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di Terry Virgo
La restaurazione nella chiesa non è questione solo di doni carismatici e di strutture organizzative. Il popolo di Dio deve recuperare il possesso di tutto ciò che gli appartiene in Cristo. E uno dei suoi beni più preziosi è la libertà dalla legge e dalla condanna.
Purtroppo, molti cristiani vivono oppressi da un senso di fallimento e di colpa, anziché nella vittoria e nella gioia. Se dunque vogliamo che la chiesa sia restaurata, i credenti devono essere liberati dal legalismo che così spesso permea l’atmosfera delle chiese evangeliche.
Questo tema della grazia è stato per me e per molti altri il segreto di una gloriosa liberazione. Abbiamo afferrato finalmente il messaggio che sta al cuore del Vangelo: che siamo liberi rispetto alla legge. La tendenza a ridurre la vita cristiana a una serie di regole esteriori è stata sconfitta dall’autorità della Parola di Dio: “Io sono morto alla legge, per vivere a Dio” (Gal. 2:19).
Un altro vangelo
Nulla ha tanto ostacolato la crescita del Regno di Dio come il legalismo. Il diavolo sa bene che è più efficace sovvertire la natura stessa del Vangelo che combatterlo apertamente, perché così gli toglie ogni efficacia. Una religione fatta di divieti – “Non toccare, non assaggiare, non maneggiare!” – può avere un’apparenza di sapienza sul piano umano, ma, dice Paolo, non ha alcun valore contro l’indulgenza dei desideri carnali (Col. 2:21-23).
È consolante sapere che Paolo dovette affrontare gli stessi nostri problemi! Si meraviglia che i suoi discepoli abbiano così presto abbandonato “colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo” per seguire “un altro vangelo; il quale poi non è un altro vangelo; ma ci sono alcuni che … vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo” (Gal. 1:6-7).
In Romani capitolo 7, Paolo spiega che tutti noi siamo per natura “sposati” con un marito duro e impietoso – la legge – che ha su di noi un potere assoluto e ci fa notare continuamente i nostri errori e i nostri difetti. Egli non muove mai un dito per aiutarci, anzi, non è neanche capace di farlo! Infine, ha sempre ragione. E, finché rimane in vita, non siamo liberi di sposare un altro. Che situazione!
Non solo, ma Gesù ci dice con grande chiarezza che la legge non cesserà mai (Matt. 5:17-20). Sembra che siamo intrappolati, senza possibilità di scampo da una vita di fallimento e di condanna.
La via di uscita
Dopo aver descritto la situazione nei termini più neri possibili, Paolo ci mostra la via d’uscita. La legge, è vero, non morirà mai, ma – che bella notizia! – noi siamo morti alla legge attraverso il corpo di Cristo, per appartenere a Lui (Rom. 7:4).
Dio fa conto che tutti coloro che sono in Cristo sono morti con Lui. Ora, la legge non ha poteri sui morti. Noi siamo stati dunque liberati dal dominio della legge per servire Dio nella per la nuova via dello Spirito, e non per quella vecchia della lettera. Le leggi non possono mai produrre la vita: tracciano soltanto il confine tra il bene e il male. Altrimenti, la giustizia si sarebbe basata sulla legge (Gal. 3:21). Ma la legge è un “marito” impotente, incapace di generare la vita.
Ora però, morti nei confronti della legge, siamo liberi di sposare Cristo e portare frutto per Dio (Rom. 7:4). Gesù non è impotente: è pieno di vita, e se dimoriamo in Lui, porteremo molto frutto.
I problemi sorgono quando il neo-convertito, dopo avere conosciuto la grazia, ritorna dal vecchio “marito”, la Legge, per vivere la nuova vita! Questo produce sempre schiavitù e frustrazione. Dopo un periodo di pesantezza, egli va di nuovo da Gesù per ricevere ancora il perdono. Ma troppo spesso non comprende quello che fa, e di nuovo si impone delle regole per non venire più meno a Gesù. Che confusione! Nessuna meraviglia se tanti credenti vivono una vita di “alti e bassi”: passano continuamente da un marito all’altro!
Congedati
Immaginate un soldato arruolatosi volontario. Sottoposto a tutti i rigori della vita militare, deve ubbidire a tutti gli ordini. Ma viene il giorno del suo congedo, e si incammina allegramente verso il cancello della caserma.
Ma ad un tratto lo scorge un maresciallo, che gli grida di fermarsi e mettersi sull’attenti. L’ex soldato dapprima si impressiona; ma poi ricorda che si è congedato, e lo saluta con brio: “Ciao ciao, maresciallo!” Questi si arrabbia e diventa rosso in viso, ma non ha più poteri: il soldato non è più sotto la sua autorità.
Allo stesso modo, noi siamo “congedati” dalla legge. Dobbiamo ricordarci continuamente che siamo morti nei confronti della legge, che non è più alla base del nostro rapporto con Dio. Ci siamo sposati con Cristo; e la fruttuosità della nostra vita cristiana dipende dal nostro rapporto di amore con Lui.
Tutti gli evangelici sanno di non poter essere giustificati dalla legge; ma molti non hanno capito di non poterne essere neanche santificati. La legge condanna sempre. Essa serve solo per condurci a Cristo (Gal. 3:24).
Il dramma di molti credenti è che finiscono in trappola. Si sentono in colpa verso Dio per la mancanza di santità nella loro vita, e con rinnovato zelo decidono di cambiare. Ma proprio qui, quando stanno per uscire dal laccio, commettono l’errore che li riporta sempre alla sconfitta. Cominciano ad imporsi di nuovo delle regole: mettono la sveglia mezz’ora prima, si ripromettono di leggere tutta la Bibbia nel corso dell’anno, e così via. Tutte cose valide di per sé, ma che non costituiscono il segreto per “regnare nella vita”!
L’errore è pensare che, per vivere nella vittoria, bisogna fare qualcosa. Il Nuovo Testamento ci insegna che, al contrario, regnano nella vita coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia (Rom. 5:17).
Nessuna condanna
Tanti credenti vivono con un perpetuo senso di condanna. Ma la risposta alla condanna non è mai migliorare il rendimento; piuttosto, è contare sulla posizione che è nostra per grazia. Dio ci ha giustificati come dono gratuito. Se dunque siamo stati assolti da Lui, nessuno ci può condannare! Dio ci dichiara innocenti, e non c’è una corte superiore cui Satana possa ricorrere in appello! Non c’è per noi alcuna condanna: non perché di recente siamo andati bene, ma perché siamo in Cristo Gesù, che ha portato le nostre colpe sulla croce. Siamo stati resi giusti agli occhi di Dio come dono gratuito.
Più apprezziamo questa verità, più sapremo respingere il continuo bombardamento di accuse con cui Satana tenta di buttarci giù. Egli sa che se riesce a spostarci dal terreno della nostra posizione in Cristo, avrà la meglio su di noi. Potremo riuscire per un po’ con i buoni propositi, ma presto saremo di nuovo sotto condanna. La legge uccide sempre!
In Adamo o in Cristo?
Paolo ci dice che Adamo è un’immagine che rappresenta Cristo (Rom. 5:14). In che modo lo rappresenta Adamo?
La somiglianza sta nel fatto che quando peccò Adamo, capostipite del genere umano, ci rese tutti peccatori. Eravamo tutti “in Adamo”, e fummo tutti contaminati dalla sua colpa. Nessuno sforzo umano può separarci da lui e renderci giusti: fino a che siamo “in Adamo” restiamo colpevoli, e non possiamo liberarci da soli.
Quando invece nasciamo di nuovo, entriamo a far parte di una nuova razza che fa capo a Gesù. Esattamente come la colpa di Adamo ci fu addebitata, così ora la giustizia di Gesù ci viene accreditata. Le nostra manchevolezze non ci squalificano; non siamo relegati a una “terra di nessuno” tra Gesù e Adamo. O siamo in Adamo, e perciò peccatori, o siamo in Cristo, e di conseguenza giusti. Gesù Cristo è la nostra giustizia, ed Egli non cambia.
Questa verità ci libera dall’oppressione e dalla condanna. Noi siamo in Cristo, l’amato Figlio di Dio, e per amore di Lui, il Padre celeste ci benedice di ogni benedizione spirituale (Ef. 1:6).
Legalismo
Come alcuni tra i primi credenti erano tentati di farsi circoncidere per sentirsi più sicuri di essere accettati da Dio, così molti cristiani moderni adottano delle abitudini religiose esteriori nel vano tentativo di meritare la grazia, che Dio invece vuole darci liberamente.
Questo problema si riscontra dappertutto. Tanti credenti sono presi da dettagli esteriori: liste di luoghi in cui è vietato recarsi, di vestiti da non indossare e di cose da non fare. E questo ha anche un effetto distruttivo sulle riunioni della chiesa. Distratti da regole e da divieti, finiamo per guardare se gli altri li stanno osservando alla lettera, e questo ci impedisce di conoscerci veramente come amici.
Quando invece ho compreso di essere “accettato nell’Amato suo”, sono libero di ricevere te, che sei stato accettato allo stesso modo. Così possiamo instaurare un rapporto di ben altro tipo! Nelle chiese che cercano la restaurazione, i rapporti tra i credenti sono stati profondamente trasformati da questa verità.
Dottrina pericolosa?
Non è forse pericoloso affermare che la giustizia del cristiano è indipendente dalla legge? Non c’è il rischio di cadere nell’anarchia, di fare tutto quello che ci pare e piace e considerarci comunque giusti?
Paolo anticipa questa obiezione: “Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi?” (Rom. 6:1). La sua risposta è chiara: “No di certo!”. Noi che siamo in Cristo siamo stati uniti con Lui nella sua morte e nel suo seppellimento, e così siamo stati liberati dal peccato. Dobbiamo fare affidamento su questi fatti nella nostra vita quotidiana (Rom. 6:11).
Non facciamo conto che sia vero per far sì che avvenga, ma perché è così. Una volta sono arrivato in un aeroporto, credo in Spagna, e mi dissero che erano le quattro di pomeriggio. Ma il mio orologio indicava che erano invece le tre! Dovevo forse fare finta che fossero le quattro, pur sapendo che in realtà erano le tre? Stranamente, non mi fu necessario esercitare una grande forza di volontà per credere che erano le quattro. Il fatto era che, dal momento che mi trovavo in Spagna, erano le quattro!
Non buoni consigli, ma buone notizie!
Così è per noi quando usciamo da Adamo per vivere in Cristo. Non ho bisogno di concentrare la mia forza di volontà per credere di essere morto al peccato. La Bibbia mi dice che chi è in Cristo è morto al peccato, perciò devo solo accettarlo come un fatto! Il vangelo mi libera dal peccato. Questa è una buona notizia davvero! Non solo ci libera dalla condanna e ci rende giusti come dono, ma ci libera anche dal dominio del peccato e ci fa diventare schiavi della giustizia.
La vita cristiana è un cammino e un combattimento di fede. Quando la Scrittura ci promette la liberazione dal peccato, la nostra tendenza è quella di guardare il nostro passato, invece di dare ascolto alla Parola vivificante. Ma, se Dio ha promesso, Egli è in grado di compierlo in noi ciò che ha detto: scriverà le Sue leggi nel nostro cuore e ci libererà dal potere della tentazione. Il giusto vivrà per fede!
Anche se dovessimo non sperimentare subito la piena realizzazione della promessa, questo non l’annulla. Anche Abramo venne meno all’inizio della sua esperienza, ma questo non lo squalificò più tardi: la promessa gli fu mantenuta. Così anche noi dobbiamo imparare a confessare le nostre cadute e ricevere il perdono, ma senza perdere di vista la promessa della liberazione.
Molti arrivano a considerare la sconfitta come inevitabile e si accontentano di continue cadute e confessioni, convincendosi che sia questa la vita cristiana normale. Ma dobbiamo aprirci alla parola di fede che ci rivela come stanno le cose realmente, e perseverare nella fede fino a quando non ne riceviamo il pieno compimento! La promessa di Dio è chiara: “Il peccato non avrà più potere su di voi, perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia” (Rom. 6:14).