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Giuditta Allen
Io ho una visione, una visione per i nostri bambini
Questa visione mi è venuta un po’ alla volta. Ho letto testimonianze di famiglie cristiane riuscite, ho saputo delle esperienze fatte dai bambini (con questa parola intendo tutta la fascia di età che va dai due-tre anni fino ai dodici o tredici anni) durante campeggi e convegni in Inghilterra, ho visto ogni tanto un bambino toccato in modo particolare dal Signore e poi ho vissuto da vicino le esperienze dei miei figli.
Facendo i confronti con la parola di Dio, mi è venuto man mano un gran desiderio di vedere realizzato quello che tra noi sembra essere stato finora capito da pochi e ancor meno messo in pratica.
Vorrei, con questo mio scritto, incoraggiare chi ha intravisto già qualche cosa e stimolare gli altri a riesaminare le loro posizioni nei confronti dei “nostri” bambini. Dico “nostri”, perché noi credenti facciamo parte di una famiglia, la chiesa locale. In qualsiasi famiglia non solo i genitori ma anche nonni, zii e cugini sono in qualche modo coinvolti nella vita dei bambini, e così deve essere nella famiglia di Dio.
Come si fa in una famiglia, quindi, i bambini, quando entrano nella sala di culto, dovrebbero essere salutati e accettati come parte della chiesa. C’è chi dice che “i bambini sono la chiesa di domani” e chi lo contesta, sostenendo che fanno già parte della chiesa di oggi, ma mi sembrano vere tutt’e due le affermazioni. La Parola di Dio ci dice che i nostri figli sono santi (1° Corinzi 7:14), cioè che appartengono a Dio. Anche se devono ancora prendere una loro decisione personale (e di questo parlerò più avanti), ricevono da Dio una considerazione particolare in quanto figli di credenti, anche quando solo uno dei genitori è convertito.
Incoraggiamento
È ormai noto che è molto importante per lo sviluppo della personalità essere apprezzati e incoraggiati da piccoli. Un bambino riceve un grande aiuto a radicarsi nella chiesa locale quando almeno una persona estranea alla sua famiglia si interessa di lui come individuo e del suo progresso nella vita, sia spirituale che secolare. Certo è che un bambino che viene in chiesa solo per sentirsi rimproverato perché crea confusione, oppure per essere subito confinato in un’altra stanza per non disturbare i grandi, non si sentirà il benvenuto.
Quanti di noi hanno mai visto un bambino che loda e adora il Signore Gesù in mezzo alla chiesa durante il tempo dell’adorazione? È una cosa bellissima. Purtroppo è un’esperienza rara, ma non credo che dovrebbe essere così. La Parola di Dio esorta gli “abitanti di tutta la terra”, anzi “ogni cosa che respira”, a lodare l’Eterno (Salmi 100:1-3, 150:6). E Gesù ha detto specificamente di lasciare che i piccoli bambini vengano a lui (Marco 10:13-16), e ancora oggi lo dice. Qui forse arriviamo al nocciolo del problema. Quanti di noi – non solo i genitori, ma i pastori, gli insegnanti di scuola domenicale, i “nonni” e gli “zii” – desiderano veramente che i bambini facciano ogni domenica l’esperienza della presenza di Dio? Che cosa facciamo per aiutarli ad entrare nella presenza di Dio?
Vorrei proporre due possibili risposte, una più breve e l’altra più lunga. La risposta breve è che, già dai primi anni, il bambino partecipi al culto al fianco dei genitori, i quali spieghino cosa succede, coinvolgano il figlio e lo stimolino a cantare e parlare a Dio. Il successo di questi sforzi dipenderà un po’ dal carattere del bambino, un po’ dal livello spirituale dell’adorazione della chiesa e in parte anche dalla disponibilità materiale dei genitori.
Io ho avuto difficoltà con gli ultimi due miei figli perché mio marito stava davanti con gli altri responsabili oppure mancava del tutto perché impegnato altrove. Io poi mi trovavo impegnata con la musica e non solo non potevo stare vicino a loro, ma quando il loro comportamento destava preoccupazione potevo solo tentare di fulminarli con qualche occhiata e rimandare la questione a più tardi. Erano bravi, tra l’altro, ad evitare i miei sguardi!
Allora, se questa risposta non garantisce i risultati – come sicuramente molti genitori già sanno – bisogna andare più in fondo al discorso. E qui posso condividere la mia “visione” in modo più completo e anche parlare di esperienze vissute. Questa seconda risposta è molto più complessa e quindi più lunga, anche nel senso che ci vogliono degli anni per realizzarla.
La nuova nascita
Per partecipare pienamente all’adorazione – lo sappiamo anche a proposito degli adulti – bisogna essere convertiti e battezzati in acqua e nello Spirito Santo. I bambini però non sono diversi dagli adulti quando si tratta del mondo spirituale. Perché ci preoccupiamo così poco di portarli presto alla decisione di dare la loro vita a Gesù e a ricevere il battesimo nello Spirito Santo? “Eh già – dirà qualcuno. – Ma poi si allontanano dalla chiesa e devono fare la loro esperienza del mondo”; oppure: “Non siamo convinti che abbiano capito bene quello che fanno. Abbiamo visto troppe volte la seconda generazione in fondo alla chiesa, presente solo in corpo ma lontana con la mente e con lo spirito”.
Mi sento triste quando incontro quest’atteggiamento incredulo. Io e mio marito, non appena è nato il nostro primo figlio, abbiamo pregato Dio di preservarlo dall’inganno di Satana e di fare in modo che potesse conoscerLo al più presto. Non avevamo le idee chiare come le abbiamo adesso, dopo ventidue anni di esperienza; ma, incoraggiati dalla Parola di Dio e dalle testimonianze di altre famiglie, ci siamo sforzati di fare del nostro meglio e di credere che Dio avrebbe fatto il necessario per supplire alle nostre mancanze.
Come abbiamo fatto, allora? Quando peccava – e già a tre anni, anzi prima, i bambini si sentono in colpa quando disubbidiscono – abbiamo spiegato che cosa ha fatto Gesù per lui, come poteva ricevere il perdono di Dio e come Gesù voleva vivere nel suo cuore per aiutarlo a vivere una vita che piacesse a Dio. Ha accettato e ha fatto il primo passo; e qui incomincia il lavoro! La mia visione è che tutti i nostri bambini, al più presto, con l’aiuto dei genitori, di un insegnante della scuola domenicale o (perché no!) del pastore, facciano questo primo passo.
E poi ci vuole il battesimo nello Spirito Santo. Nella nostra società (ma non so poi se sia mai stato molto diverso, perché la natura dell’uomo è sempre la stessa), non mi sembra giusto pretendere che i bambini affrontino l’asilo, la scuola, i loro amici “nel mondo” e i parenti inconvertiti senza avere un vero rapporto con Dio, tutta l’armatura di cui parla Efesini 6, e anche i doni dello Spirito. Se noi adulti facciamo fatica a sopravvivere, figuriamoci i bambini! Ma quanti di noi ragionano in questo modo?
Sento troppo spesso i credenti che dicono: “Quando saranno grandi potranno scegliere da soli”. Scegliere che cosa? Ogni giorno, fin dalla nascita, prendiamo delle decisioni che ci avvicinano a Dio oppure ci allontanano da Lui. Più decisioni sbagliate prendiamo e più difficile diventa mettersi sulla strada giusta.
Liberiamoci, allora, da questa mentalità negativa e mettiamoci all’opera per facilitare la vita spirituale – e di conseguenza anche quella materiale, emotiva, scolastica e tutto il resto – dei nostri bambini. Tutti i miei figli sono stati battezzati nello Spirito Santo prima di compiere dieci anni, la più piccola a cinque anni. Non sono dei “piccoli santi”, ma sanno chiedere scusa a Dio e agli altri quando hanno sbagliato e pregare in lingue quando non sanno che cosa dire a Dio in situazioni difficili. Il primo, all’età di otto anni, ha imparato a pregare in lingue quando si svegliava durante la notte con le crisi di asma. Avevamo pregato per la guarigione con un fratello ospite in casa nostra, e Dio invece l’aveva battezzato nello Spirito Santo! Durante le settimane bibliche in Inghilterra, succede spesso che anche bambini di tre o quattro anni profetizzano, pregano per i compagni malati e ricevono doni di guarigione.
Partecipazione
E nella chiesa? Credo che è il compito del pastore assicurarsi che anche i nostri bambini stiano crescendo nella vita spirituale. Può delegare gran parte del lavoro ad altri, ma anche i bambini fanno parte del suo gregge. Credo che l’atteggiamento del pastore sia fondamentale, perché quello degli adulti lo rifletterà. È lui che deve fare spazio alle preghiere e profezie dei bambini e provvedere in qualche modo ad istruirli nella Parola di Dio. È lui che deve intervenire presso i genitori per assicurarsi che stiano educando i loro figli nel modo giusto; è lui che deve cercare insegnanti per dare loro l’istruzione biblica formale.
Vorrei a questo punto fare un’osservazione. La disciplina senza amore fa male, ma la disciplina ci vuole. La santificazione è un processo negli adulti e, forse in modo ancor più evidente, nei bambini. A nessun bambino, battezzato nello Spirito Santo o meno, piace dover studiare, stare fermo in silenzio o fare spazio agli adulti. Comunque è necessario che i nostri figli imparino la Parola di Dio, e questo costa fatica.
A scuola sono costretti a seguire un determinato programma in determinati orari. Non vedo perché, quando si tratta della scuola domenicale o di altri momenti di insegnamento, dobbiamo abbassare le attese e minimizzare l’impegno. Il rispetto è una parola che è fuor di moda, ma è necessario che i nostri figli imparino a rispettare la Bibbia e anche i loro insegnanti nell’ambito della chiesa. È necessario anche un contatto frequente tra questi e i genitori, perché di solito un bambino si comporta in modo diverso dentro e fuori casa. Là dove sorgono problemi, ci dovrebbe essere la reciproca fiducia necessaria per parlarne con franchezza, con o senza la presenza del pastore.
Quindi, man mano che passano gli anni, il bambino deve vivere un’esperienza reale della presenza di Dio e una crescente conoscenza della Sua Parola, deve essere aiutato ad esercitare i doni dello Spirito Santo ed incoraggiato a prendere posizione con i propri amici, condividendo la Parola di Dio con loro e invitandoli a conoscere la famiglia di Dio. Quando i genitori prendono il tempo di pregare con e per i figli, quante esperienze belle si fanno della bontà e della fedeltà di Dio nella loro vita! E quando tutta la chiesa li prende sul serio, prega per loro e fa loro spazio, quante benedizioni ne derivano!
Diritti e doveri
C’è però un’altra faccia della medaglia. I bambini che ricevono sempre e non danno mai niente crescono viziati e egoisti. Se i bambini fanno parte della chiesa, hanno anche dei doveri nei suoi confronti. La decima, per esempio, è una buona abitudine. Gesù non ha disprezzato i due soldi della povera vedova, anzi lei viene ricordato oggi come esempio per tutti (Luca 21:1-4). Anche i bambini più piccoli che ricevono di tanto in tanto qualche soldino possono imparare a darne la decima parte alla chiesa, e la chiesa deve prendere sul serio il suo impegno. Certo, poche centinaia di lire di decima non incidono in maniera significativa sul bilancio della comunità; ma Dio ne tiene conto in cielo e darà la ricompensa al momento giusto.
Poi, perché non incanaliamo tutta quell’abbondanza di energia di cui dispongono i bambini in cose utili, invece di lamentarci della confusione e perfino dei danni che combinano? Affiancando un bambino, anche piccolo, a un adulto nei lavoretti pratici – riordinare le sedie, mettere a posto i lucidi, annaffiare le piante, eccetera – si può avviare un’amicizia che frutta molto per il regno di Dio. Avete notato come si illumina il viso di un bambino quando un adulto, o anche un giovane, lo invita ad accompagnarlo per fare qualche servizio?
Noi adulti – e forse specialmente noi che abbiamo figli già cresciuti e che quindi siamo più liberi di pensare ad altro – potremmo fare molto di più per alleggerire gli altri genitori e aiutarli nel compito di insegnare le vie di Dio ai propri figli. Io e mio marito siamo molto riconoscenti a Dio per le varie persone che con una profezia o con una parola hanno incoraggiato i nostri figli nel loro cammino spirituale mentre erano ancora piccoli. È bello poter ricordare nei momenti difficili parole specifiche che Dio ha rivolto ai nostri figli.
Non solo le donne
Infine, vorrei fare un appello agli uomini. I nostri bambini (e non solo i maschietti) hanno bisogno di vedere che ci sono degli uomini nella chiesa. Perché lasciamo l’insegnamento dei bambini quasi sempre alle ragazze? È molto più facile per un uomo tenere i bambini sotto controllo; e per quanto sia valida la testimonianza di una donna santa nella vita di un maschietto, ha bisogno di modelli maschili per crescere bene. Sopratutto in quelle chiese dove ci sono famiglie divise, ragazze madri e difficoltà simili diventa molto importante la figura di un uomo cristiano nella vita dei bambini.
Per riassumere, dunque, la mia visione è questa: una chiesa dove i bambini conoscono il Signore Gesù, dove partecipano all’adorazione e contribuiscono al culto con preghiere e profezie; bambini che conoscono sempre meglio la Parola di Dio, che hanno nella chiesa tanti amici di tutte le età e che sono ubbidienti e servizievoli. Vorrei sentirli raccontare le loro esperienze di un Dio che esaudisce le loro preghiere, che li guarisce e li aiuta nei momenti difficili. Vorrei anche vedere una chiesa che li sappia accogliere e impegnarsi per la loro crescita spirituale e, se necessario, anche materiale; che sappia organizzare qualche festicciola per benedirli e dei campeggi dove possano fare delle esperienze nuove, una chiesa che evangelizza i loro amichetti, vorrei …!
Che Dio ci aiuti tutti ad assumerci le nostre responsabilità nei loro confronti, a guardarli con amore, con fede e con speranza, consapevoli che, insieme a noi, sono la chiesa di oggi e che saranno anche la chiesa di domani.