SCARICA PDF di questo articolo
di David Devenish
Tutti noi abbiamo bisogno di una visione che sia più grande di noi, più grande del compito immediato che ci troviamo davanti.
Una visione del genere ci stimola e ci consente di non arenarci nelle difficoltà della vita, siano esse nella chiesa, nella famiglia, nelle finanze, al lavoro o con la salute. Abbiamo bisogno di vedere che siamo su questa terra per uno scopo più grande. Questo ci aiuta anche a motivare gli altri, perché è stupendo stare insieme con chi ha una visione! Più importante, è il segreto che ha consentito ai pionieri della Bibbia ad andare avanti. È l’intenzione di Dio per noi.
Gesù sopportò la croce a motivo della gioia che gli era posta davanti. Una visione! Abramo continuò ad andare avanti, pur vedendo realizzarsi solo una piccolissima parte delle promesse che aveva ricevute, perché aveva la visione che, tramite la sua discendenza, tutte le nazioni della Terra sarebbero state benedette. In Ebrei 11 leggiamo di una serie di personaggi che continuarono ad andare avanti a motivo di una visione più grande di ciò che si realizzò durante la loro vita. Dio li approvò per la loro fede, anche se nessuno di loro “ottenne ciò che era stato promesso”.
Questa visione non può essere soltanto una visione per la mia vita personale. Oggi sentiamo spesso parlare dell’importanza di avere una visione personale e degli obiettivi personali. Ma molto facilmente la fortezza dell’egocentrismo, così prevalente nella cultura occidentale, prenderà il sopravvento come scopo della nostra vita. Spesso io mi ritrovo a ripetere alle persone:
- La tua visione personale sia al servizio della visione più larga della tua chiesa.
- La visione della chiesa locale sia al servizio della visione più larga della famiglia di chiese di cui fa parte.
- La visione della famiglia di chiese sia al servizio della visione più larga dei piani profetici di Dio nel mondo, rivelate nelle Scritture.
Credo che una delle cose che Dio sta facendo ai nostri giorni è di suscitare “movimenti” o “famiglie di chiese” per servire questa visione più estesa. La visione del nostro movimento deve servire lo scopo di ciò che Dio sta facendo oggi in tutta la Chiesa.
Viviamo in tempi emozionanti. Il recente libro di Peter Wagner, Churchquake, tratta del nuovo genere di chiesa che si sta diffondendo oggi in tutto il mondo. Stanno nascendo movimenti di chiese basati sui rapporti, in cui i leaders possono condurre con autorità in virtù della fiducia accordata loro da coloro che servono (vedi Tempi di Restaurazione n. 3/99, Le nuove chiese apostoliche).
La mia esperienza personale, seppure più limitata, mi porta a confermare che Dio sta suscitando questo genere di chiesa. Molti di noi hanno il privilegio di vivere ormai da vent’anni all’avanguardia profetica di ciò che oggi si sta vedendo nella chiesa in tutto il mondo. Dio dà sempre una visione profetica di ciò che sta per accadere. Amos dichiara: “Il Signore, Dio, non fa nulla senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti” (Amos 3:7). Vent’anni fa nel “movimento di restaurazione” si davano insegnamenti profetici a proposito di questa visione globale. È importante che la nostra famiglia di chiese abbia chiara questa visione profetica, insieme con i valori e le verità fondamentali che amiamo.
Buona parte di questa visone della restaurazione è basata sulle profezie di Isaia. Storicamente, queste furono adempiute parzialmente quando gli Israeliti ritornarono dall’esilio in Babilonia. Ma quell’avvenimento storico non si avvicinava neanche lontanamente alla gloria delle promesse della restaurazione. Le parole di Isaia abbracciano la venuta del Cristo, le sue sofferenze, l’era della Chiesa e, infine, perfino la promessa di nuovi cieli e una nuova terra in cui “la restaurazione di tutte le cose” (Atti 3:21) si sarebbe completata.
Per noi, oggi, credo che questa visione della restaurazione è duplice. Prima, è la restaurazione della vita del Nuovo Testamento, in modo tale che la vita di chiesa rifletti il modello biblico. Ma non si limita a ciò, perché Dio ci sta chiamando oltre l’esperienza della chiesa del Nuovo Testamento. E questo ci porta al secondo punto, la restaurazione delle promesse bibliche.
Gli apostoli del Nuovo Testamento capirono questo: essi citavano le “Scritture della restaurazione” dall’Antico Testamento e mostrarono di comprendere quale fosse il piano profetico di Dio. Per esempio, in Atti 13:47, Paolo cita Isaia 49:6, un “brano della restaurazione”. A un credente cinese è stato una volta chiesto se gli sarebbe piaciuto vivere ai tempi del libro degli Atti. “No – egli rispose – stiamo vedendo più miracoli e conversioni oggi in Cina di quanto viene riferito negli Atti!” Nel suo libro The Radical Church (La chiesa radicale), Bryn Jones ha espresso il concetto in questi termini: “Non stiamo cercando di tornare a una condizione originale, piuttosto di andare avanti verso la pienezza dell’intenzione originale di Dio”.
Tornando a Isaia, al capitolo 6 troviamo il racconto della sua chiamata originale. Fu una chiamata a una visione straordinaria. Le cose che egli vide in quella visione finirono per caratterizzare tutte le sue profezie. Lo stesso vale per noi: la nostra visione caratterizzerà l’intera nostra vita.
La visione di Isaia comprese quattro elementi:
1. Una visione della grandezza di Dio: La restaurazione dell’adorazione
“Vidi il Signore”. Parole incredibili! Molti possono fondare il loro servizio a Dio su ciò che Egli ha fatto per loro. Ma Isaia vidi dapprima Dio nella Sua maestà indicibile. Egli è “alto, molto elevato”: troppo alto perché Lo possiamo interrogare; dobbiamo semplicemente sottometterci a Lui. In quanto Dio, è circondato dall’adorazione. È straordinariamente santo, totalmente separato da noi. Non deve mai rendere conto a nessuno delle Sue azioni sovrane. Viviamo in un’epoca che innalza talmente l’uomo che quasi si sarebbe portati a pensare che Dio fosse in obbligo di giustificarsi davanti alle nostre piccole menti.
Amo leggere nelle Scritture le descrizioni della gloria indicibile di Dio. Ci fa bene nutrire i nostri pensieri di queste e sottoporre loro il nostro intelletto. Questa visione ha influenzato tutti gli scritti di Isaia: anche nell’affrontare le questioni pratiche, egli metteva sempre Dio al centro dei suoi pensieri.
Guardate in quale modo Isaia tocca il tema del potere apparente dell’uomo: “Ogni carne è come l’erba, e tutta la sua grazia è come il fiore del campo. L’erba si secca, il fiore appassisce quando il soffio del Signore vi passa sopra … L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre” (40:6-8).
Gli imperi umani, le filosofie umane sembrano inattaccabili. Il comunismo appariva così minaccioso che si sono spesi migliaia di miliardi per difenderci, finché un giorno Dio parlò … e il comunismo non c’era più. L’impero britannico, sul quale “il sole non tramontava mai”, in pochi anni scomparve: Dio soffiò, e persino il Primo Ministro nel 1962 riconobbe che soffiava un “vento di cambiamento”. Allo stesso modo, l’apartheid nel Sud Africa sembrava destinato a durare per molti anni ancora. Ma Dio …!
Isaia descrive come le nazioni siano per Dio “come una goccia che cade da un secchio”, e gli uomini potenti come “cavallette”. Similmente, nell’affrontare le stanchezze e le delusioni degli uomini, egli concentra lo sguardo su Dio, che “non si affatica e non si stanca; la sua intelligenza è imperscrutabile” (40:28).
Come gente che crede nella restaurazione, dunque, la prima nostra necessità è una visione della grandezza di Dio che conduca ad una restaurazione dell’adorazione. Questo è stato uno dei frutti del movimento dello Spirito Santo: l’adorazione è stata rinnovata. È importante che la nostra adorazione abbia Dio al centro. Esiste un pericolo che finisca per concentrarsi sull’uomo, che pensiamo all’adorazione in termini dei nostri bisogni da soddisfare per mezzo di essa.
Che la nostra adorazione dichiari le meraviglie e la gloria di Dio! Anche lo scopo dei doni spirituali nei nostri culti è perché la gente sia costretta a riconoscere che “Dio è veramente fra voi”. L’adorazione della grandezza di Dio è più importante che non lo stile, la tecnica o la qualità musicale, per quanto desideriamo fare del nostro meglio.
Come ha ben osservato John Piper, “il motivo della missione della chiesa è che non ci sono abbastanza adoratori”.
2. Una visione della dimora di Dio: La restaurazione della chiesa
Il secondo elemento della visione di Isaia fu il lembo del mantello di Dio che riempiva il tempio. Il tempio rappresenta il luogo in cui Dio dimora con gli uomini. Anche questo diventa poi un tema significativo per Isaia: egli scrive della città nella quale la presenza di Dio sarà resa nota al mondo intero, alla quale verranno le nazioni ad adorarLo, e che sarà “la lode di tutta la terra” (62:7). Isaia descrive il luogo della dimora di Dio come una montagna elevata al di sopra di ogni altro monte (2:1-3).
L’obiettivo di Dio per la Terra è avere un luogo dove dimorare insieme con l’uomo. La fine della storia, nel libro dell’Apocalisse, recita: “Ecco l’abitazione di Dio con gli uomini!” In Lui “l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. E in lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito” (Ef. 2:21-22).
Per questo, io sono stato afferrato da una visione della chiesa di Dio. Essa dovrà essere un luogo in cui la presenza di Dio si fa conoscere in maniera estremamente reale. Anzi, la ragione d’essere dell’intera creazione è perché il Figlio di Dio possa avere una sposa. La chiesa deve essere un Corpo che esprima nel suo insieme la pienezza di chi è Gesù, nella misura in cui ogni singola parte svolge il proprio compito. Deve essere una città posta su un monte, una montagna che riempia il mondo intero. Questo sarà realizzato negli ultimi giorni quando in ogni nazione, città e paesino la chiesa sarà manifestata visibilmente come “una città posta sopra un monte” (Matt. 5:14).
Ecco la ragione per cui io servo Dio e mi sono dedicato al ministero! Non mi limito ad “andare in chiesa”. Sono stato afferrato dalla gloria di Dio, dal desiderio che ci sia sulla terra un luogo in cui questa gloria si possa esprimere.
Il secondo elemento della visone è dunque una visione della dimora di Dio, della restaurazione della Chiesa. Ne abbiamo bisogno oggi! Nel cristianesimo occidentale sta dilagando un atteggiamento consumistico e individualistico nei confronti della Chiesa: se una chiesa non soddisfa le nostre esigenze, andiamo a cercarne un’altra. Anche le nostre radici evangeliche tendono a sottolineare soltanto l’individuo: la nostra salvezza personale, il nostro cammino personale con Dio, il nostro ministero personale … L’esperienza carismatica rischia di esaurirsi in un “rinnovamento personale”. Ma Efesini 5:18 segg. Evidenzia, non un riempimento individuale di Spirito Santo, ma una comunità ripiena di Spirito Santo. La maggior parte dei cristiani occidentali, invece, sarebbe portata ad applicare questo brano esclusivamente alla propria vita personale.
3. Una visione per il mondo intero: La restaurazione delle nazioni
La visione di Isaia non era soltanto che la gloria di Dio riempisse il tempio, ma che il mondo intero fosse pieno della Sua gloria. Questa affermazione profetica diventa un altro tema caratteristico di Isaia. In 11:9-10 egli scrive: “La conoscenza del Signore riempirà la terra, come le acque coprono il fondo del mare … Verso la radice d’Isai [Gesù] … si volgeranno premurose le nazioni”.
Il tema principale della Bibbia è il modo in cui Dio prepara un popolo per se stesso. Il più importante tema secondario è il fatto che questo popolo sarà raccolto fra tutte le nazioni.
In Genesi capitolo 11, dopo la costruzione della torre di Babele, Dio sottopone a maledizione le nazioni, disperdendole, ed esse sviluppano lingue diverse. Ma subito dopo, in Genesi 12, è fatta la promessa ad Abramo che attraverso la sua progenie tutte le nazioni saranno benedette. Nell’Apocalisse, la lode viene a Dio da “tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue”.
Ma Efesini capp. 2 e 3 vanno ancora più in là dell’Antico Testamento. Non solo saranno benedette tutte le nazioni, ma le barriere tra i popoli saranno distrutte perché diventino un popolo solo. È vitale che non solo cerchiamo di raggiungere molte nazioni con il Vangelo, ma che nelle nostre chiese dimostriamo l’unità in Cristo delle diverse nazioni. Nelle chiese locali situate in ambienti multietnici, è importante che questo sia dimostrato in maniera evidente e concreta. Fa parte della nostra ragione d’essere nella chiesa.
Per esempio, trovandomi recentemente nel Caucaso, parlai ai fratelli là della mia precedente visita nel Lesotho. Potrebbe sembrare che non c’entri molto il Lesotho con i paesi del Caucaso. Ma abbiamo bisogno di tenere presente entrambi nella nostra visione di vedere tutte le nazioni benedette e riconciliate in Cristo.
Isaia scrisse non soltanto della benedizione di tutte le nazioni, ma in modo particolare fece riferimento al mondo arabo. “In quel giorno, ci sarà una strada dall’Egitto in Assiria; gli Assiri andranno in Egitto, e gli Egiziani in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore con gli Assiri. In quel giorno, Israele sarà terzo con l’Egitto e con l’Assiria, e tutti e tre saranno una benedizione in mezzo alla terra” (19:23-24). Ai suoi tempi l’Egitto e l’Assiria erano le due “superpotenze” (oggi entrambe sono nazioni islamiche), e si uniscono al popolo di Dio e si accettano reciprocamente perché ciascuna è accettata da Dio. Come scrive Alec Motyer nel suo commentario a Isaia: “È un esempio del proposito di Dio di unire il mondo ad adorarLo”.
La terza parte della visione è dunque una visione per il mondo intero: la restaurazione delle nazioni.
4. Una visione di Dio che regna: Restaurare il Regno
Isaia vide il Signore, seduto sul suo trono. Dio regna! Anche questo diventa poi un tema principale per Isaia. Parlando profeticamente di Gesù, egli scrive: “Non ci sarà fine all’incremento del suo impero” (9:7 NDiod). Isaia sottolinea i temi del Regno di Dio: la giustizia, la liberazione dalla prigionia e dall’oppressione, la cura dei poveri, la distruzione dei falsi dèi e degli idoli che regnano nell’immaginazione degli uomini.
Una comprensione del Regno è vitale per la visione della restaurazione, e questo è un concetto più largo di quello della Chiesa. Esso implica, in termini pratici:
- La giustizia di Dio in ogni circostanza. Dobbiamo comprendere che tutti noi che lavoriamo nel mondo secolare stiamo realizzando la visione del regno di Dio quando sosteniamo la giustizia.
- Buone notizie per i poveri e gli affamati. Questo fa parte del mandato della restaurazione, e deve rientrare nella vita della chiesa locale.
- La ricerca della giustizia sociale.
- Un interesse per le questioni etiche nelle nostre nazioni, che si tratti di giustizia per i poveri o per i bambini non ancora nati.
- Fede perché si manifesti la potenza guaritrice di Dio.
- La promozione di un ministero efficace di liberazione. Gesù disse: “Se è con il dito di Dio che io scaccio i demoni, allora il regno di Dio è giunto fino a voi” (Luca 11:20).
- Vincere in maniera pratica le fortezze idolatriche che dominano sulle nostre svariate culture.
Notate che ho detto: “restaurare” il Regno di Dio, non “la restaurazione del Regno”. Il Regno è già venuto, ma non ancora in tutta la sua pienezza. Il Regno non sarà pienamente restaurato prima dei nuovi cieli e la nuova terra. Questo è molto importante e ci aiuta a liberarci dal trionfalismo di cui talvolta noi “restaurazionisti” veniamo accusati. Il Regno verrà in tutta la sua pienezza soltanto quando Gesù ritornerà. Tuttavia, ci è promesso che vedremo irrompere nel nostro mondo “le potenze del mondo futuro”.
La conseguenza di questa comprensione è che, pur credendo in un futuro glorioso per la chiesa, nello stesso tempo riconosciamo anche l’incremento dell’anarchia, che arriverà al culmine con la venuta di un Anticristo personale che si innalzerà per opporsi a Dio. Dunque, le persecuzioni vanno di pari passo con le benedizioni: nel quadro della nostra teologia, questa non è una contraddizione. Ho sentito parlare di un predicatore che ha detto a Hong Kong che se i cristiani cinesi avessero veramente compreso la fede, non sarebbero perseguitati. Ciò è un concetto esageratamente trionfalistico del Regno, e non in armonia con le Scritture.
Un’altra conseguenza è che ci aspettiamo di vedere guarigioni dei malati, e in misura sempre crescente. Ma nello stesso tempo riconosciamo che non tutti vengono guariti, perché la pienezza del Regno non è ancora venuta. Allo stesso modo dobbiamo aiutare i poveri, ma i poveri saranno sempre con noi. Coloro che lavorano in mezzo ai poveri possono talvolta sentire che quello che fanno è un contributo minuscolo. Ma la natura del Regno è proprio questa: è come seminare un piccolissimo seme. La promessa è che un giorno quel seme diventerà un albero grandissimo (Matt. 13:32).
Come si realizzerà questa visione?
Prima, sulla base della grazia immeritata di Dio. Isaia capì che non poteva fare nulla per realizzarla. Egli era inutile, perduto, incapace di parlare, un fallimento totale. Era commosso e afferrato dalla visione, ma incapace di realizzarla. Poi, fu preso dall’altare un carbone ardente con cui gli fu toccata la bocca. Questo fu fatto gratuitamente da Dio, senza alcuna iniziativa da parte di Isaia. Allo stesso modo, Dio ha preso l’iniziativa di perdonarci gratuitamente e di liberarci dai nostri fallimenti e dal potere di tutto ciò che ci lega. Sia la nostra salvezza, sia il nostro mandato dipendono unicamente dall’iniziativa di Dio. Come Isaia, non possiamo fare nulla per realizzare la nostra chiamata senza Dio. Come lui, l’unico nostro contributo è il nostro peccato, il nostro ravvedimento e la comprensione della nostra assoluta incapacità.
In secondo luogo, la visione stessa diventa lo strumento del nostro invio. Ciò che vedo diventa il modo in cui sono inviato a realizzarlo. Isaia udì una voce dal cielo: “Chi manderò? E chi andrà per noi?” Dal cielo continua oggi a venire lo stesso grido: “Chi andrà?”
L’adempimento della visione dipende da un mandato. Così Isaia fa continuamente riferimento a Gesù, il Servo inviato da Dio, e al Suo popolo. In Giovanni cap. 20, Gesù dice ai suoi discepoli: “Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi”. Dobbiamo essere un popolo cosciente di essere mandato, perché abbiamo udito il grido dal cielo e abbiamo visto una visione. Ecco un popolo apostolico! È perciò che possiamo essere definiti indifferentemente “una famiglia di chiese” oppure “un movimento”. La nostra base sono i rapporti, ma questo non vuol dire stare immobili e guardare dentro noi stessi. Siamo in cammino, e vogliamo essere inviati. Vogliamo invadere nazione dopo nazione. Vogliamo andare dai popoli mai evangelizzati. Il comando originale rivolto ad Adamo e ad Eva fu: “Riempite la terra”. Oggi, il comando di Dio è: “Riempite la terra di discepoli di Gesù!” È ciò che Gesù ha detto nel “Grande mandato”.
Abbiamo afferrato questa visione quadrupla? La gloria di Dio: restaurazione dell’adorazione. Una visione della dimora di Dio: restaurazione della chiesa. Una visione per il mondo intero: restaurazione delle nazioni. E una visione del governo di Dio: restaurare il Regno. Ecco la grande visione, il quadro completo. Noi siamo mandati a realizzarla. Facciamo parte del corpo di Cristo che sta realizzando la grande visione dei propositi di Dio nel mondo.
Isaia si offrì: “Eccomi, manda me!” E Dio rispose: “Va’!”. A noi Egli dice la stessa cosa quando ci offriamo volontari. Siamo inviati, non con un messaggio di giudizio come quello affidato ad Isaia, ma con un messaggio di liberazione per il mondo intero!
David Devenish è un leader nella squadra ministeriale di New Frontiers International sotto la guida dell’apostolo Terry Virgo.
Tradotto da New Frontiers Magazine, inverno 2000, per gentile concessione.