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di Geoffrey e Giuditta Allen
È inevitabile che i rapporti tra genitori e figli siano una battaglia?
Abbiamo sei figli, la cui età va attualmente dai 10 ai 18 anni. Possiamo ringraziare Dio perché, fino ad oggi, la nostra vita familiare è sostanzialmente armoniosa e i nostri figli sono tutti attivamente impegnati, secondo la misura della loro età, con il Signore Gesti e nelle attività della chiesa locale.
Questo è solo un caso felice? O ci sono forse dei principi nella Parola di Dio che possano aiutare altre famiglie a ottenere simili risultati?
Non abbiamo certamente delle “formule magiche”. Vediamo altre famiglie di credenti, probabilmente migliori di noi, che hanno vissuto e che vivono maggiori lotte e difficoltà. Tuttavia, siamo fermamente convinti che la Parola di Dio contenga sia delle promesse, sia dei consigli che dovrebbero rendere i casi di ribellione e di allontanamento dalla fede l’eccezione, anziché – come purtroppo sembra che siano oggi – la regola.
In questo articolo, affronteremo la questione soprattutto dal punto di vista dei genitori, perché è a loro (meglio dire, a noi!) che Dio dà la responsabilità principale. Ma speriamo che possa risultare utile anche ai ragazzi… se non altro per vedere le cose dal punto di vista della “vecchia” generazione!
Nel Salmo 127, Dio dichiara: “I figli sono un dono che viene dall’Eterno … beati coloro che ne hanno piena la faretra! Non saranno confusi …” (vv. 3,5). E in Proverbi 22:6: “Inculca al fanciullo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne dipartirà”.
Certo, non è facile il compito che Dio affida a noi genitori (come non è facile quello dei giovani cristiani nel mondo di oggi, specialmente se hanno i genitori non convertiti). Ma Egli ha promesso il Suo aiuto, la grazia del Suo Spirito, perché anche “le cose che sono impossibili agli uomini” diventino possibili! Non possiamo dunque rinunciare al compito e rassegnarci alla sconfitta, attribuendo magari la colpa del nostro insuccesso alla società, ai compagni dei nostri figli, alla scuola, al governo e alla chiesa.
Porre il fondamento
Quando uno dei nostri figli aveva sette anni, e da poco era stato battezzato nello Spirito Santo, Dio gli parlò in profezia per mezzo di una sorella che era ospite in casa nostra. Gli disse in sostanza: “Io non voglio che tu, da adolescente, viva esperienze di crisi e di ribellione, come fanno tanti. Cammina con me e impara da me, ed io ti guiderò e ti farò risparmiare molte amarezze”. Oggi egli ha 17 anni, e possiamo constatare come il Signore ha mantenuto meravigliosamente la Sua promessa.
Il fondamento per una buona adolescenza si pone nell’infanzia. È inutile lamentarsi che un figlio di 15 anni non ci parla e non si apre con noi, se non gli abbiamo posto le basi di un buon rapporto, dandogli il nostro tempo e la nostra disponibilità quando ne aveva cinque o dieci. E tardi cominciare a sperare nella sua conversione a Cristo quando è già cresciuto, se da bambino abbiamo trascurato di inculcargli le vie del Signore, come ci esorta la Parola di Dio, “quando stai seduto in casa, quando cammini per la via, quando ti corichi e quando ti alzi” (Deut. 8:7).
Non è però sufficiente obbligare i nostri figli a venire al culto (che tra l’altro può essere una vera tortura per i bambini!) e dare loro una serie di obblighi e di divieti di stampo legalistico; non basta neanche raccontare loro delle storie bibliche (anche se questo è certamente buono). Piuttosto è indispensabile insegnare loro, con le parole e – soprattutto – con il nostro esempio, ad avere una loro vita personale di fede e di rapporto con Dio.
Alcuni credenti hanno la strana idea che i bambini non possono “veramente” credere, che bisogna aspettare che siano grandi perché possano fare la loro esperienza con Dio. Il mondo, invece, non ha tanto rispetto, li afferra per il collo appena possibile! Gesù non ha forse detto: “Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro”? (Mc. 10:14). Infatti i bambini credono molto più facilmente di noi grandi, non si fanno tanti problemi!
Se i nostri figli hanno fatto già da piccoli le loro esperienze di un Dio che esaudisce la preghiera e che aiuta, guarisce e conforta, da adolescenti potranno, sì, avere dei dubbi e dei conflitti, ma non potranno mai buttare tutto all’aria dicendo “Dio non esiste!”.
È nostra responsabilità anche farli conoscere la Parola di Dio, prima tramite le storie bibliche lette o raccontate da noi, poi con un approccio diretto di lettura e di meditazione personale. E se non abbiamo risposte alle domande che ci rivolgono, sarà un’occasione anche per noi di scoprire le risposte!
Se il pian terreno della casa è stato costruito nel modo giusto, con mura solide e rette, non ci sono problemi a costruirci sopra. Ci potrà essere qualche sporgenza un po’ strana o qualche abbellimento curioso, ma la struttura regge ed è abitabile. Bisognerà allora imparare a “togliere le mani” un po’ alla volta dalla vita dei nostri ragazzi e lasciare che le basi che abbiamo posto assumano la loro funzione di reggere il peso della loro vita.
Saggezza e rispetto
Chiaramente, ci sono anche delle famiglie in cui i genitori si convertono quando i figli sono già adolescenti. E naturale il loro desiderio di portare quanto prima anche i figli al ravvedimento e alla fede in Cristo. Ma, come per ogni evangelizzazione personale, ci vuole saggezza, pazienza e un grande rispetto della libertà e della personalità dell’altro. Non si può “imporre” la scelta della fede, nemmeno ai propri figli, i quali potranno anche sentire che l’improvviso cambiamento nei loro genitori è stato in peggio!
Un nostro amico, nell’entusiasmo della conversione e con le migliori intenzioni, tolse da casa sua i quadri e il televisore, mettendo al posto dei quadri i versetti biblici e al posto del televisore… niente! Prima, portava il figlio con sé a giocare a tennis oppure nei locali dove suonava in un complesso (ambienti dove egli rivestiva una certa importanza); ora c’era solo il culto, dove doveva sedere all’ultimo posto. Il figlio ebbe una “crisi di rigetto” nei confronti della fede.
Il padre, a questo punto, ebbe la saggezza di riconoscere i suoi errori: rimise il televisore in camera del ragazzo e cercò di riavviare il dialogo con lui. Dopo alcuni mesi, durante i quali il figlio osservava con grande attenzione i comportamenti del padre, si converti anche lui, e oggi è un credente attivamente impegnato.
Un alleato dentro
Noi siamo convinti che è molto importante che non solo i grandi, ma anche i nostri figli ricevano al più presto il battesimo e la potenza dello Spirito Santo. C’è una strana idea in giro che questa esperienza sia soltanto per gli adulti. Ma la Bibbia non dice forse che “per voi è la promessa e per i vostri figli”? (Atti 2:39).
Se apprezziamo la forza e l’aiuto che ci vengono dallo Spirito Santo per affrontare le difficoltà e i conflitti della nostra vita, come possiamo pretendere che i nostri figli affrontino le battaglie e le burrasche dell’adolescenza senza lo stesso aiuto? O crediamo forse che i loro conflitti siano meno reali dei nostri?
Da nessuna parte nella Bibbia è scritto che i bambini abitino una speciale “terra di nessuno” dove il mondo, la carne e il Diavolo non penetrano! Al contrario, non solo essi sono esposti al conflitto spirituale, ma molte volte è proprio attraverso i nostri figli che il Nemico riesce ad attaccare e a mettere “fuori combattimento” noi grandi! Anch’essi, dunque, hanno bisogno di questo potente Alleato dentro per “combattere la buona battaglia della fede”.
Fiducia e libertà
La presenza dello Spirito Santo nei nostri figli ci consentirà molte volte di superare in maniera armoniosa gli inevitabili conflitti tra genitori e figli, facendo appello alla loro coscienza e alla spiritualità anziché ricorrendo alla legge e all’imposizione. Per esempio, è successo recentemente che uno dei nostri figli si era fatto il “pallino” della moto: voleva a tutti i costi impiegare i soldi messi a parte da un lavoro estivo in questo acquisto, da me e da mia moglie ritenuto preoccupante e pericoloso.
Certo, gli ho anche fatto presente che – mentre consideravo suo il frutto del suo lavoro da spendere come avrebbe deciso lui – era ancora minorenne e aveva dunque bisogno della mia firma per l’atto di acquisto. Ma molto di più ho insistito sul fatto che non mi sentivo in pace nel mio spirito per dare il consenso, invitando anche mio figlio a pregare e a chiedere al Signore che cosa ne pensasse Lui. Dopo un paio di giorni, egli è tornato da me per dire che lo aveva fatto e che neanche lui si sentiva tranquillo dentro di sé. Più tardi ci siamo concordati nell’acquisto più “modesto” di una Vespa.
Questo episodio mette in evidenza un altro principio importante nelle relazioni con i figli adolescenti. Il nostro compito di genitori non è quello di tenerli “prigionieri” quanto più a lungo possibile, ma quello di responsabilizzarli e di educarli all’uso della libertà.
Qui abbiamo bisogno di fede per vincere i nostri timori naturali; ma dobbiamo anche ricordarci continuamente che i figli non sono nostra proprietà personale, ma sono del Signore. Noi li abbiamo solo “in affidamento” per un certo tempo, da curare e da educare per il Suo Regno. Essi non sono nati per soddisfare i nostri desideri o le nostre ambizioni, ma per servire Dio e compiere i Suoi disegni nella loro generazione (cfr. Atti 13:36).
È importante imparare a rispettare la personalità e l’individualità dei nostri figli. Non possiamo mai imporre loro la nostra fede: bisogna piuttosto che siano “contagiati” dal nostro esempio. Possiamo però educarli a comportarsi in maniera civile e rispettosa, anche se bisogna onestamente riconoscere che certi genitori non credenti ci riescono meglio di noi ad avere figli disciplinati, cortesi e di un aspetto piacevole … forse perché essi attribuiscono più importanza alle cose esteriori e alla “bella figura” di quanto non lo siamo noi.
Lavoro e soldi
È importante anche responsabilizzare i ragazzi nell’uso del denaro. Hanno bisogno di imparare che il denaro, come dice un proverbio nostrano, “non cresce sui alberi” ma è il frutto di un duro lavoro: come ha detto qualcuno, è “il sudore in forma solida”! Perciò, anche quando non ce n’è la necessità economica, riteniamo bene che i ragazzi facciano esperienza del mondo. del lavoro – se studiano, magari durante le vacanze scolastiche – per guadagnarsi quello che i genitori non possono o non vogliono fornire loro, ma anche per imparare ad apprezzare il valore delle cose.
Nei nostri figli abbiamo anche cercato di inculcare un rispetto per il lavoro manuale, da tanti disprezzato. Produrre qualcosa di utile o di bello con le proprie mani non è forse altrettanto dignitoso, se non di più, come organizzare o dirigere il lavoro altrui, e molto più dignitoso che occupare una “poltrona” e ritirare lo stipendio senza averlo guadagnato? Certamente il lavoro manuale non fu disprezzato né da Gesù, il falegname, né da Paolo, fabbricante di tende (Mc. 6:3, Atti 18:3; vedi anche Ef. 4:28).
Anche in famiglia i ragazzi vanno responsabilizzati ed educati al lavoro. Negli ultimi anni, abbiamo avuto la necessità più volte di lasciare i nostri figli soli per alcuni giorni. Le nostre naturali preoccupazioni si sono sempre rivelate inutili: essi sono sempre sopravvissuti! Non solo, ma al nostro rientro non è raro sentire osservazioni come: “Non avrei immaginato quanto lavoro c’è per lavare e stirare”, oppure: “Finalmente potremo mangiare come si deve!”. Non è male farsi qualche volta apprezzare!
La forza dell’esempio
In tutto questo, sarebbe impossibile sottolineare troppo l’importanza del nostro esempio. Dice un proverbio: “Fa’ quel che il prete dice, non quel che il prete fa”! Ma sappiamo tutti che non funziona; così: la gente fa, tutt’al più, quel che il prete fa, perché se “dice” soltanto e non “fa”, egli dimostra chiaramente di non credere neanche lui. E come può pretendere che gli altri facciano quel che egli non è pronto a fare?
Non è necessario (anche se è certamente auspicabile!) che noi genitori siamo perfetti. È invece indispensabile che il Regno di Dio sia realmente la prima priorità nei nostri cuori. Qualcuno ha detto: “Se vuoi sapere quanto un uomo è spirituale, chiedilo a sua moglie”! Potremo, forse, ingannare gli altri, ma non potremo mai ingannare quelli di casa nostra sul reale grado del nostro impegno per Dio. E non possiamo sperare che la loro conversione superi il nostro. Potrebbe succedere, ma non abbiamo alcun diritto di sperarlo.
Non possiamo ingannare i nostri figli, e allora è necessario che, quando sbagliamo, abbiamo l’onestà e l’umiltà di riconoscerlo apertamente, chiedendo perdono non solo al Signore, ma anche a loro se gli abbiamo fatto un torto. Quanti giovani si sono allontanati dalla chiesa dicendo: “C’è troppa ipocrisia”, perché hanno visto i genitori fare finta di niente, coprendo o cercando di scusare le proprie mancanze!
Per i nostri figli, sono state importanti anche le amicizie nell’ambito della chiesa locale, non solo con i coetanei del gruppo giovanile della comunità (i quali non sempre possono essere presi come modelli di fede e di vita cristiana!), ma soprattutto con alcuni credenti di età intermedia tra la loro e la nostra, che sono stati per loro qualcosa tra lo “zio” e il “fratello maggiore”.
La nostra prima figlia, in particolare, è stata enormemente aiutata dall’amicizia con una ragazza molto più grande. Questa si era appena convertita quando lo Spirito Santo mi rivelò che dovevo caldeggiare l’amicizia tra lei e mia figlia, perché sarebbe stata molto utile per la crescita spirituale di entrambe. E così è stato. Dio non ci ha lasciati soli ma ci ha fatti membri della Sua famiglia, nella quale possiamo esserci reciprocamente di aiuto e di sostegno nelle battaglie della vita.
Bisogna curare anche il dialogo con i ragazzi, tenendo aperti i canali della comunicazione. “Che cosa hai fatto oggi a scuola?” “Come è andato il compito in classe?” “Che cosa hai fatto a casa di Andrea?” “Che cosa stai leggendo nella Bibbia in questi giorni?” sono domande che, se fatte con delicatezza e non in maniera invadente, dimostrano il nostro interesse e la nostra disponibilità a dare un aiuto, un consiglio o semplicemente un sostegno morale.
Preghiera
Ma alla fine, quando abbiamo fatto tutto quello di cui siamo capaci per i nostri figli, dobbiamo pur riconoscere che qualcosa ci manca sempre. Perciò dovremo sempre ricorrere alla preghiera, chiedendo al Signore di sovvenire alle nostre manchevolezze e di perdonare i nostri errori. “Quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: «Noi siamo dei servi inutili; abbiano fatto solo quello che eravamo in obbligo di fare»” (Lc. 17:10). Dio ama i nostri figli molto più di quanto li amiamo noi; Egli è per loro e sa quali mezzi adoperare per condurli nei Suoi sentieri.
Egli è capace di “fare infinitamente pia di quel che domandiamo o pensiamo” (Ef. 3:20). Ma dobbiamo imparare a ricorrere a Lui come la prima cosa, non come l’ultima risorsa nei momenti di crisi! I figli lo sapranno se preghiamo fedelmente per loro; e se non altro, non potranno che credere che noi, almeno, crediamo veramente nell’efficacia della preghiera. Un’abitudine di preghiera regolare per loro, poi, ci consentirà di essere calmi e fiduciosi anche nei momenti di crisi.
Mi ha profondamente impressionata la testimonianza di una coppia che ha deciso, ancora prima che nascessero i loro figli, di pregare regolarmente per non solo per loro, ma anche per i ragazzi e le ragazze che, se Dio volesse, avrebbero poi sposato. È forse sorprendente che ciascuno dei loro figli, oggi adulti, ha sposato un partner saldamente convertito e che sono tutti cristiani attivamente impegnati nella chiesa? Devo ammettere che non ho seguito il loro esempio tutti i giorni, tuttavia l’abbiamo fatto di quando in quando. E sono convinto che i risultati non mancheranno.
Infine, vogliamo sottolineare la necessità della tolleranza e del perdono. Quando i figli ci deludono, ricordiamoci quante volte anche noi diamo delusioni al nostro Padre celeste. Se Gesù ha saputo perdonare e riaccogliere Pietro dopo che lo aveva rinnegato tre volte, sciogliendo il suo cuore con uno sguardo (Lc. 22:61); se il padre del figlio prodigo ha sperato e creduto per tanti anni nel ritorno del figlio, non dobbiamo anche noi imitare il loro esempio?
I nostri figli sono un bene prezioso, non solo per noi, ma sono la chiesa di domani, i pastori, gli evangelisti e i profeti della prossima generazione. Se noi siamo fedeli nell’assolvere il compito affidatoci da Dio, Egli sarà fedele per fare la Sua parte. E i nostri figli saranno la gioia della nostra vecchiaia, e – ancora più importante – una gioia per il cuore del nostro Padre.