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di Floyd McClung
È facile diventare super-spirituali riguardo all’amore, senza comprenderne il vero significato. Gesù disse: “Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso” (Luca 6:32-33).
Se amiamo gli amici e i familiari che ci amano, o se ricambiamo un favore che qualcuno ci ha fatto, quale merito abbiamo? Chiunque può fare questo, senza avere l’amore di Dio nel cuore. Gesù ci fa capire che non dobbiamo aspettarci grandi premi se consideriamo l’amore solo su quel piano.
Come fare, però, per amare una persona che ti deruba in un contratto e poi prende la Santa Cena insieme a te la domenica? O che ha la lingua tagliente e ti ferisce continuamente con commenti crudeli e sarcastici? O un capo che non ha fiducia in te e ti nega le opportunità di cui hai bisogno per provargli le tue capacità? … Gesù ci comanda di amare i nostri nemici, benedicendo quelli che ci sfruttano e parlano contro di noi. Se ci odiano, siamo chiamati a non rispondere con lo stesso spirito. Quando ci diffamano, dobbiamo parlare positivamente di loro, e quando ci sfruttano, donarci a loro …
“Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Forse starete pensando: “Non posso perdonare mio zio, o il pastore, per la delusione che mi ha dato. Non è umanamente possibile”. D’accordo; ma chi ha detto che possiamo affidarci solo alle risorse umane per amare gli altri? “Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo” (1° Giovanni 4:4). Noi serviamo Qualcuno che, attraverso di noi, vuole mostrare al mondo un amore sovrumano.
È il passaggio dall’ordinario allo straordinario che ci qualifica come discepoli di Gesù. Vivendo ad Amsterdam, abbiamo avuto il privilegio di conoscere Corrie ten Boom, la quale mi ha raccontato una volta dell’occupazione tedesca. Lei e la sua famiglia avevano fatto uscire clandestinamente molti Ebrei dal paese, e quando furono scoperti, tutta la famiglia fu mandata nei campi di concentramento. Il padre anziano sopravvisse solo dieci giorni, ma Corrie sopportò il tormento di vedere svanire lentamente la vita dell’amata sorella Betsie, ripetutamente picchiata e violentata dalle S.S.
Dopo la guerra, Corrie cominciò a diffondere per tutta l’Europa il messaggio che non c’è niente che possiamo aver fatto che Dio non possa perdonare. Un giorno mi raccontò come questo messaggio fosse stato messo alla prova nella sua stessa vita.
Si trovava a parlare in una chiesa di Monaco di Baviera quando si avvicinò una delle guardie del campo di concentramento in cui era stata con Betsie. I ricordi del corpo emaciato di Betsie, spremuto fino all’ultima goccia di sangue, le riempirono la mente. Si ricordava perfettamente di quella guardia che ora tendeva la mano per stringere la sua e, sorridendo, confermava la meravigliosa capacità di Dio di perdonare tutti i nostri peccati. Corrie mi scrutò attentamente mentre mi confidava che le era sembrata un’eternità il tempo trascorso prima di ricevere da Dio la grazia di stendere a sua volta la mano. Ma quando riuscì a farlo, fu riempita dal calore dell’amore di Dio verso quell’uomo.
Questa storia, mi disse Corrie, era quella che il pubblico amava sentirle raccontare più di ogni altra. La gente esclamava: “Non avrei mai potuto farlo. Sarebbe stato troppo!” Eppure voleva sentire quella storia. Come mai? Proprio perché sono le cose irraggiungibili con le nostre proprie forze che ci ispirano e che convincono perfino l’incredulo dell’esistenza di Dio.
Dobbiamo applicare il vangelo al nostro stile di vita quotidiano, rifiutandoci di trattare le persone nello stesso modo in cui ci hanno trattato. Gesù afferma che siamo chiamati ad amare i nostri nemici e a pregare per quelli che ci maltrattano e approfittano di noi. Ma chi sono questi nostri nemici, e come dobbiamo fare per amarli in maniera pratica?
Nemici: la parola evoca immagini di Hitler, carri armati e delinquenti in agguato dietro ai cespugli. Ma esprime anche un significato molto più ampio … Il dizionario definisce la parola così: “Uno che cerca il danno, la rovina o il fallimento di un avversario; chi mostra ostilità, malevolenza, odio e un’attitudine distruttiva”. Molte persone che conosciamo rientrano in questa categoria, cercando di offenderci fisicamente, psicologicamente, emotivamente o spiritualmente; qualche volta anche i nostri famigliari … Esistono in questi casi dei passi pratici da compiere, che ci aiuteranno ad amare queste persone secondo il comandamento di Gesù?
Umiltà
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Cerchiamo di applicare questo versetto a noi stessi, prima di puntare il dito sugli altri. Se perdiamo di vista quanto, a volte, non siamo stati amabili, diventiamo orgogliosi e bigotti. Quando invece siamo consapevoli dei nostri errori, diventa molto più facile amare una persona poco affettuosa.
Un giorno un mio conoscente si lamentava col Signore dei suoi guai: molta gente lo criticava ingiustamente, raccontando di lui anche delle bugie. Egli cercava compassione e comprensione, e fu molto sorpreso quando sentì il Signore dire: “Sii felice perché non conoscono tutta la verità sul tuo conto!”
Troppo spesso vediamo solo il bene in noi stessi, ricordando i nostri successi più che i fallimenti. Decidiamoci allora a trattare gli altri allo stesso modo: “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matteo 22:39).
Perdonate quelli che vi feriscono
Il perdono non è un sentimento, né semplicemente un tentativo di dimenticare le cattiverie subite. Esso consiste in un atto della volontà e del cuore, che dona a una persona qualcosa che non aveva il diritto di ricevere. Il perdono riconosce che ci è stato fatto del male, ma supera questa consapevolezza, esprimendo misericordia.
A volte il perdono si manifesta gradualmente. Se siamo stati profondamente feriti, ci vuole del tempo perché la ferita guarisca; in questo caso il perdono agisce come una continua detersione della ferita, in modo da farla guarire correttamente. Se, quando pensiamo a una persona che ci ha feriti o che ha peccato contro di noi, scaturiscono sensazioni di risentimento e sofferenze emotive, allora abbiamo bisogno di riaffermare il nostro impegno di perdonarla. Questo non significa che il primo atto di perdono non fosse valido, ma esprime la gradualità di un processo, necessario fino alla completa guarigione.
Una volta fui profondamente ferito da un amico, e non riuscivo a superare i sentimenti di rabbia e di delusione che provavo nel ricordarlo. Un altro amico mi suggerì che avrei dovuto rivolgermi al Signore dicendoGli che avevo intenzione di perdonarlo e aggiungendo in seguito: “Signore, scelgo di farlo col Tuo amore e non desisterò finché non metti nel mio cuore amore per lui. Ricevo per fede quell’amore”.
Feci quella preghiera parecchie volte al giorno per mesi, ma niente sembrava cambiare. Finalmente un giorno, pregando, successe qualcosa: cominciai a vedere il mio amico con occhi nuovi. Vidi le sue ferite, vidi quanto era stato ferito da suo padre e come stesse proiettando quelle ferite su di me. Il Signore generò nel mio cuore compassione per lui, qualcosa che non pensavo sarebbe mai successo. Dio fece più di quanto io potessi chiedere o pensare!
Avvicinatevi alle persone
Se qualcuno ci irrita, o con la sua personalità provoca attrito, di solito tendiamo ad evitarlo. Se entra in una stanza, evitiamo di guardare nella sua direzione … Qualcuno di noi, certamente, si farebbe in quattro pur di non andare a qualche riunione dove ci sarà la presenza di “certa gente”.
Una delle grandi chiavi per amare i nostri avversari è quella di andargli incontro anziché sfuggire da loro. Questo va contro la natura umana, ma è efficace. Potremmo aver bisogno di tempo per pregare per una relazione difficile, o per sbollire dopo una disputa, ma dobbiamo prendere l’impegno di superare quella situazione …
Ma come comportarci con una persona che non capisce questi principi, né vuole aprirsi per parlarne? Dovremmo sempre fare tutto ciò che è possibile per raggiungerla, cercando di creare un’atmosfera che faciliti la comunicazione. La maggior parte delle persone vuole parlare, ma non sa come aprirsi. Incontratele su un terreno neutrale, magari per un pranzo o un caffè, o qualcosa che piacerebbe loro fare. Mostrate loro che siete aperti, che volete che le cose vadano bene, che siete avvicinabili. Quando la tensione è diminuita, potrete toccare le aree sensibili della vostra relazione, magari chiedendo loro se qualcosa del vostro comportamento li ha urtati, o se vogliono parlare delle difficoltà nel vostro rapporto.
Non raccogliere biasimo
Non dobbiamo accogliere critiche o notizie negative riguardo ad altre persone. Non permettete che i nemici degli altri diventino pure i vostri …
Qual è la reazione giusta verso qualcuno che ci racconta critiche e cose negative sul conto degli altri? O mettiamo fine alla conversazione, offrendoci di adoperarci per la riconciliazione, o ci disponiamo a pregare per la giusta risposta di Dio per quella situazione. Non bisogna ricevere passivamente quello che ci viene detto, altrimenti le nostre menti diventeranno ben presto un immondezzaio pieno della spazzatura degli altri, fino a trovarci intrappolati in una rete di relazioni complesse e conflittuali.
Ma se stanno dicendo la verità? Spiritualmente parlando, non è necessario raccontare bugie per diffamare una persona! Non è questione della veridicità dell’affermazione, ma di non prestare orecchio alla maldicenza contro il prossimo. Credo che l’unico momento giusto per discutere delle colpe altrui sia quando siamo direttamente coinvolti in una relazione pastorale o di “counseling” con l’interessato. In quel caso la discussione aiuterà il processo di guarigione.
In Sud Africa, anni fa, conobbi un cristiano di colore che era stato arrestato dalla polizia perché sospettato di avere contatti con l’ANC, allora in lotta contro il governo. Per molti mesi fu interrogato e torturato perché la polizia cercava di costringerlo a confessare. Ma egli non aveva fatto niente di male. Finalmente, quasi in fin di vita, fu scaricato in strada fuori dall’ospedale.
Un mio amico scoprì con orrore che il poliziotto che aveva “interrogato” quel credente era anche lui cristiano. Aveva aiutato a picchiare e a torturare un fratello in Cristo in base soltanto al sentito dire, senza prove sicure di qualche reato. Ebbi il modo di pregare con il cristiano maltrattato. Egli pianse profondamente, rivivendo il dolore e la crudeltà della situazione, ma poi decise di perdonare il suo fratello bianco.
Questo tipo di amore va contro la natura umana, ma risulta completamente in armonia con il carattere di Dio. Si tratta di un amore sovrumano, segno dello Spirito Santo che vive in noi. La Bibbia lo esprime in questo modo: “Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22). Non possiamo fabbricare queste qualità da noi stessi: dobbiamo solo permettere allo Spirito Santo di agire nella nostra vita in modo da riceverne il frutto.
Se ci conduciamo da noi stessi, invece, l’elenco e molto diverso. Paolo dice: “Le opere della carne sono … inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie …”, e commenta: “Chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio” (Galati 5:19-21). Avete notato quante delle “opere della carne” sono legate alla mancanza di unità? Discordia, gelosia, fazioni, invidia … Non possiamo aspettarci di arrivare all’unità del corpo di Cristo con le nostre proprie forze. Né possiamo sperare che le nostre vite attirino altri al Regno, se non siamo riempiti da Colui che produce “il frutto dello Spirito”.
L’amore impossibile
Poco prima che la Russia invadesse la Cecoslovacchia nel 1968, una chiesa vicino a Praga visse un terribile scisma. Cinque anziani combatterono tra di loro, ma nessuno ebbe il sopravvento. Così il gregge fu disperso in molte direzioni. Quando videro l’effetto devastante del loro comportamento, gli anziani si vergognarono, ma sulle prime erano troppo orgogliosi per cercare la riconciliazione.
Dopo un certo tempo, però, uno di loro si recò dagli altri per ammettere il suo torto. Uno spirito di contrizione si diffuse per le varie fazioni e alla fine l’unità e la comunione furono restaurate. Poche settimane dopo, i carri armati russi spianarono il paese e la libertà religiosa e culturale cessarono bruscamente.
Tutti e cinque gli anziani furono arrestati, e le autorità decisero di farne un pubblico esempio. Un alto ufficiale della polizia segreta fu incaricato di interrogarli. Sicuro che avrebbe potuto farli incriminarsi a vicenda, li separò e cominciò a cercare di indebolire la loro reciproca fiducia.
Con sua somma sorpresa, la cosa non funzionò. Ogni volta che cercava di usare mezze verità e insinuazioni sul passato per dividerli, ognuno rispondeva semplicemente: “Non credo che mio fratello abbia detto questo di me, e anche se l’ha fatto, glielo perdono!” Alla fine, l’ufficiale divenne così frustrato da queste risposte insolite che, dopo aver chiamato tutti e cinque gli uomini nel suo ufficio, chiese loro di spiegargli la ragione di tanto amore. Non molto tempo dopo, egli si inginocchiava per chiedere a Dio di riempirlo con lo stesso tipo di amore.
Questa storia mi ispira e mi incoraggia, perché mostra cinque uomini che, pur venendo meno nell’area dell’unità e dell’impegno, poi furono pronti a pentirsi e a perdonarsi. Come risultato nacque tra di loro un forte legame che permise loro di resistere a un interrogatorio professionale. Quei pastori avevano imparato dai loro errori, divenendo un forte esempio per noi. Voglio ora esaminare le attitudini che costituiscono alcune delle maggiori cause di divisione tra i cristiani.
Gelosia
La gelosia è un’attitudine insidiosa, che si insinua nei nostri cuori quando togliamo gli occhi da Dio per fissarli sugli altri. Possiamo essere gelosi dei doni o della posizione degli altri in una chiesa o in un gruppo … La Bibbia ci ricorda che è sciocco paragonarci agli altri (2° Corinzi 10:12).
La gelosia può facilmente coglierci a nostra insaputa … Le persone ambiziose e insicure vi sono particolarmente esposte. L’ambizione diventa un vero e proprio peccato là dove le nostre motivazioni non sono pure. Leggendo la seguente lista con attitudine di preghiera, possiamo scoprire eventuali tracce di gelosia. Se ne troviamo, dobbiamo confessarle, chiedendo a Dio di rinnovare la nostra mente.
* La persona gelosa sente una grande spinta a dare prova di se stessa, misurandosi con gli altri.
* Si paragona continuamente con gli altri.
* Non sa gioire quando gli altri sono promossi o ricevono riconoscimenti.
* È restìo a promuovere qualunque cosa da cui non trae direttamente beneficio.
* Cerca la considerazione degli altri più che l’approvazione di Dio.
* È ostile e aggressiva verso le persone di cui è gelosa.
* Non si fida degli altri. Si convince di essere stato defraudato di ciò che merita.
* Non sa incoraggiare gli altri per paura che la possano superare.
* Gioisce segretamente quando gli altri sbagliano.
Orgoglio
L’orgoglio è come un acido che corrode lentamente tutto ciò che è buono. Alcuni peccati sono molto evidenti, ma l’orgoglio è sottile e ingannevole: “L’orgoglio del vostro cuore vi ha ingannati” (Abdia 3).
Esaminando il frutto dell’orgoglio, possiamo scoprirne la presenza nella nostra vita. L’orgoglio produce arroganza e una convinzione presuntuosa della propria giustizia. L’orgoglioso non riesce a vedere la propria arroganza, che invece gli altri notano bene! È intoccabile: non accetta la correzione e quasi mai ammette di avere torto.
Nel corpo di Cristo le persone si trovano separate le une dalle altre, non tanto perché hanno peccato, ma perché hanno troppo orgoglio per ammetterlo. Non siamo divisi a causa di un “disaccordo teologico”, ma perché siamo troppo orgogliosi per imparare gli uni dagli altri.
Il successo e le benedizioni spesso portano alla pratica mortale dell’autocongratulazione. Ci consideriamo come gli unici eletti da Dio e guardiamo al nostro successo come alla prova che rappresentiamo oggetti speciali del Suo favore; così, chiunque osa correggerci deve sicuramente trovarsi in errore. Oppure, se qualcuno ha da ridire, non possiamo ascoltarlo fin quando non corregga la sua “attitudine critica”. Quelli poi che hanno qualcosa contro di noi dovrebbero assumere il giusto atteggiamento per renderci più facile l’ascolto e l’eventuale replica. Fratelli, anche se gli altri non hanno la giusta attitudine, dobbiamo avere l’umiltà di ascoltarli, considerando le loro ferite e lamentele.
Possa Dio darci grazia di tener conto di questo avvertimento contro l’orgoglio …
Indipendenza
L’indipendenza è un’altra grande barriera all’unità. Fondamentalmente si tratta di un’attitudine egoista, che si esprime nella determinazione di “fare a modo proprio”. Le persone indipendenti pensano più a ciò che vogliono loro che a quello di cui gli altri hanno bisogno. Sono ostinate e inflessibili; vagano da una chiesa all’altra, cercandone una con cui possano essere pienamente d’accordo su ogni punto.
Le persone indipendenti in realtà non si preoccupano molto dell’unità, perché sono prese dal desiderio che tutto sia svolto a modo loro. Si ribellano contro i leaders spirituali perché non vogliono sottomettersi, e si giustificano citando il sacerdozio di tutti i credenti o accusando i leaders di essere autoritari. L’indipendenza è una grande maledizione che grava sull’unità spirituale.
Durezza di cuore
Un altro grande ostacolo all’unità è la durezza di cuore delle persone, che impedisce loro di mettere le cose a posto quando hanno sbagliato. La Bibbia insegna che, se pecchiamo contro qualcuno, non dobbiamo chiedere perdono solo a Dio, ma andare anche da quello che abbiamo ferito per chiedere il suo perdono. Per avere una giusta relazione con Dio, dobbiamo averla anche con gli altri … Se invece lasciamo sorgere delle barriere nei nostri rapporti, siamo noi ad aver peccato, anche se la colpa iniziale era dell’altro: “Se tu dunque stai per presentare la tua offerta all’altare, e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare e vai prima a riconciliarti con tuo fratello, poi torna e presenta la tua offerta” (Matteo 5:23-24).
Certamente parecchie scuse e razionalizzazioni ci verranno in mente per impedirci di compiere questa azione. “Si trattava di una cosa minima, può mai rappresentare un problema adesso?” Oppure: “La gente non mi rispetterà se dico quello che ho fatto”. E: “Sicuramente Dio non vuole mettermi in imbarazzo”. O ancora: “Dio mi ha perdonato; non devo tirar fuori qualcosa che è sotto il sangue di Gesù”. Se abbiamo avuto un approccio con la persona e quest’ultima ha rifiutato di discutere il problema, ci mettiamo a razionalizzare: “La patata bollente è ora nella sua pentola. È un suo problema, non mio”.
Ognuna di queste scuse riflette o durezza di cuore o ignoranza dell’insegnamento biblico riguardo alla riconciliazione. Senza dubbio, i nostri peccati sono definitivamente sotto il sangue di Gesù quando ci pentiamo e chiediamo il Suo perdono; ma il vero pentimento comprende anche il riparare le cose con quelli contro cui abbiamo peccato … La Bibbia insegna che quando una persona si pente veramente, restituirà ciò che è stato rubato e si scuserà con quelli che ha offeso (Matteo 3:8; Atti 26:20).
Dobbiamo essere pronti a trascurare la nostra reputazione, preoccupandoci maggiormente di ciò che Gesù pensa, piuttosto che delle opinioni altrui. La gente, di solito, apprezza l’umiltà e l’apertura; e anche se talvolta ci si dovrà impegnare a lungo per ottenere il perdono, ne varrà sempre la pena.
Attivismo
L’attivismo è un impedimento sottile ma mortale per l’unità … L’unità si costruisce sulle relazioni, e per costruire le relazioni ci vuole tempo. Possiamo essere impegnati nel servire il Signore, ma senza costruire amore e unità. Dio, invece, è interessato a molto di più che alle agende piene, alle grandi imprese o alle chiese piene di gente ogni domenica.
L’unità può appassire e morire, per cui essa dev’essere coltivata dalla preghiera e innaffiata con tempi di comunione. Se siete dei tipi visionari, sarete tentati di stimolare gruppi di preghiera per l’unità, riunioni per l’unità, conferenze per l’unità. Ma forse la cosa più grande da fare per costruirla è quella di favorirla, coltivando pazientemente, prima di ogni altra cosa, relazioni profonde e durature …
È essenziale stabilire le nostre priorità in modo da avere il tempo necessario per costruire relazioni solide. Abbiamo bisogno di chiedere a Dio una rivelazione del Suo piano che ci mostri cosa sacrificare per sviluppare buone relazioni con gli altri. Le persone devono essere più importanti dei programmi, la qualità deve avere priorità sulla quantità, e le nostre famiglie devono venire prima degli altri … È tempo di riesaminare le nostre priorità!
Questo articolo è adattato, per gentile concessione, dal libro È possibile vivere insieme? (Ed. Logos, Palermo), che consigliamo vivamente ai lettori.