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di Claudio Borrelli
Prima di parlare del compito di un pastore, credo opportuno fare una precisazione sulle re-sponsabilità dei credenti, perché non ci siano dubbi o fraintesi.
Quando parlo in questo articolo di “creden¬ti”, intendo persone che hanno chiaramente compreso il patto stabilito con Dio e con i fratel¬li, che non vengono meno nella loro responsabili¬tà di servire gli altri, e che hanno tolto dalla loro mente che solo loro debbano essere serviti.
Spesso ho trovato questa mentalità fra i cre¬denti, che li porta a sviarsi in tal modo che giun-gono perfino ad accusare la propria comunità (o i cristiani in generale) di non saper provvedere ai bisogni. Queste persone chiedono, pretendono, esigono, e non sanno mai dare; quando arriva il momento anche per loro di dare, invece del servi¬zio si manifesta prima il disaccordo e la ribellio¬ne e dopo cadono nell’apatia.
Da questa considerazione si vede l’importan¬za che, fin dall’inizio della conversione, le perso-ne entrino in un patto dove sono chiare le re¬sponsabilità individuali.
Quelle del credente so-no, tra le altre:
1. ascoltare il pastore;
2. seguire il pastore.
Con quelle persone che hanno la mentalità di ricevere solo, bisogna fare un’azione di recupero alle radici e riprendere il discorso del ravvedi¬mento, perché la loro conversione è stata solo su¬perficiale. Hanno bisogno di capire che “Se uno vuol venire dietro a (Gesù), rinunzi a se stesso… perché chi vorrà salvare la sua vita la perderà” (Luca 9:23-24).
Dunque, andiamo avanti!
Quello del pastore è un compito difficile, ar¬duo, perché si tratta di portare i credenti a livelli superiori di vita spirituale. E’ triste constatare che c’è chi si accontenta solo di mettere insieme un buon numero di persone che frequentino le riu¬nioni. Procurare il cibo spirituale adatto non è facile se bisogna prendersi cura di molte persone, perciò l’ideale è averne un numero limitato come discepoli e che questi poi si prendano cura di altri (2 Tim. 2:2).
Il modello che dobbiamo seguire è Gesù, il buon pastore (Giov. 10), ed “è Lui che ha dato gli uni … come pastori” (Ef. 4:11) impartendo loro il Suo carattere e il Suo ministero pastorale. Anche il Padre è spesso chiamato il pastore dal popolo d’Israele, e nel Salmo 23 Davide parla del rapporto personale esistente tra lui e Dio, identi¬ficandosi come una delle Sue pecore. Tale imma¬gine va a pennello per il pastore d’anime, ed in questo salmo ho individuato cinque principali responsabilità del ministero pastorale.
1. Provvedere ai bisogni dei credenti
A quali bisogni? Tutti! Ce ne sono tanti e di natura diversa.
In tempi come i nostri molte persone non hanno lavoro, altri sono in cerca di case. Due problemi abbastanza diffusi. Qualcuno può tro¬varsi in difficoltà economiche e qualcun altro in problemi familiari. Ci può essere qualcuno che ha avuto a che fare con droghe pesanti e un altro che è handicappato.
Cosa fai se un credente ha bisogno di cambia¬re casa e si trova impossibilitato, e tu sei il suo pastore? Anzitutto è opportuno fare una distin¬zione tra impossibilità e irresponsabilità, e stabi¬lire se si tratta veramente di difficoltà obiettive. Poi, quello che ho fatto, quando mi è capitato un caso simile, è stato di mettermi a cercare delle ca¬se da affittare e parlare con altri di questo bisogno. Venuto a conoscenza di una casa sfitta, ho messo in contatto questo mio fratello con il proprieta¬rio. Ma non è finita qui; l’abbiamo anche aiutato economicamente, perché ci sono tante spese in un trasloco. Poi, diversi fratelli si sono dati da fare per caricare e scaricare i mobili, montarli e sistemarli. Ci sono stati diversi di questi casi nel¬la nostra comunità.
Ho già aiutato alcuni giovani fra quelli che curo a trovare il posto, per altri stiamo ancora cercando. Ho incoraggiato iniziative di lavoro autonomo, a mettere inserzioni sui giornali, ho accompagnato qualcuno a parlare con un datore di lavoro. Quando queste cose si fanno insieme, il credente non è lasciato a se stesso, cresce il sen¬so di unità e l’amore reciproco, ci si conosce meglio, si diventa più amici.
All’inizio dell’anno siamo venuti in contatto con un giovane che stava uscendo da un proble-ma molto diffuso fra la gioventù: l’uso della dro¬ga, e si trattava di droga pesante. Grazie a Dio, questo giovane si è convertito, e la famiglia, non credente, ne è stata felice. Bisognava quindi aiu¬tarlo. Ma cosa fare? Un fratello in comunità è in¬fermiere e mi ha detto quali analisi è necessario fare per verificare l’eventuale danno subito dal¬l’uso di droga. Il problema diventava più ingar¬bugliato perché questo giovane non aveva il li¬bretto sanitario e gli mancavano anche altri do¬cumenti. Piano piano ne siamo venuti fuori. Ha fatto le analisi, ha seguito una cura, ma, ancora più importante, è stato per diversi mesi in stretto contatto con i credenti della comunità, a volte anche a dormire. La medicina, l’amore, e soprat¬tutto lo Spirito Santo hanno portato a risolvere una situazione molto difficoltosa.
Un altro giovane è handicappato e con una serie di diversi altri problemi, un’anima quindi molto vulnerabile e perciò molto sensibile. Non aveva lavoro e non riusciva a trovarne. Orfano di genitori da poco, come avrebbe potuto conti¬nuare a vivere? Aveva fatto richiesta per due pensioni: una come invalido civile e l’altra quella del padre. In tempo passava e sembrava che non si realizzasse niente. Ma Dio è potente da smuo¬vere le più polverose burocrazie perché ai suoi figlioli non manchi il pane, ed Egli ha esaudito la nostra richiesta sofferta, facendo avere a questo giovane ciò che gli spettava. Se personalmente non possiamo fare nulla, Dio opera miracoli!
2. Condurre i credenti per sentieri di giustizia
Forse in alcune società sarà facile, da noi no. Ho incontrato molti che avevano il vizio di non agire onestamente. Alcuni risultati, però, sono già venuti grazie ad una cura costante e ad un controllo continuo, altri non tarderanno a venire con un’ulteriore insistenza.
Occorre vivere in giustizia nelle relazioni con Dio, col prossimo e con la legge. Così dice la Scrittura: “Praticare la giustizia è cosa che l’E¬terno preferisce” (Proverbi 21:3); “praticate sul serio la giustizia gli uni verso gli altri” (Gere¬mia 7:5).
Pastori, guardate che le vostre pecore vivono nella giustizia, anzi conducetele verso la giustizia ed accertatevi che camminino nei Suoi sentieri, perché voi dovrete rendere conto a Dio delle ani¬me affidatevi (Ebrei 13:17).
È molto importante conoscere bene la vita privata dei credenti, altrimenti, non conoscendo i problemi nascosti, non si può compiere un’a¬zione a fondo. Qualcuno obietterà che queste co¬se bisogna risolverle da soli con Dio, io rispondo: “È lui che ha dato gli uni … come pastori … per il perfezionamento dei santi … finché tutti siano arrivati … allo stato d’uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” (Ef. 4:11-16). Dio ha decretato che ci siano pastori che espri¬mano il Suo cuore di pastore ai figli Suoi e che questi pastori guidino i figli di Dio fino a raggiungere l’altezza della statura perfetta di Cristo.
Dicevo che è importante conoscere la vita pri¬vata dei credenti, non per sindacare in fatti altrui (non è questo il cuore di un pastore), ma per po¬ter correggere certe idee così radicate in alcuni che non pensano nemmeno che Dio non li appro¬vi. Sicuramente avrete sentito parlare delle gran¬di bugie, delle piccole bugie, delle bugie dette a fin di bene, di credenti che si riforniscono di gas per auto di contrabbando, eccetera. In questi casi bisogna portare la giustizia del Regno di Dio. Non vi siete mai accorti di come certi credenti ad¬dirittura vi manipolano non dicendovi tutta la verità, di modo che possano ricevere anche la vostra approvazione?
Si potrebbe continuare a fare un lungo elenco di tante piccole cose del genere, e forse qualcuno potrebbe dire, appunto, che in fondo si tratta di piccole cose; ma provate a farne la somma! Il Regno di Dio è giustizia fino nei particolari dove solo Dio può mettere gli occhi! Se si conosce la vita privata dei credenti, allora si può anche usa¬re il bastone della correzione (Salmo 23:4).
Vi sono chiaramente casi dove l’ingiustizia è più visibile: un datore di lavoro che non paga se¬condo i diritti, evasione di tasse, dichiarazioni fasulle, ecc. Qualcuno penserà che questi sono problemi già superati tra i credenti. Non è così. Conoscete più intimamente i vostri credenti e ve ne accorgerete. Una volta ho sentito di qualcuno che predicava l’evangelo e che per guadagnare vendeva sigarette di contrabbando con un mitra sotto il sedile dell’auto. Incredibile, ma è accadu¬to!
Conoscete a fondo le persone che Dio vi ha affidato, così potrete guidarle verso i sentieri di giustizia e vi assicurerete anche che vi cammini¬no.
3. Guidare i credenti al pascolo adatto per loro
Ogni persona è un mondo a sé, anche se ci so¬no caratteristiche in comune. Ognuno ha i suoi bisogni particolari. C’è chi si è convertito da un mese e chi è nella fede da trent’anni, chi lavora e chi studia, chi ha un’istruzione elementare e chi la laurea, chi è introverso e chi estroverso, ecc. Insomma non tutti vengono dalle medesime esperienze, perciò non si può risolvere la cura pastorale con uno studio biblico durante la setti¬mana. Sarebbe come dare il biberon a persone di trent’anni o carne a bambini di pochi mesi.
Invece, è molto più proficuo avere un contat¬to personale con i fratelli, capire le loro necessità e dare ciò di cui hanno veramente bisogno. Così Dio agisce con noi. Lo Spirito Santo ci guida nel¬le verità spirituali e ci corregge nella misura in cui siamo in grado di andare avanti, perché non rimaniamo schiacciati dalle prospettive grandi che Dio ha per noi. Che Padre buono! Pur sa¬pendo che abbiamo tanto da imparare, ci dice so¬lo quelle cose che al momento possiamo mettere in pratica. È esperienza comune di tutti i credenti che man mano che maturiamo la nostra mente si apre sempre di più ai particolari del piano di Dio.
A volte si incontrano credenti che, pur do¬vendo essere per ragione di tempo uomini matu¬ri, sono invece per pigrizia e caparbietà ancora bambini (Ebrei 5:12). Cosa fare? Accontentarsi – come dice J. C. Ortiz nel libro “Discepolo” – di cambiare sempre pannolini? No. Una volta stabilite le basi, i fondamenti della fede cristiana, aiutiamo i credenti a elevarsi alla perfezione (Ebrei 6:1). Se esprimiamo con la nostra vita e con il nostro ministero il governo totale di Dio, sarà difficile che chi è pigro possa rimanere an¬cora nella pigrizia; sarà scosso e messo sotto pressione, e andrà avanti oppure si ritirerà. In Apocalisse 3:14 lo Spirito parla di una comunità tiepida e dice: “Io ti vomiterò dalla mia bocca … abbi dunque zelo e ravvediti … A chi vince Io da¬rò di seder meco sul mio trono”. Certo Dio usa parole dure, Egli che è così pieno d’amore. Pren¬diamo dunque esempio da Lui.
Dicevo prima che è importante conoscere il li¬vello a cui è arrivato un fratello per potergli pre¬sentare obiettivi che possa realisticamente rag¬giungere. Questo tipo di discorso si affronta però a tu per tu. Ho trovato molto pratico stabilire in¬sieme al fratello degli obiettivi che egli dovrà rag¬giungere in un tempo stabilito.
Per esempio: il fratello X aveva il problema dell’ira. Riusciva a resistere per un po’ alle cir-costanze difficili, poi esplodeva ed erano guai per la moglie, i figli e chiunque altro si trovasse vicino. Il primo obiettivo è stato di smorzare questa irruenza nel momento critico, il secondo di togliere dalla mente anche i pensieri e i deside¬ri non buoni; poi, saper resistere alle circostanze difficili rimanendo saldo in un comportamento coerente e, infine, affrontare con gioia nel cuore le tempeste più buie. Vedete, in teorie avrei potu¬to dirgli: “Il tuo comportamento non va, ravve¬diti e cambia strada”, e sarebbe stato giusto, ma non gli avrei dato molto aiuto. Sarebbe significa¬to anche che non mi rendevo conto di come sof¬fre un’anima nella battaglia contro il vecchio uo¬mo. Ho visto invece buoni risultati stabilendo obiettivi intermedi, incoraggiandolo a perseguir¬li con tutti i mezzi a mia disposizione (digiuno, preghiera, esortazione, Parola, sorveglianza), ri¬fiutando i compromessi.
Un altro esempio: la sorella Z aveva difficol¬tà ad amare i genitori per una serie di fattori, che non spiegherò, validi sul piano umano ma non per i figli di Dio. Innanzitutto siamo arrivati, in¬sieme a Dio (come è facile quando i cuori ascol¬tano la voce dello Spirito e se ne lasciano convin¬cere!), a individuare quale fosse il problema e quale la soluzione. Sarebbe stato semplicistico dire che doveva amare i genitori, già lo sapeva. Il primo passo è stato di accettare i genitori così co¬m’erano, poi fare loro delle piccole o grandi at¬tenzioni in più, oltre all’ubbidienza dovuta e poi ancora non comportarsi, nei problemi di casa, come se lei avesse tutte le ragioni e i genitori (spe¬cialmente la mamma) fossero invece degli inca¬paci. Sapete qual’è stato il risultato di lì a poco? Tutta la famiglia si è convertita.
4. Camminare con i credenti nelle circostanze difficili
“Gioire con chi gioisce, soffrire con chi sof¬fre”, dice la Scrittura. Essere di sostegno inco-raggiando. Dobbiamo far sapere ai nostri “fi¬gli” che siamo in tutto e per tutto con loro.
Tempo fa, costituiva per me un vero proble¬ma il fatto di dover andare a trovare un ammala-to. Mi sentivo incapace di parlare in modo con¬fortante a persone che stavano soffrendo. Dio mi diede una grande liberazione. La Bibbia mi disse che i cristiani devono fare quello che ha fat¬to il loro Maestro che “andava attorno sanando ogni malattia” (Matteo 4:23), poi “diede loro potestà di sanare qualunque malattia, e qualun¬que infermità… Sanate gli infermi …” (Matteo 10:1,8). “Ed essi partitisi andavano attorno di villaggio in villaggio, evangelizzando e facendo guarigioni per ogni dove” (Luca 9:6). “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato” (Giacomo 5:14,15). An-che di fronte alle sciagure più grandi la potenza di Dio è spiegata a favore dei suoi figliuoli. Dob¬biamo comunicare questa certezza e portare la Sua guarigione e liberazione.
È vero che, pregando per le malattie, non sempre ho visto guarigioni, ma sempre le persone si sono rialzate dal loro stato di prostrazione e di sfiducia, l’amore è stato comunicato, hanno sa¬puto che c’era qualcun altro che capiva il loro dolore e che non li avrebbe abbandonati a se stes¬si.
Il fratello Y si trovava in uno stato di depres¬sione e non riusciva a venirne fuori. Aveva accu-mulato diverse notti in bianco, perciò il proble¬ma era anche di ordine fisico, non solo psicologi¬co. Era stato da diversi dottori, ma senza risulta¬to. Avevamo pregato diverse volte, ma la guari¬gione tardava a venire, per cui lo accompagnai personalmente da un dottore di fiducia. Gli fu ordinata una cura e mi preoccupai che la seguisse così come prescritto. La medicina e la preghiera ebbero il loro effetto positivo. Io attribuisco co¬munque la guarigione al fatto che il fratello vide qualcuno stare al suo fianco, mentre prima, per diverse circostanze, se l’era dovuta sbrigare da solo.
5. Dare correzione e sostegno ai credenti
Questa è la parte forse più difficile da mettere in pratica perché sembra venir meno al principio fondamentale del cristianesimo: l’amore. Non è così; la correzione è perfettamente inserita e pre¬vista nel piano di Dio. Nei Proverbi lo scrittore dà diversi insegnamenti sull’educazione dei figli. Dice tra l’altro: “Lo batterai con la verga, ma li¬bererai l’anima sua dal soggiorno dei morti” (Proverbi 23:13). La correzione ha una funzione pedagogica che porta i suoi frutti più evidenti nel futuro. “Chi ama il suo figliuolo lo corregge per tempo” (13:24). La scrittura insegna molto chia¬ramente che questo è il modo di agire di Dio ver¬so il suo popolo: “L’Eterno corregge te come un uomo il figlio” (Deuteronomio 8:5). “Il Signore corregge colui che Egli ama … qual è il figliuo¬lo che il padre non corregga?” (Ebrei 12:6-7).
La correzione fa sempre bene; anche quando sembra far soffrire una persona, è per il suo bene (Ebrei 12:11). Troppe volte ho visto pastori la¬sciar andare le cose in un modo distorto per pau¬ra che se avessero ripreso i credenti questi si sa¬rebbero allontanati. Così facendo, sono venuti meno in due cose: non hanno incitato la crescita del fratello e hanno tollerato situazioni che non si addicono affatto al popolo di un Dio santo. Le conseguenze sono state un discredito gettato su tutta la chiesa per il comportamento di questi fratelli e l’abbassamento del livello spirituale del¬la comunità intera.
Con alcuni fratelli ho visto più risultati posi¬tivi quando li ho corretti che quando cercavo di confortarli aspettando poi che cambiassero. Quando ho corretto un credente, gli ho fatto ca-pire che lo facevo per il suo bene e anche che gli continuavo ad offrire il mio sostegno.
Un mio fratello era ricorso a persone che pra¬ticavano la magia, la lettura delle carte ed altre simili cose tutte in abominio a Dio. Lo aveva fat¬to, strano a dirsi, proprio dopo che avevo dato un insegnamento chiaro su questo argomento. Quando sono venuto a conoscenza di questo fat¬to sono andato dal fratello con grande tristezza a dirgli che questo peccato era grave, che doveva pentirsi e dopo doveva informare la comunità di questo pentimento. Sapete cos’è successo? Sono passate due settimane. Lo Spirito Santo ha parla¬to al suo cuore e lo ha convinto. Ha confessato il suo peccato pubblicamente davanti alla chiesa, ha ricevuto il perdono e ora ama il Signore più di prima.
Un altro fratello aveva commesso un peccato molto grave e continuava a commetterlo senza avere la forza di uscirne. Sembrava quasi che una parte della sua mente non fosse sotto il suo con¬trollo. In realtà doveva sottomettere la vita e anche quei desideri al Signore. Quando mi ha confidato questa cosa (e c’è voluto diverso tem¬po perché si aprisse completamente) non ho po¬tuto fare altro che rifiutarmi di continuare a prendermi cura di lui fino a che non avesse tolta questa radice di peccato dal suo cuore; avrei co¬munque continuato a pregare per lui e a frequen¬tarlo. Ci siamo salutati. Il risultato non è tardato a venire; dopo cinque minuti è ritornato dichia¬rando di non poter tornare a casa in quelle condi¬zioni. L’ho invitato a pregare e ascoltare la voce di Dio. Poi abbiamo ancora parlato e pregato in¬sieme e se n’è ritornato a casa con la gioia del perdono di Dio e con la fiducia che ce l’avrebbe fatta a vincere la tentazione.
Così la Bibbia descrive la cura che il nostro Dio ha per noi; e così dev’essere la cura pastorale dei responsabili di una comunità di cristiani.
Se il tuo pastore o anziano non si comporta in questo modo, va’ da lui e fagli vedere le sue re¬sponsabilità così come le descrive la Parola di Dio, manifestandogli il tuo desiderio di crescere nel Signore e di accogliere con spirito umile e sot¬tomesso le sue cure. Se da un lato è vero che i do¬veri del credente sono di ascoltare la voce del pastore e seguirlo, dall’altro è anche vero che il pastore deve assolvere ai suoi doveri di curare, proteggere e guidare i credenti.
Se poi non hai un tale responsabile, o si rifiuta di accettare tale responsabilità nei tuoi confronti, allora chiedi al Signore di dartene uno. Nel frat¬tempo, Egli, il Grande Pastore, ha cura di te e puoi avere fiducia che non ti lascerà in abbando¬no, anzi, risponderà presto al desiderio del tuo cuore.
Il Salmo 23 termina così: “Certo, beni e be¬nignità m’accompagneranno tutti i giorni della mia vita; ed io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni”. Se seguiremo l’esempio del Buon Pastore, il risultato sarà una vita colma di bene¬dizioni e una comunione continua con Dio.