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di Antonio Mastantuoni
E’ vero che il cosiddetto “Movimento di Restaurazione” fa capo ad una grossa organizzazione internazionale?
No. Quello che è vero è che lo Spirito Santo, con la Sua solita sovrana libertà, si è messo a soffiare in continenti e settori diversi della chiesa per suggerire a tutti lo stesso messaggio di sempre: l’intenzione eterna di Dio per la Chiesa al di là delle limitazioni nelle quali di volta in volta storicamente le chiese si sono venute chiudendo. In Argentina, in Inghilterra, negli Stati Uniti ed anche in Italia, per parlare delle situazioni sulle quali ho maggiori informazioni, la risposta allo stimolo dello Spirito Santo è stata inizialmente autonoma ed indipendente. In un momento storicamente successivo vi è stata una presa di coscienza di quello che il Signore stava operando altrove nella medesima situazione. Di qui il desiderio e la ricerca di comunione e di interscambi che favorissero l’approfondimento delle “intuizioni” che lo Spirito Santo aveva indotto in ciascuno di noi. Solo per fare un esempio. Quando io ho conosciuto i fratelli inglesi, e senza avere nessuna informazione su quanto lo Spirito era andato facendo tra loro, il battesimo nello Spirito Santo mi aveva già aperto gli occhi ad una comprensione tutta nuova del desiderio di Dio per il Corpo di Cristo (i temi dell’autorità e della sottomissione, della santità, del discepolato), al bisogno di soprannaturale per il nostro tempo, alla necessità di riprendere e finalmente realizzare in modo radicale tutto il proposito di Dio.
Ritieni che lo Spirito Santo stia dando oggi alla chiesa “nuove rivelazioni”?
No. Cristo Gesù è la pienezza della rivelazione di Dio. Le Sacre Scritture (Antico e Nuovo Testamento) sono l’ultima autorità in materia di fede, di vita e di dottrina. Non credo sia necessario chiarire che i doni cosiddetti di “rivelazione”; profezia, parola di sapienza, parola di conoscenza, discernimento degli spiriti, correttamente esercitati nel quadro del sano insegnamento scritturale e sotto il controllo degli anziani sono essenziali per l’edificazione dei credenti e del Corpo di Cristo. Sia nella scoperta di Gesù, che nella lettura della Bibbia, che nell’esercizio dei doni, la guida, la presenza e l’assistenza rivelatrici dello Spirito Santo sono indispensabili in ogni epoca. E dunque anche oggi. In questo senso abbiamo bisogno che il Signore eserciti in noi la Sua azione rivelatrice ogni giorno di più. (!° Cor. 14:26; Ef. 1:17-18; “Il Padre della gloria vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per la piena conoscenza di Lui ed illumini gli occhi del vostro cuore …”)
Aderire a questo movimento significa dover lasciare la propria denominazione?
Là dove la denominazione, per l’irrigidimento e la pesantezza delle sue strutture (l’otre!) non ha più freschezza e l’elasticità che le consente di far circolare vino nuovo, la risposta è senz’altro positiva. Se la denominazione ha una funzione essenzialmente amministrativa, giuridica e patrimoniale, ed è consapevole di questo limite, potrebbe non porsi il problema. Ma è tempo che ci poniamo certe domande in modo radicale. Che cos’è una denominazione? Ha una origine divina? E partendo da una base biblica, è possibile individuarle un ruolo affidatole direttamente da Dio? Svolge una funzione positiva in direzione della edificazione dell’unico Corpo di Cristo e della preparazione della Sposa? Dove ne parla la Scrittura? Qual è la sua rilevanza biblica e teologica? Prevede il piano di Dio sempre nuove denominazioni fino al suo ritorno? Oppure si tratta di perpetuare solo quelle esistenti magari con mini o maxi risvegli interni? Non è piuttosto da credere che Dio non s’è rassegnato alla situazione attuale e che porterà a compimento il Suo proposito eterno che è per un solo Corpo, una sola Sposa, una sola Chiesa, l’unità e l’amore tra tutti i Suoi figliuoli? Col Signore noi scommettiamo la nostra vita in quest’ultima direzione. Inevitabilmente questo passerà attraverso la verifica e lo scotimento di tutte le strutture pre-esistenti, la messa in discussione della “teologia” e della “mistica” della denominazione, la spada (Ap. 19:7; Mt. 10:34; Lc 12:49). Noi crediamo che la denominazionalizzazione della vita e del movimento dello Spirito nella storia sia evitabile e debba essere evitata. L’unità dello Spirito che diventa unità della fede è un obiettivo cui Dio non ha rinunciato. Pertanto nemmeno noi siamo autorizzati a rinunciarvi.
Non ti sembra un po’ presuntuoso pretendere di voler restaurare la Chiesa del Signore?
Lo sarebbe se non fosse tutta la Trinità ad essere impegnata in questa prospettiva. E come dire: non ti sembra presuntuoso voler cambiare il tuo carattere ad immagine di Gesù? Volere la Chiesa santa, i ministri uniti dallo Spirito, i doni per oggi, i miracoli, ecc.? Se dobbiamo rinunciare a questo dobbiamo rinunciare molto semplicemente alla Chiesa! Dovremmo avere piuttosto il coraggio (e ce ne vorrebbe allora molto di più) di dire che Dio ha fallito nel Suo obiettivo. Che ha dovuto rassegnarsi al compromesso, ad una via di mezzo. Chi si sognerebbe oggi di rivolgere una simile accusa ai riformatori, ai padri del risveglio o agli apostoli del “pieno vangelo”?
Perché ritieni che il ministero pastorale debba essere restaurato?
Non solo il ministero pastorale. Tutti i ministeri di Efesini 4: apostolo, profeta, evangelista, pastore e dottore. Perché senza l’esercizio pieno e appropriato di ministeri uniti dallo Spirito, la Chiesa come Gesù, il capo, la vuole, non può essere edificata. (Ef. 4:10 e segg.). Per quanto riguarda il pasturato in particolare, è diventato prevalentemente quando non esclusivamente, sinonimo di predicatore e insegnante. Queste funzioni hanno essenzialmente da fare con il ministero di insegnante (o dottore). La funzione pastorale invece è di accompagnare e guidare da vicino la crescita e la formazione del carattere del cristiano, con cuore, responsabilità e autorità di padre, dando se stesso come esempio nel carattere e nella condotta e applicando concretamente gli insegnamenti di Gesù alla nostra vita. Un maestro di vita dal cui esempio, insegnamento e disciplina possiamo ricevere tutto quello di cui la nostra vita ha bisogno per essere trasformata ad immagine di quella di Gesù. Perciò la nostra vita non avrà segreti per lui, perché sappiamo che ci è strumento indispensabile per rendere possibile il nostro perfezionamento. Egli partecipa della funzione pastorale di Cristo. Dobbiamo ricercarne la cura e sottomettergli la nostra vita per il nostro bene.
Il campo di azione di un pastore non deve limitarsi alla sfera “spirituale”?
No. Non riesco a trovare nelle Scritture nessuna divisione tra sfera cosiddetta “spirituale” e sfera non “spirituale”. Quando questo avviene si cade nella doppiezza di vita e di mente, che apre le porte al fariseismo. Diverse chiese ne sono piene. Gesù è interessato a tutta la nostra vita, non solo ad una parte di essa; agli “interni” come agli “esterni”, agli aspetti privati come a quelli pubblici. Non mi pare che della statura perfetta di Cristo faccia parte questa divisione tra vita spirituale e vita non spirituale. E poi, definiamo i contenuti della sfera “spirituale”. Il carattere fa parte di questa sfera? E dunque, tutto quanto ha da fare con la formazione, le spinte interne (motivi, desideri, ecc.) e la manifestazione (comportamento, in pubblico e in privato) di questo carattere, certamente interessa la sfera di azione del pastore. Credo che sia importante capire il fatto che i ministeri partecipano direttamente del servizio che Cristo rende oggi alla Chiesa. Gesù se ne è andato alla destra del Padre ed ha mandato lo Spirito Santo perché governi e serva la Chiesa, oltre che nei modi della rivelazione diretta al singolo credente e della vivificazione della Parola, attraverso i ministeri.
Non credi che l’affermazione del principio di autorità, e conseguentemente della sottomissione, comporti il “dominio” di un uomo sull’altro?
La storia dell’umanità e dello stesso cristianesimo ci hanno dimostrato che senz’altro il principio di autorità può avere queste conseguenze. Ma è perciò che l’apostolo Pietro esorta gli anziani a pascere il gregge di Dio “non come signoreggiando quelli che vi son toccati il sorte, ma essendo gli esempi del gregge” (1° Pt. 5:3). Continuità dunque tra vita e ministero. L’autorità si raccomanda innanzitutto per il carattere (vedi le lettere a Timoteo e a Tito), poi per il carisma. Non per questo possiamo cancellare l’insegnamento biblico intorno all’autorità, non solo nella Chiesa, ma anche nel mondo. Le autorità nella Chiesa dovrebbero diventare un esempio per il mondo sul modo corretto di funzionare in quanto tali. Quando sorse la polemica tra i discepoli, Gesù mostrò loro la strada del servizio. Lo stesso Gesù è l’esempio del tipo di autorità che i Suoi discepoli devono seguire.
“Sottomissione agli anziani” significa che non si può far niente senza permesso?
Uno spirito sottomesso non è alla ricerca di spazi di autonomia e di indipendenza personale. Desidera l’autorità nella sua vita perché riconosce che è il servizio che Dio gli offre per farlo crescere verso la maturità, la perfezione e il carattere di Gesù. E’ la misura che lo sottrae ai rischi di valutazioni soggettive della propria condizione spirituale e umana. Gli dà un riferimento esterno, unto da Dio, per farlo crescere verso Cristo in tutta la sua vita. Ovviamente l’esercizio dell’autorità è in rapporto alla maturità del discepolo e sarà esercitata maggiormente nelle aree nelle quali il discepolo è meno cresciuto. Desiderio di ogni padre è far maturare il figlio perché a sua volta possa diventare padre. Nostro compito è di insegnare “tutte quante e cose” che Gesù ci ha comandate (Mt. 28:19-20).
Ma che diritto ha il pastore di interferire per esempio nella vita coniugale della coppia cristiana?
Forse occorre chiarire che il diritto del pastore, dal momento che egli dipende la sua funzione ed autorità da Cristo, ha da fare con il diritto – servizio di Cristo. I ministeri, dunque, sono gli strumenti di cui Cristo si serve per perfezionarci in ogni area della nostra vita. In particolare, se la sfera sessuale non è sotto il governo di Dio può essere fonte di grosse tensioni nella vita dei giovani e delle coppie. Può produrre l’infelicità e condurre alla separazione alla separazione di fatto (nella quale vivono purtroppo diverse coppie cristiane) e persino al divorzio.
L’espressione “discepolo”, usata per definire un cristiano, perché la ritieni più adatta dell’espressione “credente”? Non ti sembra che la prima sia oggi fuori moda?
Gesù ha detto: Andate e fate discepoli (ammaestrate, nella Riveduta) tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte quante le cose che v’ho comandato (Mt. 28:19-20). Tutto il suo ministero ruotò intorno alla necessità di fare discepoli. Ed è sufficiente leggere gli Atti per vedere il largo uso che della parola è fatto. Quest’uso non è casuale. Ha da fare con la natura del rapporto che ogni credente deve avere con chi lo ammaestra nel Signore: sottomissione sincera e aperta che attinga alla vita e al ministero dell’autorità spirituale che il Signore ha messo nella sua vita. Questo rapporto è vitale per la crescita e la maturazione di tutti i figliuoli di Dio, ivi compresi quelli che sono in autorità: Pastori, anziani, vescovi, evangelisti, insegnanti, profeti e apostoli. Non si tratta dunque di una preferenza linguistica. E’ la pratica del discepolato che occorre restaurare perché è indispensabile per presentare ogni uomo perfetto in Cristo (Col. 1:28).
Davide e Jonathan sono stati più volte citati come esempio del tipo di rapporto che dovrebbe esistere tra cristiani. Non ti sembra che l’esperienza di questi personaggi sia piuttosto da ritenere un caso più unico che raro?
E’ purtroppo vero che rapporti del tipo “Davide – Jonathan” sono diventati più unici che rari nel Corpo di Cristo oggi. Ma questa è una tragedia non è un argomento. L’esempio di rapporti che Gesù ci è venuto a dare è ben più alto di quello tra Davide e Jonathan: è nientedimeno quello tra Lui e il Padre! “Affinché siano uno come Noi …”; “Che siano tutti uno, che come Tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch’essi siano in noi”; “… affinché siano uno come noi siamo uno …”; “affinché siano perfetti nell’unità …”; “… affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro”; Gv. 17:11,21,22,23,26.
E ancora: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per gli altri” Gv. 13:35. “Io vi do un nuovo comandamento che vi amiate gli uni gli altri” Gv. 13:34. Pieno, totale come quello di Gesù per il Padre e viceversa, deve essere il nostro amore fraterno. Pietro ricorre all’aggettivo “intenso” (1° Pt. 4:8) per descrivere la qualità del nostro amore. E Giovanni dice che il nostro amore, sull’esempio di quello di Gesù, deve essere talmente radicale da essere pronto a dare la vita (come Jonathan) per i fratelli (1° Gv. 3:16). Il Signore della Chiesa vuole restaurare questo tipo di rapporti tra i suoi figliuoli. Perché tutto quello che è meno di questo non esprime pienamente il tipo di amore che Gesù è venuto a piantare nel cuore degli uomini.
“Daresti” la tua vita ad un fratello? Non ti sembra che sia Gesù l’unico ad avere questo diritto?
Sì, se per questo si intende essere con quel fratello in un rapporto di profondo amore e sottomissione per riceverne la guida, la cura ed il consiglio necessari per la mia crescita umana e spirituale, per il mio perfezionamento ad immagine di Gesù. Non è comunque tanto questione di parole, quanto di sostanza. La sostanza di una sottomissione reale e di cuore (non solo esterna) al fratello che è in autorità sopra di noi. Ora, è certo che Gesù è l’unico depositario di questo diritto sulla mia vita e su quella di tutti i membri del Corpo. Ma Egli ha voluto delegare questa Sua autorità ad uomini che nell’esercizio di una funzione di governo nella nostra vita, partecipano del ministero di autorità che Cristo stesso esercita nella Sua Chiesa.
Molti credenti hanno lasciato le loro comunità originarie per unirsi ad altre in cui questo messaggio viene predicato e vissuto. Per questo motivo qualcuno ha coniato il termine “Rubapecore”. Cosa hai da dire in merito?
Sarebbe facile rispondere che a Gesù non furono risparmiate accuse del genere. Che gli apostoli si trovarono a dividere il popolo di Israele e a “Rubare” credenti alle sinagoghe. Non occorre ricordare che ogni movimento che lo Spirito Santo ha suscitato nella e per la Chiesa ha dovuto sperimentare sulla sua pelle accuse del genere. Non ultimi i pentecostali. Ma il punto è un altro. Dio vuole suscitare e sta di fatto suscitando comunità profetiche che parlino a tutta la Chiesa dei nuovi rapporti che Egli vuole fondare e far crescere tra i suoi figliuoli. Non si tratta di dare vita ad una nuova denominazione pentecostale o carismatica o ad un nuovo sistema di discepolato da contrapporre ad associazioni o missioni già esistenti. Diventeremmo un’altra botte con vino vecchio da aggiungere alla altre già depositate in cantina. Dio vuole fare una “cosa nuova”: risvegliare e restaurare la Sua Chiesa, tutta intera, non una sola sezione di essa. Lavoriamo quindi all’edificazione positiva del regno di Dio nel cuore degli uomini. Questo messaggio è innanzitutto rivolto alla Chiesa che è presente, ance se non pienamente manifestata, dovunque Gesù è confessato e riconosciuto come il Signore. In questo processo ci saranno intere comunità che si lasceranno coinvolgere dall’opera dello Spirito Santo. Ci saranno altresì individui e minoranze che, stanchi di girare a vuoto, oppure affamati di realtà e autenticità o ancora desiderosi di fare tutta intera la volontà del Padre, decideranno – come è già successo in altre epoche della Chiesa – di rompere con ogni vincolo che impedisce di andare a fondo col Signore e di seguirlo costi quel che costi.
Puoi dirci in modo sintetico cosa intendi per “regno di Dio”?
Il Regno di Dio è il governo di Dio nella nostra vita oggi. Questo è rilevante per noi. Si manifesta come giustizia, pace ed allegrezza dello Spirito Santo in noi e tra di noi nel mondo. E’ simile ad un seme (Mc. 4:26-29) che: a) deve morire per portare frutto (la nuova nascita con pentimento, fede in Dio, battesimo in acqua e nello Spirito Santo); b) deve crescere ala scuola del discepolato avendo come modello il carattere di Gesù (Gal. 5:22; Mt. 5,6,7) e quale traguardo la perfezione del credente e della Chiesa come l’abbiamo vista espressa in Gesù (Eb. 12:2; Col. 1:18; Ef. 4:12; ecc); c) deve essere raccolto al ritorno di Gesù. Questo ritorno è annunziato da un periodo di restaurazione di tutte le cose (Atti 3:19-21). Si entra oggi nel regno che si erediterà al ritorno di Gesù.
A proposito del ritorno di Cristo, non sei d’accordo che avverrà in un momento di crisi della Chiesa?
Certo, crisi della Chiesa ufficiale e istituzionalizzata e del mondo. Ma parallela crescita e manifestazione del figliuolo di Dio, del Corpo di Cristo, della Sposa nella santità e nella purezza progettate all’inizio da Dio.
Ritieni che certi problemi di carattere sociale, come la disoccupazione e la crisi della famiglia, nella chiesa non dovrebbero esistente?
La Chiesa è un organismo in continua crescita e movimento. C’è una zona di frontiera continuamente percorsa da nuovi problemi e nuovi bisogni. Tuttavia la Chiesa deve esprimere in maniera chiara, nel grosso della sua composizione, sconfitta dell’egoismo, dell’orgoglio, dello spirito di concorrenza o di successo che anima il mondo, per quanto concerne in modo specifico le questioni da te postemi. In sintesi: certamente la famiglia è il luogo dove in maniera privilegiata Dio vuole manifestare la Sua presenza e vita. Non sempre sarà possibile eliminare e con la celerità con la quale lo desidereremmo la disoccupazione, ma il Signore vuole darci la grazia di venire incontro almeno ai bisogni essenziali di tutti i credenti.
Contenuti e finalità a parte, non ti sembra che i metodi siano un po’ provocatori? Non c’è il pericolo di scivolare nella pratica del “Non oltre ciò che è scritto”? (1° Cor. 4:6)
Tutto quello che diciamo o facciamo, anche il modo, ha il suo chiaro fondamento in ciò che è scritto. Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alla Chiesa.