SCARICA PDF di questo articolo
di Robson Rodovalho
Il mio paese, il Brasile, ha l’economia in rovina: siamo pieni di debiti con le banche americane, giapponesi e italiane. Ho avuto modo di parlarne alcune volte con l’allora presidente del Brasile, José Sarney, e di pregare con lui, e un giorno gli dissi: “Signor Presidente, il problema di fondo del Brasile è morale – la corruzione – e l’unica risposta è un risveglio spirituale”. Egli mi ascoltò con molta umiltà, impressionato dalla mia franchezza, e rispose: “Lei è proprio sicuro di quello che dice, vero?”
Mi sentii come se fossi io il Presidente e lui il giovane sconosciuto! Ma noi siamo l’Israele di Dio, e la parola “Israele” significa “Principe di Dio”. Siamo stati chiamati a prendere il controllo delle situazioni e a decidere il corso della storia. Il Signore è grande!
Dio mi ha chiamato a servirLo non solo come pastore, ma anche come professore universitario di fisica per poter influenzare la nuova generazione in Brasile. Nell’università sono molto impegnato, non tanto con le lezioni, ma perché continuamente mi chiamano: “Prega per me …”, “Ho bisogno di un consiglio …”, “Vieni a casa mia …”. Ho detto al Signore: “Allora non sono qui come professore, ma come pastore!”
Successo
Fino ad oggi, non credo di aver mai incontrato un pastore che non cercasse il successo. Tutti vogliamo ottenere dei risultati per influenzare le nostre città e la nostra società.
Non è sbagliato desiderare il successo. Dio stesso vuole che l’abbiamo, e con la crocifissione di Gesù, Egli ha provveduto tutto il necessario perché lo possiamo raggiungere. Se dunque non lo otteniamo, certamente qualcosa non funziona, e la colpa non è di Dio, ma nostra.
Per avere successo, occorrono tre cose: la presenza di Dio, le persone e i soldi. Tutti i pastori vorrebbero avere più gente nelle loro chiese e anche più risorse economiche, perché il denaro ci consente di diffondere il Vangelo: vuol dire più Bibbie, più televisione, più radio; tutte cose che servono per conquistare le persone a Cristo.
L’errore è quando invertiamo le priorità e ricerchiamo prima i soldi, poi le persone e solo alla fine il Signore. Deve essere il contrario: prima il Signore, poi le persone e infine le cose. La risorsa più importante, la ricchezza più grande che abbiamo è la presenza di Dio e la manifestazione della Sua gloria. Niente è più bello di questo.
La seconda nostra ricchezza sono le persone. Ho conosciuto dei pastori che non avevano capito questo, che attribuivano più valore alle cose che non alle persone. Se un fratello rompe un microfono, il pastore si arrabbia molto, e così fa capire che in pratica il microfono è più importante del fratello che lo usa. Per Dio, invece, ha molto più valore il fratello!
Per molto tempo – per più di sette anni, credo – io e tutta la chiesa abbiamo pregato e digiunato, talvolta per settimane intere, chiedendo a Dio risultati, conversioni, un movimento dello Spirito. Alla fine, il Signore mi parlò e mi fece capire che Egli era pronto, che se le cose non avvenivano, era perché doveva prima cambiare qualcosa in noi.
Il problema è la Chiesa, e principalmente i pastori. Se essi si mettessero in discussione, lo farebbero anche le chiese e le famiglie, e così conquisteremmo le nazioni: è una reazione a catena. Il problema è dentro di noi: le nostre paure, i nostri dubbi, le nostre insicurezze, le nostre teologie e tante altre cose ancora.
Attraverso il deserto
Voglio prendere come esempio per noi la vita di Mosè, perché molti di noi somigliano a lui e si trovano nella sua stessa situazione. Egli passò quarant’anni vagando nel deserto (Atti 7:30) prima di arrivare al punto in cui Dio poté servirsi di lui. Il risveglio arriva sempre dal deserto: così anche Giovanni Battista apparve predicando nel deserto per preparare la via a Gesù.
Quando Dio apparve a Mosè nel pruno ardente, egli sapeva da dove Dio gli parlava, ma non osò avvicinarsi. Allo stesso modo, molti di noi sanno dove trovare “la montagna di Dio” – sappiamo che bisogna digiunare e pregare – ma non lo facciamo. Perché? Prima di arrivare a quest’esperienza decisiva di Dio, Mosè dovette passare attraverso il deserto (Es. 3:1). Normalmente, quando Dio vuole usare una persona in una posizione di autorità, la fa passare per il deserto, un periodo in cui viene spezzata la sua forza naturale e il desiderio orgoglioso di volersi mettere in primo piano.
Dio aspettò quarant’anni, guardando il cuore di Mosè. Egli era pronto, ma non lo era Mosè! Aveva troppa forza naturale: cresciuto nella corte reale d’Egitto, aveva ricevuto la migliore istruzione che il mondo potesse offrire (Atti 7:22) e pensava che Dio avrebbe dovuto servirsi di lui (Es. 2:11-12). Così dovette passare attraverso il deserto; ed anche noi, se vogliamo l’unzione, dobbiamo prepararci perché il Signore ci faccia passare di là.
Io ho avuto nella mia vita due fasi di ministero. La prima è stata con i giovani, ed è stata qualcosa di molto forte, davvero soprannaturale. All’età di quattordici o quindici anni mi muovevo nello Spirito in maniera veramente potente. Abbiamo fatto perfino delle esperienze con gli angeli. Una volta, durante un campeggio giovanile, stavo sulla montagna la sera e pregavo quando i giovani laggiù cominciarono improvvisamente a piangere, a gridare, cadendo a terra e confessando i peccati, senza che nessuno avesse predicato o pregato per loro, tale era la manifestazione della presenza di Dio. Fu il più grande risveglio cui ho partecipato fino ad oggi.
Ma dopo quell’esperienza, Dio parlò al mio cuore dicendo: “Voi non siete ancora pronti a muovervi nella Mia potenza. Nei vostri cuori c’è orgoglio, autoritarismo e altre cose con le quali io dovrò fare i conti”. Mi ha tirato fuori da quell’opera fiorente con i giovani e mi ha portato nel deserto per tre anni, durante i quali mi ha lavorato profondamente per spezzare le cose che non andavano nella mia vita.
Il pericolo del risveglio
Il risveglio è un grande pericolo se non c’è stata prima la rottura della nostra forza e del nostro orgoglio naturale. Questa è la chiave, non per avere il risveglio – perché ciò che lo porta è la preghiera, il digiuno e la franchezza – ma per conservarne i frutti e le benedizioni. Facilmente scivoliamo nell’orgoglio e nella competizione: “La mia chiesa è più grande della tua …”, “Io predico meglio …”, “Io sono più importante di te”. O forse è solo in Brasile che avvengono cose del genere?!
Il deserto quindi porta questa frantumazione. Fratelli, se desiderate il risveglio in Italia, vi supplico di porre un fondamento solido: fondamento che si chiama “rottura”. Il Signore ha bisogno di farci passare per il deserto per prepararci al ministero, svuotandoci del nostro orgoglio, per poterci affidare la Sua potenza. È molto brutto quando dallo stesso cuore sgorgano due fonti diverse, quella della grazia di Dio e quella della carne. Un’acqua del genere lascia la bocca amara a chi la beve.
Così, dopo il deserto, arrivò finalmente per Mosè il momento in cui disse: “Andrò a vedere cosa c’è in quel pruno ardente”. Dio aspetterà fino a che il nostro cuore comincia a gridare che non ne può più, che è stanco di sforzi e di deserto, che è pronto a pagare qualsiasi prezzo, e alla fine Dio parlerà dicendo: “Sali sulla montagna della mia gloria, e io ti parlerò”.
Forza e sicurezza
La maggior parte dei pastori si porta dietro ferite e risentimenti nei confronti del Signore. Si sono lanciati con entusiasmo e fede, ma poi qualcosa li ha bloccati: la chiesa, la moglie, la famiglia… Anche Mosè era un uomo amareggiato: si ritrovò con una moglie che l’ostacolava e contendeva con lui (Es. 4:24-26). Ma il Signore lo voleva usare, perciò per prima cosa gli ha guarito il cuore. E così anche per noi: Dio innanzitutto deve guarire il nostro uomo interiore per renderlo sano, sicuro e forte.
Gedeone, quando Dio lo chiamò, si era nascosto per paura dei nemici. Ma Dio gli disse: “Uomo forte e valoroso!” (Giud. 6:11-12). “Chi, io?!” deve aver pensato Gedeone. Ma il Signore lo guarì delle sue paure. Aveva paura perché non capiva, aveva una teologia sbagliata: diceva: “Se Dio è con noi, come mai la nostra nazione è schiava?” (v. 13). Questa domanda aveva distrutto la sua sicurezza interiore, come d’altra parte è avvenuto a molti di noi. Ma poi Dio gli fece comprendere che, se Israele era in schiavitù, era perché aveva peccato, così poté diventare forte e ottenere la vittoria e la liberazione.
Un altro che ebbe un incontro sconvolgente con Dio fu il profeta Isaia. “Nell’anno della morte del re Uzzia, io vidi il Signore …” (Is. 6:1). Perché la Bibbia parla della morte del re Uzzia? Perché Uzzia fu un re molto forte, ma era diventato lebbroso e questo aveva fatto sorgere un grande dubbio nel cuore di Isaia, togliendogli le forze: “Come mai al nostro grande leader, un uomo così forte, è potuto succedere una cosa del genere?” Ma proprio allora arrivò la rivelazione ad Isaia. Anche noi abbiamo tanti dubbi, tante insicurezze che ci legano il cuore; ma dopo la rottura viene anche la rivelazione e il tempo della forza e dell’unzione, quando saliamo sulla montagna di Dio.
Cosa attirò dunque l’attenzione di Mosè? Egli vide il fuoco ardere nel pruno, che però non si consumava mai (v.2). Questa era la chiave che Dio gli dava per essere usato: per la presenza di Dio nella sua vita, poteva avere potenza ed essere il liberatore, poteva ardere senza essere consumato.
La maggior parte dei pastori ha paura di entrare nella sfera della potenza spirituale. Si dicono: “Se entrerò, in questa sfera, cosa succederà alla mia famiglia? Potrei ammalarmi per il sovraccarico di lavoro, la chiesa potrebbe dividersi o rivoltarsi contro di me, la città mi perseguiterà”. Ma Dio ha promesso che potremo calpestare serpenti e scorpioni e non ci succederà niente (Lc. 10:19). Quindi possiamo muoverci con sicurezza e con baldanza. Il pruno arderà senza mai consumarsi!
Rivelazioni
Con questa prima rivelazione della Sua presenza, Dio dà a Mosè sicurezza e forza per condurre il Suo popolo. La seconda rivelazione serve per cambiare radicalmente il suo modo di pensare: “Dio parlò quindi a Mosè e gli disse: Io sono l’Eterno e sono apparso ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe, come Dio onnipotente; ma non mi ero mai fatto conoscere da loro con il mio nome di Eterno” (Es. 6:2,3).
L’espressione “Dio onnipotente” è in ebraico El Shaddai, cioè: “Dio potente, Dio grandioso”. Fu una rivelazione di chi è Dio. Ma ora Dio si rivela a Mosè, non come l’Onnipotente nel cielo, ma come il Dio di pace e di guarigione. È molto importante che anche noi abbiamo questa rivelazione di Dio, non solo come un Dio potente lassù, ma come il Dio che guarisce.
Tutte le chiese che si muovono con potenza hanno aperto una nuova fonte di rivelazione, sono venute a conoscenza di un aspetto particolare del carattere di Dio, in modo tale che tutta la chiesa ne è impregnata. Per esempio, la prima fonte che si apre è la salvezza: tutta la chiesa ne parla perché ha fede per la salvezza delle persone. Il pastore ha fede, la comunica alla chiesa, e la chiesa si muove. Poi si apre la rivelazione del battesimo nello Spirito Santo e tutta la chiesa si impossessa di questa verità. E così anche per le guarigioni, per cacciare i demoni, per il denaro, per i miracoli, per i nuovi cantici … In Brasile stiamo incidendo un nuovo LP ogni tre mesi, tanti sono i cantici che sgorgano dalla fonte che si è aperta. In quattro anni abbiamo venduto 250.000 dischi e le case discografiche non riescono più a soddisfare tutta la richiesta!
È importante che il pastore sappia di quale fonte ha bisogno la sua chiesa in quel momento e non cerchi di aprirle tutte assieme, altrimenti ci si perde. Deve aprirne una alla volta: prima quella della salvezza, poi quella del battesimo nello Spirito, perché se la Chiesa non parla in lingue, non c’è movimento nel soprannaturale. Poi si può cominciare con le altre fonti, secondo la comprensione che hanno i responsabili della volontà di Dio. E bisogna stare al passo, perché il Signore va veloce e la fonte aperta ieri può diventare stagnante oggi, come la manna nel deserto che già il secondo giorno puzzava e faceva i vermi.
Autorità
La terza rivelazione è in Esodo 4. Il Signore fa vedere a Mosè che, prima di entrare nel ministero, ha bisogno di imparare a combattere e a vincere tre nemici.
Il primo nemico è nei versetti 3-5: “Il bastone … diventò un serpente, davanti al quale Mosè fuggì. Allora l’Eterno disse a Mosè: Stendi la tua mano e prendilo per la coda”. Mosè dovette esercitare la fede per afferrare un serpente per la coda! Ma lo fece, e così scopri di non doverlo temere. Questa è una perfetta immagine della nostra autorità sui demoni. Non dobbiamo temere i demoni: Gesù ci ha dato potere di calpestarli, promettendo che nulla ci farà del male. C’è autorità nel nome di Gesù!
Il secondo è nei vv. 6-7: “L’Eterno gli disse ancora: «Ora metti la tua mano nel tuo seno». Ed egli mise la sua mano in seno e poi la ritrasse dal seno, ed ecco che la mano era lebbrosa”. La lebbra è simbolo del peccato. Con questo, il Signore voleva dire a Mosè: “Il tuo cuore – la parte migliore di te – è putrefatto”. Abbiamo bisogno di capire che il peccato si annida ancora dentro di noi; ma che, tuttavia, lo possiamo vincere per mezzo della croce.
La croce è un bisturi che penetra e taglia profondamente nella nostra natura umana per distruggere la nostra durezza, il nostro temperamento nervoso e produrre mansuetudine e dolcezza. Chi non ha ottenuto una vittoria completa sull’immoralità, sull’orgoglio, su ogni forma di peccato, non è qualificato ad essere pastore. Un conto è essere nella chiesa, un altro è guidarla. Molti ministeri vanno a finire male perché sovraccaricano un meccanismo incrinato che non è in grado di sostenere un simile sforzo.
La terza autorità che il Signore dà è indicata al v.9: “… e l’acqua che avrai presa dal fiume diventerà sangue sull’asciutto”. Questo ci parla dell’autorità della parola profetica. L’acqua rappresenta la vita; il sangue, la morte. Le parole del servo di Dio diventano strumenti di vita e di morte, di giudizio e di benedizione.
Sono stato in una regione del Brasile dove ci sono molti maghi e molti fattucchieri, e anche una grande povertà. Non potete neppure immaginare le condizioni in cui vive quella gente: è peggio dei campi di concentramento. Con il pastore locale, mi sono trovato davanti a un motel, una casa di prostituzione. Sono rimasto molto turbato nel mio spirito; ho alzato la mano dicendo: “Non è per la tua gloria, Signore: nel nome di Gesù, chiudila!”
Sono tornato a casa, e circa tre mesi dopo stavo guardando il telegiornale quando vidi la notizia di una tempesta che si era abbattuta su quella zona, producendo smottamenti del terreno; proprio quel motel ne era stata ingoiata. Il potere della vita e della morte sta nella bocca della Chiesa: ciò che benedice sarà benedetto, ciò che maledice sarà maledetto. Dio diede a Mosè potere sui demoni, sul peccato, sulla vita e sulla morte. C’è una grande potenza nella preghiera della Chiesa!
Debolezza
Infine, al versetto 10 Mosè dice: “Ahimè, Signore, io non sono un parlatore … sono tardo di parola e di lingua …”. “Ho provato già quarant’anni fa, quando ero giovane – dice – e allora non ci sono riuscito”. Ma il Signore non ha bisogno di coloro che credono di essere bravi e abili: si serve di quelli che si sentono incapaci di parlare per Lui, perché la Sua potenza si rende perfetta nella nostra debolezza.
Dio non ha bisogno di grandi uomini, ma di persone che, come Mosè, vogliono rompere con il passato, con le sconfitte e con le tradizioni. Nessuno si muove nella sfera del soprannaturale senza pagare un prezzo. Ma per chi ha fame e sete di Dio, Egli opererà e ci sarà il risveglio anche in Italia.
Cristo è di Dio!