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di Geoffrey Allen
Nel momento in cui questo numero va in tipografia, il mondo sta ancora col fiato sospeso per vedere se in Medio Oriente sarà la guerra. Guerra che minaccia ingenti danni e fiumi di sangue, e della quale – bisogna pur dirlo – a noi Occidentali importa molto di più, visto che tocca direttamente i nostri militari e le nostre tasche, di quella che c’è già stata tra Iraq e Iran e che è costata un milione di vite umane.
Troppo facilmente dimentichiamo – specialmente noi della generazione cresciuta nella pace e nel benessere degli ultimi quarant’anni – che siamo già in guerra. Una guerra feroce, fino all’ultimo sangue (se si può dire, visto che è combattuta “non contro carne e sangue …”). Una guerra che non conosce tregua, che potrà finire solo con la “resa incondizionata” dei nemici, quando Gesù “avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza” e avrà “messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi”, così che “ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore”.
Il Nuovo Testamento è pieno di linguaggio militare. Siamo esortati a “combattere il buon combattimento della fede”, a “sopportare le sofferenze come buoni soldati” e a “non immischiarci nelle faccende della vita civile” per poter “piacere a colui che ci ha arruolati”.
I più anziani ricordano, e possono raccontare, le privazioni e i sacrifici della guerra. Un tempo in cui la comodità e il piacere personale venivano messi da parte “fino a tempi migliori”. Bisognava concentrare tutte le risorse e tutte le energie sull’impresa in mano.
È questa la mentalità che noi cristiani dobbiamo coltivare.
Ma con quanta facilità dimentichiamo! Viviamo come se fosse tempo di pace, in cui ognuno è libero di pensare alle proprie faccende. Ci lasciamo condizionare dai valori e dalla mentalità di coloro che ignorano il conflitto in atto, anche se, a loro insaputa, sono comunque prigionieri, schiavi del peccato, essendo stati “catturati dal diavolo per fare la sua volontà”.
Questo numero è dunque dedicato a una riflessione sulla guerra spirituale. Un conflitto in cui tutti noi, volenti o nolenti, siamo coinvolti. Se non siamo con Cristo in questo combattimento, siamo contro di lui, e se non raccogliamo con lui, disperdiamo.
Prestiamo dunque bene attenzione a ciò che lo Spirito Santo vorrà dire alle chiese attraverso queste pagine. È nostro augurio che il presente numero di Tempi di Restaurazione possa servire per chiamare i credenti d’Italia alle armi perché non siano trovati impreparati nel momento più caldo e impegnativo della battaglia.