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di Franca Traettino
“Dio il Signore, con la costola che aveva tolto all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo. L’uomo disse: «Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo». Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne” (Genesi 2:22-24).
Questo versetto lo troviamo non solo nel Vecchio Testamento, ma anche tre volte nel Nuovo: in Matteo, in Marco e in Efesini. In queste parole – e soprattutto al versetto 24 – vediamo il proposito di Dio per la coppia: l’unità, l’unità più completa di corpo, di anima e di spirito. Infatti, nelle azioni che si susseguono in questo versetto, c’è la separazione dalla famiglia da parte dell’uomo e della donna, poi l’unione completa dell’uomo alla moglie: “i due saranno una sola carne”. Questo però non avviene immediatamente, nel momento in cui ci si sposa; è un processo.
Insieme al proposito di Dio per la coppia, abbiamo nel Nuovo Testamento anche le istruzioni per quanto riguarda le funzioni, i ruoli e le responsabilità della donna e dell’uomo. In Efesini 5:22-25 è scritto: “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti … Mariti, amate le vostre mogli”; anche in Colossesi 3:18-19 è riportato lo stesso concetto.
Così sappiamo come il Signore vuole l’unità della coppia, e abbiamo anche le istruzioni; eppure spesso questa “macchina” non funziona. Cosa è successo? Perché le cose non vanno?
Delusioni
Io posso ricordare la mia esperienza. Quando mi sono sposata, con l’entusiasmo, lo “sprint” che avevo, ero sicura che non sarei passata attraverso alcun momento di difficoltà o d’infelicità. Ma non è stato così. Ricordo sempre la canzone che cantammo nel giorno del mio matrimonio: “La casa è un paradiso”. Io pensavo che la mia casa sarebbe stata veramente un paradiso in terra. Ma, dopo un po’ di tempo, mi sono resa conto che non era proprio così. I due mondi che erano venuti a contatto hanno cominciato a cozzarsi. Diversità di opinioni, abitudini diverse … Per riportare i più banali degli esempi: a mio marito piaceva il caffè, a me no; io era abituata ad andare a letto presto, a mio marito invece piaceva trattenersi fino a tardi.
Purtroppo anche nelle famiglie cristiane accadono certi scontri. A volte pensiamo che, poiché siamo cristiani, siamo su un gradino più alto: pensiamo di toccare il cielo con le dita. Ma non è così. Sorgono dei problemi anche nelle famiglie cristiane. È come la vita con il Signore Gesù. Quando gli abbiamo dato la nostra vita, l’entusiasmo, la gioia, la serenità, la pace che abbiamo sperimentate sembrano farci toccare il cielo, è come vivere al di sopra della terra e pensiamo che il peccato non possa più toccarci. Così, quando entriamo nel matrimonio, pensiamo che i problemi e le difficoltà non ci toccheranno mai. Ma poi, dopo un po’ di tempo, scopriamo che possiamo ancora peccare, e così nel matrimonio scopriamo di non andare d’accordo su molte questioni.
In questo articolo cercherò di analizzare particolarmente, sulla scorta della mia esperienza, quali sono i conflitti che toccano maggiormente le coppie impegnate nel ministero.
Cammino divergente
Quello che ho constatato nella mia vita e in quella di altre mogli di responsabili è che spesso i mariti sono talmente presi dagli impegni e dai fratelli della comunità che piano piano ne sono assorbiti completamente. Recentemente ho letto un articolo di Wendy Virgo [moglie di un noto ministro di Dio inglese – ndr] e la cosa che mi ha colpito è che lei, pur essendo veramente una donna spirituale, impegnata, attiva scrittrice di testi cristiani, ha avuto gli stessi miei problemi. Anch’io, come lei appena sposata, pensavo di vivere una vita intensa dal punto di vista spirituale insieme a mio marito, di essere impegnata sempre al suo fianco, di vivere tutte le esperienze insieme.
Alcune cose che questa scrittrice raccontava nel suo articolo, io le avevo vissute in prima persona: mio marito che stava nel salotto ad edificarsi spiritualmente con fratelli e sorelle, lodando e glorificando il Signore, e io, dall’altra parte, che mi “edificavo” con dieci o dodici bambini da intrattenere! Per giunta, a volte, arrivava la telefonata della signora del piano di sotto che mi chiedeva di non fare rumore, di fare in modo che i bambini non saltassero sul divano o non giocassero con la palla: alla frustrazione di non partecipare agli incontri, si aggiungeva la mortificazione del richiamo della vicina!
Non capivo l’importanza del ruolo che in quel momento dovevo ricoprire. Così questo mi ha portata, piano piano, a vedere come distaccato il mondo di mio marito, perché era come se lui non capisse le difficoltà che io vivevo. Questo sicuramente non è accaduto solo a me e non succede solo nella chiesa, ma anche nel mondo quando i mariti sono completamente assorbiti dal lavoro.
È allora che la comunicazione si interrompe, i due mondi si separano, si parla sempre meno e i problemi che il marito-responsabile trova in chiesa, li tiene sempre per sé, non li condivide perché non trova una persona disposta ad ascoltarlo. Mio marito non mi trovava certo disponibile, dal momento che ero alle prese con la lavatrice, con i bambini, con il lavoro fuori casa. A ciò si aggiungeva il fatto che mio marito è già, di per sé, una persona abbastanza taciturna. Quindi … addio comunicazione!
Comunicazione
Altro motivo di conflitto della coppia è la gelosia per il lavoro pastorale che il marito svolge con altre sorelle. Anche su questo problema credo che si debba vigilare con molta attenzione, e questo è possibile soltanto se c’è costante comunicazione tra marito e moglie.
Di solito le donne che vanno a parlare con il pastore hanno qualche problema in famiglia ed è facile idealizzare la figura del pastore e fare spazio a sentimenti più compromettenti. Perciò il marito deve essere attento a coinvolgere quanto più è possibile la moglie nelle varie problematiche della comunità, ovviamente usando discernimento per i pesi che può portare. Ma, quando si tratta di lavoro pastorale con altre donne, io credo che sia sempre preferibile coinvolgere la moglie, anche se possono esserci situazioni in cui le donne preferiscono parlare solo con il responsabile. Essendo influenzati dalla cultura cattolica, tendiamo a voler parlare solo con il pastore, che vediamo un po’ come il sacerdote.
La comunicazione è essenziale: la parola è alla base di qualsiasi esistenza, di qualsiasi rapporto umano. Ma comunicare non significa soltanto parlare. Il mio professore di liceo diceva che la moglie voleva sempre avere l’ultima parola, voleva avere sempre ragione. Comunicare non significa sentire soltanto quello che l’altro dice, ma qualcosa di più, significa ricevere quello che l’altro dice, mettersi nei panni dell’altra persona per vedere dal suo punto di vista.
A me è capitato di argomentare a sostegno di una mia posizione, di sentire quello che diceva mio marito ma di non tenerne conto, di andare avanti senza prestare ascolto a quello che lui ribatteva e senza mettere minimamente in discussione quello che pensavo. Dobbiamo prendere dal Signore la capacità di avere umiltà, di ascoltare, di mettere l’altro al nostro posto. Questa è una buona comunicazione, questo significa ascoltare l’altro. E Gesù in questo è veramente il nostro Maestro.
Prendere o dare?
Durante “l’anno mondiale della famiglia” mi è capitato di ascoltare varie riflessioni sulla coppia. In una di queste si affermava che ci sono due tipi di felicità:
- La felicità che vuole tutto per sé. È la felicità delle persone che vogliono l’attenzione dei mariti o delle mogli, che vogliono una casa bella, che il marito guadagni molto, vogliono fare le vacanze in un certo modo, che il marito permetta loro di realizzarsi, desiderano tutto per sé, per il proprio vantaggio. Questa èla felicità di consumo, quella che consuma l’altro.
- La felicità di produzione, invece, è quella di chi si adopera per far felice un’altra persona.
Queste affermazioni mi hanno fatto riflettere. In realtà, che cosa è al centro della conflittualità che si viene a creare nella coppia, se non l’egoismo? L’egoismo è il desiderio di sé stessi, di mettere sé stessi al centro della propria vita. Non è forse l’egoismo che riemerge nella vita cristiana quando, dopo un primo momento di vera gioia ed esultanza, ricadiamo nel peccato mettendo di nuovo noi stessi al centro della nostra vita? C’è un evidente parallelismo tra la vita con il Signore e la vita di coppia.
Lasciare padre e madre
Un altro tipo di gelosia che è alla base dei conflitti lo troviamo sempre in Genesi 2. Molto spesso l’uomo e la donna non lasciano la propria famiglia così come Dio intende. L’affetto, il rispetto, la cura per i genitori debbono essere indiscussi e indiscutibili, ma questi non devono mai andare a discapito dell’unità della coppia. Un grosso problema si può avere quando l’uomo non si è completamente staccato dalla madre. Anche attraverso questo problema io sono passata.
Noi abitiamo a Caserta ma, durante l’estate, andavamo a Castelvolturno dove mia suocera ci aveva messo a disposizione una casetta per andare al mare. Come arrivavo lì, nascevano i problemi: mia suocera metteva al centro delle sue attenzioni mio marito. È il primo figlio e come tale il figlio prediletto! Io ero molto gelosa, ma poi ho capito che questo era un problema mio, una mia forma di gelosia, che ho dovuto presentare al Signore perché non diventasse “una carie per le ossa”. Di notevole aiuto è stato il senso di sicurezza che mio marito mi ha trasmesso, avendo egli con la madre un rapporto “adulto”, che gli consentiva di essere con lei rispettoso, ma fermo, quando si verificavano tentativi di invadenza della nostra vita.
Quante volte però gli uomini restano legati morbosamente alla madre, il che li porta ad essere infantili. Noi donne abbiamo bisogno al nostro fianco di uomini che ci guidino e ci diano la sicurezza del “capo” della donna. Ma, se gli uomini desiderano essere rispettati come tali, devono anche gestire il rapporto con la moglie con l’autorità e l’amore di cui Paolo parla in Efesini 5.
La vita intima
Un’altra forma di conflitto riguarda il sesso; e anche questo nasce da un problema di comunicazione. In Genesi 2:24 leggiamo: “… lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne”: è un cammino di unità totale che si compie insieme. Anche questo tipo di intesa è il risultato di comunicazione, che comporta anche la volontà di voler costruire insieme il proprio matrimonio come Dio lo ha inteso. Non è più qualcosa solo per noi stessi, ma anche per quelli che sono intorno a noi.
Quando si è persa questa concezione profonda del matrimonio, si è passati con facilità alle liti, alla separazione, al divorzio, agli avvocati, all’adulterio facile. Se perdiamo di vista l’idea del matrimonio così come Dio l’ha voluta, è facile cadere nell’egoismo, vivere per sé stessi. Questo concetto profondo del matrimonio è qualcosa che ho potuto vivere personalmente. Posso affermare che il nostro, grazie a Dio, è un matrimonio solido, nel quale non sono mancate le tempeste e i venti burrascosi; ma ogni volta, “dimenticando le cose che stanno dietro e protendendoci verso quelle che stanno davanti” abbiamo “proseguito” (Filippesi 3:13) per costruire, per migliorare con la certezza che Dio era dalla nostra parte e non ci lasciava soli. Il piano di Dio è che bisogna stare insieme come Lui vuole.
In 1° Corinzi 7:4-5 è scritto: “La moglie non ha potere sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie. Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra mancanza di autocontrollo”.
Molte donne hanno dimenticato questo passo della Parola. È scritto: “… perché Satana non vi tenti a motivo della vostra mancanza …”. Noi possiamo essere motivo di tentazione per i nostri mariti rifiutandoli e allontanandoli da noi. È nostra responsabilità davanti a Dio comunicare con il marito anche nelle difficoltà e nelle tentazioni che potrebbero esserci. Chi dovrebbe essere più amica di un uomo che la propria moglie? Chi più di lei può aiutarlo?
Troppo spesso non si parla di sesso perché è considerato come qualcosa di sporco. Eppure il Signore l’ha creato; e “tutto quel che Dio ha creato è buono” (1° Timoteo 4:4): è l’uso che ne facciamo che rende una cosa buona o cattiva. Gli uomini, proprio per il fatto che comunicano meno, non devono essere respinti o rifiutati, perché questo può essere il loro modo per cominciare a parlare, per ricominciare insieme, per riallacciare la comunicazione interrotta.
Il problema dei soldi
Un’altra causa di conflitto è costituita dalle finanze. In questo periodo in cui dilaga la disoccupazione e grosse difficoltà economiche si verificano nel nostro paese, nella nostra città, nella comunità, c’è il pericolo che lo scoraggiamento o la mancanza di speranza si facciano largo in noi. È veramente questo il momento di guardare al Signore. Ricordiamo Matteo 6:33: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più”. Chiediamo dunque al Signore il necessario per la nostra vita, non il superfluo (anche se nella nostra società il superfluo è divenuto “necessario”).
È vitale imparare ad esercitare la propria fede. Un pastore che ho conosciuto mi diceva che, quando vedeva le persone della sua comunità in difficoltà, il primo istinto era quello di aiutarle; ma che poi decideva di non farlo e le esortava ad esercitare la propria fede personalmente.
Anche noi abbiamo avuto i nostri momenti di difficoltà, ma abbiamo esercitato la nostra fede, abbiamo sempre confidato nel Signore e Lui ci ha sempre dato abbondantemente, anche perché abbiamo sempre riconosciuto che ciò che abbiamo avuto ci viene da Lui. Tutto quello che abbiamo Gli appartiene, è nelle sue mani e ciò dà un senso di sicurezza alla nostra vita.
Ma anche coloro che hanno denaro devono stare attenti. È un problema non avere soldi, ma è un problema anche averli! Se non ci rendiamo conto che tutto quello che abbiamo ci viene da Dio, allora non siamo neanche dei buoni amministratori. Dobbiamo saper spendere. Per una donna, avere soldi può significare abbellire la casa, fare una bella vacanza; per il marito può significare fare un’assicurazione, cercare di risparmiare, oppure comprare una macchina. Ma ciò che è importante è realizzare quanto è scritto in 1° Cronache 29:12: “Da Te provengono la ricchezza e la gloria”. Tutto ciò che abbiamo ci viene dal Signore.
In 1° Timoteo 6:17-19 è scritto: “Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d’animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene, d’arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l’avvenire, per ottenere la vera vita”.
Perdono reciproco
A conclusione, posso dire che quello che una vita di coppia costruisce, con tutte le difficoltà, con tutti i conflitti, è un buon atteggiamento, un atteggiamento che ci consenta di ascoltare la voce del Signore. Ci sono stati dei momenti in cui ho chiuso la porta al Signore, e ciò mi ha impedito di avanzare nelle Sue vie, ma ci sono stati momenti – e sono stati i più fertili – in cui il Signore ha potuto comunicare con me, ha sparso il Suo Spirito Santo su di me e la corsa è stata più spedita.
Un ingrediente che ritengo indispensabile nella vita matrimoniale è il perdono delle colpe del marito verso la moglie e viceversa: colpe che tiriamo fuori dal cassetto ogni qualvolta ci sono difficoltà. Il Signore vuole che le dimentichiamo!
Qualche giorno fa, insieme a una sorella, memorizzavamo al computer un libretto per bambini che aveva scritto, quando durante un temporale improvvisamente un fulmine ha cancellato tutto. Lei mi ha fatto notare che così fa il Signore con i nostri peccati: cancella tutto in un attimo! Abbiamo noi davvero la volontà di chiedere al Signore di “rimettere i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”? La misura che useremo verso nostro marito, verso nostra moglie, sarà la stessa usata nei nostri confronti.
Quest’anno abbiamo compiuto venticinque anni di matrimonio e ringrazio il Signore non solo per i nostri figli, ma perché ci ha dato la possibilità di migliorare, anche attraverso momenti difficili, momenti in cui ci siamo piegati davanti a Lui a piangere e a chiedere aiuto.
Veramente è stato un cammino di avanzamento. Io ringrazio il Signore per questo cammino. Il matrimonio, ripeto, non serve solo per gli sposi, per la loro gioia, ma per quelli che sono intorno. Per mantenerlo vivo è indispensabile comunicare; e questo è possibile solo mantenendo la comunicazione con il Signore, dal quale possiamo continuamente “attingere con gioia l’acqua” di cui abbiamo bisogno nei periodi di deserto (Isaia 12:3).