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di Giovanni Traettino
La recente ordinazione al diaconato di una sorella mi ha offerto lo spunto per una nuova riflessione sulla natura di Dio e della chiesa.
Liberi per servire
“Benedetto sia il Signore, il Dio di Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato un potente salvatore … al fine di concederci che, liberati dalla mano dei nostri nemici, gli servissimo senza paura” (Luca 1:68-74).
Gesù ha sfidato e sconfitto tutti i nostri nemici: diavolo, mondo, carne, paura della vita e paura della morte, paura della giudizio e della condanna, perché potessimo essere liberi per servire. Egli è venuto per formare un popolo di servi che entrasse nella gioia e nella letizia del servizio. È importante comprendere il servizio come dimensione fondamentale del regno di Dio, che attraversa tutti dal Re all’ultimo dei suoi sudditi.
Quando infatti il “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (Isaia 9:5) ha deciso di mostrarsi a noi, lo ha fatto “prendendo forma di servo” (Filippesi 2:7). È stato in mezzo a noi non come chi siede a tavola, ma come chi serve, lavando perfino i piedi (Luca 22:27, Giovanni 13). E promette ai servi vigilanti che il giorno delle nozze escatologiche “si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Luca 12:37).
Anche gli angeli si realizzano essenzialmente nel servizio: servono Dio e servono i credenti: “Essi non sono forse tutti spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza?” (Ebrei 1:14). Pure gli apostoli si attribuiscono la qualifica essenziale di servi (Romani 1:1, 2° Pietro 1:1, Giacomo 1:1, ecc.).
Similmente, ogni cristiano è chiamato a diventare un servo, e chi vuole essere grande nel Regno deve essere primo nel servizio. Questo è lo spirito di Cristo: “… Chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti, perché anche il Figlio dell’uomo non e venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:44-45).
Tre aspetti del servizio
Ci sono nel Nuovo Testamento tre parole per descrivere il servo ed il servizio: doulia, diakonia e latreia.
- Doulia: il servizio dello svuotamento
Si tratta dell’attitudine di sottomissione di chi ha ceduto, fa spazio, rinuncia, è disponibile a fare un lavoro che non possono, non vogliono o non debbono fare altri.
Maria di Nazareth, la madre del Signore, è un bell’esempio di questa attitudine: “Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la sua parola” (Luca 1:38): non secondo la mia parola, i miei progetti, i miei sogni e i miei bisogni, perché io sono serva. “L’anima mia magnifica il Signore … perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Perché ecco, da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Luca 1:46-48). Io mi dichiaro serva; altri mi chiameranno beata.
Nel caso di Gesù, possiamo addirittura parlare di un doppio svuotamento (Filippesi 2:5):
- Da Dio ad uomo servo;
- Da uomo servo alla morte.
Tutti i cristiani sono chiamati a questo tipo di servizio.
- Diakonia: il servizio del lavoro e del nascondimento.
Il termine diakonos parla di lavoro, di azione e di impegno in favore degli altri nell’umiltà e nel nascondimento, come un cameriere, una collaboratrice familiare, un servo, facendo “le buone opere che Dio ha precedentemente preparato perché le compiamo” (Efesini 2:10).
La vita di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, è a mio avviso un bell’esempio di vita da diacono. Non emerge come apostolo, profeta, insegnante o pastore, ma come “diacono”.
- Diacono del Padre, quando mette in pratica la Sua volontà;
- Diacono di Gesù, quando lo sorveglia, lo cura, lavora per lui;
- Diacono di Maria, quando ne protegge la maternità e poi lavora e la assiste nel nascondimento per tutta la vita come padre, marito e lavoratore servo.
I seguenti passi dell’evangelo di Matteo descrivono tutta una serie di iniziative, di impegni e di azioni che egli dovette mettere in opera per assolvere al suo mandato:
“Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato, e prese con sé sua moglie; e non ebbe con lei rapporti matrimoniali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù” (Matteo 1:24-25).
“… Egli dunque, alzatosi, prese di notte il bambino e sua madre e si ritirò in Egitto” (Matteo 2:14).
“… Ed egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre e rientrò nel paese d’Israele … si ritirò …” (Matteo 2:21-22).
E leggiamo ancora: “Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?” (Matteo 13:55). Giuseppe è descritto solo come “il falegname”. Il suo nome non è nemmeno menzionato, mentre lo è quello della moglie e dei figli.
Egli diviene in questo modo padre di molti padri senza volto e senza nome, uomini di Dio che hanno donato la loro vita lontano dalle luci della ribalta, del successo e della notorietà. Hanno lavorato umilmente e nel nascondimento per rendere possibile la vita delle Maria, dei Gesù, dei Giacomo: mogli e figli “famosi” di padri che nessuno conosce o a cui non si dà alcuna attenzione. Pionieri, lavoratori, “letame” e “sale” per concimare e dare sapore alla terra.
Un altro bell’esempio di questo tipo di diakonia è Marta, la sorella di Maria e di Lazzaro:
“… Marta lo ricevette in casa sua … Tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?» …” (Luca 10:38-40).
“Come Marta ebbe udito che Gesù veniva, gli andò incontro … Disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto … Sì, Signore, io credo …» Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama»” (Giovanni 11:20-28).
Tutto in Marta parla di azione, di iniziativa, di impegno, di concretezza. Perfino il coinvolgimento di Maria nasce dalla sua iniziativa.
Non è vero che Gesù non apprezzasse Marta, come si potrebbe concludere interpretando male la risposta che Gesù le dà in Luca 10:41-42. Gesù amava Marta (Giovanni 11:5) e certamente apprezzava l’accoglienza, l’ospitalità, il confort e il servizio che Marta – non Maria e Lazzaro – gli preparava.
- Latreia: il servizio dell’adorazione.
Il termine latreia parla di un’adorazione spinta fino al sacrificio. Di questo tipo è il servizio della profetessa Anna che “non si allontanava mai dal tempio ma serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Luca 2:37). È di questo tipo di diakonia che Gesù dice: “Una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona …” (Luca 10:41-42).
Maria, la sorella di Marta, non era probabilmente una buona massaia e spesso sarà stata per la sorella causa di legittima frustrazione e impazienza. Ma quando la chiamò il Maestro “… si alzò in fretta e andò da lui … Appena l’ebbe veduto, gli si gettò ai piedi … Quando Gesù la vide piangere … fremette nello spirito e si turbò …” (Giovanni 11:29-33). I suoi occhi, il suo corpo, la sua anima, le sue emozioni sono tutti lanciati verso Gesù.
Contemplazione, oblìo di sé, passione, adorazione: Maria è tutta rivolta a Gesù, proiettata verso di Lui, presa di Lui. La preghiera che formula è la stessa di Marta, ma il calore e la passione di cui è intessuta la rendano profondamente diversa. Gesù pianse e si mosse verso la tomba di Lazzaro per risuscitarlo.
In Stefano, il primo martire, uno dei sette diaconi della chiesa di Gerusalemme, si colgono racchiusi insieme questi tre aspetti del servizio. Scelto per servire alle tavole, serve agli apostoli, si occupa delle vedove e dei bisognosi, predica il vangelo e fa prodigi e segni fra il popolo senza rivendicare altri titoli. Giunge al punto più alto di adorazione sacrificale dando la sua vita come martire per il Suo Signore. L’immagine estrema che di lui ci lascia il libro degli Atti è quella di un uomo tutto assorbito e preso nell’adorazione del suo Signore (Atti 7:59-60).
La visione finale della Chiesa
Tutta la nostra nuova vita è votata al servizio. Siamo stati liberati per servire Dio durante la nostra esistenza terrena, ma anche nell’eternità continueremo a vivere servendo gloriosamente il nostro Signore, immersi nella folla di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue che davanti al trono dell’Agnello, in candide vesti “lo servono giorno e notte nel suo tempio” (Apocalisse 7:15).