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di Robson Rodovalho
Lo scopo per cui Dio ci prepara e ci dà la rivelazione della nostra eredità in Cristo è per impegnarci in una guerra spirituale per la nostra nazione. Non dobbiamo stare lì a pensare solo alla nostra maturità spirituale personale: correremmo il rischio di diventare troppo maturi, come le pere, e finire per marcire! Né dobbiamo cadere nell’eccesso opposto, buttandoci nel combattimento senza alcuna preparazione. Abbiamo bisogno di trovare il giusto equilibrio tra questi due estremi.
Nel libro di Daniele, vediamo i risultati dell’avere spezzato il potere spirituale della malvagità nei luoghi celesti. Anche noi, se sconfiggeremo i poteri spirituali, potremo liberare la nazione in cui viviamo perché si converta a Dio. Perciò questa battaglia riveste una grande importanza.
Il Signore mi ha dato una parola molto forte mentre predicavo recentemente: “Fa’ ritornare i nostri prigionieri, o Eterno, conte i torrenti nel deserto!” (Sal. 126:4). Egli mi ha fatto vedere una moltitudine di prigionieri – in modo particolare erano i ricchi – legati e rinchiusi negli edifici della mia città, e ho cominciato a piangere e a pregare per la loro liberazione.
Preghiera e digiuno
Nelle chiese brasiliane è normale vivere una vita intensa di intercessione. La mia comunità ha una catena ininterrotta di preghiera e digiuno per la città, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana, un turno diverso per ogni giorno. Nella nostra scuola biblica, all’inizio di ogni anno scolastico digiuniamo una settimana per “togliere la ruggine” prima di iniziare le lezioni, e ogni mese trecento operai del Signore si riuniscono per tre giorni a digiunare e intercedere per la nostra nazione.
Prima che venga il risveglio, Dio ha bisogno di spargere su di noi lo spirito di intercessione. Dio ha bisogno di gente che ama, gente che piange, che sente una tristezza tale da togliere l’appetito: “Le mie lacrime sono divenute il mio cibo giorno e notte, mentre mi dicono del continuo: `Dov’è il tuo Dio?” (Sal. 42:3). Senza di questo, non c’è risveglio.
La mia preghiera principale per l’Italia è che Dio susciti uomini e donne di preghiera. In Brasile ci sono molte chiese grandi, ma non voglio soltanto avere tanta gente: voglio Dio, e poi la gente che Dio attira. Facilmente ci impressioniamo per i risultati visibili, ma se cerchiamo solo i risultati, non siamo più servi di Dio ma ci siamo compromessi per servire il popolo. Occorre qualcosa di molto più profondo. Molti guardano l’esteriore, ma bisogna guardare quello che c’è sotto. Un edificio alto ha sempre un fondamento profondo che nessuno vede.
Io voglio essere una voce profetica per chiamare la mia chiesa a un impegno totale con Dio. Non ho paura di perdere la gente: voglio solo piacere a Dio, al quale dovrò rendere conto, e portare al mondo una nuova visitazione della Sua potenza. E so che così non perderò mai la gente, anzi, verrà sempre più numerosa. Dio mi ha dato una chiesa piena di persone che vogliono dare tutto a Lui: il tempo, il denaro, le energie. Talvolta è difficile per me trovare un po’ di privacy perché mi cercano continuamente, vogliono starmi vicino per imparare da me.
Uomini di preghiera
Se vogliamo il risveglio, dobbiamo dedicare del tempo a Dio. Per questo infatti Dio ha creato l’uomo: fin dall’inizio, Egli lo venne a cercare nel giardino, chiamando: “Adamo, dove sei?” (Gen. 3:8-9). Poi ha chiamato Israele ad essere il popolo del Suo cuore, “il mio tesoro particolare … un regno di sacerdoti e una nazione santa” Gli Israeliti però non vollero: “Dissero a Mosè: Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!” (Es. 19:5-6; 20:19 CEI). Dio fu rattristato perché Egli desiderava che non solo Mosè, ma tutto il Suo popolo potesse conoscerLo a faccia a faccia. Fu già allora che Israele perse la Terra Promessa.
Non dobbiamo perdere contatto col cuore di Dio e diventare dei freddi professionisti. Il Signore ci chiama ad essere, prima che uomini di successo, uomini di preghiera; profeti capaci di portare ai Suoi piedi la nazione intera. L’importante non è avere tanta gente e tanti miracoli o essere bravi a cacciare i demoni, ma portare le persone a Dio affinché tocchino il Suo cuore.
In Brasile abbiamo visto uomini che hanno operato grandi miracoli, hanno riempito gli stadi e fatto alzare i paralitici dalla sedia a rotelle, e hanno costruito chiese di ventimila persone. Ma sono finiti nel peccato, lontano dal cuore di Dio. E questo che noi ricerchiamo? le tecniche e i metodi? oppure di toccare il cuore di Dio? Vi supplico, non cercate di imparare come “usare” i doni dello Spirito, ma a dipendere dalla presenza di Dio.
Il successo è pericoloso perché facilmente ci esalta. L’arcangelo Lucifero fu distrutto dall’orgoglio perché era stato portato troppo in alto e pensò di prendere per sé ciò che apparteneva al Signore. Quanti di noi rimarranno umili se Dio ci userà in maniera potente? Il profeta Samuele dovette dire a Saul: “Quando eri piccolo ai tuoi occhi sei diventato capo delle tribù d’Israele” (l° Sam. 15:17). Anche oggi, il Signore sceglie di servirsi di noi quando ci consideriamo piccoli; ma poi cominciamo a pensare di essere qualcosa di grande, e Dio è costretto a metterci da parte.
Guerra spirituale
Voglio ora trarre alcuni insegnamenti dal profeta Daniele. Egli, da ragazzo, fu portato prigioniero in Babilonia e crebbe alla corte del re, e là Dio si servi di lui per toccare il cuore del re e influenzare così tutto l’impero babilonese e altri due imperi. Ma prima di questo, egli dovette spezzare le resistenze nella sfera spirituale.
Abbiamo bisogno di capire, infatti, che le nazioni sono dominate da principati, potestà, spiriti specializzati, che stanno lì per generazioni e non se ne vanno; influenzano la gente fin dall’infanzia, trasmettendo i loro principi e le loro “verità” per prendersi le anime e i cuori di quella generazione.
Daniele ha delle lezioni preziose da impartirci sul modo di ottenere la vittoria nel combattimento spirituale. Egli combatté contro il principato della Babilonia e, pur non avendo molta esperienza, ottenne la vittoria per mezzo delle seguenti armi:
Prima, mantenne una condotta irreprensibile: era un ragazzo molto puro che rifiutò di nutrirsi di certi cibi della corte del re (capitolo 1). Anche la Chiesa, se vuole vincere i principati spirituali, dovrà andare contro la cultura che la circonda e che è plasmata e influenzata da quei principati.
In secondo luogo, usò con grande franchezza i doni soprannaturali di rivelazione: riuscì così a conoscere e ad interpretare il sogno di Nabucodonosor, cosa che gli astrologi non erano riusciti a fare (cap. 2).
Poi, ebbe il coraggio di sfidare l’autorità del re, rifiutando di adorare la sua statua d’oro anche a rischio della propria vita (cap. 3).
La sua quarta arma fu l’inflessibilità (cap. 3). Anche la Chiesa deve essere inflessibile per certi aspetti: cordiale sì, ma senza cedere nelle cose essenziali, mantenendo la chiarezza della Parola di Dio. “Non sapete che l’amicizia del inondo è inimicizia contro Dio?” (Giac. 4:4). Se venisse il Presidente della Repubblica, lo accoglieremmo certamente con i dovuti onori, ma non potremmo trattenerci dal dirgli che cosa è giusto e che cosa è peccato, e che quella nazione che non si convertirà al Signore sarà distrutta.
Infine, l’autorità nel proclamare della parola di Dio: “Tu sarai scacciato in mezzo agli uomini e la tua dimora sarà con le bestie dei campi; ti sarà data da mangiare erba come ai buoi e sarai bagnato dalla rugiada dal cielo; passeranno su di te sette tempi, finché tu riconosca che l’Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole … Perciò, o re, gradisci il mio consiglio: poni fine ai tuoi peccati praticando la giustizia e alle tue iniquità usando misericordia verso i poveri; forse la tua prosperità sarà prolungata” (Dan. 4:25,27). Voi avreste il coraggio di parlare così al presidente o al primo ministro? Il Signore non risparmiò certo Daniele! Non solo, ma per un anno intero dopo di questo il Signore non agì (v.29). Possiamo immaginare lo stato d’animo, i dubbi e i conflitti nella mente di Daniele: “Sono passati già sei mesi, e non è avvenuto nulla di ciò che io ho predetto al re”!
Re e governatori
Ma alla fine, il risultato fu la conversione del re di Babilonia: “Io, Nebukadnetsar … benedissi l’Altissimo e lodai e glorificai colui che vive in eterno … Lodo, esalto e glorifico il Re del cielo, perché tutte le sue opere sono verità e le sue vie giustizia; egli ha il potere di umiliare quelli che camminano superbamente” (4:34-37). Gloria a Dio! Come ti piacerebbe avere il capo dello Stato come tuo discepolo e membro della tua chiesa?
Parlo sul serio: per esempio, si sta avvicinando alla mia comunità l’ex ministro dell’Agricoltura brasiliano. Tempo fa il Signore ha parlato al mio cuore dicendomi di pregare per lui – egli viene da una famiglia evangelica – anche se i fratelli mi hanno detto che ero pazzo! Poi egli è venuto a Goiania per candidarsi a governatore del mio stato, si è rivolto a me per chiedere preghiere e consigli, e ho cominciato a comunicargli la Parola di Dio. Ora è il governatore, e quando poco fa è stato coinvolto in un incidente stradale ha riconosciuto di essere stato protetto dalla mano di Dio. Tutti i giorni ci incontra per pregare, sta divorando la Bibbia, e credo che presto Dio lo porterà nella chiesa.
Il proposito di Dio era che Israele fosse una benedizione per tutte le nazioni (Gen. 12:2-3, Es. 19:5-6). Ma esso non si è mai adempiuto. Invece, quando Israele è andato in esilio in Babilonia, questo proposito è stato attuato tramite un ragazzino, Daniele. Perché? Perché fu distrutto il potere del principato che stava dietro l’impero babilonese.
Daniele fu un uomo profondamente impegnato nella politica e, come Giuseppe in Egitto, posto da Dio in una posizione di grande influenza. Anche oggi, la Chiesa deve interessarsi delle questioni politiche e sociali. Non può appoggiare in modo acritico l’autorità civile quando questa rappresenta un governo dei ricchi che opprime i poveri. Noi in Brasile non possiamo restare indifferenti alle condizioni di tanti bambini che vivono nella miseria più assoluta nelle favelas, cioè nelle baraccopoli. Dobbiamo annunciare con grande forza la giustizia sociale che fa parte integrante dell’Evangelo.
Ai tempi della schiavitù, la Chiesa peccò molto gravemente nell’acconsentire a quell’ingiustizia. Ma due uomini, praticamente da soli, cambiarono questa indifferenza: John Wesley in Inghilterra e George Whitefield negli Stati Uniti. La Chiesa è chiamata a mantenere una posizione profetica, anche al costo di dolori e sacrifici. Chi vuole piacere a un re, probabilmente non piacerà al Signore; ma se decideremo di voler piacere a Dio, costi quel che costi, Egli porterà ai nostri piedi re e governatori.
Legare l’uomo forte
Al capitolo 10 vediamo Daniele affrontare una seconda battaglia spirituale per influenzare in maniera decisiva l’impero persiano di Ciro. Daniele ormai è vecchio, non più un ragazzino come ai tempi di Nabucadonosor; ma si mette di nuovo a combattere con le stesse armi spirituali dell’intercessione e del digiuno per rompere il potere che domina su quell’impero (v.l3). E ottiene la vittoria, aprendo la porta a tutta l’opera della restaurazione di Israele raccontata nei libri di Esdra, Neemia, Aggeo e Zaccaria.
Così in tutta la Bibbia, vediamo che l’opera di Dio si manifesta solo quando viene legato l’uomo forte che tiene le redini degli imperi di questo mondo. Infatti durante il periodo dell’impero greco (“il principe di Javan”, v.20), non sorse alcun profeta o uomo di Dio a legare i principati che stavano dietro ad esso, e quella fu l’epoca più nera per la storia del popolo di Dio, e anche quella in cui nacque la filosofia umanistica che domina ancora la cultura occidentale. Per quattrocento anni mancò la rivelazione biblica e profetica, ci fu un silenzio assoluto da parte di Dio, perché nessuno aveva legato l’uomo forte di quell’impero. Quel che succede nel mondo visibile è conseguenza di ciò che avviene nel mondo invisibile.
C’è qui un principio molto importante per liberare la Parola, la grazia e l’azione di Dio nella storia. Egli vuole influenzare e formare la storia, la storia del mondo e anche dell’Italia. Ma il Suo strumento è la Chiesa. La nostra chiamata principale, prima ancora di evangelizzare, è quella di ottenere la vittoria nei luoghi celesti.
Vittorie nel mondo invisibile
Ci sono due passi per sconfiggere gli spiriti malvagi che dominano l’Italia: prima discernerli, poi legarli. Durante le nostre conferenze in Brasilia, ogni anni alziamo le mani e preghiamo contro le potenze spirituali. C’era nella nostra capitale un grandissimo tempio spiritista da 20.000 posti, presieduta da una maga molto nota che veniva consultata perfino dal Presidente e dai ministri del governo. Nel luglio del 1986, il Signore ci ha portati a pregare “Legala!” Dopo due mesi, abbiamo avuto la notizia che la maga era morta improvvisamente. Poco dopo, il Governatore ha requisito tutta la proprietà per costruirvi una centrale idroelettrica, ed è scomparsa definitivamente sotto le acque. Tutto questo perché la Chiesa ha steso la mano per esercitare la sua autorità.
Qualche tempo fa, ho sentito parlare di un “medico” che faceva degli interventi straordinari. Sono andato a vedere e mi sono reso conto che non era un medico, non aveva mai studiato: era un muratore, e non usava un bisturi ma un coltello qualsiasi per aprire i corpi e togliere tumori o quel che volete, il tutto senza anestesia, mentre il malato sorrideva e chiacchierava con lui. Ne ho una videocassetta, è veramente impressionante. Anche il calciatore Zico è andato da lui per farsi operare il ginocchio. Mio cugino, farmacista, è rimasto tutto entusiasmato da quell’uomo.
Era diventato ricchissimo: possedeva due aziende agricole, ville enormi, andava in giro in Alfa Romeo e aveva letteralmente armadi pieni di denaro che il diavolo gli aveva dato. La gente diceva: “Quello non può morire perché ha fatto un patto con Satana”. Infatti aveva fatto un pauroso incidente in moto: correva a forte velocità e fece un volo tremendo; la moto andò completamente distrutta, ma lui ne uscì illeso.
Dissi: “Signore, questo non va per niente bene!” Chiamai il fratello Cesare, il responsabile della scuola biblica, il quale mandò i suoi ragazzi all’aeroporto a chiedere ai malati che arrivavano: “Scusi, lei va per caso da quel tal dei tali?” Quando rispondevano di sì – e arrivavano da tutte le parti, persino dalla Germania, per farsi curare – essi dicevano: “Ma io conosco una cura ancora migliore, che sana le persone senza alcun intervento. Si chiama «cura all’olio caldo»: se volete, vi accompagno dove la fanno”. Così cominciavano a venire, si pregava per loro e se ne andavano guariti!
Un giorno andai in una chiesa nella città dove viveva quell’uomo, a una cinquantina di chilometri da Goiania. Mi sentii fortemente turbato e lo Spirito mi spingeva a pregare con grande forza: “Signore, legalo! legalo!” Poco dopo vi tornai con mia moglie. Lo spiritista era in vacanza – era andato a pescare – ma andai a vedere il suo assistente. C’erano quattrocento infermi da ogni parte del paese che facevano la fila anche tutta la notte, e là in mezzo io, lo “spione di Dio”, che pregavo insistentemente in lingue!
Terra santa
Tornammo a Goiania e, con i miei collaboratori, pregammo e digiunammo per dieci giorni contro quella potenza spirituale. Avvertimmo delle pressioni terribili che non riesco neanche a descrivere. Poi iniziava il nostro convegno e convocai tutti i pastori a pregare con noi durante i tre giorni di preparazione. E il primo giorno del convegno arrivò la telefonata: quel mago, mentre pescava, era stato attaccato da uno sciame di api selvatiche ed era morto. La città dove viveva era sconvolta perché tutti sapevano del patto che aveva con il diavolo, e il timore di Dio si estese su tutta la regione.
Mi levai le scarpe e cominciai a piangere: “Signore, questa è terra santa: l’autorità che hai dato alla tua chiesa è così forte, più di quanto possiamo immaginare!” E Dio mi parlò, dicendo: “Sai perché è morto? Io l’avrei salvato, così il diavolo l’ha fatto morire”. E non è finita qui: il mago che è andato a prendere il suo posto e sua moglie si sono convertiti al Signore e oggi fanno parte della chiesa.
Fratelli miei, ogni autorità appartiene a Gesù, ed Egli l’ha data alla Chiesa perché leghi i principati. Ma non è solo questione di preghiera: dobbiamo vivere tutta una vita profetica e ricevere direzione da Dio per saper chiudere le porte dell’Ades. Per vincere questa guerra spirituale, dobbiamo saper usare due armi: prima l’intercessione, e poi il confronto. Se guardiamo Daniele 9:1 e 10:1, vediamo che viene prima l’intercessione con grande umiliazione e la confessione dei peccati della nazione, e solo due anni più tardi lo scontro decisivo nei luoghi celesti.
Non possiamo confrontarci con il nemico se non c’è prima lo spirito di intercessione e la confessione dei peccati della nazione in cui viviamo. Non solo gli individui e le famiglie, ma anche le nazioni giacciono sotto la maledizione di Dio per i peccati del passato: per le persecuzioni e lo spargimento del sangue innocente, l’oppressione e la schiavitù, le ingiustizie sociali cui partecipa tutta la nazione e non solo un individuo. Ed è compito della chiesa intercedere, caricandosi dei peccati della nazione in cui vive, perché la benedizione di Dio possa venire sul suo paese.
Chiediamo dunque a Dio perché spanda su di noi uno spirito di grazia e di intercessione perché possiamo offrirci come intercessori per l’Italia, affinché le siano perdonati i peccati dei secoli passati, il sangue dei martiri sparso durante i secoli, e perché i principati e i dominatori spirituali siano sconfitti e possa venire su questa nazione la benedizione e la pioggia del risveglio!