dall’opera dello spirito umano;
3) la condizione dello spirito di una persona (la Bibbia parla infatti di “uno spirito abbattuto”, “uno spirito contrito”, “uno spirito amareggiato”, “uno spirito umile”).
Va detto anche, per inciso, che la Bibbia non conosce un dono generalizzato di “discernimento”: si tratta del discernimento degli spiriti.
Abbiamo, infine, “diversità di lingue” e “l’interpretazione delle lingue” (v. 10). Parlare in lingue è una manifestazione abbastanza nota dello Spirito di Dio, per cui non ne dirò molto. Voglio notare solo alcuni punti fondamentali:
1) Non si parla in lingue in maniera “automatica”: parliamo noi, non è lo Spirito Santo a muovere le nostre labbra senza il nostro intervento. La Bibbia dice che il giorno della Pentecoste: “Tutti … cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi”. Lo Spirito dava le parole, ma essi cominciarono a pronunciarle!
2) Non si tratta di un “miracolo” per predicare il Vangelo agli stranieri: “Chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio” (1 Cor. 14:2), cioè, prega; solitamente è una preghiera di lode e di ringraziamento (14:16-17). Anche il giorno della Pentecoste, stavano “parlando delle grandi cose di Dio” (Atti 2:11), cioè lodandoLo, già prima che arrivassero tutti quegli stranieri!
3) Vi sono “diversità di lingue”, cioè “diversi generi di parlare in lingue”. Oltre alla preghiera di lode e di benedizione, infatti, possiamo pronunciare in altre lingue preghiere di intercessione o di combattimento spirituale. Comunque, tutte le volte che uno parla in lingue pubblicamente, nell’assemblea, e gli altri lo ascoltano, deve seguire la interpretazione della sua preghiera(che non sarà equivalente ad una profezia), perché anche là chiesa possa esserne edificata (1 Cor. 14:5,13-16). Nella maggior parte dei casi, comunque, le lingue trovano la loro collocazione naturale nella preghiera privata, dove “chi parla in altra lingua edifica se stesso” senza necessità di interpretazione (14:4).
4) si tratta di vere lingue straniere, come è evidente il giorno della Pentecoste (e anche da numerose testimonianze moderne). Non è solo un balbettio psicologico senza significato! Siccome ci sono più di tremila lingue che si parlano oggi nel mondo, senza contare tutte quelle antiche, non c’è da meravigliarsi se solo di tanto in tanto ne viene riconosciuta qualcuna.
5) L’interpretazione delle lingue può consistere in una vera e propria “traduzione”, ma altre volte prende la forma di un “riassunto” o spiegazione sintetica delle cose che si sono dette. È per questo che talvolta l’interpretazione si presenta molto più breve di quello che si è detto nell’altra lingua.
Sì, lo vuole!
Ora che siamo forse più informati di prima sui doni dello Spirito, facciamo come ci esorta la Scrittura: “Ricercate i doni spirituali … Aspirate ardentemente ai doni maggiori!” (1 Cor. 14:1, 12:31). Essi servono “per il bene comune”, per “edificare la chiesa” (1 Cor. 12:7, 14:12), e lo Spirito ce li distribuisce “come Egli vuole” (12:11). Questo significa non solo che Egli è sovrano e che non possiamo discutere con Lui – cioè, se decide di non manifestare per mezzo nostro un determinato dono, non possiamo farci niente! – ma anche, e più importante, dice che Egli lo vuole! Vuole distribuire i Suoi doni ed elargire le Sue benedizioni agli uomini. Dobbiamo avere allora un atteggiamento di fede, di disponibilità, di sensibilità alla Sua voce e di amore verso gli altri. Così Dio si potrà manifestare e sarà glorificato davanti agli uomini.