SCARICA PDF di questo articolo
di Dr. Kriengsak Chareonwongsak
Nel secondo capitolo degli Atti degli Apostoli viene descritta la prima chiesa del mondo, il seme originale dal quale sono cresciute tutte le altre chiese, la quale è in qualche modo il modello per tutte le altre che sarebbero venute dopo:
“Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; essi vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che erano sulla via della salvezza” (Atti 2:42-47).
Voglio sottolineare quattro caratteristiche principali della comunità descritta in questo brano, che sono determinanti per il successo della chiesa.
Una chiesa che insegna
Prima, essa dava grande importanza all’insegnamento. Per costruire delle chiese forti, è necessario impartire ai credenti gli insegnamenti della Parola di Dio. Non è possibile costruire la chiesa con un insegnamento frammentario.
Questo è un problema che ho notato in molte nazioni: si cerca di costruire su enfasi particolari, su alcune parti della Bibbia, anziché su tutta. I pastori predicano ciò che va di moda, il tema dell’ultimo best seller cristiano, qualcosa che sembra avere funzionato in qualche altro posto. Dobbiamo invece costruire una chiesa equilibrata, fondata su tutto l’insegnamento della Bibbia. È come una ruota, che deve avere un mozzo centrale e diversi raggi che raggiungono la circonferenza in maniera equilibrata. Una ruota solida non può avere un solo raggio!
Un editore americano mi ha chiesto di scrivergli un libro. Ho rifiutato dicendo: “Il libro che io potrei scrivere non avrebbe successo. La gente vuole formule facili: «Il segreto del successo nella vita cristiana»; «Tre passi per risolvere tutti i tuoi problemi». Io invece ci metterei dentro tutto il consiglio di Dio in maniera equilibrata, e il pubblico non lo comprerebbe!”
In Atti 2:42 notiamo dunque tre caratteristiche necessarie perché la chiesa sia fondata sull’insegnamento della Bibbia:
- L’insegnamento deve raggiungere tutti. Tutti i credenti “erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli”. Oggi siamo bombardati ogni giorno di messaggi dalla TV, dai giornali, dai settimanali, dalla pubblicità … Se veniamo in chiesa una volta la settimana per una sola ora e ascoltiamo una predicazione che dura solo venti minuti, come può essere trasformata la nostra mente per pensare in maniera biblica? Ecco perché tanti credenti pensano ancora come gli altri che non conoscono Cristo.
Nel mondo moderno, con i suoi ritmi di vita accelerati, è difficile far venire tutti alle riunioni della chiesa per ricevere l’insegnamento, e di conseguenza la chiesa rimane debole. Tuttavia, nella mia chiesa, insistiamo molto sull’insegnamento della Parola. Nessuno può diventarne un membro senza promettere di dare alla Bibbia un posto importante nella propria vita.
Abbiamo ideato dei programmi per istruire ogni membro della nostra chiesa. La maggior parte si converte dal buddismo, e dal primo giorno assegniamo al nuovo credente qualcuno che lo incontri settimanalmente per insegnargli le basi della vita cristiana. Poi, oltre al culto domenicale, ci sono diverse classi di insegnamento biblico: attualmente circa ottanta ogni settimana. C’è un programma completo di formazione, dai primi elementi dopo la conversione fino a diventare pastori.
- I credenti devono essere bramosi di ricevere l’insegnamento. “Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento …” Una chiesa non può essere forte nella conoscenza della Bibbia se i credenti non hanno il desiderio di imparare. È un compito arduo far mangiare un malato: egli non ha appetito. Una persona sana, invece, mangia volentieri. Ecco il problema in molte comunità: i credenti non hanno appetito per la Parola di Dio perché sono spiritualmente malaticci. E poiché non si nutrono, diventano sempre più deboli. Così tutto il lavoro della chiesa ricade sulle spalle del pastore, o al massimo di pochi collaboratori. Ma la chiesa non potrà mai essere forte se poche persone devono fare tutto il lavoro.
- L’insegnamento deve essere biblico. Nella chiesa di Gerusalemme, assorbivano “l’insegnamento degli apostoli”. E sicuramente essi non insegnavano le loro opinioni, ma la Parola di Dio: lo Spirito Santo li ispirava a ricordare le cose insegnate da Gesù. Anche noi dobbiamo mantenere il nostro insegnamento entro i confini dei 66 libri canonici, interpretando ciascun brano nel suo contesto per esprimere il pensiero degli autori originali, quello che Dio aveva in mente. Dobbiamo inoltre insegnare tutta la Bibbia in maniera equilibrata, non solo i nostri temi preferiti o quelli che ci piacciono di più. Un brano della Bibbia fa da contrappeso a un altro.
Nella mia chiesa, predico in maniera espositiva: cioè, prendo un libro della Bibbia e lo spiego per un’ora, versetto per versetto. Naturalmente, se lo Spirito Santo mi stimola diversamente, posso lasciare quel libro per predicare qualche volta su altri temi; ma poi torno a finirlo, perché tutta la Bibbia è indispensabile per la nostra vita. Per esempio, ho predicato per 93 volte su tutto il Vangelo di S. Marco; poi su Filippesi, Giosuè e altri libri ancora. Ho promesso ai membri della mia chiesa che, se rimarranno abbastanza a lungo, mi sentiranno spiegare ogni versetto di tutti i sessantasei libri della Bibbia!
In questo modo impariamo i princìpi della Parola di Dio e come applicarli alla nostra vita. Io credo nell’autorità della Scrittura: essa contiene tutto ciò che dobbiamo conoscere per compiere la volontà di Dio. Se la crediamo e la predichiamo fedelmente, avremo un popolo forte, capace di conquistare il mondo per Gesù. Ma potremo fare questo solo se formeremo un popolo radicato nella Parola. Allora si riprodurrà, moltiplicando chiese bibliche dappertutto.
Una chiesa soprannaturale
La seconda caratteristica che notiamo nella chiesa di Gerusalemme è che era una chiesa che operava miracoli. In Atti 2:43 leggiamo infatti: “Ognuno era preso da timore; molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli”. In una chiesa biblica, dunque, avvengono miracoli. Se Gesù e gli apostoli della chiesa primitiva ne hanno avuto bisogno per compiere il loro ministero, sicuramente ne abbiamo bisogno anche noi! So che viviamo nell’epoca dei computer, in un mondo dominato dalla tecnologia; ma la chiesa della Bibbia era piena di miracoli, e anche oggi, tutte le chiese che crescono rapidamente fanno la stessa esperienza. La chiesa non potrà mai crescere senza la dimostrazione del soprannaturale.
Nella cultura europea, fin dal Rinascimento, tutta l’istruzione tende ad inculcare il dubbio, e di conseguenza gli europei sono diventati molto scettici del miracoloso. Non che sia male essere prudenti e usare discernimento; ma quando si va all’estremo, Dio non può manifestare la Sua potenza. L’evangelizzazione della chiesa primitiva dipendeva in gran parte da segni e miracoli, e quando questi mancano, la chiesa diventa debole.
Noi non abbiamo bisogno di convincere i nuovi convertiti che Dio è reale perché ogni domenica Egli guarisce qualcuno, Lo vedono operare con potenza nella vita della gente. E voi, come potrete evangelizzare l’Italia se non si manifesta la Sua potenza? I credenti della mia chiesa predicano il Vangelo dappertutto: sulla piazza, al mercato, sull’autobus, sui treni … Si alzano in piedi e dicono: “Scusate, ma ho qualcosa di molto importante da dirvi!”, poi parlano di Gesù e si offrono di pregare per i problemi delle persone. Se qualcuno risponde, impongono le mani e pregano. Quando poi avvengono dei miracoli, quella gente arriva in chiesa. I miracoli sono una chiave per la crescita della chiesa.
Sono convinto che la chiesa di Gesù Cristo nei tempi della fine è destinata ad avere una dimensione soprannaturale ancora maggiore di quella della chiesa primitiva. La profezia di Aggeo 2:9 dice: “La gloria di quest’ultima casa sarà più grande di quella della prima” (Riveduta). Certamente non sperimentiamo ancora il miracoloso nella misura in cui lo desideriamo. Ci sono molte ragioni per questo: per esempio, la mancanza di unità biblica e di ordine divino diminuiscono la nostra autorità, perché il diavolo rappresenta la ribellione.
Abbiamo dunque bisogno di essere più aggressivi nel ricercare la potenza miracolosa di Dio. Paolo dichiara: “Con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito Santo … da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria ho predicato dappertutto il vangelo di Cristo” (Romani 15:19). Quando io ho dato inizio alla nostra chiesa, pregavo per i malati tutte le domeniche. I buddisti venivano e ci chiedevano di pregare per loro, e Dio cominciò ad operare grandi miracoli. Se dovessimo raccontarli tutti non basterebbe un libro, dovremmo scriverne molti! Alcuni sono venuti con tumori, abbiamo pregato e sono stati guariti. Quando sono tornati dai medici, questi sono rimasti stupiti. Oggi ho nella mia chiesa diversi medici, i quali, dopo aver visitato le persone che Dio ha guarito, le rimandano all’ospedale perché sia documentata la loro guarigione.
Fede aggressiva
Se vogliamo che le nostre chiese crescano, dobbiamo avere fede perché Dio operi fra noi con potenza soprannaturale, e poi farci coraggio e cominciare a pregare per le persone. A me non importa di ciò che vedo con i miei occhi: se una persona non è guarita, continuerò a pregare per essa e ad aspettarmi che Dio operi. Le nostre chiese devono diventare note a tutta la città come luoghi nei quali avvengono miracoli. In 1° Corinzi 2:4-5 Paolo scrive: “La mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, perché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”.
Appena venti giorni fa, quando ero nel nord della Tailandia per un convegno, il Signore mi ha rivelato, tramite una parola di conoscenza soprannaturale, che erano presenti delle persone implicate nelle arti magiche che mangiavano oggetti metallici! L’ho detto pubblicamente, una persona ha risposto e Dio l’ha liberata. Di conseguenza, molta gente che conosceva quella persona è stata attirata al Vangelo. Poi Dio mi ha fatto un’altra rivelazione: c’era una persona là che aveva debiti per 410 bhat [l’unità monetaria tailandese, n.d.r.]. Quando l’ho annunciato, immediatamente quella persona si è convertita a Cristo: un frutto della potenza miracolosa di Dio.
Abbiamo visto persone venire in chiesa perché avevano malattie incurabili: preghiamo per loro e Dio le guarisce, poi si convertono a Cristo. Una volta è venuto un buddista che si era rotto la spina dorsale ed era paralizzato. Lo hanno portato di peso nella chiesa e lo hanno messo in prima fila. Quel giorno Dio mi diede una fede straordinaria, un dono di fede. Mi avvicinai a quell’uomo e gli domandai se voleva accettare Gesù nella sua vita. “No”! – egli rispose – sono buddista!” Tuttavia, Dio mi rivelò che l’avrebbe guarito, così gli chiesi: “Vuoi guarire, allora?” “Mah … forse!” Lo presi per la mano e gli dissi: “Nel nome di Gesù, alzati e cammina!”. Subito cominciò a camminare, poi a correre attorno alla sala. Infine corse fuori dalla chiesa, e per due anni non lo vidi più!
Ma alla fine di due anni ritornò e mi vide sulla porta. “Ti ricordi di me?” domandò. Non ne ero troppo sicuro, così, per non offenderlo, sorrisi senza dire niente. “Sono il paralitico che è stato guarito e che ha corso attorno alla sala”. Allora mi ricordai e gli dissi: “E dove sei stato tutto questo tempo?” “Perché, dovevo venire ancora? Sono diventato cristiano quel giorno, ma non sapevo di dover venire alla chiesa. Da buddista non andavo continuamente al tempio!” “Va bene, da ora in poi devi venire alla chiesa tutte le domeniche!” E ci è venuto, con tutta la sua famiglia. I miracoli avvicinano intere famiglie alla chiesa!
Vita comunitaria
La terza caratteristica della chiesa di Gerusalemme è che “erano perseveranti … nella comunione fraterna”. La chiesa non può essere forte se non vive nella comunione. Nella maggior parte delle chiese oggi, invece, non c’è vera comunione: si viene al culto, ci si saluta, e poi arrivederci alla prossima settimana. Mancano i rapporti di fratellanza e stretti legami tra i cuori. Ma non è questa l’intenzione di Dio. Egli vuole una chiesa nella quale camminiamo insieme, ci conosciamo, ci amiamo, abbiamo cura l’uno dell’altro, diventiamo amici e godiamo di stare insieme.
La parola tradotta “comunione” in questo versetto è koinonia, che significa “profonda condivisione”, “unione”; dà l’idea di unità, di armonia, di vita vissuta in comune, di essere una parte l’uno dell’altro. Io ho edificato la mia chiesa su questo modello.
In questi versetti degli Atti sono presentati due aspetti della comunione: la comunione con Dio e la comunione tra i fratelli. Non possiamo avere l’uno senza l’altro. Se abbiamo un rapporto solo con Dio e non con gli uomini, siamo fuori dalla realtà; quindi, se la struttura della nostra chiesa favorisce solo la comunione con Dio e non la comunione fraterna, è troppo “spirituale” e non risponde alle esigenze di Dio. Se invece promuove solo la comunione tra fratelli, diventa umanistica e non fa più di quanto possono fare altre organizzazioni senza Dio. Abbiamo bisogno sia dell’aspetto “verticale” che di quello “orizzontale”, in equilibrio tra loro. E quando la “ricetta” è giusta, la chiesa cresce.
Cinque aspetti della comunione fraterna
Nei vv.44-45, troviamo cinque caratteristiche di un’autentica comunione fraterna.
- Un’autentica comunione aiuta coloro che sono nel bisogno. “Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; essi vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno”. Ora, la Bibbia non dice che dobbiamo necessariamente vendere tutti i nostri beni e diventare “comunisti”: infatti nei capitoli 4 e 5 vediamo che c’erano ancora delle proprietà private. Ma essi mettevano le cose in comune perché c’erano dei bisogni nella chiesa.
Se i nostri rapporti non comprendono la dimensione dell’aiuto pratico e materiale, del “portare i pesi gli uni degli altri”, la chiesa non sarà mai forte. La comunione non può limitarsi alla sfera “spirituale”: deve includere anche quella materiale. Non possiamo limitarci a benedire solo coloro che stanno bene, che hanno lavoro e abbondano di ogni cosa: dobbiamo accogliere anche quanti hanno pesi e problemi. Se non facciamo questo, non siamo una vera chiesa. La vera comunione tocca anche la tasca.
C’è infatti un “nervo” importante che collega la tasca al cuore: se il cuore è toccato, il portafoglio si apre. Se invece la tasca resta chiusa, vuol dire che anche il cuore è chiuso! Nella mia comunità, è una qualifica fondamentale per qualsiasi ruolo di responsabilità che chi non è pronto ad aiutare suo fratello nel bisogno, non può essere un leader. Nella nostra comunità, dunque, i credenti hanno gli occhi aperti ogni domenica per vedere chi è nel bisogno e per aiutarlo.
È bene però che l’aiuto sia sempre offerto, e mai richiesto, altrimenti ci sarà chi ne approfitta. La Bibbia dice che “se qualcuno non vuol lavorare, neppure deve mangiare” (2° Tessalonicesi 3:10-11). Perciò, di regola, non diamo nulla a chi chiede! Ma ho addestrato i credenti ad essere sensibili e ad aiutarsi reciprocamente. Nessuno è troppo povero per aiutare qualcun altro.
Abbiamo mille capigruppo che si prendono cura dei credenti, e sopra di loro circa 200 capi-sezione che si curano dei capigruppo. Poi ci sono i pastori di sottozona, quelli di zona e di area, poi i pastori veri e propri, ed io mi prendo cura di tutta la squadra pastorale. In questo modo la cura è assicurata a tutti. Non importa quanto diventi grande la chiesa, possiamo sempre continuare ad avere cura l’uno dell’altro. Abbiamo nella chiesa cento persone a tempo pieno, ma migliaia che servono il Signore con tutto il cuore.
Io personalmente non prendo nessuno stipendio dalla chiesa, ma mi mantengo con lavori saltuari di consulenza aziendale. Voglio essere in questo come l’apostolo Paolo; inoltre, ciò facilita grandemente il compito di fondare chiese in un paese buddista. Ma voglio che i leaders che lavorano a tempo pieno nella chiesa siano benedetti anche materialmente, per cui essi ricevono uno stipendio generoso.
Il nostro desiderio è di estendere il Regno di Dio, non solo di “spacciare” il Vangelo, e tutto ciò che facciamo è in vista di questo. Capita spesso, per esempio, che le famiglie siano sfrattate quando diventano credenti. In tali casi il capogruppo o il capo-zona viene in aiuto, magari accogliendole in casa loro fino a trovare un’altra sistemazione. Pagano le tasse scolastiche per loro, danno loro da mangiare … Gran parte delle entrate della nostra chiesa è dedicata ai bisogni della gente. Per costruire veramente la chiesa, occorre scendere nel pratico: se lavoriamo in maniera superficiale, non avremo mai i risultati promessi da Dio.
Mangiare insieme
- In secondo luogo, la comunione deve essere intima. Al v.46 leggiamo che “… prendevano il loro cibo insieme …” C’è qualcosa di misterioso nel mangiare insieme che sviluppa l’amicizia. Sembra che quando apriamo la bocca per metterci dentro il cibo, anche il cuore si apre nello stesso tempo! Non è un caso che anche gli uomini d’affari, quando vogliono concludere un contratto, invitano il cliente a un pranzo d’affari! E anche Gesù dice: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3:20).
Nei primi anni della nostra comunità, venivano 150 persone a casa mia ogni settimana: mia moglie cucinava e mangiavamo tutti insieme! Così abbiamo costruito la vita comunitaria; e anche se oggi la chiesa è diventata più grande, è rimasto il senso dell’amore, della comunione e della cura reciproca, il senso di essere una famiglia. La comunione deve avere questa qualità intima se vogliamo costruire delle chiese forti.
- In terzo luogo, la comunione deve essere gioiosa: “… con gioia e semplicità di cuore …”, dice la Scrittura (Atti 2:46). La parola greca indica “una gioia traboccante”. Un segno della vera comunione è che godiamo di stare insieme: non è un peso ma un piacere. Quando stiamo lontano dai fratelli ne sentiamo la mancanza e quando siamo riuniti è una festa!
Se dunque trovi noiosa la vita della chiesa; se dentro di te pensi “Uffa, un’altra domenica, devo fare il mio dovere”; se da pastore pensi “Devo predicare, devo affrontare i credenti, come mi sento stanco!”, è questa la ragione per cui la chiesa non cresce. Non può crescere se la gente che ci viene non trova gioia nella comunione fraterna. E sono i conduttori della chiesa che devono esemplificare questa gioia spontanea: infatti solo una gioia reale si comunicherà allo spirito degli altri credenti.
- Quarto, la comunione deve essere generosa e sincera: “con semplicità di cuore”, è scritto in Atti 2:46. Non abbiamo sempre la calcolatrice pronta per calcolare la spesa prima di aiutarci l’un l’altro. Allora nessuno è nel bisogno ma tutti hanno le necessità della vita, perché tutti sono pronti a condividere con gli altri.
- Infine, la vera comunione deve essere continua: “Ogni giorno andavano assidui al tempio … e prendevano il loro cibo insieme …” (v.46). Nella nostra comunità ci si incontra regolarmente: ci sono gruppi nelle case ogni settimana, si visitano spesso, servono Dio insieme, fanno la spesa insieme, passano insieme il tempo libero. Così si diventa amici e i rapporti si costruiscono. Non mi piace il modo tradizionale di essere chiesa. Non potrei sopravvivere spiritualmente andando a sedermi una volta la settimana in una chiesa dove non ci si conosce e non ci si ama.
Tutti questi elementi concorrono per fare una chiesa forte. Se costruiamo chiese di questo tipo dappertutto, possiamo adempiere il Grande Mandato nella nostra generazione, portando tanta gente nella chiesa.
Comunione con Dio
Per quel che riguarda la comunione con Dio, ci sono nel versetto 42 due aspetti che voglio sottolineare: il rompere il pane e la preghiera.
- Spezzare il pane insieme non è soltanto una cerimonia religiosa di cui possiamo tranquillamente fare a meno: è un segno di intimità con Dio, qualcosa che aiutava la chiesa primitiva a prosperare. La Bibbia dice che “ogni giorno … rompevano il pane nelle case” (Atti 2:46). Ora, con tutto rispetto per le opinioni degli altri, voglio fare tutto ciò che trovo scritto nella Bibbia; perciò noi spezziamo il pane non solo ogni domenica al culto, ma anche nelle case durante la settimana, come simbolo della comunione e del patto che abbiamo con Dio e l’uno con l’altro.
Gesù ha detto infatti: “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue” (Luca 22:20), il che significa che, quando veniamo a Gesù, siamo in un rapporto di patto con Lui; e se lo siamo con il Capo, lo siamo anche con il suo Corpo, cioè con gli altri credenti, e in particolare con la comunità locale di cui facciamo parte. Siamo perciò impegnati a vivere nell’amore e nella fedeltà con i nostri fratelli, e quando partecipiamo alla Santa Cena, ci ricordiamo del patto che ci unisce a Lui e l’uno all’altro: ci perdoniamo ed esprimiamo la cura che abbiamo l’uno dell’altro. Ecco il significato della Cena del Signore.
- Il secondo aspetto della comunione con Dio è la preghiera. La chiesa non può sopravvivere senza una vita di preghiera: non solo preghiera personale, ma preghiera comunitaria di combattimento. Gesù ha detto: “La mia casa sarà una casa di preghiera” (Luca 19:46), e la preghiera produce grandi risultati, molto più di quanto noi immaginiamo.
Senza preghiera, non saprei come muovermi. Il Signore mi ha rivelato molte cose in preghiera, facendo risparmiare molto tempo nel far crescere la chiesa. Per esempio, per un periodo ci siamo riuniti in un cinema, ma l’avevamo già riempito e stavo chiedendo al Signore dove dovevamo spostarci. Egli mi ha indicato chiaramente che dovevo comprare un certo terreno per costruirvi un locale di culto, proprio nel centro della città. Era un terreno dal valore di parecchi milioni di dollari, che era appartenuto a qualcuno che era fallito, per cui il governo l’avrebbe venduto all’asta. Dio mi ha detto l’esatta cifra che avrei dovuto offrire.
Il giorno dell’asta, mi è stato aggiudicato il terreno proprio per quella cifra. La legge stabiliva che dovevo saldare l’acquisto entro due settimane … e non avevo una lira! Ma Dio me l’aveva detto, altrimenti non mi sarei mai azzardato in un’avventura del genere; e allora, Egli si assumeva anche la responsabilità di darmi i soldi! E nel giro di due settimane, sono riuscito ad avere il denaro necessario per l’acquisto del terreno. Un grande miracolo! E potrei raccontarvi molti altri episodi del genere. Se vogliamo costruire una chiesa forte, abbiamo bisogno di imparare a pregare e ad ascoltare la voce del Signore.
L’ultima chiave è la lode e l’adorazione: “… lodando Dio …” (v.47). Dio ama la lode e si manifesta quando L’adoriamo. Lo so che è presente ovunque, e in modo particolare nella vita dei credenti. Ma quando adoriamo in spirito e in verità, c’è una manifestazione speciale della Sua presenza: Dio invade la chiesa con la Sua presenza. Molto spesso le persone si convertono o consacrano la vita al Signore ancora prima che predichiamo. La lode è potente! Impariamo dunque ad adorare Dio e a condurre gli altri ad adorarLo, esprimendoGli l’amore del nostro cuore.
Guardiamo i risultati di una tale vita di chiesa in Atti 2:47. Prima, essi “… godevano il favore di tutto il popolo”. Una chiesa forte è guardata dalla gente con favore. Poi, “il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità …” Era una chiesa che cresceva.
Io voglio costruire la chiesa secondo il piano di Dio. Non mi piacciono i trucchi e le promozioni artificiali. Se facciamo attenzione a costruire secondo i metodi di Dio, nessuno la potrà fermare perché sarà Dio all’opera per costruire la Sua chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. In questa maniera la chiesa deve per forza crescere e ne nasceranno molte altre, e tutta la nazione sarà riempita di gente che ama Gesù Cristo.