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di Ernesto D. Bretscher
Mosè veniva da un colloquio diretto con Dio, il quale l’aveva rassicurato dicendo che questa volta avrebbe manifestato il Suo potere in modo tale che il Faraone avrebbe finalmente lasciato andare gli Israeliti. E gli aveva messo in bocca anche le parole da riferire al maestoso sovrano.
Probabilmente Mosè pensò che quelle parole avrebbero talmente terrorizzato il faraone che non gli avrebbe più resistito, e che il Signore non avrebbe dovuto colpire tutti i primogeniti. Ma evidentemente le cose non andarono come si aspettava, perché la Bibbia riferisce che “Mosè, pieno d’ira, uscì dalla presenza del faraone” (Esodo 11:8).
A noi tutti capita di trovarsi un giorno o l’altro a fare i conti con persone dure e ottuse che non vogliono prendere in considerazione le nostre parole. Forse non c’è nulla di più irritante. Chi, anche tra i credenti più consacrati ed esemplari, non ha fatto esperienze di questo genere negli uffici, con i vicini di casa o con il capo reparto? “Mosè era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla faccia della terra” (Numeri 12:3); ma questo non gli risparmiò le litigate con il Faraone, e più tardi non gli impedì di rompere le tavole di pietra scolpite da Dio. Perfino Gesù – l’uomo umile e mansueto di cuore per eccellenza – rovesciò infuriato i tavoli dei cambiamonete e dei commercianti che della casa di preghiera del Padre avevano fatto un “covo di ladri” (Matteo 21:13).
L’ira fa parte dell’esperienza di ogni essere umano; ma non tutti sanno gestirla. E così l’ira finisce per ferire le relazioni umane, a volte in modo irrimediabile. Quante coppie si sono divise per i litigi coniugali di cui hanno perso il controllo? Quante famiglie si sono distrutte perché genitori e figli, fratelli e sorelle hanno litigato, si sono feriti reciprocamente e non hanno saputo riconciliarsi? Quanti amici si sono odiati per il resto della vita per non aver saputo controllare le proprie parole in un momento d’ira? Quante lacrime, sofferenze, separazioni, amarezze, esaurimenti nervosi, malattie psicosomatiche, morti premature causate dai litigi e dalle loro conseguenze!
Dobbiamo fare i conti con la nostra irascibilità se vogliamo avere relazioni umane, famigliari e fraterne solide e stabili. E come tutti, dobbiamo imparare a gestire le liti, lavorando in particolare su due sfere:
- Le sorgentidelle tensioni;
- Le tensioni stesse, la rabbia e l’ira.
Le sorgenti delle tensioni
- Un temperamento focoso.Molte persone hanno un carattere che, se provocato, esplode in parole dure di contesa e di accusa che feriscono. Ma la Scrittura avverte: “La parola dura eccita l’ira”(Proverbi 15:1). Non saper controllare la propria lingua è come accendere un fiammifero in un pagliaio. E a questo proposito la Parola di Dio fa un’analisi interessante. Spiega che le persone che tendono la facoltà di provocare intorno a sé un clima rovente sono affette dall’orgoglio – “Dall’orgoglio non viene che contesa” (Proverbi 13:10) – oppure da odio, rabbia repressa, amarezze o altre cose del genere.
“L’odio provoca liti, ma l’amore copre ogni colpa” (Proverbi 10:12). In altre parole, chi odia non fa altro che alimentare accuse e discussioni. Le persone che hanno sofferto violenze e ingiustizie si ritrovano facilmente con tanta rabbia dentro, e nel momento in cui si sentono minacciate da accuse, rimproveri o richiami, scatta la valvola a pressione e tutta la rabbia repressa viene fuori. Le persone così non solo stanno male e vivono male, ma fanno stare male anche gli altri. Non dice forse il salmista: “Grande sdegno mi prende a causa degli empi … “? (Salmo 119:53).
La nostra società, e anche molti di noi credenti, devono ancora fare i conti con le ferite che altri hanno provocato loro, ferite che solo il Signore può guarire, anche se ciò non accade in modo automatico. Gesù affermava che il Padre lo “ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto” (Luca 4:18 NDiod). Ma ci sono delle condizioni perché questo avvenga. È necessario infatti:
- riconoscere di essere malato e di aver bisogno di aiuto;
- individuare il tipo di malattia o peccato di cui si è vittima;
- volere davvero essere aiutato;
- essere disponibili a fare quanto ci chiede Gesù.
E la terapia del Signore è semplice, ma qualche volta dura.
Egli inizia con un processo di umiliazione. Più sarà profonda, più rapida sarà la guarigione. “Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo! Siate afflitti, fate cordoglio e piangete! Sia il vostro riso convertito in lutto, e la vostra allegria in tristezza! Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà” (Giacomo 4:8-10).
Dio richiede che perdoniamo chi ci ha feriti, violentati o trattati ingiustamente. “… Non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?’ E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva. Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello” (Matteo 18:33-35).
Infine ci invita: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi …”. Dopo sincera umiliazione davanti al Signore, riconoscendo i nostri peccati di orgoglio, autocommiserazione, odio, rancore e risentimento, bisognerà dichiarare ad alta voce: “Signore, io rinuncio all’odio che ho nei riguardi del signor Bianchi, e da questo momento lo perdono con tutto il mio cuore”, ripetendo il procedimento per tutte le persone che ci hanno causato ferite o motivo di rancore. Alla conclusione confessare: “Signore, con le mie sole forze non posso farcela, ma da questo momento ricevo la tua grazia e la tua misericordia per tutte queste persone che ora benedico una per una, nel tuo nome. Signor Bianchi, ti benedico; fratello Rossi, ti benedico …”.
- Mancanza di autocontrollo.Varrebbe la pena leggere tutto il capitolo 3 di Giacomo che evidenzia l’enorme difficoltà che tutti noi abbiamo di tenere a bada la nostra lingua. Essa viene definita “il mondo dell’iniquità”(v.6) che “nessun uomo può domare, un male continuo, pieno di veleno mortale” (v.8). E ciò riguarda anche noi credenti perché: “con essa benediciamo il Signore e Padre, e con essa malediciamo [diciamo male di o a] gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio” (v.9). Si conclude: “Fratelli miei, non dev’essere così!” (v.10).
Ma come fare allora, se nessun uomo la può domare? La soluzione di Dio è “la saggezza che viene dall’alto”, che “anzitutto è pura; poi pacifica, mite, conciliante, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale, senza ipocrisia” (v.17). La risposta dunque non è nell’uomo ma in Dio. Non è con un impegno di autocontrollo cerebrale che riusciremo a domare il nostro temperamento, ma piuttosto “contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria” (2° Corinzi 3:18).
Chi l’avrebbe detto? Contemplare la natura e la bellezza del Signore ci rende simili a Lui, “il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente” (Esodo 34:6-7).
L’unico modo per crescere ad immagine del Signore è “cibarci” di Lui con la contemplazione, l’adorazione e l’ascolto, possibilmente ogni giorno o – perché no? – anche più volte al giorno! Non ci nutriamo forse con del cibo materiale più volte durante la nostra giornata? Senza dare a questa pratica tutta l’importanza che merita non riusciremo mai a controllare il “mondo dell’iniquità” che è in noi!
Così anche noi saremo definiti “lento all’ira”, proprio come il Signore, perché capaci di tenere a bada tutto il proprio temperamento. E …
- “Chi è lento all’ira ha molto buon senso”(Proverbi 14:29)
- “Chi è lento all’ira calma le liti”(Proverbi 15:18)
- “Chi è lento all’ira vale più del prode guerriero”(Proverbi 16:32)
Io non sono sempre “lento all’ira”: ricordo con chiarezza le volte in cui ho perso il controllo della mia bocca o del mio temperamento. Ho detto cose che non ho mai pensato, ho fatto cose che non avrei mai voluto fare, ho preso a pugni il materasso del mio letto per non picchiare la persona che mi stava vicino. Ma ogni volta questo è coinciso con un periodo di “digiuno” nella mia contemplazione e adorazione del Signore. Siamo davvero deboli dal momento in cui smettiamo di pregare!
- Diversità di vedute.L’apostolo Paolo solleva il problema di chi non la pensa come noi.“Uno stima un giorno più di un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente” (Romani 14:5). Con queste parole egli sostiene che anche nella chiesa, e non solo fuori, c’è spazio per diversità di opinioni e di vedute. Non ha dunque alcun senso litigare per le opinioni diverse su questioni minori. Limitiamoci ad informare gli altri delle ragioni delle nostre vedute, lasciando loro la libertà di trarne le proprie conclusioni.
Certo, si può anche discutere e confrontarsi a lungo su di un argomento, purché non si giunga a litigare. Ma se le nostre convinzioni irritano gli altri: “Hai tu fede? Tienila per te stesso davanti a Dio; beato chi non condanna sé stesso in ciò che approva”. E poi ricordiamo che “il regno di Dio non consiste in [opinioni su] vivande e bevande, ma è giustizia, pace (!) e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14:17). Per cui “ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione. Infatti anche Cristo non compiacque a sé stesso …” (Romani 15:2-3).
Ci sono poi alcune buone norme di comportamento che, se applicate, prevengono l’irritazione e di conseguenze le litigate.
- Ascoltare. “L’uomo che ascolta potrà sempre parlare” (Proverbi 21:28). È buona educazione ed è norma del Regno di Dio ascoltare con attenzione quello che gli altri hanno da dire. C’è purtroppo nel nostro Paese una cattiva abitudine, diffusa a tutti i livelli della società: quella di interrompere il nostro interlocutore, non permettendogli di esprimersi in modo completo e senza equivoci. “Scusa, ma altrimenti dimentico” non è una ragione valida per non ascoltare fino in fondo.
- Riflettere. “La riflessione veglierà su di te”(Proverbi 2:11). “Nel giorno dell’avversità, rifletti!”(Ecclesiaste 7:14). Quando insorgono motivi di tensione, troppo spesso rispondiamo e agiamo d’impulso, senza riflettere troppo sulle possibili conseguenze. È invece buona norma imparare a riflettere.
Ho scoperto che parlare con il Signore delle difficoltà nelle relazioni aiuta a vedere le cose da una prospettiva diversa, quella di Dio! I nostri bollori tendono a calmarsi e riusciamo a riflettere con più obiettività sui problemi. Alla fine, i nostri interventi sono molto più moderati e spesso si concludono positivamente. Non bisogna avere vergogna di parlare con il Signore dei motivi di litigio tra noi e il nostro coniuge, i nostri figli, i nostri fratelli in Cristo o il nostro datore di lavoro. Il Signore è personalmente interessato ai nostri conflitti perché possano risolversi come a Lui piace.
- Cortesia sempre e … autocontrollo. “Le parole affabili[cordiali, cortesi]sono pure agli occhi di Dio” (Proverbi 15:26, Nuova Diodati). “Le parole gentili sono un favo di miele” (Proverbi 16:24). “Chi modera le sue parole possiede la scienza” (Proverbi 17:27). “Siate sempre pronti a rispondere … ma con rispetto …” (1° Pietro 3:15-16).
Troppe volte, per il fatto di essere conoscenti, fratelli in Cristo, figli o genitori, ci prendiamo un’eccessiva confidenza, permettendoci di mancare di rispetto, di cortesia o di educazione nei riguardi delle persone che ci irritano. È straordinario apprendere che Dio si preoccupi di pesare perfino le nostre parole per “promuovere” solo quelle che sono affabili! Forse dobbiamo chiederGli di aiutarci a rivedere il nostro vocabolario per imparare a parlare educatamente anche in momenti di tensioni. Un piccolo accorgimento può essere, quando ci alteriamo, di continuare a parlare in italiano. Di solito i dialetti locali sono ricchi di parole che non si addicono ai discepoli del Signore!
Gestire le tensioni
Perdita di controllo
“Chi risponde prima di avere ascoltato mostra la sua follia” (Proverbi 18:13). Chi non riesce a controllare le proprie reazioni rischia di commettere azioni che Dio definisce “folli”! Chi si trova ancora in queste condizioni farà bene a seguire alcune indicazioni date da Gesù:
Imparare a gestire …
- La cattiveria della gente. “Non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello …” (Matteo 5:39).
Un fratello in Cristo si è trovato aggredito con estrema veemenza da una persona la quale, se non fosse stata trattenuta dai presenti, gli si sarebbe avventata addosso. La “vittima”, conoscendosi, ebbe la prontezza di mettersi le mani dietro la schiena per evitare di reagire. È proprio questo ciò che intendeva dire Gesù … è meglio farsi schiaffeggiare e derubare se non si è sicuri di riuscire a tenere sotto controllo le proprie reazioni.
- La nostra cattiveria. “Fa’ presto amichevole accordo con il tuo avversario”(Matteo 5:25) Se ti sei lasciato andare ad agire o reagire male, conviene correre ai ripari: contattare, visitare, rincorrere il più presto possibile l’avversario ferito, offeso e vilipeso per ristabilire la pace, prima che egli prenda delle misure o delle azioni che possano ledere il tuo buon nome, relazioni preziose con altre persone, i tuoi affari, il tuo lavoro.
- Il nostro disordine economico. “Metti in ordine i tuoi affari di fuori, metti in buono stato i tuoi campi, poi ti fabbricherai la casa”(Proverbi 24:27).
Ho visto un’altra cattiva abitudine che è spesso sorgente di litigi. Può capitare a tutti di dover chiedere prestiti a parenti, amici o fratelli in Cristo per risolvere un improvviso guaio. Ciò che irrita tanto è privarsi di un bene per aiutare qualcuno che, una volta risolto il suo problema, piuttosto che fare tutto il possibile per rimborsare il prestito, approfitta della mia bontà e si occupa tranquillamente degli affari suoi, senza pensare che possa avermi messo in difficoltà o che comunque mi sta causando un danno economico.
Un simile atteggiamento dimostra grande mancanza di rispetto nei confronti di chi si è disposto ad aiutare. Ogni discepolo del Signore deve usare la massima correttezza, senso di responsabilità e rispetto verso chi gli tende la mano. Questo passa prima di tutti gli altri interessi! Se poi si sono pattuiti dei termini precisi per la restituzione del prestito, bisogna essere di parola, costi quel che costi! “Il vostro parlare sia: «Sì, sì; no, no»; poiché il di più viene dal maligno” (Matteo 5:37). Troppe persone, anche in mezzo alle comunità, dopo essere state benedette da un prestito, fanno finta di niente. Il Signore vede queste cose e agisce di conseguenza!
- I nostri errori. “… Se ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta sull’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello …” (Matteo 5:23). “Il sole non tramonti sopra la vostra ira”(Efesini 4:26).
La cosa più difficile di questo mondo è riconoscere di avere torto o di aver sbagliato. E in questo credo che tutti, nessuno escluso, abbiamo ancora tanto da imparare. Tante persone sanno di aver sbagliato, ma il loro orgoglio non permette loro di chiedere scusa. Tuttavia, anche se avessimo ragione, ma nell’affermare tale ragione abbiamo ferito, offeso o amareggiato un fratello in Cristo – o chiunque altro – siamo tenuti a fare il primo passo verso di lui, foss’anche solo per chiedere scusa per il modo in cui ci siamo espressi. E questo non domani, fra una settimana o quando se ne presenterà l’occasione: Gesù dice subito, appena ti viene in mente! Paolo esorta: “Il sole non tramonti …”! E, strano a dirsi, l’occasione più frequente in cui ci vengono in mente i nostri errori è quando preghiamo.
- La lingua bugiarda.Le bugie vengono usate per coprire la verità quando questa è scomoda o richiederebbe troppe spiegazioni. A volte siamo talmente abituati a dire bugie che non sappiamo più discernere cosa sia menzogna e cosa verità.
“Bandita la menzogna, ognuno dica la verità …” (Efesini 4:25). “Ai bugiardi verrà chiusa la bocca” (Salmo 63:11). “Il diavolo … è bugiardo e padre della menzogna” (Giovanni 8:44).
La bugia, per quanto possa essere “piccola” e “a fin di bene”, proviene sempre dalla stessa fonte. Come può il prodotto del diavolo fare del bene? Prima o poi, saremo trovati “con le mani nel sacco” e perderemo la faccia. Perché non dire la verità? E se proprio la verità farebbe troppo male, perché dire una bugia? Spesso Gesù sceglieva la via del silenzio. Non siamo mai costretti a rispondere. Chi è negli affari, piuttosto che dire un bugia al cliente che si lamenta del ritardo della sua merce, potrà dirgli: “Le chiedo davvero scusa … non so cosa dire … “ piuttosto che inventare una bella bugia. Siamo figli di Colui che si definisce la Verità, ma spesso nella vita secolare preferiamo il linguaggio del suo peggiore nemico che è il bugiardo e padre della menzogna. Ha senso questo?
- La presunzione e le pretese degli altri.Abbiamo tutti subìto violenze, ingiustizie e soprusi da parte di qualcuno che approfitta del fatto di essere più forte di noi; alcuni hanno vissuto un vero inferno, uscendone piuttosto malconci. Ma non è detto che dobbiamo continuare a subire, anche se dobbiamo rimanere “disponibili” anche a questo (Efesini 4:2).
Ci sono alcuni accorgimenti per liberarci, almeno in parte, dalle pressioni che gli altri possono causarci.
- Non fare la vittima.No all’autocommiserazione! Amiamo lamentarci dei torti e delle ingiustizie subite. Ma meno ne parliamo, meno ci faranno soffrire. Impariamo a non farci caso più di tanto, ma se è necessario, parliamone con il Signore chiedendo a Lui come reagire.
- Mettersi al di sopra delle situazioni.Non tenere troppo conto delle parole prive di senno, piene di calunnie e di accuse false. Gesù, “oltraggiato,non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente”(1° Pietro 2:23).
- Muoversi nella legalità.Non farsi pestare i piedi più del necessario. Cristiani sì, ma “fessi” no. Essere cristiani maturi significa avere una grande padronanza di sé e quella maturità che ci permette di capire da chi ci viene fatto il torto. Se è da una persona immatura, semplice, poco colta, possiamo anche lasciar perdere. “Perché non patite piuttosto qualche torto?”(1° Corinzi 6:7). Se invece è una persona matura, colta, che capisce, ed è evidente che è un abuso di potere, è legittimo seguire l’esempio di Gesù che rifiuta il segno ai suoi contestatori (Matteo 12:38-39) e contesta lo schiaffo datogli davanti al sommo sacerdote (Giovanni 18:19-23), oppure di Paolo che rivendica i propri diritti di cittadino romano quando questi vengono lesi (Atti 16:36-39).
- Operare con la dignità dei figli di Dio.Siamo chiamati a rispondere al male facendo il bene: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”(Romani 12:21). “Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini” (Romani 12:18).