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di Geoffrey Allen
Sappiamo tutti che la Bibbia è il “bestseller” mondiale di sempre. Tradotta e stampata in più di mille lingue diverse, è stata venduta in centinaia di milioni di copie, letta, meditata, amata, commentata … e anche messa, all’Indice e bruciata! Non ci sono dubbi che questo è il Libro più importante della storia dell’umanità.
Ma cos’è la Bibbia, e come è giunta fino a noi?
Un Libro, molti libri
La parola “Bibbia” viene dal greco “biblia”, che significa “libri”, al plurale. In effetti, la nostra Bibbia è una raccolta di 66 “libri” (che chiamiamo ancora con questo termine), scritti da più di 40 autori, in tre lingue diverse (ebraico, aramaico e greco), durante un arco di tempo di circa 2000 anni.
Infatti, i libri più antichi della Bibbia risalgono, nella loro sostanza, a quasi 2000 anni prima del tempo di Cristo; gli ultimi (Vangelo ed Epistole di Giovanni e l’Apocalisse) a circa il 90 d.C. La Bibbia contiene anche scritti di molti tipi diversi: narrativa, poesie e canti, raccolte di massime, lettere personali.
Tuttavia, in mezzo a tanta diversità, la Bibbia mostra una straordinaria unità. Il Dio che ci presenta è sempre lo stesso – severo e nello stesso tempo misericordioso – dalla Genesi all’Apocalisse. Nelle prime pagine della Bibbia, troviamo Dio che viene a cercare l’uomo in un giardino, nel quale cresce l’albero della vita; all’ultima pagina, vediamo Dio che dimora con gli uomini in una città-giardino, dove cresce di nuovo lo stesso albero della vita.
Vi sono persino, già nel libro della Genesi, degli accenni “nascosti” al fatto che Dio, che è Uno, è nello stesso tempo più Persone: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza” (Gen. 1:26); “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi” (Gen. 3:22); pluralità che solo nel Nuovo Testamento viene rivelata come la Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo (Giov. 1:1-3, 17:5,224; Matt. 28:19. ecc)., E ci sono straordinarie profezie della nascita, della vita e della morte di Uno che sarebbe stato uomo, e nello stesso tempo Dio: “Un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato … sarà chiamato … Dio potente, Padre eterno” (Is. 9:5; vedi anche Isaia 53, Salmi 22, 110, ecc.).
Parola di Dio
La Bibbia non è dunque un libro qualsiasi. È un Libro speciale, quello nel quale Dio ha voluto darci rivelazione sulla Sua persona e sul Suo piano per la nostra via.
Ora, non abbiamo bisogno della Bibbia per sapere che Dio esiste: la natura stessa ci dimostra che c’è un Dio Creatore, eterno, potente e intelligente (Rom. 1:18-21): è questa che la teologia chiama “rivelazione generale” (vedi riquadro: “Ateismo? No grazie”). Ma, senza la Bibbia, non potremmo mai sapere chi è Dio, qual è la Sua natura è il Suo carattere, né tantomeno la via per conoscerLo, piacerGli e adorarLo come Egli desidera.
Gesù dimostra quale valore e autorità Egli riconosce alle Scritture quando dice: “ … e la Scrittura non può essere annullata …” (Giov. 10:35). Per Lui, era sufficiente risposta alle tentazioni del Diavolo: “Sta scritto …” (Matt. 4:4,7,10). Da questo brano vediamo anche che Egli deve avere studiato, meditato e imparato a memoria queste scritture; e se Gesù ne sentiva il bisogno, quanto più noi!
Anche l’apostolo Paolo scrisse: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio …”; cioè, letteralmente “prodotto dallo Spirito, o fiato, della bocca di Dio”. E Pietro, nella seconda sua lettera, attribuisce alle epistole di Paolo, e così implicitamente anche agli altri libri del N. T., la stessa autorità delle Scritture dell’Antico Testamento (2° Pt. 3:16).
Bibbia e scienza
Una parola particolare meritano i primi undici capitoli della Genesi. E chiaro che qui troviamo un racconto molto diverso da ciò che oggi la “scienza” teorizza sulle origini del mondo e dell’umanità (vedi diagramma), e che nelle nostre scuole viene insegnato come “fatti” (a differenza da quello che fanno i veri scienziati).
Sono stati fatti vari tentativi di risolvere il conflitto: alcuni cristiani hanno cercato di reinterpretare i “giorni” della creazione come “epoche”, magari della durata di milioni di anni, facendo notare il sostanziale accordo nell’ordine della creazione tra Genesi e scienza moderna. Ma questo non risolve gran parte dei problemi. Altri hanno fatto una distinzione tra “verità scientifica” (scoperta dagli scienziati) e “verità spirituale” (rivelata nella Bibbia). Ma se Gesù ha detto: “La tua Parola è verità”, possiamo mai dire che sia vera “solo in un certo senso”? Altri ancora (ma sembra proprio un rimedio disperato!) hanno suggerito di consegnare tutta quanta la preistoria – formazione dei continenti, fossili, dinosauri e tutto – in una specie di “buco nero” ipotizzato tra Genesi 1 versetto 1 e versetto 2 (la “teoria del gap” ossia “vuoto”).
Per quel che mi riguarda, il solo modo soddisfacente di affrontare la questione è quello che hanno intrapreso alcuni scienziati cristiani (soprattutto nei paesi anglosassoni), cioè di cercare di interpretare le scoperte della scienza alla luce della rivelazione biblica. Due principi chiave di questo approccio sono: 1) che la scienza vera e propria può trattare solo i fenomeni osservati e soggetti a controllo sperimentale, per cui comunque le teorie delle origini delle cose non possono mai essere “scientifiche” in senso stretto, visto che parlano di fenomeni irripetibili e non soggetti all’osservazione diretta; 2) che qualsiasi vero atto di creazione implica che la cosa creata abbia una “età apparente”, cioè, un momento dopo la sua creazione, si potrà sempre ipotizzare una sua storia precedente che in realtà non è mai esistita.
Certo, la questione non è facile, e le teorie proposte dalla “scienza creazionista” non sempre convincono del tutto. Ma d’altra parte, è vero che anche la teoria dell’evoluzione e quelle delle origini dell’universo sono oggi in crisi perché non sono in grado di spiegare molti fatti osservati.
Portavoci inconsapevoli
Dio, dunque, ci ha parlato attraverso la Bibbia. Ma in che modo?
Gli autori biblici non erano sempre come “stenografi” che ricevevano e trascrivevano parole “dettate” loro direttamente da Dio (è evidente, tra l’altro, che ognuno di essi ha il proprio stile e il proprio modo di ragionare). E chiaro che i modi in cui Dio ha fatto scrivere la Sua Parola variano notevolmente da un brano all’altro e da un libro all’altro.
Talvolta – specialmente nei libri profetici – gli autori erano ben coscienti di ricevere rivelazioni e messaggi da Dio. Potevano capire chiaramente alcuni di questi messaggi, mentre il significato di altri rimaneva oscuro per loro (vedi 1° Pt. 10-12, Dan. 12:9). Altre volte, sembra chiaro che gli autori profetizzavano senza saperlo, magari con parole che potevano avere più di un significato (cfr. ad es. Sal. 16:8-10 con Atti 2:25-28; Sal. 22; Sal. 45).
Ma anche i libri profetici contengono brani in cui è il profeta stesso a esprimere i suoi propri pensieri, sentimenti o perplessità (ad es. Geremia 12:1-6, 14:19-22, 17:14-18, ecc.), oppure narra avvenimenti della storia del suo tempo (Is. 36-39, Ger. 26-29, 36-44).
In altri casi – fra cui la maggior parte dei libri narrativi della Bibbia, e le epistole del Nuovo Testamento – sembra assai inverosimile che gli autori si siano resi conto di scrivere la Parola di Dio. Luca, per esempio, spiega come ha indagato accuratamente sugli avvenimenti della vita di Gesù, consultando i testimoni oculari e studiando i racconti già in circolazione (Lc. 1:1-4), ma non sembra essere cosciente di essere “ispirato” mentre scrive.
Anche Paolo sta attento, a volte, a distinguere ciò che ha ricevuto per rivelazione dal Signore, da quelle che sono le sue opinioni personali (seppure di fidato servo di Dio): vedi ad es. 1° Cor. 7:10,12,25. Tuttavia, riconosciamo come Parola di Dio tutte le sue epistole, e non solo alcuni brani!
Il fatto è che, per darci il Libro che doveva essere la rivelazione autorevole di Sé e della Sua verità, Dio ha vigilato sulla storia: ha fatto nascere e ha formato gli uomini che Gli servivano (Ger. 1:5, Gal. 1:15-16), ha ordinato gli eventi della loro vita e ha fatto in modo che scrivessero ciò che Egli aveva in cuore.
Non solo, ma ha anche vigilato sulla sorte successiva dei loro scritti. Sappiamo, per esempio, che negli stessi giorni in cui Paolo scriveva ai Colossesi, ha scritto anche una lettera alla vicina chiesa di Laodicea (Col. 4:16). Come mai, allora, nella nostra Bibbia c’è “Colossesi” e non anche “Laodicesi”? Dio ha ordinato la storia in modo tale che una lettera è stata conservata, mentre l’altra e andata perduta! Lo stesso vale per almeno una sua lettera alla chiesa di Corinto (1 ° Cor. 5:9).
Il canone delle Scritture
Successivamente, Dio ha anche vigilato sui processi della formazione del “Canone”. Questo termine significa all’origine “canna per misurare”, e da qui “metro”. Gli scritti ammessi a far parte del “canone” sono quindi il termine di paragone, il metro, con cui vanno misurate tutte le dottrine e le pratiche in seno al popolo di Dio.
Come si è formato il “Canone”? Sul piano umano, sono stati i conduttori, gli studiosi e i teologi fra il popolo di Dio a passare al vaglio i vari scritti in circolazione e accoglierne alcuni, respingendone altri. Così, per l’Antico Testamento, la lista dei libri riconosciuti autorevoli si andava formando gradualmente durante molti secoli, e fu definitivamente consacrato, secondo alcuni studiosi, con le discussioni degli studiosi tenute a Jamnia intorno al 90 d.C.; per il Nuovo ci furono lunghi dibattiti e dissensi prima della formazione di un canone universalmente riconosciuto verso la metà del 4° secolo d.C.
Ma fu Dio a vigilare su questi dibattiti e a fare in modo che certi libri, prima contestati (come Ebrei, 2° Pietro e Giuda), fossero ammessi e altri (Atti di Paolo, Apocalisse di Pietro, Epistola di Barnaba, Didaché, Epistole di Clemente), prima caldeggiati da alcune chiese, esclusi.
Una parola a parte meritano i cosiddetti “libri deuterocanonici” dell’A.T., che sono inclusi nelle Bibbie di edizione cattolica: 1° e 2° Maccabei, Tobia, Giuditta, Ecclesiastico, Baruc, più le–aggiunte a Ester e Daniele.
Questi libri non sono mai stati riconosciuti dagli Ebrei come parte della Scrittura, quindi non erano inclusi nella “Bibbia” di Gesù, né sono mai citati nel Nuovo Testamento (a differenza di quasi tutti i libri canonici). Composti dopo quelli canonici, furono però inclusi nella traduzione in lingua greca fatta da studiosi ebraici ad Alessandria d’Egitto (la “versione dei Settanta”, o “LXX”), che fu naturalmente adottata dalle nascenti chiese cristiane, dove si parlava greco.
Girolamo, però, quando tradusse la Bibbia in Latino (la “Volgata”), li scartò, mettendoli in un’appendice a parte. Solo dopo la Riforma, quando Lutero e compagnia li scartarono decisamente, il Concilio di Trento (forse per reazione, per non dire ripicca!) li incluse ufficialmente nel “Canone” cattolico.
Manoscritti e copisti
Chiaramente, quello che fu ispirato da Dio fu il testo originale dell’autore; e non è pervenuto fino a noi il manoscritto originale di nessun libro della Bibbia. Fino all’invenzione della stampa, nel 1450, tutti i libri dovevano essere ricopiati a mano (processo lento e costoso), con l’inevitabile possibilità di errori e omissioni. È per questo che talvolta compaiono nelle nostre Bibbie delle note in calce dove è scritto: “Alcuni antichi Mss. hanno …”, oppure: “I versetti x e y mancano nei Mss. più antichi”.
Tuttavia, bisogna ribadire che i varianti nel testo biblico sono veramente pochi e insignificanti. Esistono della Bibbia – sia dell’Antico che nel Nuovo Testamento – migliaia di manoscritti, molto più che di qualsiasi opera dell’antichità classica. Alcuni di questi sono estremamente antichi: per esempio, esiste un pezzo del Vangelo di Giovanni, scritto su papiro e rimasto nascosto nelle sabbie d’Egitto, che risale al 120 d. C., a soli trent’anni circa dalla composizione del libro!
Anche i “rotoli del Mar Morto”, rinvenuti in alcune caverne della Palestina, precedono di parecchi secoli i Manoscritti più antichi fino allora conosciuti, e comprendono per esempio una copia dell’intero libro di Isaia. Ma hanno aumentato solo in maniera marginale la nostra conoscenza del testo originale. Tutte queste scoperte sono servite solo a confermare sempre di più la sostanziale esattezza e attendibilità del testo che già avevamo.
Infatti, data l’importanza delle Sacre Scritture per coloro che le ricopiavano – sia ebrei che cristiani – gli errori di trasmissione sono stati ridotti veramente al minimo. Non c’è nessuna dottrina cristiana che dipende da testi per i quali esiste il minimo dubbio della lettura originale.
Il Libro per eccellenza
Veramente siamo fortunati di essere in possesso di questo Libro, nel quale Dio stesso ha voluto parlarci e rivelarsi a noi. Siamo fortunati di possederlo, a differenza di molti popoli ancora, nella nostra lingua (e in diverse traduzioni, nessuna ovviamente perfetta, ma che possiamo anche confrontare per capirne meglio il senso); siamo fortunati di poterlo comprare liberamente a un prezzo modico, grazie alle Società Bibliche che si prodigano per diffonderlo (a differenza di molti Paesi dove, per motivi politici e ideologici, le Bibbie scarseggiano, e quando si trovano, magari alla.”borsa nera”, costano a volte lo stipendio di un mese.
Vogliamo dunque approfittarne! “Questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, parlandone quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai in viaggio, quando ti coricherai e quando ti alzerai:.. Ascolta dunque, e abbi cura di mettere in pratica, affinché tu sia felice …”, disse Dio al suo popolo (Deut. 6:6-7). Dio ha parlato. Non vorremo anche noi ascoltare attentamente e avere cura, soprattutto, di mettere in pratica tutto ciò che Egli ha voluto dirci per il nostro bene?