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di Giovanni Traettino
Se dovessimo riassumere in poche parole il significato della vita cristiana e della salvezza, credo che la migliore espressione per farlo sarebbe: “Gesù è il Signore!” Ecco la sintesi dell’evangelo: Gesù è il Signore della mia vita.
Per questa confessione i primi cristiani furono trascinati davanti alle autorità politiche e religiose dei loro tempi, e dovettero affrontare persecuzioni e martirio. Quando la chiesa primitiva doveva riassumere tutto il significato dell’opera di Cristo, lo faceva con questa espressione: “Gesù è il Signore!”
Notiamo che non dicevano: “Gesù è il Salvatore”, ma “…il Signore”. Molti cristiani odierni si limitano invece a confessare Gesù come Salvatore. Questa è senz’altro una grande verità. Ma quella che le Scritture mettono molto di più in evidenza, e che lo Spirito Santo vuole sottolineare nei nostri giorni per applicarla praticamente alla nostra vita è la Sua signoria, cioè che Egli è il padrone della nostra vita. Tutto il piano della salvezza rivelato nelle Scritture è centrato sul fatto che Gesù è il Signore. Avete mai notato che cosa è scritto in Atti 16:30? “E menatili fuori, disse: Signori, che debbo fare io per essere salvato? Ed essi risposero: Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la casa tua”. Credi nel Signore Gesù! Ecco il cuore dell’evangelo; tutto il resto è conseguente. Gesù diventa il mio Salvatore quando Lo accetto e Lo confesso come Signore della mia vita.
Cristiani farmacisti
Invece, noi cristiani siamo diventati dei bravi farmacisti che, dopo esaurienti analisi eseguite in laboratori raffinatissimi, siamo riusciti a separare i vari elementi che compongono il cristianesimo e a stabilire quali sono le cose strettamente necessarie ed indispensabili per poter essere salvati. Evidentemente abbiamo paura di prendere un’intossicazione da eccesso di dose, così isoliamo questo minimo indispensabile, lasciando il resto ai “fanatici” e ai “fissati”.
Abbiamo bisogno di tornare all’insegnamento elementare intorno a Cristo di Ebrei 6:1-2 per vedere che cosa fa parte del “pacco-dono” della salvezza, e capire dove le cose non stanno a posto.
Questo “insegnamento elementare” – e notiamo bene che non stiamo parlando di insegnamenti avanzati, o di maturità cristiana – è definito anche il “fondamento” della vita cristiana. Come Cristo appunto (1° Cor. 3:11). Esso comprende questi elementi: ravvedimento dalle opere morte, fede in Dio, dottrina dei battesimi (in acqua e nello Spirito Santo), imposizione delle mani (cioè autorità delegata da Dio nella Sua chiesa), resurrezione dei morti e giudizio eterno. Tutte queste verità non sono separabili e tutte insieme non sono altro che la spiegazione di Cristo, la descrizione (teologica) del processo (pratico) attraverso il quale dobbiamo passare per arrivare al rapporto che ci incardina in Cristo e ci radica in Lui. Quando le insegniamo, insegniamo intorno a Cristo.
Un solido insegnamento
Quando si costruisce una casa, ci sono vari elementi che vanno a formare il cemento armato che ne costituisce il fondamento: sabbia, cemento, brecciolino, ferro. Così possiamo dire che, per porre Cristo a fondamento della nostra vita, dobbiamo metterci vari elementi che insieme compongono questo “cemento armato” che è Cristo e il nostro rapporto con Lui. Dire “Gesù è il Signore” significa che io chiudo con la mia vita passata, mi arrendo a Lui e Lo faccio padrone della mia vita: questo è il ravvedimento. Significa che da ora in poi la mia fiducia (fede) sarà in Lui, non più in me stesso. Egli è il Signore delle circostanze e delle persone intorno a noi. Depongo ogni forma di indipendenza e di ribellione per essere comandato da Lui. Il battesimo in acqua significa che sono morto, ed è anch’esso un riconoscimento della signoria di Gesù: comincio ad ubbidirGli, scendendo nelle acque battesimali così come Egli è sceso nella tomba, e in quelle acque depongo il mio vecchio uomo per risorgere a nuova vita. (E’ di nuovo il Creatore che aleggia e comanda sulla superficie delle acque per dare inizio ad una nuova creazione).
Poi, come per il popolo d’Israele al Mar Rosso, come per Gesù al Giordano, lo Spirito di Dio scende su di noi perché riceviamo un battesimo di potenza. Vieni, Spirito di Dio, così preghiamo. La tua presenza, guida e potenza controllino il mio essere intero. Riempimi. Il tuo soffio e la tua energia, Signore, perché possa essere il testimone che tu vuoi. Che sia manifestato come figlio di Re, per manifestare te come il Re.
Poi, ancora, rendo effettiva la signoria di Gesù con la mia sottomissione pratica, nella vita di ogni giorno, là dove vivo e dove lavoro, alle autorità alle quali Egli ha delegato una parte della Sua autorità: nella mia famiglia, come figlio o come moglie, o se sono il capo della famiglia, alle autorità che il Signore ha stabilite nella Chiesa, e poi, anche fuori della Chiesa, alle autorità civili che Egli ha ordinate. Anche qui stiamo parlando di Gesù come Signore; così chi viene meno in una di queste cose non è pronto a vivere fino in fondo la signoria di Cristo. Resurrezione e giudizio eterno ci parlano della presa di possesso totale e definitiva che seguirà. Di Gesù che riempirà ogni cosa della Sua presenza ed annienterà ogni ostacolo che si frapporrà nel suo cammino: morte, peccato, uomini, potenze celesti e terrestri. Tutto sarà sottomesso a Lui.
Tutte queste cose fanno parte essenziale del fatto che Gesù è il Signore, il padrone; che Gli abbiamo ceduto le armi dicendo: “Da oggi in poi sii Tu a prendere le redini della mia esistenza”. Il vangelo non è assolutamente come una cura di aspirine che si prendono una la mattina e una la sera, o magari di siringhe che si fanno un giorno sì e uno no. Gesù è il Signore! Chi ha creduto in Lui ha già deciso di chiudere con il passato, di mettere la sua fiducia in Dio, di essere battezzato in acqua e nello Spirito Santo, e di sottomettere la sua vita praticamente nella chiesa, agli anziani, ai pastori, agli apostoli, ai profeti che il Signore costituisce. Tutto fa parte dell’unico miscuglio che forma il “cemento” che fa da fondamento della vita cristiana.
Esaminiamo dunque bene la nostra vita, anche se siamo credenti già da vent’anni, e vediamo se il fondamento è a posto, perché altrimenti potrebbe venire l’ispettore dei lavori pubblici a farci una bella multa o, peggio ancora, arriverà un terremoto a distruggere tutto quanto avremo costruito. E i responsabili saremo noi.
Qualcuno potrebbe sollevare delle obiezioni riguardo alla presenza dell’autorità ministeriale il questo “fondamento”, ma la Scrittura togli ogni dubbio quando dice che Cristo è il fondamento, e poi usa la stessa espressione riferendosi agli apostoli e ai profeti (Ef. 2:20). Ritengo, tra l’altro, che anche in questa direzione vada compreso, il principio dell’imposizione della mani di Ebr. 6:2. Dimostro di riconoscere praticamente Gesù come Signore quando volontariamente mi sottometto ad un fratello in cui riconosco l’autorità spirituale, perché mi faccia da guida e, per così dire, da “padre” spirituale, riconoscendolo come autorità delegata da Dio sulla mia vita. Anzi, potrò esaminare bene il fondamento della mia vita cristiana solo se consentirò alle autorità che Dio ha stabilito nella chiesa di entrare nella mia vita di ogni giorno e di applicarvi i principi del Regno di Dio in termini estremamente pratici.
Se uno dice “Gesù è il mio Signore” ma poi praticamente non vuole che Egli, metta il naso nel suo bilancio, anche tramite l’autorità spirituale, nel suo lavoro, nei rapporti che ha con la moglie e con i figli, dice una bugia. E il Signore delega questa autorità ai Suoi servitori, e dà alla chiesa anche dei doni particolari in questo senso. Così che se il pastore non ha abilità per risolvere problemi economici, chiederà aiuto ad un fratello che la possiede, per poter insieme mettere ordine e insegnare saggezza nel bilancio familiare o nei rapporti matrimoniali. In questo modo il Regno di Dio diventa una realtà effettiva nella nostra vita e non solo una teoria di cui predichiamo e cantiamo la domenica mattina.
Salvezza nel matrimonio
La salvezza non è solamente qualcosa di spirituale o relativo al futuro. Essa è anche liberazione e risanamento, qui ed ora, in ogni sfera della vita.
Quando Gesù è il Signore, comincia a mettere in ordine la nostra vita familiare. In Efesini 5:22 troviamo un comando estremamente concreto: “Mogli, siate soggette ai vostri mariti, come al Signore”. Dobbiamo scartare tutti i “ma…” con i quali la cultura moderna cerca di minare questo principio, perché a scanso di ogni equivoco è scritto: “…come al Signore”. Quindi le mogli esaminino bene se stesse e siano sicure di non avere un cuore ribelle, perché ribellarsi al proprio marito significa ribellarsi a Dio. E infatti nel cuore che Egli vuole vedere un atteggiamento di sottomissione, non è una questione solo esteriore. Se poi hai difficoltà nel sottometterti a tuo marito, chiama il pastore e parlatene insieme a lui, cercando di mettere le cose a posto. Forse, sono passati tanti anni; troppa acqua è passata sotto i ponti. C’è però nel fondamento un componente essenziale che si chiama “ravvedimento”. Esso non è solo per chi si converte oggi, ma è per chiunque di noi scopra che qualcosa nella propria vita non è conforme alla volontà di Dio, e vuole conservare la pace e la gioia dello Spirito santo.
Ognuno di noi tende a farsi un certo concetto di ciò che non lo è. Alcune donne, per esempio, sanno dimostrare con cento ragionamenti e con mille buoni motivi che non è giusto per loro essere sottomesse ai loro mariti. Ma facendo così, prendiamo noi il posto di Dio, perché spetta a Lui stabilire cosa sia giusto, ed Egli ce l’ha rivelato. L’unico modo per il credente di essere nel giusto è di ubbidire: la giustizia, per il credente, si chiama “ubbidienza”! Così, quando Egli ci dice che “il marito è capo della moglie come anche Cristo è capo della Chiesa”, ci rimane solo di accettarlo e metterlo in pratica.
Ho sentito certi teologi fare dei discorsi molto profondi sulle verità dell’evangelo, ma se vai a casa loro è la moglie che comanda: non è in ordine la loro casa e perciò non hanno nessuna autorità per parlare. Qui non si tratta di una filosofia, ma di una vita vissuta sotto il governo di Dio. E se non rimettiamo le cose con i piedi per terra, se non riportiamo la chiesa alla realtà della vita e all’autorità di Dio in mezzo a noi perdiamo solo tempo.
La Scrittura dice ancora: “le mogli debbono essere soggette ai mariti in ogni cosa” (Ef. 5:24). Spesso le mogli fanno delle cose nascondendole ai propri mariti, ma questo assolutamente non è da Dio. Essere sottomesse in ogni cosa significa essere nello spirito disponibile a condividere ogni cosa, sentire in ogni cosa il parere del marito, aspettare che sia lui a prendere la decisione finale.
Poi leggiamo: “Mariti, amate le vostre mogli come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei…” (Ef. 5:25). Il compito dei mariti non è certo più facile di quello delle mogli! Amare la moglie come Cristo ha amato la Chiesa mi sembra una cosa molto ardua, impossibile, se la vita di Cristo non è in noi. Siamo chiamati a dare la nostra vita per le nostre mogli, ad adottare lo stile di autorità di Gesù che è uno stilemi servizio, a metterci a disposizione costi quel che costi, ad essere gentili, cordiali, pieni di amore e di dolcezza. Vedo invece tanti mariti che, quando non usano le mani, maltrattano le mogli in una maniera indecente, e questo anche tra i credenti! Sono sgarbati, egoisti, non accettano le loro responsabilità di educare e di disciplinare i figli, né quella di tenere il bilancio della casa, ma lasciano tutti questi pesi alla moglie. Certo che è molto difficile per una donna sottomettersi a un uomo così, perché di fatto egli non ha autorità nella casa. Un comportamento così irresponsabile non ha niente a che fare con l’amore di Cristo e con la Sua vita nella famiglia.
Sorelle, se avete problemi con i vostri mariti, invitateli a sottoporsi alle autorità spirituali della chiesa, perché quando non si comportano bene, secondo i principi stabiliti nelle Scritture, ci sia qualcuno che possa dire loro come devono comportarsi. Non è vero che gli uomini non debbono essere sotto autorità: questo è stato il grosso inganno dei secoli scorsi, in questo modo il marito è potuto diventare un despota, provocando una comprensibile reazione in molte donne che hanno detto “Facciamo da noi…. Perché devono comandare loro?” L’unico modo per ristabilire l’equilibrio voluto da Dio è che anche gli uomini siano chiamati a fare l’esperienza dell’autorità, così che, quando sono essi che la esercitano, lo facciano come vorrebbero che fosse esercitata sopra di loro.
La salvezza della famiglia
E’ interessante notare come in Efesini 5:25-27 il discorso sulla famiglia sia strettamente legato a quello sulla chiesa. Quello che lo Spirito Santo ci sta infatti dicendo è che senza famiglie sante non è possibile avere una chiesa santa, Gesù non può essere il Signore della Chiesa se non lo è della famiglia; che Egli non può governare la nostra vita comunitaria se non governa i nostri rapporti con nostra moglie o nostro marito, coi nostri figli e con i nostri genitori. Se ho litigato con mia moglie o con i miei genitori e poi pretendo di stare in comunione con gli altri fratelli, sono un bugiardo. Non posso essere in buoni rapporti con Dio, e neanche con i fratelli, finché non lo sono per quanto dipende da me, con quelli della mia stessa famiglia. Il corpo di Cristo è un organismo così delicato, così intimamente legato insieme, che quando un membro sta male ne soffre tutto il corpo (1° Cor. 12:26). Non ha bisogno di esserne informato, perché cominci a sentirsi male, tutto quanto. Quando i rapporti tra un marito e una moglie vanno male, la chiesa, anche se non lo sa, comincia a stare male a sua volta, e a perdere la benedizione di Dio. Che grande responsabilità quella che ognuno di noi ha di tenere in ordine tutta la propria vita, anche le parti nascoste che nessuno può vedere, di essere santo, puro ed irreprensibile, perché se una sola cellula sta male, viene la febbre a tutto il corpo!
E per i rapporti tra genitori e figli, sapete quale fu il ministero di Giovanni Battista? Fu quello di riportare il cuore dei padri ai figli e il cuore dei figli ai padri (Luca 1:17). Non si trattò di un fatto casuale. Faceva parte del disegno di Dio per preparare la via a Gesù. Anche oggi la via Gli viene preparata quando i figli imparano a perdonare ai loro padri gli sbagli che possono aver commesso nel passato e che tuttora commettono, a vederli come uomini fallibili e ad amarli così come sono. Forse tutti noi abbiamo qualcosa contro i nostri genitori; anch’io ho dovuto fare l’esperienza di perdonare a mio padre certe cose che non mi parevano giuste. Ma che liberazione quando l’ho potuto fare! E che largo spazio questo ha aperto all’azione di Gesù nella mia vita!
Lo stesso vale anche per i padri. Talvolta sono loro ad esser risentiti verso i figli anche se nello stesso tempo li amano. Avrebbero voluto che agissero diversamente da come hanno fatto. Il Signore vuole che ci sia la riconciliazione a partire dalle famiglie. Questo è il modo di preparare la via al Signore. Solo così potrà entrare nella nostra vita per stabilirvi il Suo regno, il Suo governo in maniera completa.
La giustizia (Rom. 14:17) che Dio vuole vedere stabilita nella nostra vita è un fatto di relazioni. Si esprime come pace e riconciliazione con tutti.
Il Salvatore della Chiesa
Oggi nessuno può negare che anche la Chiesa ha bisogno di salvezza: la vediamo indebolita dalla carnalità, minata dal compromesso, smembrata dalle divisioni. E queste verità che proclamiamo non potranno che essere causa di nuove lacerazioni e scissioni, a meno che non siamo legati profondamente l’uno all’altro da un patto per la vita.
Quando Dio ha voluto inizialmente intervenire nella storia lo ha fatto attraverso un patto con Abramo; poi ha preso l’iniziativa di fare un patto con il popolo d’Israele ai tempi di Mosè; e oggi ancora, Dio ha stabilito di operare nella storia con un nuovo patto di Sua iniziativa, che ha cominciato con Gesù. Nel Suo amore ha dato Gesù perché potesse stabilirsi un patto fra noi e Lui, garantito e sigillato dallo spargimento del sangue dell’Agnello. Tutti quelli che vengono a Gesù ne diventano partecipi; è scritto nei loro cuori dallo Spirito Santo. Ed è un patto per la vita, un impegno che ci coinvolge completamente.
Ora, se siamo legati a Dio, se diventiamo il corpo di Cristo, è ovvio che siamo altresì legati l’uno all’altro. Infatti senza questo impegno totale per la vita l’uno verso l’altro, tutto il discorso del governo di Dio nella nostra vita non può prendere forma concretamente. Come può un ragazzo costruire solidamente una famiglia se non entra in un rapporto d’impegno con una ragazza “finché morte non ci separi”? Altrimenti, alla prima tempesta, l’uno o l’altra può aprire la porta ed andarsene. Così Dio chiama anche noi ad un impegno per la vita, nel bene e nel male, nelle situazioni piacevoli e in quelle difficili. Allo stesso modo in cui Dio si è impegnato con ciascuno di noi.
Infatti, non posso esprimere il mio impegno e il mio amore per Dio diversamente che con l’amore e l’impegno con i miei fratelli: è questo il termometro del mio rapporto con il Padre. “Se uno dice: Io amo Dio, e odia suo fratello, è un bugiardo; perché chi non ama il suo fratello che ha veduto, non può amare Dio che non ha veduto” (1° Giov. 4:20). E come posso dire di essere sottomesso a Dio se non accetto di sottomettermi ai miei fratelli? Come posso dire che consento ai fratelli di entrarvi?
La Cena del Patto
Tutto questo trova espressione nella Santa Cena. Quando mangio il pane e bevo il vino con i miei fratelli, rinnovo il mio patto con Dio e con loro. Perciò devo esaminare il tipo di impegno e il tipo di rapporto che ho con i fratelli, perché è questo che misura ed esprime il mio rapporto con Dio. Se ho con un fratello un problema di risentimento, di amarezza, di freddezza, non posso avvicinarmi alla Santa Cena, sto peccando contro il Signore. Se ho un problema con mia moglie che non voglio risolvere, o se non voglio sottomettermi a mio marito, pecco contro il Signore. Tutto questo fa parte del significato della Santa Cena. E il Signore che vuole venire a stabilire praticamente il Suo governo nella nostra vita attraverso i rapporti che stabilisce tra di noi. Perciò l’apostolo ci dice “Esamini ciascuno se stesso” prima di parteciparvi; dobbiamo vedere a che punto è la nostra vita, quali sono le intenzioni che abbiamo nel cuore, e se necessario prendere delle decisioni. Se ci sono delle situazioni non chiarite, andiamo subito a chiarirle, altrimenti sarà bene non partecipare, perché ci attireremmo addosso un severo giudizio: “Per questa cagione molti tra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono” (1° Cor. 11:30).
Quando, dunque, mangiamo il pane e beviamo il vino insieme, stiamo dicendo: “Siamo un solo corpo”. Voglio dirvi da parte del Signore che dobbiamo guardarci da ogni teologia che cerchi di dimostrare che la divisione, di qualunque tipo, sia giustificabile agli occhi di Dio. Il Signore ha detto “Io edificherò la mia chiesa”, non “… le mie chiese”, perciò è uno scandalo che in una città ci siano due chiese, o tre, o venti, o cinquanta, che non vivono nell’unità dello Spirito. Non c’è motivo per cui le tradizioni da cui veniamo debbano diventare causa di separazione. Dobbiamo unirci sul fondamento della signoria di Gesù per essere un solo corpo, una sola realtà. E chiunque lavora in direzione diversa lavora contro lo Spirito del Signore, perché è questo che Dio vuole fare in questi ultimi giorni.
Credo che tutti noi conosciamo la teologia della “Chiesa invisibile”, della Chiesa che non si vede, che non si tocca, che non si sa dov’è. Ma finché stiamo in questo mondo e abbiamo occhi, orecchi, mani vorremmo e dovremmo veder, udire, toccare; così anche la Chiesa si deve poter vedere e toccare, “affinché il mondo creda”, disse Gesù (Giov. 17:21). Come dice l’apostolo di Cristo: “quel che abbiamo udito, quel che abbiamo veduto con gli occhi nostri… e che le nostre mani hanno toccato… noi l’0annunziamo a voi” (1 Giov. 1:1-3). Oggi, dunque, è necessario che la Parola sia incarnata, che viva e che operi nel Suo Corpo visibile che siamo noi. E questo Corpo che “è Cristo”, come dice l’apostolo (1° Cor. 12:12), dev’essere unito in maniera visibile, concreta, non solo con qualche comoda teoria che ci consenta di vivere in contraddizione con la Parola di Dio. Posso dire di amare mio fratello o mio padre, che siamo uniti, che siamo della stessa famiglia, ma se non posso viverci insieme se sopporto che vengano in casa mia, mi illudo, è solo ipocrisia.
Lo Spirito Santo vuole che in ogni città d’Italia, in ogni località del mondo ci sia una chiesa: allora si manifesterà la potenza di Dio in tutta la sua pienezza, allora il mondo crederà. Non è un sogno, sarà una realtà se siamo pronti a metterci sotto il governo di Cristo. E ogni volta che mangiamo il pane e beviamo il vino ci impegniamo anche per questo, dicendo: Vieni, Signore Gesù!